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Notizie Radicali - 10 dicembre 1970
Petrucci innocente?

SOMMARIO: Il processo contro l'ex sindaco di Roma Amerigo Petrucci si concluderà con un nulla di fatto. Battaglie di questa portata contro una intera classe dirigente possono avere solo un punto d'appoggio sul piano giudiziario ma devono poter contare su una mobilitazione politica delle forze d'opposizione che invece hanno abdicato al loro dovere.

(NOTIZIE RADICALI N. 107, 10 dicembre 1970)

Il 14 dicembre si svolge la seconda udienza del processo a carico dell'ex sindaco di Roma Amerigo Petrucci, dell'ex Segretario Regionale della corrente fanfaniana della DC per il Lazio Dario Morgantini, e di un esponente minore della DC romana, il ``grossista'' dei Mercati Generali Cavallaro. Fanno loro corona altri esponenti marginali di sezioni del Partito, accusati anche di essere degli usurai dal Morgantini. Quest'ultimo ed il Petrucci furono a lungo dirigenti dell'ONMI, e l'uno e l'altro Commissari romani dell'ente.

Le imputazioni si contavano a dozzine per ciascuno di loro. Ma l'amnistia tiene ancora in piedi solo i reati di interessi privati in atti di ufficio e di peculato aggravato. Il giudice istruttore, convalidando i risultati di perizie da lui disposte, ha mostrato di ritenere fondata l'accusa di aver sistematicamente gestito l'ONMI in funzione degli interessi personali degli imputati, distogliendo cifre enormi dalle attività istituzionali e utilizzandole per personali profitti o per perfezionare il sistema di sacco dell'assistenza all'infanzia romana su cui si fonda gran parte del potere politico clericale a Roma.

Fu nel maggio 1965 che il Partito Radicale iniziò una violenta campagna di denuncia politica e giornalistica contro i ``gangsters dell'assistenza pubblica romana''. Con un'inchiesta pubblicata nel giugno dello stesso anno fu puntualmente illustrata la situazione clericale e corruttrice del partito di maggioranza a Roma: da Petrucci a Darida, attuale sindaco, da Ponti, presidente della provincia, al sovrintendente Alonzo degli Ospedali riuniti, del Pio Istituto del Santo Spirito, a Cutrufo, Mechelli, Di Tillo, Rosato, Signorello, all'ora defunto Prefetto di Roma, all'epoca commissario agli Ospedali Riuniti, al direttore generale dell'INPS Masini, alla sorprendente, da allora pluridenunciata e imputata Suor Flaviana Venturi, grande manager anche pubblica del "racket" dell'infanzia, delle Suore Serve di Maria Riparatrici. Vennero individuati e spiegati i meccanismi d'una gigantesca opera di sfruttamento sociale e di corruzione politica dinanzi alla cui perfezione e efficienza impallidivano le pur già scandalose

gesta del sindaco Rebecchini e dei suoi amici a favore dell'Immobiliare Vaticana negli anni cinquanta a Roma.

Lo scandalo fu enorme, sulla stampa nazionale e anche internazionale. Il comportamento esterrefatto della pur potentissima classe dirigente clericale romana confermò in breve la gravità delle accuse del Partito Radicale. Ma, sul piano concreto, in Consiglio Comunale, in quello Provinciale, in Parlamento tutte le forze parlamentari non si mossero; si limitarono a prendere atto di imbarazzate, generiche smentite e di disponibilità verso la giustizia.

Si mosse un giovane, coraggioso e serio magistrato, sostituto procuratore della Repubblica, addetto al controllo ed all'analisi della stampa, il dr. Pedote. Allegò ad un nuovo dossier, come primo documento, l'inchiesta di ``Agenzia Radicale''; convocò Pannella, allora Segretario del Partito, ne verbalizzò le dichiarazioni di piena assunzione di responsabilità per quanto affermato in scritti e comizi e convegni dal Partito Radicale. Dinanzi ad una mole di accuse enormi, che investivano organismi come l'EFEAS - un ente diretto da una dozzina di mogli di ministri democristiani e presieduto dalla signora De Gasperi, con sede presso la DC romana - e ordini religiosi, deputati come il Darida, organizzazioni come l'INPS, il Comune di Roma, l'autorità tutoria, cioè il Prefetto, sembrò ritenere necessario affrontare con metodo induttivo, partendo dal particolare per risalire al generale, la difficile inchiesta preliminare. Scelse di farlo attraverso il controllo delle denunce concernenti il sindaco di Roma Amerigo Pe

trucci.

