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Notizie Radicali - 21 settembre 1971
Scandali, regolamenti di conti, giustizia a intermittenza

("Dal numero di »Notizie Radicali del 23 luglio scorso, riprendiamo l'articolo seguente, che conserva tutta la sua attualità per documentare e denunciare meccanismi e strutture tipiche ed essenziali al »regime di potere del nostro paese".)

SOMMARIO: Tutti i partiti "grandi" puzzano maleddatamente di peculato, di truffa, di quattrini rubati. Che il Psi sia stato l'unico a fornire un aiuto finanziario, modesto alla LID, non cambia in nulla l'atteggiamento radicale. Come ieri per il caso Ippolito - la cui condanna significava una vittoria per potenti corporazioni e holding private, e attraverso cui si intese colpire l'On. La Malfa, per ammonirlo a non disturbare con i suoi moralismi le abitudini e i piani di potere di quei gruppi - oggi all'attacco di Giacomo Mancini per l'Anas è partito il settimanale "Candido" di Pisanò. Mancini è noto per essere l'unico esponente politico di sinistra o di mezza sinistra in Italia ad esser contrario alla politica degli Enti di Stato, Eni in primo luogo. Ha provato, Manicini, a mettersi d'accordo con Cefis? Cosa aspetta? Vuol far la fine di Ippolito?

(LA PROVA RADICALE N.1 - AUTUNNO 1971)

Per anni, ora lo apprendiamo, microfoni segreti, intercettazioni telefoniche, indagini segrete, vari corpi di polizia giudiziaria, procura generale e procura della Repubblica di Roma, hanno ruotato intorno all'ANAS, al Ministero dei Lavori Pubblici, a pubblici Uffici e ufficiali, abitazioni private, per avere la prova degli scandali e dei reati che campagne di stampa d'estrema destra denunciavano e illustravano, chiamando in causa in particolar modo il segretario del PSI, Giacomo Mancini.

Lo zelo e la varietà degli inquirenti è stato tale da giungere a episodi esilaranti, come quello in cui due inquirenti - o loro dipendenti - tentarono reciprocamente di arrestarsi; o a far trapelare l'esistenza, sembra determinante, di una sorta di »agente parallelo , non si sa se del SID, di polizie personali, o di agenzie investigative con funzioni più o meno pubbliche; o alla pretesa dell'istruttore Alibrandi di ottenere prove e confessioni da oltre duecento cittadini convocati come testi ma inequivocabilmente configurabili come indiziati di reato, tre dei quali arrestati per essersi rifiutati di accusarsi e aver preteso forse di difendersi.

Ma di questo zelo, alla fine, ci rallegreremmo come di peccati veniali che sarebbe meschino rimproverare a degli angeli vendicatori di questa sputtanata democrazia nella quale ci ostiniamo a credere, e che riteniamo di dover contribuire a difendere e a edificare.

Nulla, infatti, per ora, ci consente di pensare alla realtà di un »caso Montesi inventato questa volta non per bisogni interni della DC, ma ad opera di questa e del sottobosco, che nasconde, contro il PSI.

Tutti i partiti »grandi che abbiamo dinanzi puzzano maledettamente di peculato, di truffa, di quattrini rubati. E per quanto ci riguarda, se per agire »politicamente e »crescere come »forza socialista il PSI sì fa emulo della DC e partecipa sempre di più dei metodi e della moralità della »repubblica dell'INGIC e nel difendere »l'economia pubblica arriva a »nazionalizzare innanzitutto se stesso, può anche esser trasferito in massa nelle isole Eolie o a Portolongone.

Che il PSI sia stato l'unico partito a fornire un qualche concreto aiuto finanziario, (come abbiamo a più riprese documentato e scritto), certamente molto modesto, alla battaglia per il divorzio ed alla LID, non cambia in nulla questo nostro atteggiamento. Questo vale per i Lavori Pubblici, l'ANAS, l'ENI, l'ENEL, le Casse di Risparmio e gli Enti di sviluppo, il SIFAR, il SID, l'INCA, la Previdenza Sociale e tutto il rosario degli enti pubblici, parapubblici e paraprivati.

Staremo dunque a vedere, e giudicheremo se vi sono ladri o calunniatori, procedure di vera giustizia o regolamenti di conti e provocazioni.

Ma ci sembra anche, questa, una buona occasione per soffermarci su qualche aspetto poco rilevato di tale vicenda, e sui contraddittori riflessi della sovrana e imparziale nostra giustizia.

