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Agenzia Radicale - 31 maggio 1966
DIVORZIO: Padre Lener ha accusato i radicali di essere alla testa della battaglia divorzista: ha ragione.)

SOMMARIO: Nelle elezioni amministrative del giugno 1966 il Partito radicale stipula una alleanza elettorale con il PSIUP per una lista comune a Roma, a Genova e in altri centri minori sulla base della comune opposizione alla Dc e al centro sinistra (il PSIUP si era formato all'inizio del 1964 dalla scissione della sinistra socialista contraria all'ingresso del Psi nel governo con la Dc).

Dal numero elettorale del giornale "agenzia radicale" i motivi per i quali è "giusto e possibile sollecitare dal movimento divorzista un voto chiaro e preciso per il Partito radicale".

(AGENZIA RADICALE, 31 maggio 1966)

Roma, maggio - Gli amici Mauro Mellini e Marco Pannella, della Presidenza e della Segreteria della Lega per l'istituzione del divorzio (la cui sede - ricordiamo - è in via 24 Maggio 7) entrambi candidati radicali a Roma nella lista del PSIUP, hanno inviato una lettera ai divorzisti di Roma indicando i motivi per i quali ritengono giusto e possibile sollecitare dal movimento divorzista un voto chiaro e preciso per il Partito radicale. Non sembri strano. Che il Partito radicale affidi oggi la possibilità di successo della sua campagna elettorale amministrativa anche al voto dei divorzisti non è cosa che debba essere taciuta. Che le "voci radicali" da dieci anni in Italia chiedessero, in una qualsiasi assoluta solitudine, l'abolizione del Concordato, la separazione tra Stato e chiesa, l'autonomia dello Stato, una legislazione familiare civile e moderna nessuno può, in buona fede, contestarlo. Ed ora che i nostri temi hanno mostrato di essere profondamente legati, oltre che alla coscienza morale, anche alla real

tà sociale, viva e in evoluzione del paese, non possiamo certo per questo cessare una lotta che ci è tradizionale e congeniale, anche se attorno ad essa si coagulano compagni nuovi, oggi convinti della validità di temi tanto radicali come quello della libertà della persona. Ha ragione Ernesto Rossi: sarebbe illudersi l'attendersi che questa classe dirigente possa elargire una così traumatica riforma civile; e che possa farlo senza combattere. Si illudono coloro che, con artifici e gradualismi (riforme sì, ma a tempo e luogo) ritengono di facilitare la battaglia divorzista. Commettono lo stesso errore sul quale è ancora attestato gran parte del movimento operaio, quando ritiene di poter concedere di fatto al regime l'art.7, l'equivoco sostegno agli enti di Stato, la corresponsabilità formale della gestione della sicurezza sociale e altro non ottiene che fornire all'avversario il prezioso vantaggio delle sue dimissioni ideologiche o dell'integrazione al regime.

Oggi tuttavia improvvisamente, i partiti hanno scoperto il divorzio; si sono resi conto, tutt'a un tratto, che è un grosso problema sociale; ma anche che questo tema è oggi in grado di mobilitare le masse, gli individui, milioni di cittadini nel nostro paese; che, in sostanza è diventato un grosso fatto elettorale. E' per questo che abbiamo indicato fin dalla prima riga due nomi di candidati divorzisti; potevamo e dovevamo fornire questa indicazione agli elettori, così come a quel lettore di un settimanale milanese che chiedeva se era possibile sapere, ""prima delle elezioni"", quali siano i partiti che ""sicuramente"" appoggeranno la legge sul divorzio, il giornale rispondeva: "La risposta, in teoria, dovrebbe essere semplicissima: tutti i partiti di chiara e sicura formazione laica. Resta a vedere se poi lo faranno tutti. Per essere certi, assicurarsi che il candidato per cui si vota sia divorzista".

Il settimanale, però, taceva che questo accertamento della volontà divorzista del "candidato" è difficile e può prestarsi ad equivoci e a risposte evasive.

Lo sanno molto bene i cittadini che si sono impegnati nella Lega italiana per il divorzio, nel momento in cui hanno iniziato una seria campagna per sollecitare, attorno al progetto di legge presentato dal deputato socialista Loris Fortuna, le adesioni autorevoli il sostegno di coloro che potevano contribuire al suo successo allorquando hanno potuto constatare - e apparve loro come una vittoria, o una passo importante verso la vittoria - come fosse in effetti non impossibile ottenere la "dichiarazione" divorzista di parlamentari di diversi, forse lontani settori; convinzioni personali, il portato di una certa educazione, il desiderio, anche, di una presenza che venisse registrata pubblicamente, hanno fatto pervenire sui tavoli della Lega più di una di tali dichiarazioni, alle quali certamente non poteva negarsi il pregio di una sincerità e di una onestà personale che avevano anche il loro importante significato. Ma erano presenze, adesioni, dichiarazioni che, se hanno spinto un settimanale romano divorzista a

