SOMMARIO: A proposito delle voci che corrono al palazzo di Giustizia circa i dissensi tra il procuratore della repubblica e il magistrato incaricato delle indagini sul "suicidio" del col. Rocca, il partito radicale compirà prossimamente un passo ufficiale per avere chiarezza sulle possibili collusioni tra ambienti della magistratura e i servizi segreti. In particolare sarà chiesto se sia vero che alcuni magistrati avrebbero fornito l'autorizzazione al SIFAR per ascolti telefonici: su questi problemi essitono iniziative parlamentari (degli onn. Michelini e Anderlini) cui il governo non ha mai dato risposta.
(NOTIZIE RADICALI, 1 luglio 1968)
Roma - In alcuni ambienti del Palazzo di Giustizia si è diffusa la voce di gravi dissensi fra il Procuratore della Repubblica Velotti ed il Magistrato incaricato delle indagini sulla morte del col. Rocca, l'agente del SIFAR sucida o suicidato. Si rimprovererebbe al Magistrato di aver ignorato o sottovalutato la delicatezza dell'indagine e, soprattutto, le "necessità" che ne richiedevano una pronta e sbrigativa chiusura.
Non vi sono conferme, ed è quindi possibile che la voce, pur se proveniente da ambienti sulla cui serietà non vi sono dubbi, non sia esatta.
E' invece certo che da parte del Partito Radicale sarà prossimamente compiuto un passo ufficiale perché i margini di compiacenza o di connivenza che nell'ambiente della Magistratura, come in qualsiasi altro, possono essersi stabiliti con i servizi segreti e gli ambienti delorenziani vengano per lo meno circoscritti e individuati. In particolare sarà interessante sapere se il Procuratore Capo Velotti, o altra autorità, abbiano svolto indagini o una inchiesta sui rapporti che sarebbero intercorsi fra SIFAR e alcuni Magistrati, i quali avrebbero tra l'altro fornito ad agenti del servizio segreto numerosissime autorizzazioni "in bianco" ad ascolti telefonici da ritenersi senz'altro ufficiali.
In questo caso non si tratta solo di voci incontrollate. Nella scorsa legislatura, infatti, l'on. Michelini rivolse una precisa interrogazione in tal senso al ministro della Difesa, che non rispose.
L'on. Anderlini, come risulta dagli atti parlamentari, tornò di nuovo sull'argomento, sottolineando la gravità. C'è da augurarsi che il fatto non sia vero, e che i nomi dei cinque magistrati che corrono ormai su tutte le bocche "informate" di Roma corrispondano invece a quelli di integerrimi e responsabili rappresentanti della giustizia. Ma se nessuna indagine fosse condotta e decisa, per fugare questi gravi sospetti, il meno che si possa dire è che essi ne sarebbero ulteriormente avvalorati e che su uno almeno dei cinque magistrati suddetti diventa urgente iniziare un discorso, responsabile e pubblico.