Marco PannellaSOMMARIO: Per le elezioni comunali di Roma del 1966 venne stipulato un accordo elettorale tra il partito radicale ed il Psiup (nome assunto dai socialisti che avevano lasciato il partito al momento del varo del governo di centro-sinistra). Così, alcuni radicali accettarono la candidatura nelle liste del Psiup. Non ritenendosi sufficientemente appoggiati, Pannella e gli altri radicali si ritirarono dalle liste prima del voto. Se comune era l'opposizione al centro-sinistra, troppe erano le differenze di impostazione - come appare chiaro da questo intervento - per poter fondare un'azione comune.
(Agenzia Radicale - Maggio 1966 da " Marco Pannella - Scritti e discorsi - 1959-1980", editrice Gammalibri, gennaio 1982)
Fra vocazioni subalterne allo stalinismo e vocazioni subalterne al clericalismo, continua a snodarsi la squallida vicenda d'una classe dirigente che è fra le più povere e indegne della storia del movimento democratico e operaio, fatta d'epigoni, larve dei grandi "leaders" rivoluzionari o riformisti del socialismo italiano.
Fra una banca, qualche industria e un ministero, si destreggiano le impazienze, i moralismi, gli eroismi da mosche cocchiere dei troppi "laici" di complemento, dei Molè della Democrazia cristiana, ridotti a traffici d'antiquariato "risorgimentale" o di patacche politiche esotico-occidentali .
Fra un voto a Tambroni, uno a Fanfani, uno a Rumor, gli inchini al vescovo della circoscrizione, i consigli del gesuita-progressista-di-turno, o un volo a Mosca o a Cuba o a Pechino, un "dialogo" con Ingrao e Lombardo-Radice, un discorso possibilmente "spaventiano" sullo Stato, e un altro "crociano" sulla "cultura", le "sinistre di base" democristiane diventano dorotee o producono Ministri e Sottosegretari-di-sinistra, meglio se con Partecipazioni Statali.
Così trascorrono il "centro-sinistra", la sua "svolta storica" e la "stanza dei bottoni"; siamo all'ultimo atto del dramma che sospettiamo fosse farsa. Chi scomunicava e chi era scomunicato, chi impiccava e chi era impiccato, chi era di sinistra e chi era di destra, chi era operaio e chi era padrone, chi rubava e chi era derubato: oggi sono tutti in coro sulla scena a dirci che non v'è alternativa ai loro errori nè altra trama nè altri attori cui far ricorso, un grottesco brechtiano che vorremmo tentasse la fantasia di Marco Bellocchio dei Pugni in tasca; una realtà pesante che grava soprattutto sulla sinistra, paradossalmente disposta a ricattare se stessa con il "mito" e non con la consapevolezza della propria crisi .
Noi radicali abbiamo ammonito da anni, con tenacia, e solo con apparente sfortuna, che non si può pretendere, e neppure auspicare, che il gioco democratico si fondi sul tentativo di ottenere che sia sempre la stessa classe dirigente a fare tutte le politiche, fino all'assurdo di affidare una politica progressista, moderna, laica, socialista, a quella sola "grande destra" del nostro Paese che è la Democrazia cristiana. Repubblicani, socialisti, socialdemocratici continuano a chiedere al Paese più forza per collaborare e "condizionare" , nel "centro-sinistra" , la DC. Nei Paesi democratici, ovunque la vita civile e il confronto delle diverse idee vengono rispettati, non si chiede d'essere sostenuti nella collaborazione con l'avversario; si chiede di colpirlo, si chiede forza sufficiente per sostituirsi ad esso nel governo. Questa chiarezza è un diritto che si deve rendere al popolo italiano.
Si obietterà che la sinistra non è unita. Non è unita - rispondiamo - perché non è rinnovata, e non si rinnova nella misura in cui gli apparati e gli effettivi partitici di questo ventennio continuano a percorrere le strade delle loro abitudini e dei loro particolari errori, e si tutelano dal rinnovamento proprio proseguendo di fatto il tradizionale gioco di reciproca polemica.