Indagini approfondite di Polizia Giudiziaria, espletate dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza, allora diretto dal colonnello Oliva, giunsero evidentemente - anche attraverso, il sequestro di atti ufficiali dell'ONMI, di bilanci, di ``campioni'' di atti amministrativi - a convalidare pienamente le affermazioni politiche che i radicali continuavano a svolgere, nell'inerzia politica totale di ogni altro partito. Ma un anno trascorse senza atti di formalizzazione della istruttoria. Una campagna elettorale, amministrativa a Roma, condotta dal PR in unione al PSIUP, con centinaia di comizi, con un numero di ``Agenzia Radicale'' contenente accuse incredibili, per gravità e per sicurezza, culminò alla fine con un esposto alla Procura Generale della Corte d'Appello di Roma, pubblicato in estratto anche dal settimanale ``ABC'' e diffuso a mezzo milione di esemplari.

Nessun Partito, per quanto incredibile possa apparire, utilizzò la campagna e le rivelazioni radicali; il motivo era chiaro: l'intera struttura ecclesiastica e vaticana veniva colpita direttamente in uno degli aspetti moralmente e politicamente più scandalosi ed istituzionali della sua potenza. Timori reverenziali e complicità, dialoghi e colloqui, alibi populisti e dimissioni ideologiche, cogestione reale o corresponsabilità gratuita, calcoli politici e timore dell'enorme popolarità che poteva derivare a chi era libero e capace di condurre questa battaglia politica e rivalutare un'impostazione di lotta radicalmente anticlericale ed antiautoritaria con la prima grande iniziativa di difesa della salute pubblica e dell'infanzia a livello strutturale e di massa, tutto giocò a favore di Petrucci, Darida e compagni: il Sindaco, ormai in piena campagna elettorale poté contrapporre alla notizia dell'inchiesta giudiziaria di possibili suoi gravi sviluppi, una solenne visita da parte del Pontefice che immediatamente

si affrettò a proclamare "urbi et orbi" la sua profonda stima per il primo cittadino, per i suoi metodi, per il suo rispetto esemplare dei diritti della Chiesa in tema di assistenza e di carità. Oltre 70 mila preferenziali vennero riversati su di lui dall'apparato ecclesiastico interessato e dalla DC plasmata ormai a sua immagine e volontà.

Formalizzatasi l'istruttoria, dinanzi al persistere degli attacchi del PR, Petrucci presentò una timida e marginale querela per diffamazione a Milano contro ``ABC'' e contro Pannella: inutile dire che, in tal caso, il procedimento per direttissima rescritto dalla procedura penale si risolse in tre anni di attesa (Bellocchio e Baldelli hanno avuto un diverso trattamento, se non andiamo errati).

Anche il giudice istruttore Franco serbò l'impostazione data dal dr. Pedote: puntualizzò la posizione di Petrucci, ne circoscrisse le responsabilità ad alcuni aspetti delle sue attività di probabile rilievo delittuoso. Ma non estese o non approfondì l'indagine alle responsabilità di altri personaggi centrali.

Quando fu chiaro che Petrucci ed i suoi potenti protettori e complici rischiavano di inquinare le prove che mano a mano sembravano essere emerse si giunse allo episodio clamoroso della vicenda; l'improvviso arresto dell'ex Sindaco, ormai dimessosi per poter concorrere alle elezioni politiche ed approdare ai lidi delle immunità parlamentari. Petrucci entrò a Regina Coeli con il dr. Morgantini, a quattro mesi, ormai, dalla sua certa elezione alla Camera. Vi restò sei mesi. Nel febbraio 1969 circa due anni fa, dunque, il processo fu rimesso alla IV Sezione del Tribunale di Roma, con il carico enorme di imputazioni nel rinvio a giudizio che abbiamo già accennato.

