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Roversi Roberto - 10 aprile 1963
IL VOTO RADICALE (11): Roberto Roversi

SOMMARIO: Il 28 aprile del 1963 si svolgevano in Italia le elezioni alle quali il Partito radicale, appena uscito dalla crisi, non partecipò. Diffuse però un fascicolo, curato da Elio Vittorini, Marco Pannella e Luca Boneschi, contenente giudizi di numerosi intellettuali sulla crisi delle sinistre, e sulla via per uscirne lungo un processo "realmente rivoluzionario" capace di rinnovare le sinistre del "triangolo Milano-Parigi-Dusseldorf".

Per lo scrittore Roberto Roversi la crisi che resta al fondo, latente, dura, drammatica, è ancora e sempre crisi di uomini, di linguaggio e di idee.

(IL VOTO RADICALE, 10 aprile 1963)

VOTO COMUNISTA

Voterò per il Partito Comunista Italiano, come le volte passate, conservando tutte le perplessità pratiche e teoriche che questi ultimi anni hanno semmai approfondito, rese più acri, qualche volta drammatiche - anziché attenuarle, schiarirle, problemiticizzarle.

Ritengo che il centro sinistra "italiano" sia null'altro (almeno sotto l'aspetto operante della politica, della detenzione cruda del potere) che una progettazione del capitalismo nostrano: neo-capitalismo, capitalismo dinamico; spinto all'azione, fatto più esperto, meno grossolano, da esempi di fuorivia e dalle nuove tecniche relazionali. Ritengo pure, almeno fino adesso, che qualsiasi "partecipazione" anche critica all'esperimento si traduca in una sminuizione politica, in un indebolimento dell'opposizione e, in ultima analisi, in una perdita di prestigio e di potere (di quel potere "ideologico" che viene da una articolata opposizione di fondo che non si lascia abbindolare).

Non credo che in Italia - per quanto so, vedo, leggo - ci sia ancora o sia per esserci un partito di sinistra "moderno", che possa e sappia proporre alternative (non solo burocratiche), stilare precisi impegni programmatici a lunga scadenza - senza ubbidire alle periodiche tensioni elettorali, agli slogans pubblicitari, alle parole ormai definitivamente consumate (come "i pensionati, i lavoratori, le regioni" - che sussistono come pure astrazioni) che dal '48 sostengono e in qualche modo conducono il carrozzone domenicale della politica italiana.

La crisi che resta al fondo, latente dura drammatica, è ancora e sempre crisi di uomini, di linguaggio, di idee. Mancando di tutto, e del beneficio di un savio e prolungato operare, sarebbe giunto almeno in tempo di convincersi che bisogna mettersi a lavorare sul serio.

Per quanto sta in me, penso anch'io che si debba contrastare, sortendo da un provincialismo consuetudinario, a questa forsennata kermesse di parole, all'orgia dei nastri incisi, alle gite sui laghi, dal di dentro di organismi operativi moderni veramente, e moderni nel senso di una capacità e possibilità funzionale programmate, sostenuti da gruppi specializzati e liberi nel proprio impegno. Poiché ogni anno invecchiamo, vorrei invecchiare con dignità, con un po' di orgoglio, senza vergogna, lavorando con altri, e secondo la misura delle forze, a costruire una società civile, un paese moderno; cosa che non è adesso l'Italia.

Così apprezzo, e approvo, la vostra iniziativa; proprio come una iniziativa che tenda a provocare unità di impegno e nuove e più rigorose qualificazioni nelle disperse e spesso frigide forze della sinistra laica e democratica italiana. Innamorate di sé, mi pare, e spesso verbose.

Lavorare per ciò sarebbe, o è giù, un progetto eccitante - nell'ordine delle idee e della chiarezza del nostro piccolo mondo.

 
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