Sulla politica sociale, su quella internazionale, su quella laica e dei diritti civili, nei confronti del clericalismo, dei monopoli, del classismo, dei ceti imprenditoriali, dei corporativismi in cui si sostanzia l'intervento pubblico nell'economia, una grande maggioranza degli italiani è d'accordo.
Quando la realtà delle due scelte, quella conservatrice del partito unico dei cattolici e quella progressista dell'intera sinistra, saranno chiaramente delineate, allora, e solo allora, la forza civile dei cattolici moderni democratici potrà manifestarsi, oltre l'immobilismo di cui i "dialoghi" e i "connubi" sistematici spesso li costringono. Un governo di destra, che sia veramente tale, è meno dannoso alla democrazia, meno teso agli estremismi e alle soluzioni antidemocratiche, di una politica conservatrice, immobilistica, corruttrice, fatta con il concorso di una parte dalla sinistra in nome di un realismo che diventa complicità. Siamo giunti, con queste idee e con la concreta battaglia della quale questo giornale vuol essere testimonianza, all'appuntamento elettorale in accordo con i compagni del PSIUP.
E' il partito della resistenza socialista e non da oggi. Nel PSI di Pietro Nenni, dopo palazzo Barberini, furono proprio i compagni della sinistra socialista a "resistere" allo stalinismo: Lelio Basso non cessò un attimo dall'esprimere una volontà non subordinata nè rassegnata del socialismo italiano; Morandi, con posizioni che non sottoscriveremmo oggi, come non avremmo sottoscritto ieri, condusse all'estremo, nella sua tensione e nel suo lavoro di ogni giorno, la ricerca d'una "prassi" che garantisse al socialismo una sua autonomia all'interno del movimento operaio; Libertini era nell'USI, accusato di titoismo, Foa forniva alla CGIL di Di Vittorio il sostegno del suo moderno rigore democratico... L'errata scelta frontista e stalinista trovava cosi, in se stessa, i primi elementi di correzione e di superamento.
E' oggi, il PSIUP, il partito di una più compiuta resistenza, realizzata e non solo tentata o vagheggiata, deliberatamente scelta, in luogo delle comode posizioni di potere governativo. Non ci siamo certo taciuti i disaccordi e le differenze: abbiamo solo ritenuto di amministrare così, con una indicazione unitaria e politica, la nostra diversità di compagni di lotta e la nostra generale responsabilità rispetto al problemi della sinistra. I compagni del PSIUP sanno i nostri dubbi su una scelta organizzativa che sembra implicare strutture tradizionali, in definitiva a tendenza burocratica, sanno i rischi di integrazione e di immobilità che attribuiamo a scelte di questo tipo; sanno la nostra deliberata sordità rispetto alle classificazioni ideologiche cui riferiscono la complessa crisi della sinistra europea; sanno la nostra convinzione dell'assoluta inadeguatezza dei mutamenti in corso nella società sovietica rispetto alla motivazione socialista; sanno, infine, quanto il pacifismo antimilitarista e unilateral
ista, il laicismo anticlericale, l'ispirazione libertaria, il classismo gobettiano , il rispetto non moralistico per il movimento operaio e democratico occidentale, la convinzione federalista europea, lotte come quella divorzista, concorrano a caratterizzare il Partito radicale.
Per questo siamo certi che, oggettivamente, l'accordo stipulato dalle due direzioni non può essere ridotto a una strumentalizzazione elettorale. A quanti troveranno in queste pagine motivi di consenso chiedo di darci più forza, e di raccogliere la presentazione di noi candidati radicali nelle liste del PSIUP come un'indicazione alternativa rispetto ai contenuti dell'unificazione socialista, chiedo di raggiungerci nel Partito radicale; e poiché sono un candidato che crede nella democrazia, e crede anche nelle istituzioni parlamentari, a questi cittadini chiedo il loro aiuto e il loro voto.