SOMMARIO: Proseguendo nella campagna contro L'ENI, Agenzia Radicale fa il punto sulla collocazione dell'ente petrolifero italiano all'interno del cartello internazionale.
(AGENZIA RADICALE n. 116, 27 gennaio 1966)
Dedita alla sistematica occupazione degli spazi perduti dai ``riformisti'', velleitari ma sinceri, del centro-sinistra (morotei, nenniani e lamalfiani) la banda di potere fanfaniana ha ieri tentato nel dibattito della Direzione democristiana di toccare un argomento tabù, anche per gran parte della sinistra. L'on. Forlani, in modo naturalmente ambiguo, ha affrontato il discorso della catastrofica gestione delle Partecipazioni Statali.
Le cronache, per una volta gustose, parlano di reazione accorata e sdegnata della ``sinistra'' democristiana che vede così contestato il valore dell'opera di quei due suoi leaders progressisti che risponderebbero al nome di Bo e Donat-Cattin. Vero è che l'attacco ha colto nel segno, quali che fossero i motivi che l'avevano dettato e gli obiettivi perseguiti da Forlani. Le capacità ministeriali di un Pieraccini diventano, al confronto dei summenzionati esponenti ministeriali della sinistra, DC, enormi; e pericolosamente rivoluzionaria la figura dell'ex direttore dell'``Avanti''.
Il Partito Radicale, negli anni scorsi, ha fornito un non indifferente e solitario contributo a questi problemi. La sua campagna sull'ENI risulta, alla luce dei fatti, premonitrice ed esatta. Finalmente, in un contesto più favorevole, diventa possibile e necessario riprenderla e svilupparla. In questo numero di AR ci limitiamo a fare il punto di alcuni aspetti della questione. A.R.
Roma, 27 gennaio (A.R.) - Sono in corso, da numerose settimane, numerose prese di contatto a livello internazionale, dei dirigenti dell'ENI. Negli Stati Uniti, in Inghilterra, a Bruxelles, a Parigi, in particolare, i dirigenti dell'Ente Nazionale Idrocarburi, ma più spesso personaggi che hanno assicurato e assicurano ``mediazioni'' interessanti, tentano di fare il punto della nuova configurazione internazionale dell'Ente di stato italiano, dopo gli avvenimenti, misconosciuti dalla nostra opinione pubblica, dell'ultimo semestre del 1965, che hanno avuto forte eco in tutto il mondo.
Parallelamente la classe politica cerca di rendersi conto di quanto è accaduto, di delineare nuovi comportamenti, di ricercare nuove vie di sviluppo dell'attività dell'ENI.
Ormai, i dati essenziali del problema dovrebbero essere chiari. Il disegno doroteo che denunciavamo con energia due anni or sono è giunto a compimento. Sotto l'impulso dato da un dirigente capace ed autorevole come il vice-presidente Cefis, in sostanziale concordanza con il governo, l'ENI ha potuto presentarsi in ottime condizioni finanziarie e notevolmente riorganizzato e razionalizzato all'appuntamento della integrazione alle forze del capitale privato italiano ed al cartello internazionale del petrolio.
La linea Mattei è sepolta. L'ENI ha rinunciato ad avere altra politica che quella dell'autonomia tecnica aziendale; ha liquidato rigorosamente quanto, nei suoi obiettivi e nelle sue strutture, era estraneo ad immediate valutazioni di mercato ed alla legge dell'economicità di ogni settore di gestione.
In due anni, è stata attuata una operazione che è tecnicamente ammirevole. Non v'è infatti più traccia di una presenza autonoma della ENI nel centro-Europa, la carta più ambiziosa, impegnativa, forse geniale, certo rischiosa, di Mattei. Della fitta rete di pipelines e di raffinerie italiane e a partecipazione italiana che avrebbe dovuto, di sorpresa, sottrarre al cartello internazionale il mercato energetico europeo, non resta che l'anacronistica raffineria di Ingolstadt, e le grottesche vicende del pipeline Genova-Ingolstadt che da due anni e mezzo non riesce a realizzarsi, malgrado i frequenti comunicati di vittoria emessi.
L'azione autonoma nel terzo mondo è divenuta, nella valutazione della stampa internazionale, l'ombra di se stessa. In molti casi si è tramutata nel suo opposto: una politica di pratico e insostituibile sostegno al cartello per condizionare i nuovi paesi produttori come l'Algeria.
Venduta la rete di punti vendita in Inghilterra, con i progetti che l'accompagnavano, in verità forse un poco avveniristici.
Questi avvenimenti, con i recenti accordi con l'ESSO per il metano libico, hanno scosso per alcune settimane la politica europea e mediterranea del settore. Alla Camera francese, al momento della ratifica degli accordi franco-algerini, un dibattito illuminante si è svolto fra il ministro De Broglie e l'opposizione. Oggetto: le conseguenze del sostituirsi della Francia all'Italia nella ``linea Mattei''.
In Svizzere l'Ente di stato italiano veniva accusato da ogni parte di essere responsabile di una operazione volta ad assicurare al cartello internazionale il controllo della Rofineries du Rhone e della già ridotta autonomia energetica del paese. In verità, più che l'ENI, erano responsabili del chiasso alcuni comportamenti poco chiari di altri dirigenti industriali, del settore IRI. Ma lo stato d'animo, e forse l'errore, sono stati sintomatici dell'atmosfera di sospetto creatasi attorno all'ENI da parte di certi settori europei. In Algeria, violenti comunicati successivi agli accordi ENI-ESSO, hanno denunciato un punto critico dei rapporti fra Italia e Algeria. Per la situazione interna, non vale più la pena di spendere molte parole.
La fusione Montedison ha fatto comprendere molte cose che ci affannavamo a spiegare due anni or sono. D'altra parte l'intervista di Corrado Perna, in questo numero di A.R., illustra in modo adeguato aspetti essenziali della situazione.
L'ENI ha cessato insomma di essere quel fatto patologico rispetto alla politica che i centristi e le destre denunciavano ed attaccavano con rabbia. Ha, almeno per il momento, un nuovo ``leader'' che sul piano aziendale da massime garanzie di capacità ed efficienza.
Certo, amici comunisti, socialproletari, socialisti, repubblicani, di cosa cianciavano in proposito i radicali, due anni or sono? Accogliete i nostri complimenti: c'è, davvero, di che essere soddisfatti.