di Gianfranco SpadacciaSOMMARIO: La mozione con la quale si è concluso il consiglio nazionale della UIL ha lasciate intatte le differenti posizioni. Il testo approvato non è certo un modello di chiarezza, il che non basta a nascondere che l'unità della UIL si conserva solo introducendo nella sua democrazia interna il meccanismo dei compromessi unanimistici, paralizzando la possibilità di costruire maggioranze omogenee, e riconoscendo alla corrente socialdemocratica una sorta di diritto di veto. Due sono i risultati che si sono raggiunti: la ripresa del colloquio con le altre confederazioni e la ripresa delle lotte in forma articolata qualora gli incontri con il Governo dovessero risultare insoddisfacenti. Si tratta di risultati non completamente positivi che anzi riportano alle altre confederazioni i contrasti interni alla UIL. L'altro problema emerso nel corso del consiglio è quello relativo al metodo seguito per l'elezione dei delegati di reparto e di linea e dei consigli di delegati; la UIL preferisce riservare l'elezione agli
operai iscritti ai sindacati, il che rischia di aggravare la dialettica movemento operaio-forze sindacali. Emerge con chiarezza da questo Consiglio che la corrente socialista rimane la più forte in seno alla UIL, ma la corrente che sembra rafforzarsi è quella repubblicana che tenta di far emergere all'interno del sindacato una strategia moderata.
(L'ASTROLABIO, 27 settembre 1970)
Il consiglio nazionale della UIL si è concluso con una mozione di compromesso che ha sostanzialmente lasciate intatte le differenti posizioni e non ha contribuito ad avvicinare le distanze. Cronisti e commentatori hanno già ampiamente fornito un'analisi esegetica del testo approvato, che non è certo un modello di chiarezza. Le contrastanti interpretazioni riscontratesi sul quel testo all'indomani del consiglio nazionale hanno confermato in pieno i giudizi della stampa. La segreteria della UIL è stata infatti impegnata a prendere decisioni necessarie per la lotta delle riforme salvo, "quando necessario" convocare il consiglio nazionale. Ma quando sarà necessaria questa convocazione? Per la corrente socialdemocratica solo il consiglio nazionale avrà la facoltà di indire uno sciopero nazionale o di aderirvi. Per Ravenna la segreteria confederale mantiene invece la pienezza dei suoi poteri anche nell'eventualità della proclamazione dello sciopero generale, ma dovrà convocare il consiglio nazionale ogni volta che
al suo interno si manifesteranno dei dissensi.
Polemiche esegetiche e baruffe interpretative non possono mascherare la sostanza di questa soluzione: l'unità della UIL si conserva solo introducendo nella sua democrazia interna il meccanismo dei compromessi unanimistici, paralizzando la possibilità di costituire maggioranze omogenee e riconoscendo alla corrente socialdemocratica una sorta di permanente diritto di veto. L'impressione generale che se ne ricava è che all'interno della confederazione sono sì rimaste immutate le differenze di posizione e i rapporti di forza tra le correnti (socialista, repubblicana e socialdemocratica), ma ha invece subito un mutamento la linea e la posizione generale dell'intera UIL. Lo spostamento a sinistra che Viglianesi, Ravenna e gli altri dirigenti socialisti erano riusciti a imprimere all'organizzazione nel periodo 69-70 e a consolidare e rafforzare nell'ultimo congresso e dopo la scissione socialdemocratica, sembra così subire un colpo di freno.
Che cosa hanno ottenuto in cambio i socialisti? La scissione socialdemocratica è rinviata anche se continua a pendere sull'UIL come una minaccia. Le concessioni fatte ai socialdemocratici sulle modalità di conduzione politica dell'Unione consentono di mantenere un collegamento sui contenuti e sui temi dell'unità sindacale con la forte componente repubblicana. Sul piano immediato vanno inoltre registrati due risultati: la ripresa dei colloqui unitari con le altre confederazioni, che arano stati praticamente interrotti sui più importanti argomenti politici dal luglio scorso, dopo la decisione di sospendere lo sciopero generale a causa delle dimissioni del Governo Rumor, e quando avvenivano erano ormai ridotti a semplici consultazioni formali. In due circostanze ci sono stati incontro a due CGIL-CSIL, in un caso un documento comune di queste due confederazioni. Questo comporterà probabilmente anche l'effettuazione della seduta comune dei tre consigli generali sul tema dell'unità sindacale. Il secondo risultato
è la ripresa delle lotte in forma articolata nel caso che gli incontri con il governo dovessero risultare insoddisfacenti.
Si tratta di risultati che solo apparentemente sbloccano la situazione dell'UIL e che, secondo ogni previsione, sono destinati invece a trasferire le divisioni interne di questa organizzazione nei colloqui unitari con gli altri sindacati, trasformandole in altrettanti intralci a decisioni efficaci e tempestive. Inoltre dietro queste scelte di metodo, scaturite dal compromesso del consiglio nazionale, ci sono alcune precise scelte politiche: a parte la opposizione a ogni forma di unità settoriale (quella dei metalmeccanici, ad esempio), che anticipi l'unità sindacale generale, non si può negare che dietro al dibattito lotte articolate-sciopero generale e dietro la polemica sui poteri della segreteria, c'è una scelta di massima già operata e non soltanto un modo di intendere il funzionamento dei meccanismi democratici: la propensione della UIL verso la prima forma di lotta piuttosto che verso la seconda. Non sono mancate a questo proposito voci discordi; la più importante è stata quella del segretario della UI
LM, Benvenuto. Ma proprio queste voci confermano l'impressione di una scelta di massima già decisa dalla maggioranza dell'UIL. Se è come riteniamo, si tratta di una scelta poco responsabile e solo apparentemente più moderata. In un tema come quello delle riforme, che è di portata nazionale e non interessa soltanto la classe operaia, la lotta articolata di fabbrica o territoriale rischia di apparire come mera azione di disturbo e non consente quel dibattito quella pressione generalizzata e quella mobilitazione dimostrativa che le questioni affrontate richiederebbero.
Un altro problema su cui l'orientamento della UIL sembra ormai essersi definitivamente chiarito riguarda il metodo di elezione dei delegati di reparto e di linea e di consigli di delegati: la richiesta che questa elezione venga riservata solo ad operai iscritti ai sindacati è evidentemente determinata dalla preoccupazione della più debole delle tre confederazioni di vedersi emarginata dalla formazione dei nuovi organismi di base. E' una scelta che schiera la UIL contro una delle tendenze dominanti emerse nelle recenti lotte operaie e che rischia di aggravare la dialettica movimento operaio-forze sindacali che fino ad oggi ha sempre trovato positivi momenti di sintesi e di saldatura.
La corrente socialista rimane la corrente più forte della UIL, ma quella che sembra rafforzarsi sul piano politico, se non numerico e organizzativo, grazie agli orientamenti emersi nel consiglio nazionale, è la componente repubblica che tende sempre più a far passare una linea che appare destinata a rappresentare il polo moderato all'interno del dibattito e del processo di unità sindacale. Lontani e dissenzienti rispetto al ruolo provocatorio e di rottura che si sono assunti i socialdemocratici, i repubblicani tendono a non perdere il collegamento con la corrente maggioritaria della UIL né con gli altri sindacati, tentando di far emergere all'interno del movimento sindacale una strategia moderata. Ciò che li distingue dai socialdemocratici non è solo un diverso stile democratico, ma sopratutto un giudizio politico: essi sono convinti che questa strategia può oggi trovare importanti agganci nelle altre confederazioni, e non solo nella CISL ma nella stessa CGIL.