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Pannella Marco - 3 giugno 1970
IL DISSENSO DI UN COMPAGNO
di Marco Pannella

SOMMARIO: Replica al disaccordo manifestato da Wladimiro Dorigo, direttore di QUESTITALIA ed esponente del dissenso cattolico, in relazione all'accordo elettorale fra Pr e Psi. Pannella ribadisce che non c'è stata né rinuncia, né compromesso e che il Pr, con una iniziativa certamente sconcertante per tutta la nuova sinistra, è riuscito a far fare passi avanti alle battaglie comuni, sul divorzio come sul concordato. E tutto questo senza rinunciare a proporsi come nuova alternativa, autentica e radicale, a un regime che condanna e vuole rovesciare.

(NOTIZIE RADICALI N. 92, 3 giugno 1970)

"Nel momento in cui stiamo licenziando questo numero speciale di "N.R.", mi lascia politicamente e personalmente turbato il giudizio avuto da un compagno alla notizia delle decisioni del P.R. Questo compagno mi scuserà se lo nomino e se, senza sua autorizzazione, pubblicizziamo così un suo giudizio che ci riguarda: parlo di Wladimiro Dorigo.

"Così non ci siete nemmeno più voi... per il divorzio, per il Concordato - vi vendete al P.S.I. E un modo di battere il marciapiede..."

Una reazione (un giudizio?) così recisa e grave, da un democratico come Dorigo che ritengo da anni un raro compagno di lotta e una necessaria speranza per tutti noi - e tale continuo a ritenerlo - non può essere qui taciuta, poiché probabilmente non sarebbe conosciuta da altri prima del 7 giugno - ed è giusto che sia resa nota prima di quel giorno. Se omettessi di farlo, mi sembrerebbe d'adeguarmi a quel costume imperante in tutta la sinistra italiana dal quale più aborro: paura del dibattito, disprezzo del dissenso, odio per ogni vera minoranza, strumentale esaltazione d'ogni consenso, censura e falsificazioni come arma privilegiata verso "amici" più ancora che contro gli avversari.

Quanti avranno potuto notare in questi anni obiettive analogie e concordanze fra l'animatore di" "Questitalia" "e della stagione migliore del dissenso ancora "cattolico" e i radicali, e da questo fatto possono aver tratto motivi di maggiore fiducia in noi - sappiano, in tempo utile anche per il voto, di questa sua grave valutazione. Che mi turba - dopo settimane di certezza e serenità - l'ho già confessato. Ma più m'interrogo e meno comprendo. Non è ch'io le ritenga ingenerosa: divorzio e concordato sono fatti immensi - per noi, per me, più ancora per il paese; ma con i miei compagni continuo profondamente a credere che l'immensa Parigi non valesse la messa che il buon Enrico di Valois decise d'ascoltarsi - lui protestante.

Ma non arrivo a comprendere dove" siano la rinuncia, il compromesso, l'astuzia o la puttanaggine "insinuatisi ora nel nostro rigore; che cosa abbiamo mai "pagato" - che una strenua minoranza non possa "pagare" senza snaturare se stessa e perdere storicamente la forza ed il diritto di proporsi come nuova alternativa autentica e radicale a un regime che condanna e vuole rovesciare. Dorigo non può, ora e qui, rispondere; non cercherò quindi di farlo nemmeno io. Voglio il dibattito e voglio che sia leale, sereno, profondo.

Certo è che temo - dinanzi a questo episodio - sempre più la stanchezza, l'insidia di inutili amarezze, le troppo costose responsabilità, il ripiegamento individualistico, la tentazione di rassegnazioni o di riflessi "storicistici" che poi sono invece fatalistici, cui la lotta politica che conduciamo sembra costringere coloro che ci sono e che sentiamo vicini, anche noi stessi, forse.

Non sono notazioni - queste - solo "personali". La "politica" è fatta anche di questo: lo "essenziale" vi ha e deve avere diritti e dignità pienamente essenziali. Temo questo cimitero di nomi, di dialoghi presto mancati, di abbandoni di forze che hanno creduto di conoscersi" e che non "si saranno che troppo tardi riconosciute" - in cui sembra a volte "doversi concludere la storia della generazione politica di quei quarantenni di oggi che hanno mostrato di non credere al "potere" ed alla "riuscita", come ragione e obiettivo del loro impegno civile.

Serenamente certo quindi di ripetere a Dorigo che ritengo che il PR abbia assunto un'iniziativa giusta e positiva anche se sconcertante per tutta la nuova sinistra. Che siamo riusciti, anche in questa occasione, ad andare avanti nella direzione giusta - non solo per noi ma anche per lui. Da postazioni come le nostre di" Questitalia "o del P. Radicale, non credo proprio che i rischio sia quello della disonestà ma quello della egoistica disperazione, lì dove si perde ogni sostanza delle cose che umilmente, laicamente, doverosamente abbiamo sperato - e per le quali siamo insieme impegnati".

 
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