SOMMARIO: L'attività dell'Eni - afferma la sezione romana del Partito radicale - si sta risolvendo in una colossale truffa verso la collettività. Se da una parte l'Ente finanzia generosamente la stampa per condizionarla, dall'altra respinge le richieste di miglioramenti dei sindacati. Il silenzio sulle denunce radicali delle forze di sinistra e della stampa italiana.
(AGENZIA RADICALE, 1 gennaio 1964)
Roma - 14 gennaio (A.R.)
"Se c'è stata una differenza tra le vicende ultime per il contratto delle aziende private e quello delle aziende dell'ENI è che le prime, di fronte all'unitaria lotta dei lavoratori, hanno accettato di trattare e soddisfare le esigenze che i Sindacati ponevano, mentre le seconde hanno preteso di continuare nell'imporre la loro politica".
"E' da una precisa politica che si ponga obiettivi concreti di trasformazione delle strutture... che nazionalizzazioni e intervento di Stato possono assumere il loro ruolo innovatore".
"Il settore pubblico ha una sua precisa ragione di essere solo come una delle forze che attuano concretamente la trasformazione delle strutture produttive..."
La politica sindacale dell'ENI è davanti "ad una resa dei conti".
Queste citazioni - che traiamo dal testo dell'intervista che il Segretario del SILP Trespidi ci ha concesso oggi, bastano da sole a chiarire il senso, molte delle ragioni e l'obiettiva necessità dell'iniziativa che abbiamo preso e dell'inchiesta che abbiamo annunciato nei confronti dell'ENI.
Il testo dell'appello lanciato e diffuso tra tutti i dipendenti dell'ENI e dell'AGIP di Roma dalla sezione romana del Partito Radicale (che riportiamo) anch'esso conferma in quale contesto politico e con quali obiettivi ci moviamo.
D'altra parte, non siamo noi a dover fornire spiegazioni e giustificazioni.
L'ENI E' ALLA RESA DEI CONTI. D'ANALISI DEL MATERIALE CHE ANDIAMO ACCUMULANDO CI PERMETTE DI AFFERMARE FIN DA ORA CHE L'ATTIVITA' DI QUESTO ENTE SI STA RISOLVENDO IN UNA COLOSSALE TRUFFA VERSO LA COLLETTIVITA'. LO STATO E LA DEMOCRAZIA.
ED A SCANSO DI EQUIVOCI SOTTOLINEIAMO DI NON AVER ADOPERATO IL TERMINE DI "TRUFFA" A CASO IN SENSO LATO.
ATTENDIAMO, DOPO QUESTA AFFERMAZIONE, LA REAZIONE DEGLI INTERESSATI.
Intanto, rimandiamo la continuazione della inchiesta vera e propria, la risposta agli interrogativi sollevati nel nostro numero del 1 gennaio, a quando la congiura del silenzio che è stata realizzata attorno alla sua prima puntata non sarà spezzata.
Alludiamo a quella congiura che non ha permesso ad un solo deputato comunista o socialista, per tacer d'altri, di interrogare il ministro delle partecipazioni statali sui motivi che inducono l'azienda di Stato a finanziare con ben oltre 100 milioni l'anno, indipendentemente dalla pubblicità, un giornale di estrema destra: "LO SPECCHIO". A quella congiura che ha impedito a tutta la stampa italiana, nessun organo escluso, di pubblicare la nostra notizia, malgrado che avessimo sentito il dovere, che sentiamo tutt'ora, di annunciare che avremmo in ogni modo cercare di spostare sul piano giudiziario l'accertamento dei fatti, ove questo fosse stato comunque contestato.
Ogni giorno, sulla stampa di sinistra e su quella di destra, scandali di minor portata politica e finanziaria trovano vasta eco sui nostri giornali.
Noi siamo certi che i gruppi dirigenti di sinistra hanno commesso, ed ancora più commettono oggi, gravissimi errori di valutazione nei confronti degli Enti pubblici e della reale funzione cui assolvono. Favoriti, in ciò, da situazioni di compromesso, da futili atteggiamenti "realistici", da sopravvalutazioni scandalose degli utili che ne derivano.
L'atteggiamento politico dei radicali in questo settore è stato e sarà pienamente responsabile, e non prescinderà comunque dalla coscienza dei profondi vincoli che li uniscono e devono sempre più unirli ai partiti tradizionali della classe operaia: ma è anche necessario avvertire che esistono limiti oltre i quali la difesa di posizioni unitarie può scadere ad omertà, niente affatto politiche, niente affatto responsabili rispetto alle battaglie che devono essere comuni e che il mondo del lavoro non cessa di indicare come improrogabili.
In questi giorni non siamo più soli a sostenere queste tesi. Compagni comunisti, socialisti, democratici ci hanno espresso la loro piena solidarietà ed il loro consenso.
Abbiamo ragione di credere che un primo importante risultato è già acquisito: interpretando una convinzione largamente diffusa alla base, la nostra iniziativa si è imposta alla considerazione di quanti hanno cercato di ostacolarla, o comunque non l'hanno condivisa.
La stessa vergognosa unanimità nel tacere sulla nostra denuncia ci ha avvantaggiati: in qualche misura è questo un fatto che ha destato più sensazione ancora. E' stato una conferma, involontaria ma eloquente, del tipo di potere e delle complicità che l'ENI ha saputo assicurarsi.
Per nostro conto, abbiamo diffuso oltre cinquemila copie di "Agenzia Radicale", garantendoci così ugualmente l'udienza necessaria.
Noi crediamo che gli oltre venti miliardi che l'ENI ha erogato per pubblicità in pochissimi anni abbiano a tal punto distrutto le caratteristiche democratiche della stampa italiana.
Non crediamo nemmeno che pochi dirigenti che si sono assegnati la responsabilità di somme enormi, al di fuori di qualsiasi controllo, corrispondenti globalmente, in un solo anno, a quanto lo Stato non ne abbia ricevuto dall'intero gruppo in tre anni, siano divenuti davvero, di già, dei veri e propri despoti nella politica italiana.
Essi sono infatti, piuttosto, i prodotti necessari e deplorevoli di un regime che cerca in ogni modo di sopravvivere aggiornando i propri sistemi di soffocamento della libertà; fantocci, in definitiva, e forse vittime loro stessi. Cui non sarebbe forse impossibile, in alcuni casi, riconoscere una superficiale ed approssimativa buona fede.
Il settore pubblico deve comunque cessare di essere un alibi per i tradizionali padroni nel nostro Stato. Nel Governo, e non solo all'opposizione, vi sono forze che non possono non muoversi in questa direzione, e che lo vogliono.
Abbiamo il dovere, da radicali, di essere con loro, apertamente, come sappiamo, come possiamo, a partire dal nostro riconquistato posto di lotta, umili dinanzi alla grandezza della battaglia che la classe lavoratrice conduce e nella quale ci coinvolge e ci sospinge, intransigenti nel percorrere la strada dell'alternativa operaia, laica e democratica al regime clericale e capitalistico ed ai suoi sciocchi compagni.