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Baraghini Marcello - 1 aprile 1967
Faziosità della Rai-TV
di Marcello Baraghini

SOMMARIO: Si sottolinea la faziosità della RAI che, in ordine alla legge sul divorzio, raggiunge il grottesco. Mentre a padre Mariano fa crociate antidivorziste, all'onorevole Fortuna sono concessi solo tre minuti e mezzo di contraddittorio sul divorzio. La RAI dovrebbe garantire, invece, la diffusione di ogni voce, soprattutto in ordine a problemi di tanta importanza sociale e politica. L'onorevole Lajolo promise che la questione del divorzio sarebbe stata sollevata dai deputati comunisti alla prima seduta della Commissione parlamentare di vigilanza sulle radiodiffusioni. Ma nulla del genere è ancora avvenuto. I radicali sapranno esprimere la loro protesta e le loro reazioni anche in altri modi.

(BATTAGLIA DIVORZISTA N. 6, aprile 1967)

(Prosegue la discriminazione dell'ente radiotelevisivo mentre padre Mariano lancia crociate antidivorziste - All'on. Fortuna solo tre minuti e mezzo di contraddittorio sul divorzio a novembre - Gli esponenti laici della Commissione parlamentare di controllo promettono e poi non mantengono)

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Nello scorso novembre sotto la direzione della RAI, che aveva ancora sede in via del Babuino a Roma, si svolsero numerose manifestazioni di protesta. Giovani divorzisti effettuarono per molti pomeriggi un picchettaggio davanti al portone dell'ente radiotelevisivo e nelle strade adiacenti, indossando cartelli sandwich che recavano scritte come: "RAI-TV divorzio Tabù", "RAI-TV solo preti sul divorzio", ed altre.

In questi giorni padre Mariano, il cappuccino "simpatico" imperversava sugli schermi televisivi, approfittando del largo spazio concesso alla rubrica religiosa a lui affidata e conducendo una vera e propria crociata antidivorzista.

La parzialità della RAI raggiunge il grottesco. Della esistenza di un progetto di legge sul divorzio, gli utenti della radiotelevisione italiana ebbero notizia solo attraverso il comunicato di condanna, per tale progetto, da parte della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), che nell'aprile dello scorso anno venne largamente pubblicizzato dalla RAI.

Quando il progetto Fortuna iniziò finalmente il suo iter parlamentare, i funzionari dell'ente televisivo ebbero il loro da fare per "attenuare" e "smorzare" gli echi favorevoli che si ebbero nel Paese. Così la notizia del voto favorevole alla Commissione Affari Costituzionali fu sapientemente relegata nel telegiornale della notte, mentre i giorni successivi fu dato il più ampio rilevo sia alle reazioni più o meno isteriche della stampa clericale che all'inopportuno intervento del papa.

Alla manifestazione del 13 novembre in Piazza del Popolo a cui parteciparono circa 15.000 persone, la RAI di solito così prodiga quando si tratta di concedere spazio per pubblicizzare tagli di nastri inaugurali alla presenza di sottosegretari, monsignori e generali dei carabinieri, dedicò appena qualche secondo, avendo cura di fare apparire le immagini dei pochi angoli della piazza in cui non vi erano divorzisti.

Richiesto un serio e ampio dibattito sul problema del divorzio, si è riusciti solo ad ottenere un "breve incontro" tra l'on. Fortuna e il democristiano on. Ruffini, per una durata totale di sette minuti e a condizione che l'esponente antidivorzista parlasse per secondo, avendo così l'ultima parola.

Tutto questo mentre il succitato padre Mariano, stipendiato con i soldi dei teleabbonati, imperversava senza contraddittori contro il divorzio per tre quarti d'ora alla settimana. Non solo, ma sempre con i soldi dei contribuenti viene foraggiato l'ing. Sciascia che dirige la rubrica "Vivere insieme" ed è contemporaneamente direttore dei Comitati Civici, l'organizzazione clericale che ha bandito di recente una violenta campagna contro il divorzio; e nel corso di essa l'ing. Sciascia, ostentando la sua qualifica di "collaboratore televisivo" tenne conferenze in diverse città d'Italia.

Un noto esponente "laico" della RAI-TV, qualche giorno prima della manifestazione del 13 novembre, vantava come un suo grande successo personale il fatto che il telegiornale avrebbe parlato della manifestazione organizzata dalla Lega e che l'on. Fortuna, di lì a qualche giorno, avrebbe potuto dibattere avanti alle telecamere per tre minuti e mezzo le sue tesi. Sembrava meravigliarsi di non suscitare entusiasmo e riconoscenza in tutti noi: "ma non sapete le difficoltà che abbiamo dovuto superare dovreste darne atto alla RAI, dimenticate forse che siamo in Italia?" ci disse testualmente.

Noi non dimentichiamo affatto di essere in Italia. Sappiamo che alla RAI esiste un difficile equilibrio tra cattolici, socialisti e "gruppo aziendale" (fascisti). Ma se l'oggetto di queste lotte di potere deve essere l'esaltazione del Papa in nome dell'integralismo piuttosto che in nome del dialogo o in nome del conformismo, a noi questo equilibrio e queste lotte non interessano affatto.

A noi, come cittadini democratici, interessa che la RAI garantisca la diffusione di ogni voce, di esaltazione o di dissenso; che sia strumento di informazione obbiettiva sui maggiori problemi del paese (sfidiamo chiunque a dimostrarci che il divorzio non sia oggi uno dei maggiori problemi sociali presenti in Italia) e non soltanto su quelli "innocui" o graditi al regime.

Noi, come divorzisti, abbiamo il diritto di esigere che il problema del divorzio sia dibattuto con l'ampiezza ed il rilievo che merita un argomento di tanta importanza sociale e politica, e che non sia contrabbandata una trattazione a senso unico, faziosa ed ipocrita, nelle prediche "religiose" ed "edificanti" di qualche frate e di qualche moralista di professione.

A seguito della decisa azione di protesta della Lega contro la faziosità della RAI, nello scorso novembre l'on. Lajolo promise che la questione del divorzio sarebbe stata sollevata dai deputati comunisti alla prima seduta della Commissione parlamentare di vigilanza sulle radiodiffusioni. Fino ad oggi non ci risulta che la promessa abbia avuto un seguito. E' chiaro che la Commissione sarebbe la sede naturale per la protesta contro una così scandalosa e ottusa discriminazione. Diciamo "sarebbe", perché ormai ben conosciamo la inefficacia di certi controlli: la nostra protesta, le nostre reazioni sapremo esprimerle anche in altri modi.

 
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