di Marco PannellaSOMMARIO: Marco Pannella esorta alla partecipazione al VI Congresso del Partito Radicale tutti coloro che in qualche modo hanno condiviso l'opera del Partito Radicale. Non sarà un congresso "importante" poichè dalle sue decisioni non dipenderà la crisi di governo o la rivoluzione; non si dicuterà della congiuntura economica mondiale e neppure della gestione dello Stato. Ci si accanirà invece a discutere di cose minute, di come riuscire a portare avanti le battaglie contro il concordato, per la libertà sessuale, contro il militarismo e per l'istituzione del divorzio.
(NOTIZIE RADICALI N. 79, 15 ottobre 1969)
A quanti, in questi anni e più che mai negli ultimi mesi, hanno sentito che l'opera del Partito Radicale fosse in qualcosa utile e necessaria; che lo hanno espresso anche a nostra insaputa o direttamente incoraggiandoci a proseguire in questo tentativo che non è certo semplice né facile; che l'hanno secondata o condivisa, in parte maggiore o minore, pubblicizzandola, concorrendo a svolgerla, contribuendo alla sua preparazione ed alla realizzazione con idee, sovvenzioni lavoro; alle migliaia di amici divorzisti e laici, ai compagni libertari o della varia vasta area del dissenso di matrice cattolica o comunista, ai tanti comunisti, socialisti, democratici di ogni tendenza, ai più anziani ed ai più giovani con i quali abbiamo percorso un tratto di strada o ci siamo scambiati un cenno di stima o di riconoscimento; a coloro che sempre più numerosi si rivolgono a noi per meglio conoscere questo partito così "diverso" e singolare o per suggerirne lo sviluppo in nuove zone o città o in altre forme e nuovi obiettivi
di lotta: - a tutti voi, insomma, amici di "N.R" - come rivolgere l'invito e l'appello a recarsi, con semplicità, con fiducia, al VI Congresso del P.R. senza usare il consunto, inutile linguaggio "politico" di circostanza?
Cominceremo, volentieri, con il riconoscere che il nostro Congresso non è particolarmente importante. Dal suo esito non dipendono né crisi di governo né decisioni di assalti rivoluzionari; non primavere o autunni più o meno rossi ed esaltanti: non scissioni né unificazioni; non l'avvenire della Lira, della Patria, della Religione, della Programmazione. Nemmeno scaturiranno, in quei nostri tre giorni di inizio di novembre, spinte decisive a prossime ed irrefrenabili alternative di regime e men che mai rintocchi a morto per Dio o per il Sistema.
Perfino per il Partito Radicale non si tratterà di vita o di morte, almeno non più di quanto una esistenza davvero viva non sia posta naturalmente e quotidianamente in causa, senza remissione, senza l'inganno di sopravvivenze fittizie o di mistici salvataggi nel "tutto" della "classe", della "storia", della "lotta". Difficilmente vi si ascolteranno anche "discorsi" o "interventi" importanti, parole che pretenderanno di esser decisive sui maggiori problemi che tormentano la nostra cultura politica o la nostra civiltà. Tratteremo probabilmente pochissimo argomenti pur fondamentali come quello del terzo mondo, della Cina, della crisi Medio-orientale.
Chi scrive, inoltre, non conosce un solo radicale in condizione di svolgere un'analisi appena decente della congiuntura economica mondiale o anche solo europea e forse nazionale (non li conosce e, fatto certo più grave, non se ne preoccupa affatto). La Direzione del Partito ha poi, proprio nei giorni scorsi, raccomandato al Segretario Nazionale Mauro Mellini di presentare una relazione quanto più completa e minuta di fatti, di problemi quotidiani, di azioni dirette, fino - se gli sarà possibile - ai limiti della pedanteria; ed assolutamente spoglia di riferimenti ideologici o anche programmatici. Inoltre, contrariamente a quanto si ritenne necessario fare a Bologna e Firenze, nessuna azione è stata svolta per assicurare quella "apertura" che è caratteristica pur statutaria dei nostri congressi a livello di "vertici" politici, in un momento in cui da ogni parte ci si riconosce almeno un notevole aumento di "credibilità" anche all'interno della classe dirigente ufficiale, di governo o di opposizione, del nostr
o paese.
Non credo nemmeno che ci porremo problemi a livello della gestione dello Stato o delle istituzioni, se non con la deliberata e ragionevole irresponsabilità di una forza minoritaria, ormai emergente grazie a rigorosi riferimenti libertari, tesa cioè non a "partecipare" al Potere ma ad attuare lotte e obiettivi che ne comportino invece la diminuzione ed il deperimento.
Mancherà inoltre il pathos dei confronti congressuali dove s'affrontano spasmodicamente per prevalere l'una sull'altra (e l'una con l'altra) correnti organizzate, o interessi contrapposti; mancheranno le masse di seguaci e dei loro rappresentanti, senza le quali impensabili sono i fremiti e la frusta di corali culti per uno o più capi; mancheranno Nenni e Cohn-Rendit, Ingrao e Scalzone, La Malfa e Eco, Lombardi e Rossanda, perfino La Pira o De Mita. Non hanno annunciato la loro presenza attori hippy o arrabbiati, registi neo-maudits o panangelici, né premiati della letteratura, dello spettacolo, della cultura impegnata, del giornalismo acculturato della classe, della TV, di Feltrinelli.
Fra i congressisti della cui presenza già siamo certi, non vi sono che alcuni marginali docenti universitari, liceali, elementari; alcuni giornalisti senza giornale, o quasi; pochi avvocati senza consulenze di enti pubblici e monopoli privati; capelloni nomadi o ineleganti; qualche medico, qualche architetto, qualche pensionato, qualche farmacista, qualche impiegato.
