di Marcello BaraghiniSOMMARIO: La LID subisce continui attacchi dagli oppositori alla causa divorzista. E' stato superato da poco l'ostacolo posto dal PLI che nel progetto legislativo originario escludeva dalla possibilità di divorzio i separati di fatto e per colpa e allungava il periodo di separazione negli altri casi. A ciò si aggiunge l'ostruzionismo clericale in quanto il Presidente della Commissioni Affari Costituzionali della Camera, il DC Bucciarelli Ducci, ha nominato relatore della legge sull'introduzione del divorzio il DC on. Cervone. Un espediente per ritardare il voto in Parlamento è rappresentato dal referendum in quanto questo è previsto solo per l'abrogazione di leggi già in vigore; come ha affermato Mons. COSTA "per la Chiesa C'E DA AUGURARSI CHE I DIVORZISTI NON ACCETTINO IL CONFRONTO ED EVITINO DI BATTERSI, in vista di un eventuale futuro referendum contro la legge, NEL CASO CONTRARIO SAREBBE FACILE PREVEDERE UNA SCONFITTA DEI CATTOLICI". I radicali devono rinnovare gli sforzi sia in Parlamento sia tramite l'
azione diretta, per combattere ogni tipo di ostruzionismo.
(NOTIZIE LID N. 15, 13 dicembre 1968)
Due mesi fa, la LID ha dovuto reagire duramente ad una operazione che, se tollerata e passata sotto silenzio, avrebbe potuto arrecare un danno irreparabile alla causa divorzista. Il progetto liberale che nella sua stesura originale escludeva dalla possibilità di divorzio i separati di fatto e i separati per colpa, e inoltre allungava oltre ogni ragionevole limite il periodo di separazione necessario per tutti gli altri casi contemplati, rischiava di escludere dall'interesse della lotta un numero enorme di cittadini, proprio nel momento in cui maggiore sarebbe dovuto essere lo sforzo. Imperniato sul progetto liberale, la battaglia divorzista avrebbe perduto nel carattere di grande battaglia sociale, di massa, popolare.
L'immediata reazione della Lega ha prodotto i suoi effetti. Una massiccia pressione di base, espressa con centinaia di telegrammi, lettere, appelli, ordini del lavoro inviati al segretario del PLI e ai deputati liberali, ha indotto questi ha modificare sostanzialmente il progetto, eliminandone le assurde limitazioni. "Ancora una volta l'azione tempestiva diretta, senza compromessi e mezze misure dei divorzisti è stata determinante". La base della Lega ha raccolto immediatamente l'allarme dato prima da Pannella con le sue dimissioni dalla segreteria della LID, poi dalla riunione congiunta degli organi direttivi razionali e dalla manifestazione al teatro romano "Delle Arti".
Eliminato questo scoglio, altri ne sono apparsi con evidenza. "L'ostruzionismo clericale è sempre più ostinato e impudente". Si è arrivati al punto che il Presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera, il democristiano Bucciarelli Ducci (già noto per i suoi passarti interventi antidivorzisti in qualità di presidente della Camera dei Deputati nella precedente Legislatura) ha nominato un relatore sulla legge per l'introduzione del divorzio anziché nella persona di un deputato della maggioranza divorzista (nella Commissione è presente il suo ex presidente ed ex relatore del progetto Fortuna: l'On. Renato Ballardini), "nella persona di un democristiano, cioè un rappresentante della minoranza"; per di più si tratta dell'On. Cervone, noto certamente più per la sua esperienza in fatto di "operazioni bancarie" che per le sue doti di costituzionalista.
E' vero che allo scadere dei tempi regolamentari la legge, votata o no in commissione, questa volta sarà portata direttamente in aula, ma è chiaro che i clericali non tralasceranno nessun espediente per ritardare il voto del Parlamento. Ed è certamente null'altro che un espediente la storia del referendum.
