Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
gio 05 dic. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Pannella Marco - 10 dicembre 1970
Cretinismo parlamentare

SOMMARIO: La maggioranza ha consentito per un mese l'ostruzionismo del PSIUP su un decreto congiunturale per tentare di ritardare il dibattito sulla legge divorzista. Si è rischiata così la non approvazione del divorzio. La complicità involontaria del Presidente della Camera Sandro Pertini "che si credeva quanto meno un copocomico o un regista dello spettacolo e non era altro che il suggeritore involontario dello spartito scritto da Andreotti, il maggior interessato a questo complesso gioco non-laico, cioè - per essenza - riservato agli iniziati".

(NOTIZIE RADICALI N. 107, 10 dicembre 1970)

In fondo, ci siamo scoperti dei fanatici del parlamento e del suo buon funzionamento. Dinanzi allo spettacolo offerto con la vicenda divorzio-decretone condividiamo pienamente la ``lettera aperta al Presidente Pertini'' firmata dai militanti divorzisti. La storia è nota. Per un mese, o poco meno, la maggioranza parlamentare ha permesso alla ``minoranza'' del PSIUP e del ``Manifesto'' un ``ostruzionismo'', che veniva negato o affermato vertiginosamente da ciascuno e da tutti, su un decreto congiunturale - da considerarsi in definitiva come un secondario atto di controllo del Parlamento nei confronti dell'esecutivo. Si è perso così un mese di attività legislativa (due mesi se si considera il tempo perso dietro il primo ``decretone''). Si è rischiata la non approvazione del divorzio, la crisi del governo, del parlamento; si è colta la occasione per accelerare quella marcia di avvicinamento del PCI al potere, che in realtà non è altro che un avvicinamento al riconoscimento della realtà italiana dal 1946 ad oggi,

anche a livello formale di governo; s'è consentito un penoso gioco delle parti: al PCI conveniva la mediazione, al PSIUP la parvenza d'una più ``dura'' opposizione, alla DC ed ai partiti di governo una pagella di buona condotta democraticistica, al PLI di Malagodi un formalistico parallelismo di convergenza verso il ``buongoverno'' rispetto al gruppo di Ingrao, al MSI di Almirante il ruolo di intransigenti oppositori. Tutto per celare, sminuire come una vergogna la verità d'un confronto imposto dal paese, dalla LID, dai radicali, attraverso il divorzio: schieramento laico ``malgré soi'' contro schieramento clerico-fascista più corruzione...

Al centro della ribalta il buon Pertini che si credeva quanto meno un copocomico o un regista dello spettacolo e non era altro che il suggeritore involontario dello spartito scritto da Andreotti, il maggior interessato a questo complesso gioco non-laico, cioè - per essenza - riservato agli iniziati. E ad Andreotti va riconosciuta una statura inconsueta, nel grigiore della classe politica: da un anno quest'uomo politico di lucida e anche coraggiosa milizia clericale, d'un clericalismo aristocratico e rinascimentale nelle sue radici più lontane, elegante, cinico e giocatore, appena blasé, in realtà appassionato, delle tastiere istituzionali, sta diventando l'"uomo nuovo" del Parlamento. E si è misurato da maestro nel confronto più duro: quello sul divorzio. Riuscendo a sdrammatizzarlo; a farne - in buona parte - quella incredibile ``vittoria comune di laici e cattolici'' della quale da Natta a Tortorella, a De Martino e (perfino!) lo stesso Fortuna finiscono in sostanza per parlare. Tutto questo mentre dall'al

tra parte operava per affossare definitivamente la legge, giungendo il 1 ottobre, al Senato, ad un soffio da questo traguardo. Ma perché - tornando al dibattito parlamentare della Camera - ci pare lecito parlare di cretinismo parlamentare, con minore o maggiore spontaneità difeso da tutte le forze tradizionali dell'arco politico?

Perché questa storia di ``democraticità'' sostanziata nel mancato esercizio da parte della maggioranza dei suoi diritti e dei suoi doveri di amministrazione delle materie di dibattito e "del tempo legislativo", e nella pratica ostruzionistica attuata con il suo beneplacito e superiore controllo dalla minoranza (pensiamo al PSIUP e non al Manifesto), è semplicemente una balla. Il filibustering - nei parlamenti di grande e lontana tradizione - non è che un momento drammatico ma fisiologico della meccanica democratico-parlamentare. La maggioranza governa a colpi di maggioranza, la minoranza cerca di contrastarla e di rovesciarla, ma in realtà di minarla nel paese, utilizzando tutte le risorse regolamentari. Comune denominatore: le norme regolamentari. Funzione del Presidente: tutelare questo superiore e fondamentale momento e strumento di unità. Il Presidente si dimette se la maggioranza pone la fiducia, se la maggioranza non lascia al PSIUP il tempo massimo ed utile per far poi passare lo stesso il decretone a

l Senato, il Presidente amministra con regale liberalità il regolamento per assicurare il parallelismo fra decretone e divorzio, fra capra e cavolo, il Presidente altrimenti starà male, sta quasi male; l'unanimità delle conferenze dei capi-gruppo; La Malfa e Mancini gli unici esclusi dal gioco, trattati alla stregua di parlamentari qualsiasi, da tenere per settimane in transatlantico come cavalli nei recinti, dai quali non sanno se e quando e come dovranno uscire, ...per essere cavalcati.

A raccontarla, sembra una storia da scordare, che non vale nemmeno la pena di rievocare. Il ``lieto fine'', anzi, crea le premesse perché si ripeta. Dimenticando che l'alternativa era l'approvazione in due giorni del divorzio ed in una settimana al massimo del decretone. Così passano decenni e parlamenti con una attività legislativa irrisoria. Pletorica in leggine scandalose e corrispondenti da venti anni ad una specie di governo del paese fatto con decreti di maggioranza di commissione clerico-comunista e frattaglie connesse.

Per uomini coraggiosi e di tempra come il Presidente Pertini, in fondo, la democrazia è stata matrigna. Senza la sua copertura egli ci avrebbe edificato con l'esempio della sua ammirevole, tenace, testarda capacità di rivolta e di non rassegnazione alla prigionia ed alle ignominie dei regimi apertamente dittatoriali: quante altre evasioni non avrebbe portato a termine, quante prove non avrebbe superato lì dove quasi tutti sarebbero falliti... Invece!

 
Argomenti correlati:
pertini sandro
psiup
stampa questo documento invia questa pagina per mail