Sembra che nessuno abbia notato nella vicenda ANAS, una strana analogia con episodi non lontanissimi degli scandali di regime:

Nel 1963 si giunse all'arresto ed alla condanna di Felice Ippolito, segretario nazionale del CNEN, da lui concepito e portato a una rara incisività ed efficienza. Il Partito Radicale, allora, negò che la »ragion di partito e quella di »stato , potessero giustificare peculati e disinvolture amministrative - anche se era chiaro che la condanna di Ippolito significava una vittoria temporanea, ma importante, per potenti corporazioni e holding private, come l'Edison, e per i peggiori ambienti confindustriali. A fornire, pubblicamente, informazioni e materiali di accusa, oltre che appoggio agli ambienti di magistrati che s'erano mossi contro l'Ippolito, fu in particolare il settimanale ``Lo Specchio'' - che si era caratterizzato per il suo costante attacco, al settore pubblico dell'economia in nome - certo! - della difesa della privata iniziativa. Il Partito Radicale poté in quella occasione dimostrare che la società editrice del settimanale era stata finanziata con oltre mezzo miliardo, a parte la normale pubbli

cità commerciale, dall'AGIP. L'ENI non solo non smentì, ma dovette confermare dinanzi ai magistrati l'esattezza della nostra affermazione.

Questa volta, all'attacco è partito »Candido . Il Pisanò, che lo dirige, è anche l'organizzatore della rivolta poujadista dei piccoli azionisti della Montedison, mobilitati due anni fa contro i pericoli di una eccessiva presenza »pubblica nella gestione della potente società. Un gruppo concorrente denunciò attraverso un quotidiano e un settimanale, con abbondanza di dettagli e di fotocopie, il carattere equivoco e strumentale dell'azione del Pisanò, affermando che l'ENI, attraverso il dott. Franco Briatico, aveva finanziato, con almeno settanta milioni, l'operazione.

I dati successivi sembrano confermare clamorosamente se non l'episodio (sul quale - con lodevolissima discrezione, come al solito quando si tratta di ENI - sembra vi siano seguiti giudiziari) almeno l'indicazione politica di fondo. Il Pisanò ha scatenato polemiche feroci e paralizzanti contro gli amministratori »privati della Montedison, accusandoli di essere il cavallo di Troia di Cefis e dello Stato, ma il suo gruppo ha in sostanza accettato di fungere da mallevadore dello stesso Cefis nei confronti dei poveri minchioni che s'erano associati alla campagna di »Candido .

E' più o meno nello stesso periodo in cui il settimanale milanese partiva all'attacco di Giacomo Mancini e di altri dirigenti socialisti. Che costoro siano leaders o lader, è un altro affare. Quel che qui ci interessa non è che Mancini era ed è noto per essere l'unico esponente politico di sinistra o di mezzasinistra in Italia ad esser contrario alla politica ed alle attuali équipes dirigenti degli enti di Stato, in primo luogo dell'ENI. Fra i pochi, forse, a non essere un uomo-politico-squillo dei veri »padroni dell'economia del regime. Egli ha anzi commesso l'errore di pronunciare alcuni pubblici attacchi contro questa gente.

E' noto che con Felice Ippolito si intese anche colpire allora Ugo La Malfa, per ammonirlo a non disturbare troppo con i suoi moralismi le abitudini e i piani di potere degli stessi ambienti. E - bisogna dirlo - vi riuscirono in pieno.

L'on. Colombo, infatti certo il maggior responsabile delle colpe attribuite a Ippolito, uscì salvo, giuridicamente, dalla peripezia. La storia sembra ora ripetersi.

Ma ha provato, Mancini, a mettersi d'accordo con Cefis? Cosa aspetta? Vuol proprio far la fine di Ippolito?