E' tutto, per ora. Meno - e meno importanti - di quanti non fossero riuniti - a Milano - in una sola delle diverse commissioni del recente Convegno dell'ACPOL; meno - e meno giovani e ardenti - di quanti non fossimo complessivamente un anno fa nelle Assemblee dei Gruppi Spontanei per una Nuova Sinistra o anche solo due settimane fa alla riunione antimilitarista di Bologna; meno, molto meno, che nelle esaltanti e tesissime adunanze nazionali e regionali punteggianti le stagioni della rivolta studentesca ed operaista.
Lo spettacolo, dunque, sarà magro.
E, forse, ci si accanirà a discutere di cose minute, minime, quotidiane, quasi personali. Come riuscire a portare avanti, ciascuno di noi, così spesso isolato, non politico, non aggressivo, non esperto in qualsiasi genere di organizzazione, o ciascun gruppo la sua quota di iniziativa anticlericale contro il Concordato. Come dare il massimo impulso all'affermazione del Partito, con responsabilità sempre maggiori, mantenendo l'incompatibilità statutaria fra iscrizione e funzionariato, e la decisione politica del rifiuto pratico di qualsiasi rapporto di tipo salariato o burocratico. Come prefigurare, o meglio attuare, ogni giorno, in ogni attività, strumento, struttura, quella rivoluzione libertaria cui crediamo in maggioranza. Come potenziare l'esplosività della battaglia per il divorzio nella quale siamo irrevocabilmente impegnati. Come organizzare la IV Marcia Antimilitarista, il II Congresso Nazionale Antimilitarista, il II Convegno Nazionale sulla Libertà sessuale, il movimento per la rivolta giudiziaria,
o assicurare anche una linea di massa alla campagna contro la assistenza, pubblica e clericale, in mano ai gangsters ecclesiastici e democristiani. Come da corpo effettivo ad uno statuto che è forse il nostro miglior manifesto o programma politico e che continua ad apparire a volte incommensurabilmente lontano dalle nostre azioni effettive.
Discuteremo insomma di fatti, a partire da fatti, per provocarne altri. Nulla d'entusiasmante - dunque - anche per questa voce del Congresso.
E' ancora retorico affermare che il VI Congresso del P.R. sarà alla portata di ciascuno di noi, che abbia o non fin qui "fatto politica" partecipato nella sua vita ad altri Congressi, che sia o non "preparato", che abbia o non abbia un "linguaggio politico", che sia caratterialmente sicuro di sé o scettico sulle possibilità di un proprio personale impegno?
Le poche migliaia di amici cui ci si riferiva in apertura di questo articolo sono già, non solo per noi, ma oggettivamente, "partito radicale" anch'essi. Come si usa dire oggi, non sono che la "faccia nascosta" del Partito. E' bene che ne siano consapevoli. Credete davvero che le poche decine di militanti radicali che risultano tali avrebbero da soli avuto la forza di costituire un Partito cui si devono lotte che si chiamano divorzio, diritti civili, anticoncordato, antimilitarismo; un arco di impegni militanti che vanno dalle campagne contro l'ENI e il capitalismo di Stato, a quelle che hanno comportato per ora l'arresto di Petrucci, ad episodi unici di contestazione giudiziaria, di affermazione di principi laici e libertari anche nella sfera sessuale, al quotidiano scontro con tutti gli istituti autoritari della nostra società? Sono ormai troppi i radicali che non si conoscono. Questo Congresso "deve" essere anche loro, come loro - dei loro sacrifici, delle loro idee, del loro danaro - sono tanta parte del
le nostre battaglie.
Chiediamo ai divorzisti della LID, ai militanti e ai dirigenti, quali che siano le altre forme del loro impegno politico, di fare ogni sforzo per venire a Milano, per lavorare insieme, e sotto questa nuova forma, anche in questi tre giorni di inizio novembre. Noi non lo chiediamo perché testimonino di aver compreso e apprezzato il valore dell'impegno dei radicali per la LID: ma perché possano partecipare a pieno titolo e con pieni diritti anche al momento più essenziale della vita di un partito che può in assoluta coscienza affermare che saprebbe trovare in sé e nel paese la forza per realizzare il divorzio anche se fra qualche settimana, invece della nuova vittoria che speriamo, dovesse verificarsi la catastrofica affermazione di Andreotti e della sua palude clerico-fascista. Non sappiamo come.
Per saperlo, per comprenderlo, la fraterna presenza dei fuori-legge del matrimonio, dei militanti divorzisti, sarebbe e sarà preziosa; così come per preparare le nuove difficili ore di confronto che, al Senato, dove siamo praticamente in minoranza, ci attendono. E per realizzare quel referendum abrogativo del Concordato che toglierebbe di mezzo l'ultimo ed il più insidioso strumento in mano agli antidivorzisti: la dichiarazione di incostituzionalità del divorzio per i matrimoni concordatari.
Chiediamo agli antiautoritari, in primo luogo ai compagni anarchici; agli studenti che non vogliono o possono esser coinvolti dall'operaismo esclusivo cui la parte migliore dei comunisti del movimento studentesco si è votata, o dallo squallore del revival stalinista e populista proposto dai piccolo-borghesi dell'Unione, o dalla povera compensazione di nuove bohèmes; ai tanti isolati che commettono l'errore di rassegnarsi al disimpegno solo perché non comprendono che la loro condizione è un prodotto oggettivo e deliberato del sistema e del regime che lo rappresenta in Italia, e non conseguenza di personali inettitudini o inadeguatezze; chiediamo ad essi, oltre che ad ogni iscritto al P. Radicale, d'esser puntuali, il 1· novembre, al Congresso di Milano.