SOMMARIO: Nelle elezioni amministrative del giugno 1966 il Partito radicale stipula una alleanza elettorale con il PSIUP per una lista comune a Roma, a Genova e in altri centri minori sulla base della comune opposizione alla Dc e al centro sinistra (il PSIUP si era formato all'inizio del 1964 dalla scissione della sinistra socialista contraria all'ingresso del Psi nel governo con la Dc).
Dal numero elettorale del giornale "agenzia radicale", la posizione federalista del Partito radicale e la polemica contro il nazionalismo e l'antieuropeismo di una parte della sinistra italiana e del movimento pacifista.
(AGENZIA RADICALE n. 121, 31 maggio 1966)
Noi radicali crediamo fermamente che si possa essere in favore della pace e della distensione, impegnati a fondo nella lotto contro le alleanze militari, senza per questo dover ricadere nel nazionalismo, o addirittura, in funzione della lotta contro i patti militari, incoraggiare il nazionalismo. Il grande elemento negativo della politica di distensione in Europa occidentale è stata appunto l'idea portata avanti dai conservatori inglesi come anche dai comunisti di combinare la distensione con l'incoraggiamento delle forze nazionaliste: politica che è sboccata nel governo autoritario e militarista del generale De Gaulle in Francia.
Un politica di pace comporta anche il superamento degli stati nazionali sia al livello mondiale sia, in concordanza con questo, al livello continentale. Naturalmente la costruzione di uno stato sovranazionale in Europa occidentale può essere perseguita per ragioni di guerra fredda, e molte delle forze politiche che l'hanno sostenuta avevano questo obiettivo. Però l'arrivo al governo, in Francia, del generale De Gaulle, ha frenato l'iniziativa europea delle forze conservatrici, e soprattutto dei democristiani, i quali hanno preferito accordarsi col governo gaullista, economicamente e socialmente altrettanto conservatore, e portare a termine piuttosto l'unificazione economica già avviata.
L'unificazione economica dell'"Europa a sei" è stata realizzata mediante le istituzioni della Comunità Economica Europea, che sono tutt'altro che sovranazionali, e per questa ragione prive di controllo democratico: nella misura, in cui i tecnocrati della CEE hanno un potere, questo è saldamente nelle loro mani, e essi lo usano nelle contrattazioni con i governi e con i gruppi economici capitalisti degli stati aderenti. Nello stesso tempo la liberalizzazione delle economie ha fortemente ridotto i controlli nei governi capitalistici al livello nazionale, senza che si sviluppasse un potere adeguato per controllarli al livello europeo, sempre per non rafforzare troppo le Comunità. A questo modo i monopoli e gli oligopoli hanno potuto sviluppare il loro potere in misura prima non immaginata. Se a questo aggiungiamo la pregiudiziale anticomunista delle Comunità, che esclude dal parlamento europeo circa metà della sinistra europea e che, esteso ai sindacati con forte presenza comunista, esclude i maggiori sindacati
in Italia e in Francia, ci si rende conto quanto c'è da fare per dare alle comunità un carattere democratico e popolare.
Perciò ogni battaglia per una presenza del PCI nella delegazione italiana al parlamento di Strasburgo è importante. Importante e "urgente" oramai, perché i comunisti italiani e francesi nell'ultimo anno hanno cominciato a distanziarsi dall'atteggiamento sovietico di assoluta ostilità alla costruzione europea, e a parlare della necessità di democratizzare e non abbattere la Comunità.
Al momento che vi partecipassero si renderebbero ancora meglio conto della necessità di arrivare a istituzioni sovranazionali più forti, oltre che controllate democraticamente, per realizzare una riunificazione europea. Un'altra grossa battaglia per realizzare l'Europa di sinistra è la lotta condotta dalla CGIL italiana e dalla CGT francese per arrivare a partecipare al Consiglio Economico e Sociale della CEE.
L'azione più importante e più immediata per conseguire l'unità della sinistra europea è quella di arrivare all'unità sindacale sul piano europeo, di portare cioè gli operai della Fiat, della Renault e della Volkswagen a coordinare la loro politica sindacale contro i padroni (imprenditori o stato). E' ciò a cui vogliamo arrivare. E in questo senso è importante che un sindacato belga aderente alla CISL internazionale abbia presentato e sostenuto a Bruxelles la richiesta partecipazione della CGIL e della CGT.
Ed è anche in questa prospettiva che il Partito Radicale è da anni impegnato in una continua ricerca di una vera integrazione federalistica con partiti e gruppi delle sinistre socialiste, pacifiste, radicali d'Europa. E' infatti a questo livello della odierna società civile, riguadagnando un vero quadro internazionalista nella battaglia delle forze popolari e democratiche, che riteniamo debba ricercarsi il primo obiettivo da perseguire.