Crede davvero che un socialista del PSI, ormai, possa esser libero da certe vergogne del potere - che ha scelto di »usare finendo per »esserne usato - come se fosse - che so io - un qualsiasi, povero militante del Partito Radicale? E vale davvero la pena di accanirsi contro un Pisanò, di regalargli l'aureola del martirio, di rendere la sua funzione attuale e necessaria e remunerante, quando probabilmente basta parlare - non diciamo con Cefis, ma con Franco Briatico? Basterebbe, in fondo, così poco. Per esempio lasciar fare all'on. Principe, o ad altro demartiniano; non dar più fastidi a Petrilli fare insomma, quel che già il PSI fa con i Paolicchi e i Manca alla RAI-TV, o accettando i Bartolotta e altri socialisti-di-stato come »controllori di Girotti. O parli altrimenti con Agnelli, fratello-siamese dell'attuale presidente della Montedison, o con Guido Carli, cui lo stesso Cefis ebbe a fare non lontani e non dimenticati piaceri. O, ancora, sentire un po' da Allavena, dalla gente del SIFAR e del colpo di

Stato, dai loro soci montiniani...

Passiamo ora ad altro.

Alcuni anni fa, dopo mesi, di nostre accuse e documentazioni a carico dell'ENI ben altrimenti precise di quelle che oggi vengono fornite sui Lavori Pubblici, l'allora Procuratore Generale della Corte d'Appello di Roma Giannantonio fu finalmente costretto ad affidare non a uno ma a due suoi sostituti un'indagine sull'ente di Stato. Si tentò all'inizio volenti o nolenti, di intimorirci, mentre Roma e non solo Roma era in subbuglio e numerosi uomini politici esterrefatti, increduli, ma poi convinti, con il ministro Matteotti in testa, si dicevano certi che eravamo giunti al »caso Dreyfus della democrazia italiana. Tutto lo stato maggiore dell'ENI fu convocato dai suddetti magistrati, per rispondere alle nostre accuse: si recarono al palazzaccio (con la stampa imbavagliata e l'intero esercito dei fotografi e paparazzi diffidato ad occuparsi d'altro) Eugenio Cefis, Girotti, Niutta, uno stuolo di amministratori. Fummo in grado, nel corso di quelle indagini, di fornire ai magistrati perfino numeri di assegni banca

ri di operazioni illegali, affermammo che pagine specificate del bilancio di determinate aziende ENI erano falsificate o false, non corrispondenti a nessuna effettiva realtà amministrativa; giungemmo a specificare agli inquirenti che poche ore prima di un nostro incontro, in un luogo determinato, da parte di persone determinate, si erano per ore bruciati documenti importanti; annunciammo - ma ci si disse che non era pertinente né rilevante - che si temeva e s'annunciava un improvviso trasferimento a Milano, nottetempo, di archivi e documenti occupanti piani interi del palazzone dell'EUR, che puntualmente si verifico... Questo ed altro. Non sappiamo se polizie segrete avevano per caso installato strumenti segreti di ascolto per strappare i segreti della magistratura. Certo è che avevamo l'impressione che i nostri terrorizzati eroi riuscissero stranamente ad essere aggiornati di quel che venivamo fornendo alla giustizia. Alla fine, chiedemmo ai magistrati perché non intervenissero, con i dati che fornivamo, pe

r accertarsi se meritavamo una denuncia per calunnia, diffamazione, e magari per turbamento dell'ordine pubblico.

L'incredibile risposta fu che la Procura Generale non disponeva di un esercito per ficcarsi in verifiche del genere, cioè per controllare qualche pagina di bilancio, per verificare la sorte e l'origine di alcuni assegni, per sequestrare volumi di contabilità da noi indicati, per verificare alcuni verbali.

Alla fine, ci rifiutammo di continuare in una farsa che ci sembrava inqualificabile perché proprio un anno prima a proposito dello »scandalo Ippolito che concerneva qualche »spicciolo e »qualche distrazione , per lo meno se rapportato a quanto venivamo affermando e svelando, qualche indagine, via, la Procura era pur riuscita a svolgerla..

Il fatto e che lo scandalo ENI era innanzitutto uno scandalo DC con notevoli appendici montiniane, ma investiva anche estrema destra e sinistra - in verità, per quel che ricordo, perfino qualche radicale - ma solo marginalmente qualche socialista.

Insomma, non si fece nulla, allora perché la Giustizia era »in crisi : quella »crisi che noi persistiamo a ritenere sospetta comoda, intermittente: in genere inesistente quando chi deve ``pagare'' non è il solito ladro di biciclette, o il capellone al milligrammo d'hashish, il venditore ambulante, o il radicale. Ma verremo a questo. Prima una domanda: che fine hanno fatto le centinaia o migliaia di pagine di verbali dell'inchiesta sull'ENI? Il procuratore Generale Spagnolo vorrà fornire alla stampa una risposta in merito?

 
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