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Teodori Massimo - 29 marzo 1969
LA NOTA: "ANTICLERICALISMO, CONTESTAZIONE E AZIONE DIRETTA"
M.T.

SOMMARIO: L'azione diretta e nonviolenta dei militanti radicali volta ad interrompere il consiglio di amministrazione degli Ospadali Riuniti di Roma, doveva servire ad impedire il perfezionamento di attività illegali. La rivendicazione dell'anticlericalismo come strumento di analisi e di comprensione essenziale per il mutamento dell'attuale società.

(NOTIZIE RADICALI N. 66, 29 marzo 1969)

Quando, il 25 marzo, come gruppo di militanti e di membri della direzione nazionale del Partito Radicale abbiamo fatto irruzione e interrotto il consiglio di amministrazione degli Ospedali Riuniti di Roma, abbiamo dichiarato che ci assumevamo la intera responsabilità della ``azione diretta'' che stavamo effettuando. Questa nostra contestazione ha avuto significato esemplare sotto diversi aspetti: di metodo, di sviluppo della analisi antiautoritaria e di classe in Roma, di indicazione di contenuto politico.

Primo, l'azione diretta nonviolenta che abbiamo realizzato doveva servire "in concreto" ad impedire il perfezionamento di atti che giudicavamo illegali, atti che non sono altro che la continuazione di azioni che abbiamo definito, senza smentite di querele, e ribadiamo costituire una sequenza di azioni delittuose. Secondo, se è trattato di indicare con l'azione e non solo con il dibattito (che pure andiamo intrattenendo in sede politica, giudiziarie, ecc.) dove sono le strutture di potere che condizionano e controllano importanti settori della vita sociale, economica e politica in Roma. Terzo, abbiamo ribadito dove e come si incarna e si manifesta quel clericalismo contro il quale andiamo sviluppando la nostra "moderna, attuale, circostanziata" battaglia anticlericale.

Questo il significato politico di quella che il Corriere della Sera ha definito `contestazione di radicali all'ospedale di Roma', che Momento-Sera ha chiamato `azione di commandos radicali', a cui - con buona pace dei camuffamenti degli apparati della sinistra di opposizione - l'Unità non ha creduto opportuno dedicare neppure un sottotitolo nella cronaca del rivendicazionismo spicciolo delle diverse categorie ospedaliere in agitazione.

Questo anche un momento della nostra campagna anticlericale e della affermazione della nostra `linea di massa', proprio mentre si stanno attraversando tempi di contestazioni - vere o presunte - in cui riparlare o continuare a parlare di anticlericalismo si rischia di essere tacciati di essere ancora una volta `piccoli borghesi' e di non capire le `vere lotte rivoluzionarie'. Ebbene - diciamolo senza timore di esagerare i nostri contributi alle lotte per il rinnovamento e la crescita della Sinistra in Italia - le iniziative radicali di questi anni e quanto contemporaneamente è andato accadendo nel paese nell'area del dissenso, della contestazione, della protesta e rivolta; sono stati una conferma che non vi può essere lotta rivoluzionaria - o, come meglio amiamo chiamarla, lotta di riforme per un processo rivoluzionario - senza mettere a fuoco e analizzare i nodi autoritari della nostra società. Il clericalismo e il suo burocraticismo (questa sua versione politica) - quello nuovo, di certo, di marca capitalis

ta o neocapitalista, non sono che quello di marca feudale, è tra questi nodi uno dei più caratterizzanti le strutture di potere in Italia.

Tra il 1967 - quando promuovemmo un arco di manifestazioni anticlericali - ed oggi sono andate crescendo le resistenze clericali e proclericali al divorzio, comprimendo in uno stato di asocialità milioni di cittadini; v'è stato il tardivo e inerte allineamento della sinistra tradizionale nei confronti del `caso Petrucci' sollevato dai radicali come il momento culminante della trama di interessi e mafie clericali intrecciantisi con la vita civile e le strutture politiche di Roma; v'è stata la congiura del silenzio della sinistra di governo e di opposizione sulle denunce del PR nei confronti dell'ENI, in cui interessi corporativi, baronie del capitalismo di stato e gruppi di potere tecnocratico-clericali con l'uso dell'esercito e dei suoi `servizi' più o meno segreti si saldavano esemplarmente; è esploso `l'affare Braibanti' dove ancora una volta intellettuali di complemento e giornali della sinistra rispettosa (quella cosiddetta laica fiancheggiatrice del socialismo ministeriale e quella di opposizione) hanno

subito con tardive e blande proteste l'esemplare e violenta condanna che il sistema carico dei suoi `valori' e della sua `moralità' ha inflitto ad un uomo colpevole di tentare di percorrere fino in fondo la strada della propria liberazione; vi sono state, infine, le tante contestazioni all'interno della chiesa e delle strutture cattoliche che hanno impartito una lezione - sempre nel contenuto e speso esplicitamente nel tono, anticlericali - ai cosiddetti laici in realtà agnostici e remissivi e ai dialoganti d'ogni ispirazione.

Se di contestazione dunque vogliamo discutere - e noi radicali non possiamo che parteciparvi e organizzarla laddove ve ne sia necessità - allora diciamoci pure che l'anticlericalismo è una strada "politica" che nel nostro contesto storico occorre percorrere per dare a questo termine un concreto significato relativo al ``qui ed ora'', per tradurre questa formula in iniziative politiche capaci di coinvolgere in Italia cittadini sfruttati ed oppressi, di colpire quelle istituzioni nelle quali v'è da combattere la concentrazione di potere di marca autoritaria.

La sinistra tradizionale ci dirà che si tratta di posizioni `obsolete'. Una parte della nuova sinistra, quella che insegue miti ideologici tanto più facili quanto più lontani, ci dirà che non è interessata a `obiettivi intermedi' e di natura `sovrastrutturale'. Per noi, l'uso della categoria anticlericale come strumento della nostra società ci sembra sempre più essenziale e necessaria - insieme ad altre categorie - per contestare nel vivo dei valori, dei metodi e delle strutture l'antilibertà nel nostro paese e quindi per contribuire - senza esclusioni, pregiudizi e visioni apocalittiche - alla crescita delle forze socialiste e libertarie, all'espandersi di una politica radicale e rivoluzionaria in "questo" paese e in "questa" società.

 
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