Un fatto, ci sembra, dovrebbe colpire chi torni oggi a rileggere le inchieste di "Agenzia Radicale", l'incessante requisitoria politica che abbiamo condotto. In quelle pagine, in quei convegni, nella infinita produzione pubblicistica sull'argomento, (mesi di articoli di mera ripetizione inconfessata di quanto come radicali eravamo andati illustrando su ``L'Espresso'', ``ABC'', ``Astrolabio'', ``Men'' ecc.), era contenuto un elenco di nomi, in maggioranza sconosciuti o appena noti, che costituiscono il più completo e puntuale organigramma del vertice comunale, provinciale e regionale romano della DC, oltre a quello dei massimi organismi assistenziali e finanziari del Vaticano. Quello che denunciavamo come uno scandalo insopportabile era in realtà la prefigurazione precisa di uno sviluppo politico di classe dirigente oggi solo (ma compiutamente) venuto a maturazione. Parlavamo di ``associazione a delinquere'' caratterizzata. Affermavamo che senza i nessi di questa associazione, il rilevo di ogni singola respon

sabilità non poteva che uscire snaturato, diminuito, incomprensibile nella sua più propria gravità.

Ecco quel che oggi si annuncia al processo. Un processo circoscritto, per le amnistie che la ``crisi'' tanto opportuna e comprensibile ``della giustizia'' ha consentito di attendere; per il fatto che sono trascorsi dall'inizio del procedimento giudiziario cinque anni, ormai; mentre i testimoni sono progressivamente rinsaviti o scomparsi; ci si avvia, per molte imputazioni, agli undici o dieci anni dai fatti; si costringe il dr. Morgantini, che deve non solo moralmente - forse - la vita alla esemplare difesa che per anni ne hanno fatto gli avvocati Giovanni e Gianni Ozzo, a rinunciare alla loro assistenza processuale; infine, ed è quanto troviamo più scandaloso, l'ONMI non si è costituita parte civile: decisione incredibile, dimostra ulteriormente che carrozzone corrotto, corruttore sia questo ente. Perfino l'INPS si è regolarmente costituito parte civile, in casi analoghi e forse ancora più difficili, come contro l'ex direttore generale Cattabriga, contro Aliotta.

Se badiamo anche ai dettagli, non c'è da correggere l'impressione di fondo che abbiamo: perfino l'inconsueto sistema di tenere il processo, dopo che la IV sezione s'è presa due anni per digerirlo, un giorno a dicembre, altri due a febbraio e così via nell'arco dell'intero anno, ci sembra sintomatico.

L'opera della pubblica accusa ci sembra difficile, a dir poco.

Facciamo un pronostico: a Petrucci si finirà per derubricare il reato di peculato aggravato, sì da farlo rientrare nell'amnistia e lo si assolverà per insufficienza di prove dal reato di interessi privati in atti di ufficio. Abbiamo detto, a scanso di equivoci, un pronostico: non una informazione.

Si chiuderà così una vicenda che potremo riaprire in sede giudiziaria, quando sarà il momento, a Milano, dove dovrà svolgersi il processo Petrucci-Pannella (``ABC'', strano a dirsi, sembra non volersene occupare). Già Petrucci ha più volte offerto una completa remissione della querela per diffamazione, senza nessuna dichiarazione della controparte, ma il PR ha deciso di rifiutarla.

C'è una morale da trarre? Ci sembra sia questa: battaglie del genere possono avere sul piano giudiziario solo un punto d'appoggio. Se le forze politiche abdicano al loro dovere, se non sono libere di lottare contro realtà così scandalose e gravi, la democrazia perde credito e diventa finzione. Il PR andrà avanti, anche se questo significherà di nuovo subire linciaggi e ostruzionismi con il pretesto dell'``anacronistico anticlericalismo''. Ed è anche per questa battaglie che chiamiamo a raccolta i compagni laici e democratici, indipendenti o simpatizzanti o iscritti d'altre forze della Sinistra, attorno al Partito Radicale, per il 1971.

 
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