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Agenzia Radicale - 17 settembre 1964
LA NOTA: LA CANDIDATURA FANFANI E LA SINISTRA

SOMMARIO: La polemica con il Pci e il Psiup che continuano a riporre in Fanfani (candidato alla Presidenza della Repubblica) e nella corrente di sinistra "Forze nuove" la speranza di una evoluzione positiva della Dc.

(AGENZIA RADICALE, 17 settembre 1964)

Abbiamo già espresso senza perifrasi il nostro pensiero sulla candidatura Fanfani alla Presidenza della Repubblica, e su quella, di ripiego, della sua successione all'On. Moro.

Abbiamo anche accennato al pericolo di un errato comportamento della sinistra a questo riguardo.

Le conclusioni del congresso DC; più ancora, le valutazioni datene dalla stampa comunista, prudenti certo, ma quanto di già significative; la conforme opinione dell'On. Valori, su "Mondo Nuovo", che chiaramente sembra riporre nell'On. Fanfani più ancora che nella sinistra di "Forze Nuove" le speranze in una evoluzione positiva della DC; l'affannato scatenarsi dei consiglieri dei pochissimi uomini politici, "laici" ancora capaci di avvertire la ripugnante operazione che si tenta di condurre in porto, perché questi tacciano e "si riservino"; tutto questo ci spinge una volta di più a preoccupazioni e polemiche che vorremmo definitivamente superate ed ingiustificate.

Troppi ancora, però, continuano nel PCI e nel PSIUP ad operare come se nulla fosse mutato dall'inizio degli anni cinquanta. Nei confronti dello stato, delle forze politiche, delle idee si continua ad agire come se ogni speranza di azione positiva, di azione aperta e franca per rivendicare il potere fosse ancora sostanzialmente proibita e obiettivamente inesistente. E' al tatticismo più strumentale che vengono affidate le possibilità di affermazione. Solo un profondo anche se inconsapevole disprezzo delle effettive capacità di lotta e della maturità delle grandi masse popolari e democratiche può giustificare il permanere di questo dato.

Il calcolo immediato, la ricerca del "guadagno" ad ogni costo di ogni operazione o contingenza, l'avversione per ogni battaglia franca e esplicita, il rispetto quasi morboso della forza degli avversari, che porta a voler essere sempre e comunque inseriti nelle operazioni di potere altrui, non avendo il coraggio di compierne in proprio, sembrano essere l'unica regola dalla quale non sia possibile derogare.

Così dal PSI, al PSIUP, al PCI stesso, il timore di rompere le difficili condizioni di equilibrio intorno alla sinistra fa sì che la candidatura di un esponente cattolico venga considerata con malcelata simpatia. Così fra i tanti candidati del partito di maggioranza, il più trasformista, il più integralista, viene preferito e rispettato.

La raelpolitik infuria. Un tempo, eleggere un ladro non spaventava, né importava che fosse, anche lui, clericale, perché non si ponevano fisime da vecchi borghesi anticlericali; ma, almeno, si affermava, il ladro clericale dava sul piano "politico" delle garanzie di "rottura" dell'equilibrio esistente. Oggi non importa nemmeno più indagare seriamente sulla "politica" del candidato.

Basta, se fa comodo, prendere alla lettera le sue dichiarazioni e, fra le tante e contraddittorie, quelle che più si prestino ad una demagogica adesione.

 
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