CON IL "DIGIUNO PUBBLICO" DAL 9 AGOSTO AL 2 SETTEMBRESOMMARIO: I pericoli che permangono - I motivi della fine della manifestazione - I risultati raggiunti - Omogeneità fra metodi ed obiettivi, mezzi e fini - Il comportamento della stampa e quello della RAI-TV - Ventimila firme fra Bari e Roma contro il concordato - "Pubblichiamo il documento conclusivo del "digiuno pubblico" divorzista, la manifestazione che, protrattasi per 24 giorni, sicuramente tanto avrà contribuito ad annullare le ultime, più pericolose tendenze al compromesso ed alla rinuncia che s'erano manifestate nel corso dell'estate, da parte dei partiti laici, a spese del progetto Fortuna. Si tratta del testo della conferenza-stampa tenuta dal Segretario Nazionale della LID a nome e per incarico dei partecipanti al digiuno il 2 settembre, nella Corsia Agonale di Piazza Navona".)
(NOTIZIE RADICALI N. 95, 5 settembre 1970)
Noi riteniamo che sempre gravi siano i pericoli che non si giunga all'approvazione del divorzio. La stessa necessità, apparsa evidente, della nostra azione, dimostra infatti quanto le grandi forze partitiche, e grandi organizzazioni tradizionali abbiano continuato a considerare estranea alla loro responsabilità ed alla loro politica questa grande battaglia popolare per l'acquisizione di una riforma che implica, senza retorica, una scelta di civiltà oltre che vastissime conseguenze umane e sociali. Noi saremmo oggi tranquilli se non fosse stata così clamorosamente confermata non solo l'insostituibilità della LID, ma la sua quasi esclusiva responsabilità per la conduzione della lotta sul piano extraparlamentare. Ci auguriamo che tutti i democratici, in queste settimane, che saranno comunque cruciali, se ne rendano conto e ne traggano le necessarie conseguenze. Rivolgiamo loro in tal senso un fraterno, pressante appello.
Abbiamo deciso di chiudere la nostra manifestazione in primo luogo perché, ormai, più urgenti, necessarie, efficaci forme di impegno e precise scadenze sono venute configurandosi per la LID. La promozione ed il coordinamento delle agitazioni anticlericali e divorziste per il XX settembre; la costituzione di una rete di "comitati di vigilanza" destinati in ogni parte d'Italia a rispondere con la massima durezza e immediatezza alle consuete, illegittime e anticostituzionali interferenze di una parte del clero, nell'esercizio delle sue funzioni, ove tornassero a manifestarsi in questo periodo; il proseguimento della raccolta delle firme per il referendum abrogativo del concordato; la necessità di facilitare un continuo contatto con i parlamentari da parte degli elettori divorzisti e laici, tutto questo comporta un impegno di militanti, che non ci consente più di continuare nel "digiuno pubblico".
In secondo luogo, dobbiamo riconoscere il successo della nostra azione anche se ha mancato il suo obiettivo iniziale di far giungere al voto prima dell'autunno. Infatti, ci sembra difficile disconoscere i seguenti risultati:
a) - la fissazione della data terminale al 9 ottobre, per il voto del progetto, invece del semplice rinvio della discussione senza garanzie sul suo svolgimento, e sul suo termine;
b) - la conferma dell'impegno tassativo di tutti i gruppi divorzisti del Senato a non accettare emendamenti che invece - secondo quanto dimostrato da autorevoli e numerose inchieste giornalistiche - aveva progressivamente guadagnato numerosi e determinati ambienti laici;
c) - la costituzione di un "Comitato di garanti" degli impegni assunti e per la conduzione unitaria e organizzata del confronto in Senato in queste settimane e nei giorni del dibattito e del voto;
d) - una serie di incontri, di necessarie chiarificazioni, richiesti dalla LID, con i rappresentanti dei gruppi laici del Senato, che hanno dimostrato che una nuova atmosfera di collaborazione e di fiducia si è venuta sostituendo ora a quella spesso carica di fastidio, di diffidenza e di disinteresse (e nessuno può escludere evidentemente che ciò fosse in alcuni casi dovuto a seri motivi o retroscena politici) creatasi prima della nostra azione;
e) - la mancata risposta positiva alla nostra richiesta di garantire il termine del 9 ottobre anche in caso di crisi è stata ora motivata con una interpretazione della Costituzione, che continuiamo a non condividere; ma la franca spiegazione ha consentito di registrare unanimi assicurazioni dei laici sul fatto che questa ipotesi verrebbe combattuta "senza eccezioni" e, sul piano politico, con durezza, sia dalle forze laiche di governo che da quelle di opposizione. Inoltre, è trascorso un mese dalla nostra richiesta; non restano ora che poche settimane, a rendere più improbabile una nuova "crisi vaticana", comunque giustificata;
f) - infine, fatto forse più importante di tutti i precedenti, per la prima volta dalla sua costituzione, la LID ha potuto usufruire di una quotidiana, diretta, vastissima comunicazione con le masse laiche e democratiche del paese, grazie all'attenzione che la stampa ha dedicato alla nostra manifestazione ed alle nostre richieste e analisi della situazione. Il potenziale di lotta si è così, come era necessario nel momento decisivo, grandemente rafforzato.
Riteniamo così, serenamente, di aver svolto un buon lavoro. In nulla eccezionale, pensiamo, se non per gli usi e la mentalità di un paese, dove sembra che l'affermazione delle proprie idee debba necessariamente passare attraverso la violenza o in potere. Abbiamo in definitiva, al di là di di ogni astratta dottrina, trovato che un'azione diretta non violenta e collettiva era la più omogenea all'obiettivo e agli ideali che ci muovono; che questa omogeneità fra fini e mezzi fosse opportuna e necessaria; che quanto più grave era la situazione che cercavamo di mutare, quanto più indignati per la serie di rinvii, di ostruzionismi, di indebite interferenze, di debolezze che da cinque anni fanno scadere il dibattito e la funzione parlamentare, tanto meno fosse lecito ed utile abbandonarsi alla emotività e alla violenza. Abbiamo mostrato che tutto questo è non solo moralmente e civilmente degno, ma che è anche possibile ed efficace.
Ringraziamo profondamente e sinceramente la stampa italiana per avere compreso o intuito anche questo aspetto della nostra azione, e di avervi così ampiamente corrisposto. Ai rari giornali d'informazione ed a una ben determinata e potente stampa di partito che hanno invece applicato nei limiti in cui era loro possibile una rigorosa censura contro di noi e contro i loro lettori, preferiamo in questo momento non rispondere; il loro comportamento è già di per sé una eloquente testimonianza di debolezza, di cattiva coscienza, di malcostume democratico e professionale.
Per la RAI-TV ripetiamo che non v'è che commiserazione per il suo servilismo politico, per la sua funzione antidemocratica e di disinformazione, per lo zelo omissivo di obbedienza clericale.
Da Bari, da Roma, da Pescara vada anche un ringraziamento alle migliaia di cittadini che da tutta Italia ci hanno espresso la loro solidarietà, ai ventimila che hanno in questa occasione firmato la richiesta di un referendum abrogativo del concordato.