SOMMARIO: Alla Camera Scalfari e altri, al Senato Albani e altri hanno presenatato due mozioni analoghe discusse e concordate dalla Lega italiana per l'abolizione del Concordato, per chiedere a Governo e Parlamento un preventivo sindacato di costituzionalità sulle norme del Trattato e del Concordato del 1929 prima di procedere a qualsiasi negoziato col Vaticano. La Corte Costituzionale ha detto chiaramente che l'articolo 7 non ha costituzionalizzato i Patti Lateranensi, ma ha semplicemente affidato ad un generico regime pattizio la regolamentazione dei rapporti fra Stato e Chiesa. Ora spetta a Parlamento e Governo compiere un sindacato di costituzionalità sui Patti Lateranensi e sul Concordato; mancando questa pronuncia, ogni trattativa di revisione costituirebbe un tradimento alle prerogative e alle funzioni dello Stato.
(NOTIZIE RADICALI N. 134, 27 marzo 1971)
Alla Camera Scalfari, Lombardi, Basso, Natoli e Bonea, ed altri; al Senato Albani, Parri, Simone Gatto, Jannuzzi, Fenoaltea ed altri hanno presentato due mozioni analoghe, preparate dal sen. Albani e discusse e concordate in seno agli organi dirigenti della Lega italiana per l'abrogazione del concordato, per chiedere da parte del Governo e del Parlamento un preventivo sindacato di costituzionalità sulle norme del Trattato, del Concordato e delle relative leggi applicative prima di procedere a qualsiasi negoziato con il Vaticano.
Pubblichiamo in questo numero della agenzia il testo integrale della mozione, ma fin d'ora possiamo dire che il tranquillo dibattito revisionista che qualcuno sperava si potesse tenere il 26 alla Camera, sarà più completo e meno elusivo. La mozione Scalfari costituirà un preciso punto di riferimento su un problema di essenziale importanza. Ed è già indicativo che, con la giustificazione ufficiale della visita del Presidente Tito, si sia pensato di rinviare questo dibattito a data da destinarsi.
Mentre dalle colonne della "Stampa" Casalegno, e da quelle di altri giornali laico-conservatori altri commentatori, continuano a fare la battaglia contro gli "opposti estremismi" clericale e anticlericale e ad indicare nella strada della revisione del Concordato la strada della ragione, gli anticlericali e gli abrogazionisti della LIAC, e un gruppo già abbastanza consistente di deputati e di senatori richiamano le forze politiche, il Governo e il Parlamento alle loro responsabilità. Non si tratta di estremismo, ma si tratta di difendere alcune regole essenziali della convivenza democratica senza le quali lo Stato democratico rinuncia ad essere tale.
La Corte Costituzionale ha detto chiaramente, riconoscendo un principio da tempo sottolineato e richiamato dalla grande maggioranza della dottrina (ma rifiutato e negato dalla giurisprudenza della Cassazione), che l'art. 7 non ha costituzionalizzato i patti lateranensi del 29, ma si è limitato ad affidare a un "generico regime pattizio" la regolamentazione dei rapporti fra Stato e Chiesa. Ne consegue che le norme dei patti later aranensi sono, come tutte le altre, subordinate alla Costituzione ed è quindi doveroso che esse siano sottoposte ad un sindacato di legittimità costituzionale. A questa dichiarazione di principio, la Corte Costituzionale ha già fatto seguire una prima conseguenza pratica, abrogando una norma del regime matrimoniale concordatario che essa ha ritenuto incostituzionale.
Ma il sindacato di costituzionalità spetta alla Corte costituzionale solo in ultima istanza e solo, in via giudiziaria, quando gli altri organi dello stato (Governo e Parlamento) non siano per loro conto intervenuti.
Andare oggi alle trattative con il Vaticano senza aver provveduto Prima a questo elementare dovere, significa in pratica far dipendere dalla trattativa con il Vaticano la valutazione del rapporto norme costituzionali-norme concordatarie. Do po la sentenza della Corte Costituzionale non ci sono più dubbi: non si andrebbe a trattare il Concordato, si andrebbe a trattare e a barattare la costituzione repubblicana. Come ha detto Albani "la Costituzione non è in vendita". La Corte Costituzionale, ha fatto il proprio dovere, ora devono farlo Governo, forze politiche e Parlamento. Dopo che lo avranno fatto, dopo che le norme dei patti lateranensi e del concordato fascista del 29 saranno state sottoposte al doveroso sindacato di costituzionalità da parte degli organi dello stato italiano, torneremo, se ancora ce ne fosse bisogno, a discutere di revisione e di abrogazione. Ma solo allora. Prima di questo sindacato di costituzionalità ogni trattativa di revisione sarebbe un vero e proprio tradimento delle prerogative
e delle funzioni dello Stato.
I parlamentari che hanno presentato le due mozioni hanno avvertito il problema nei suoi termini politici e costituzionali, ma ogni parlamentare della Repubblica non può non avvertirlo in tutta la sua gravità.
Se davvero, dopo oltre vent'anni di omissione di intervento legislativo, che le Sentenze della Corte Costituzionale hanno opportunamente confermato e sottolineato, una qualsiasi maggioranza pretendesse di muoversi altrimenti e di sottrarsi clamorosamente ai propri doveri, da parte di ciascun parlamentare veramente laico non potrebbe che affermarsi una vera e propria obiezione di coscienza contro un metodo e una politica che mortificherebbe la autonomia dello stato e il funzionamento delle istituzioni per delegare nei fatti ad operazioni poco chiare fra Governo e Santa Sede l'interpretazione e l'attuazione della Costituzione.