SOMMARIO: L'accusa all'ENI di voler liquidare l'intero piano d'insediamento nell'Europa centrale nel quadro di una politica di subordinazione oggettiva e di accordo con il cartello internazionale del petrolio.
(AGENZIA RADICALE, 1 gennaio 1964)
Roma - 1 gennaio (A.R.) - Quall'è l'avvenire prossimo del settore pubblico della nostra economia? Quali interessi serve? Come amministra la Democrazia Cristiana il gruppo ENI? Federconsorzi ed ENI sono forse due aspetti di una stessa politica?
Come mai, se si eccettuano alcune levate di scudi fatto per onore di presenza dall'On. Malagodi, le campagne nazionali ed internazionali contro l'ENI si sono venute sopendo? Quale è la politica aziendale del settore pubblico della nostra economia? Quale il rapporto fra dipendenti e direzione delle aziende pubbliche?
Il Ministero delle Partecipazioni Statali è un organo di controllo e di direzione del settore pubblico da parte dell'esecutivo, o rischia di scadere ad un impotente organo di mediazione tra questo e i gruppi politici democristiani o criptodemocristiani che si sono assicurati il controllo dell'IRI e dell'ENI?
Le vergognose ed inammissibili pratiche tradizionali dei "padroni del vapore", che comprano interi partiti (come appunto quello liberale dell'On. Malagodi) e riducono a propri strumenti interi settori dello Stato, si sono già trasferite, integralmente, nel settore pubblico?
E se si è verificata, questa realtà, non testimonia essa di un progressivo processo di integrazione delle volontà politiche, dei programmi e degli interessi dei trusts internazionali e dei "padroni del vapore" italiani con quelli, ad esempio, del gruppo ENI?
Qual è il significato dei nuovi accordi tra ENI e Gulf che tra qualche giorno verranno annunciati, di quelli già realizzati, dell'uscita delle Banche bavaresi dall'AGIP tedesca, della cessione dei punti di vendita di benzina operata dalla FIAT a favore della TOTAL francese, dell'arrivo massiccio in Germania del petrolio sahariano, dell'accordo con la TEXACO nel Ghana?
3.000 dipendenti del gruppo ENI sono già condannati alla disoccupazione o ad inaccettabili riconversioni?
Cosa sono ditte come ANILI di Torino, la Società Nazionale di Pubblicità di Milano, la TRAU ed altre?
E' vero che si lottizza, e chi lottizza, attorno a S. Donato? Quale è la situazione dell'attuale gruppo dirigente?
Ma soprattutto: qual è l'atteggiamento che i democratici e la sinistra in particolare devono assumere, e quale invece hanno assunto, e perché? E' possibile che si continui a difendere l'industria di Stato senza esigere che nei settori nazionalizzati si studino e si sperimentino forme di gestione più democratiche, e senza riprendere la battaglia per l'autogestione?
E' vero che l'ENI serba delle capacità di autonomia e di politica di sviluppo, o è vero invece che si sta per procedere al pratico smantellamento delle funzioni avute nel passato dall'intero gruppo?
Perché coloro che dovrebbero difendere l'intero settore pubblico dalla linea Carli tacciono invece?
Perché, se si eccettuano i comunisti, nessuno cerca di cominciare ad affrontare, almeno in parte, politicamente, responsabilmente, problemi di questa natura?
Perché non sono state fornite ai socialisti, che nel governo iniziano un'opera già tanto difficile ed ardua, ed a chiunque lo volesse, gli elementi obiettivi per una battaglia chiara a favore delle aziende di Stato e della loro funzione di rottura del sistema?
Come far riprendere il cammino dell'ENI, quale settore fondamentale della iniziativa pubblica, nella direzione prescelta da Enrico Mattei poco prima della sua morte, e senza i pur enormi errori da lui commessi?
Cosa fanno i repubblicani, gli ex-radicali, la cosiddetta "sinistra democratica", in questo campo, e cosa possono fare?
Perché è un gruppo della sinistra, quello radicale, a muovere questo primo attacco per il chiarimento di una situazione drammatica e pericolosissima della nostra realtà politica?
A quest'ultima domanda possiamo cominciare a dare un accenno di risposta con la seguente informazione, che diamo a introduzione della nostra inchiesta.