E' noto che la costituzione prevede il referendum solo per l'abrogazione delle leggi già in vigore. Chi davvero dice di volere il referendum sul divorzio dovrebbe facilitarne l'introduzione. Ora, noi siamo certi che un volta introdotta questa fondamentale riforma, l'opinione pubblica non vorrà farsela strappare di nuovo. Una volta che la legge fosse pubblicata sulla "gazzetta ufficiale" anche i più scettici, quelli che oggi restano alla finestra perché non vogliono compromettersi, si scatenerebbero contro chi proporrebbe di abolirla. Allora sì che ci sarebbero cinque milioni e più di attivisti divorzisti, disposti a tutto nei confronti del Vaticano, se da questa direzione venisse (direttamente o attraverso il suo "braccio", la DC) la proposta di abolizione. Non solo, ma a fare propaganda per il divorzio non ci sarebbe più solo la Lega, con le sue scarse risorse finanziarie, ma i partiti laici difenderebbero il loro operato in Parlamento, portando la propaganda divorzista in ogni angolo del Paese fin dove si
estende la loro struttura organizzativa. In queste condizioni i cattolici si guarderebbero bene dal chiedere il referendum: perché lo perderebbero. I clericali italiani non possono correre un tale rischio, perché la sicura adesione di larghe masse anche di cattolici alla tesi divorzista significherebbe la squalifica definitiva della pretesa alla assoluta "sovranità del Papa' su una popolazione che invece viene garantita come assolutamente obbediente e passiva. Ed allora perché parlano con tanta insistenza ed ostinazione di referendum? Lo fanno perché sperano che i partiti laici ed i loro rappresentanti ne abbiano più paura di quanta ne hanno loro stessi. Perché pensano che qualche laico a "mezzo servizio" sia disposto a collaborare per insabbiare il divorzio con il pretesto che "non vale la pena impegnarsi in Parlamento, e fatica inutile, tanto farebbero il referendum..."
SIAMO IN GRADO DI RIFERIRE QUANTO HA DICHIARATO, TEMPO FA', IN UNA RIUNIONE "SEGRETA" DEI QUADRI DIRIGENTI DELL'AZIONE CATTOLICA, Mons. COSTA, UNO DEI PRELATI PIU' ACUTI ED EQUILIBRATI DELL'AMBIENTE VATICANENSE. EGLI INTERVENENDO A PROPOSITO DELLE DICHIARAZIONI SUL REFERENDUM RILASCIATE DA BACHELET ALLA STAMPA, AFFERMAVA CHE C'ERA IN ULTIMA ANALISI DA AUGURARSI SOLTANTO CHE I DIVORZISTI NON ACCETTASSERO IL CONFRONTO ED EVITASSERO DI BATTERSI; NEL CASO CONTRARIO - SONO SEMPRE PAROLE DI Mons. COSTA - SAREBBE FACILE PREVEDERE UNA SCONFITTA DEI CATTOLICI.
"La battaglia e gli scogli sono quindi in PARLAMENTO". Il fatto che durante la crisi di governo, che si sta risolvendo in questi giorni, si sia parlato di trattative tra socialisti, repubblicani e democristiani sul problema del divorzio, non è per noi motivo di tranquillità. Vere o false che siano certe voci come quella diffusa dal nuovo organo clerico-petroliero "AVVENIRE" di Milano, secondo il quale Rumor avrebbe imposto la che legge sul divorzio sia votata in Parlamento solo dopo la legge sul referendum popolare, è certo che la DC non rinuncia a far valere il suo sempre inalterato potere contrattuale. Ed è certo anche che se qualcuno dirà di aver paura del referendum, in realtà avrà paura, o peggio, subirà il "fascino" di certe cose.
Per impedire l'approvazione in Parlamento i clericali fanno balenare le minacce del "dopo": il referendum e il ricorso alla Corte Costituzionale, con il pretesto della violazione del Concordato Fascista.
EBBENE, NOI DOBBIAMO FARE ALTRETTANTO, ANCHE NOI ABBIAMO LE NOSTRE MINACCE PER IL "DOPO". POICHE' SI CONTINUA A PARLARE DI CONTRASTO CON IL CONCORDATO (COME FA L'INEFFABILE On. CERVONE) DOVREMO PRENDERE IN CONSIDERAZIONE LA PROPOSTA, FATTA RECENTEMENTE DAI RADICALI, DI SOTTOPORRE A REFERENDUM ABROGATIVO
LO STESSO CONCORDATO. SOLO COSI' PASSERA' PROBABILMENTE AI CLERICALI LA VOGLIA DI TIRARE IN BALLO IL REFERENDUM A PROPOSITO DEL DIVORZIO.
E' quindi il momento di stringere le fila e di rinnovare gli sforzi. Tra qualche mese dovremo sostenere, con la massima energia, la battaglia parlamentare, nel suo punto cruciale. Dobbiamo ricominciare a scendere in piazza, a fare nuovi proseliti, a tempestare Deputati e Senatori. Dobbiamo intensificare il ricorso all'"azione diretta", perché il divorzio, come sempre è successo in questi anni, va avanti grazie e sopratutto al contributo che i divorzisti danno alla battaglia.