d offrire ai suoi lettori una immagine, un grafico del Parlamento nel quali i tradizionali blocchi dei partiti apparivano sconvolti per il diverso collocamento che venivano a prendere deputati di un medesimo partito rispetto alla barriera o al "fronte" del divorzio, e dal quale anche veniva a configurarsi una netta anche se sottile maggioranza "divorzista", tuttavia non hanno modificato l'esito della discussione in sede di commissione del progetto di legge presentato dall'on. Fortuna. Il progetto è stato rinviato a data da destinarsi, vale a dire è stato insabbiato, il fronte antidivorzista non si è incrinato, le "opinioni" dei singoli deputati "divorzisti" non hanno scalfito le tradizionali, ben note intransigenze.

Il problema, dunque, oggi come oggi, ritorna ai partiti; alle loro decisioni, quando siano dettate da volontà politiche precise ed obiettive; alla loro collocazione - non solo programmatica, ma effettiva, tradotta di giorno in giorno nella pratica e nell'iniziativa - rispetto a "questo" problema; alla loro capacità di farsi portatori di una esigenza che appassiona il paese o di disattenderla.

Storia di ieri, storia di oggi: una continuità che ha un solo significato, una sola spiegazione: l'esitazione, la fuga dalla responsabilità dei partiti che pure hanno voluto e vogliono essere "moderni", e, in certi settori e su certi problemi, lo sono stati e lo sono. E' vero: il problema del divorzio coinvolge con sé altri problemi, a partire da quello dei rapporti fra lo Stato e la chiesa. Noi radicali lo abbiamo sempre sostenuto e continuiamo a sostenerlo: altri, che certo ne sono altrettanto consapevoli, rifiutano di assumere una analoga posizione: o forse oggi sotto la spinta certamente inaspettata e sorprendente delle iniziative divorziste di questi ultimi mesi, della stessa battaglia radicale che di iniziative come quella dell'on. Fortuna, è stata il più valido sostegno, cominciano a maturare convinzioni e ad individuare obiettivi giusti, ad assumere impegni responsabili. Così finalmente, su questo problema del divorzio, solo due mesi fa si è potuta organizzare, a cura di una settimanale, una tavola r

otonda che ha visto l'on. Jotti, con l'on. Fortuna, con Mario Berutti, con Marco Pannella, prospettare linee di azione a livello del Paese o del Parlamento: linee di azione diverse e forse contrastanti ancora l'una dall'altra, ma comunque "tutte" impegnative e serie, tali da aprire alla battaglia divorzista, per la prima volta in Italia, prospettive concrete nella lotta certamente dura che l'aspetta. Così finalmente si è visto il Partito socialista almeno "consentire" che il progetto di legge Fortuna seguisse fino ad un certo limite un "iter" parlamentare che era stato negato a precedenti progetti pure avanzati da parlamentari socialisti. Così finalmente si è visto il Partito comunista e il PSIUP promettere il loro appoggio alla iniziativa.

L'appoggio del paese non deve mancare al proseguimento serio di questa battaglia. Occorre che anche su questo fronte, il paese ottenga l'isolamento dei clericali, impedisca che l'opinione pubblica divorzista subisca un linciaggio "terroristico" analogo a quello che distrusse, per opera del vescovo di Prato, la famiglia dei coniugi Bellandi, "sposati in Municipio", infamati da lui come "turbi concubini", si proponga seriamente, di fronte a problemi seri come quelli dei figli illegittimi, una legislazione familiare civile e moderna, si pronunci per l'abolizione del Concordato, la separazione tra Stato e Chiesa, l'autonomia dello Stato.

Nessuno, che operi in questa direzione, chiede che la Chiesa modifichi le proprie opinioni sul matrimonio religioso; ma che anche i cattolici italiani riconoscano al Paese la dignità di una legislazione che in tutto il mondo è, spesso da secoli, conquista di civiltà.

A Roma, una battaglia divorzista seria è stata già iniziata dai radicali; fu il Partito radicale a organizzare il primo convegno sul divorzio al ridotto dell'Eliseo; la successiva grande dimostrazione di massa del teatro Eliseo; nel corso della quale i radicali Mauro Mellini e Marco Pannella esposero tesi lungamente discusse nell'ambito radicale, ha dimostrato che il problema è maturo anche a Roma; una città dove, non dimentichiamolo, "un bambino su 28 è dichiarato illegittimo". Nel chiedere all'elettorato divorzista l'appoggio ai suoi candidati che hanno più dato a questa battaglia laica e di libertà, il Partito radicale dimostrerà che anche a Roma, in Campidoglio, è giusto e necessario siedano coloro che, nel loro impegno di profonde riforme civili, di moralizzazione della vita pubblica, considerano non secondario il problema del divorzio.

 
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