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Mila Massimo - 10 aprile 1963
IL VOTO RADICALE (13): Massimo Mila

SOMMARIO: Il 28 aprile del 1963 si svolgevano in Italia le elezioni alle quali il Partito radicale, appena uscito dalla crisi, non partecipò. Diffuse però un fascicolo, curato da Elio Vittorini, Marco Pannella e Luca Boneschi, contenente giudizi di numerosi intellettuali sulla crisi delle sinistre, e sulla via per uscirne lungo un processo "realmente rivoluzionario" capace di rinnovare le sinistre del "triangolo Milano-Parigi-Dusseldorf".

Per Massimo Mila, critico musicale dell'Espresso, così com'è oggi, la sinistra non costituisce una alternativa alle forze politiche che consentono la conservazione delle strutture della società.

(IL VOTO RADICALE, 10 aprile 1963)

1) Non credo che si possa parlare della situazione politica europea come di un tutto unico, né che si possa quindi confrontarla con la situazione italiana.

2) Penso che la sinistra - ciò che oggi s'intende per "sinistra" in Italia - non abbia la possibilità di costruire la società nuova, e soprattutto perché buona parte di questa "sinistra" non ne ha la minima intenzione. S'inebbria del miracolo economico, trova che le cose vanno benissimo così e che non c'è che da continuare sulla via d'un riformismo conciliatore, a base di concessioni reciproche.

3) Non penso che un rinnovamento radicale della società, tale da mutare i rapporti fondamentali tra cittadino e stato come strumento democratico, possa verificarsi in Italia attraverso il centrosinistra. Il centrosinistra mi pare, al contrario, inventato allo scopo di evitare questo rinnovamento radicale sostituendolo con prudenti riforme.

Non saprei fino a che punto il centrosinistra "rappresenti" gli interessi conservatori della grande proprietà monopolistica e a partire da quale punto possa soddisfare le esigenze popolari. Posso anche ammettere che, più che "rappresentare" gli interessi conservatori della grande proprietà monopolistica, il centrosinistra li tollera - senza nessuna intenzione seria di distruggerli radicalmente - e si propone di conciliarli con una più larga soddisfazione delle esigenze popolari. Voglio ammettere, cioè, che il centrosinistra si proponga di limitare gli interessi conservatori della grande proprietà monopolistica, a vantaggio delle esigenze popolari; ma nel suo proposito di limitarli è implicito anche il fermo desiderio di conservarli, riducendoli appunto a una misura che ne consenta la perpetrazione. Insomma: ridurre o, come adesso si dice, ridimensionare l'ordinamento capitalistico, per salvarlo.

4) Attraverso la formazione e il successivo avvento al potere di una nuova classe dirigente, che attualmente è sparpagliata attraverso diversi partiti, da quello comunista fino alla sinistra democristiana; chissà, forse anche fino ad alcuni elementi giovani della sinistra liberale, se esiste ancora qualcosa di simile a una sinistra liberale.

5) Così com'è oggi, la sinistra non costituisce un'alternativa alle forze politiche che consentono la conservazione delle strutture della società attuale.

6) Non ho sufficiente esperienza della vita economica per rispondere con sicurezza a questa domanda. Mi pare che le regioni possano essere assorbite ed "utilizzate" dal capitalismo al 100 per cento: l'istituto della regione non è economico, ma politico ed amministrativo, può giovarsene tanto un ordinamento capitalista quanto un ordinamento socialista. Ovviamente, la programmazione e le eventuali nazionalizzazioni dovrebbero, in teoria, diminuire il potere del capitalismo; ma penso che esso riuscirà ad assorbire e perfino ad "utilizzarle" in misura proporzionale al camaleontico trasformismo di cui è capace la classe dirigente italiana.

7) In questo momento non so per quale partito voterò, e soprattutto non so se voterò. Naturalmente la mia incertezza si pone soltanto tra due partiti: il partito comunista e il partito socialista. Se voterò comunista le mie riserve saranno le solite: immenso fastidio per la religione marxista di cui questo partito continua ad essere prigioniero. Debbo dire che la recente marcia indietro nei riguardi della destalinizzazione avviata dal XX e dal XXII Congresso del PCUS per me non è stata nemmeno una delusione: me lo aspettavo, è la conseguenza inevitabile della persistente superstizione marxista. (Ed è stata questa posizione il motivo che mi ha indotto a non accettare la candidatura, gentilmente offertami, quale indipendente nella lista del PCI). C'è poco da dire: nella polemica Cina-URSS, quest'ultima ha tutte le ragioni sul piano del buon senso storico e della democrazia, e tutti gli uomini liberi tengono per lei, ma in termini di marxismo ha ragione la Cina.

Se voterò il PSI; il senso del mio voto sarebbe la speranza che questo partito sappia assumere posizione di guida nell'esperimento del centro sinistra, e non di neo-promosso alla democrazia, e riesca ad attirare a sé le forze di sinistra degli altri partiti, per una reale trasformazione delle strutture. Le mie riserve consisterebbero nel timore che il PSI si lasci attirare e neutralizzare nella palude conservatrice, trasformandosi in un secondo PSDI. In altri termini, vedo la Democrazia Cristiana nelle lusinghiere fattezze di Circe: questa trasformava gli uomini in porci, e la DC trasforma i socialisti in borghesi conservatori.

8) Penso che la funzione della scuola in uno stato democratico sia immensa. Penso che per resistere all'offensiva del mondo cattolico per impadronirsi della scuola - salvo soluzioni più generali nelle quali il problema della scuola verrebbe ad essere ovviamente conglobato e risolto - ci vogliano una presa di posizione e un'impostazione più chiare di quelle prese dai partiti socialisti nell'esperimento di conciliazione riformistica che va sotto il nome di centro sinistra.

 
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