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Sciascia Leonardo - 10 aprile 1963
IL VOTO RADICALE (17): Leonardo Sciascia

SOMMARIO: Il 28 aprile del 1963 si svolgevano in Italia le elezioni alle quali il Partito radicale, appena uscito dalla crisi, non partecipò. Diffuse però un fascicolo, curato da Elio Vittorini, Marco Pannella e Luca Boneschi, contenente giudizi di numerosi intellettuali sulla crisi delle sinistre, e sulla via per uscirne lungo un processo "realmente rivoluzionario" capace di rinnovare le sinistre del "triangolo Milano-Parigi-Dusseldorf".

Il mio voto va più all'idea di un rinnovamento, che agli strumenti attualmente in funzione per realizzarlo, afferma il professore universitario Mario Monteverdi.

Per lo scrittore Leonardo Sciascia il centro-sinistra minaccia di essere quel cambiar tutto per non cambiar niente che il principe di Lampedusa indicava come una costante della storia siciliana.

(IL VOTO RADICALE, 10 aprile 1963)

VOTO PCI

1) Non ritengo ci sia una "situazione politica europea" cui confrontare quella italiana. L'Italia in una situazione politica indubbiamente migliore di quella della Francia e della Germania, ma infinitamente peggiore di quella dell'Inghilterra o dell'Olanda.

2) Di conseguenza, credo che la sinistra possa costruire una società nuova, in Italia, rompendo con una certa Europa ed avvicinandosi all'altra. Una comunità europea con dentro la Germania di Adenauer e la Francia di De Gaulle mi pare priva di senso.

3) Se il centro-sinistra è destinato a realizzarsi sul piano nazionale così come si è realizzato in Sicilia, penso non si verificherà alcun rinnovamento. Dico di più: preferirei si tornasse al centrodestra. E mi è già capitato di scrivere che il centrosinistra minaccia di diventare, in effetti, quel cambiar tutto pur di non cambiar niente che il principe di Lampedusa pone una costante della storia siciliana.

4) Per i riflessi che questa campagna elettorale ha nella coscienza popolare, per l'indifferenza lo scetticismo l'apatia che riscuote, non mi pare, oggi, di poter fissare elementi di ragione o di speranza relativamente alla vostra domanda. Ma anche per tanti altri motivi.

5) Così com'è oggi (facendo tara delle proposizioni e posizioni elettoralistiche), probabilmente sì.

6) E' difficile, per me, rispondere brevemente e con chiarezza a questa domanda. Ma penso che, per esempio, la programmazione possa ad un certo punto servire al capitalismo per far pagare al popolo le spese di particolari o generali crisi (eventuali); e che la conversione al regionalismo, per interessato convincimento, non sia né improbabile né lontana.

7) Continuerei a votare per il PSI se in Sicilia la sinistra di questo partito fosse effettivamente, concretamente rappresentata (parlo del collegio in cui mi trovo a votare): se qui ci fosse candidato, tanto per fare un nome, il mio amico Libertini. Mi pare, insomma, che qui destra e sinistra, come nella Democrazia Cristiana, nel PSI sia puri nomi: e ne è prova il centro-sinistra regionale. Voterò dunque per il PCI: con molte riserve (dai discorsi di Krusciov sull'arte al milazzismo cui ostinatamente i comunisti sono dediti).

8) Stando le cose come stanno, non mi pare che la D.C. incontrerà molti ostacoli. Spero soltanto che l'opposizione faccia fino in fondo il proprio dovere.

 
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