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Rendi Aloisio - 21 settembre 1971
Associazioni d'arma e protezione civile
di Aloisio Rendi

SOMMARIO: Non è avvenirismo o fantapolitica dire che se da un lato ci si avvia ad una trasformazione delgi eserciti di leva in eserciti di mestiere, dall'altro si mira ad una militarizzazione della società attraverso leggi e istituzioni che consentano la mobilitazione totale della comunità contro ipotetici nemici esterni e soprattutto interni. Gli esempi della Francia di De Gaulle, degli Stati Uniti di Nixon, della Germania federale di Helmut Schmidt, della Svizzera "neutrale". In Italia si moltiplicano le associazioni d'arma.

(LA PROVA RADICALE N.1 - AUTUNNO 1971)

E' vero: le forze armate sono un pericolo vistoso, ma proprio per questo ancora riconoscibile e in qualche misura valutabile, almeno nell'ambito della realtà attuale. Questa realtà, tuttavia, è destinata a modificarsi rapidamente. Cambiamenti di notevole portata sono in gestazione ma anche già in atto, passando dalla fase teorica per giungere all'approvazione delle classi dirigenti e diventare infine operativi. Non è avvenirismo o fantapolitica dire che se da un lato ci si avvia a una trasformazione degli eserciti di leva in eserciti di mestiere, a gruppi relativamente ristretti di tecnici delle guerre e di militari di carriera, dall'altro (ed è un fenomeno altrettanto grave e pericoloso) si mira a una militarizzazione dell'intera società attraverso leggi e istituzioni che consentano la mobilitazione totale della comunità contro ipotetici o reali nemici esterni e sopratutto interni.

Non è dall'Italia, naturalmente, che ci vengono offerte le prime e più chiare indicazioni; ma, per esempio, da uno degli Stati più conseguentemente ed efficientemente autoritari e conservatori, la Francia di de Gaulle, in cui sono state ridotte le forze armate, falcidiando le unità militari esistenti, e insieme è stato costituito un apparato di controllo militare e civile su tutto il territorio, rendendo possibile, nei casi di »emergenza , la mobilitazione della popolazione civile sotto il comando accentrato, in ogni regione, nelle mani del prefetto.

Su questa via si vanno allineando oggi gli Stati Uniti di Nixon, dove dopo il fallimento delle forze armate nel Vietnam già il presidente configura la soluzione di un esercito di mestiere, con cui scavalcare il generale malcontento contro le strutture militari, e al tempo stesso acquista sempre maggiore importanza la forza militare per la repressione interna, già oggi con la »National Guard , una milizia borghese e reazionaria al comando dei governatori, mentre ampio spazio è dato anche agli ambienti degli ex-militari (il presidente dell'AOR, cioè degli ufficiali in congedo, è stato informato da Nixon del progetto di invadere la Cambogia prima ancora del Parlamento stesso).

Preoccupanti tendenze nello stesso senso si sono configurate nella Germania Federale, dove il ministro della Difesa Helmut Schmidt simpatizza con una nuova concezione di difesa proposta dal »Dundeswehrverband , l'associazione che raccoglie la maggioranza degli ufficiali di carriera. La proposta è di equiparare servizio militare e civile e unificarli in una gestione comune, detta »servizio della comunità . A questa superautorità militare-civile sarebbero dunque soggetti tutti i giovani di leva, non solo i militari ma anche gli obiettori, i non chiamati alle armi e i congedati.

Ancor più progredita in questo senso è la »neutrale Svizzera, paese di notevole efficienza militare e forte spirito militaristico: un volumetto - diffuso dal governo in due milioni e mezzo di copie - prospetta la mobilitazione totale della popolazione civile non solo in caso di catastrofi naturali ma in ogni altro caso di emergenza, dall'attacco armato, atomico o convenzionale, al tentativo di sovvertimento dell'ordine interno ad opera di »agenti nemici (sindacalisti, pacifisti, intellettuali o lavoratori stranieri). Interpretato come un anacronistico ritorno alla mentalità di guerra fredda, questo programma elvetico di mobilitazione civile è stato in realtà un atto calcolato del Ministero della Difesa, nell'ambito di un ritorno di fiamma sciovinista contro le minoranze, cioè antimilitaristi da un lato come lavoratori stranieri, italiani ed altri, dall'altro.

E in Italia? Nonostante che il paese sia continuamente funestato da catastrofi anche di eccezionali dimensioni, alluvioni, terremoti, incendi e malgrado il deperimento dell'habitat naturale e delle strutture assistenziali, culturali eccetera, la legislazione italiana in materia di una difesa civile, in caso di emergenza (come pure, va detto, in caso di emergenza militare) è assai carente. Una legge sulla »protezione civile , su iniziativa del dc Zamberletti, ha sottratto i poteri d'intervento per catastrofi naturali al ministero dei Lavori Pubblici (forse troppo di sinistra) per assegnarli a quello degli Interni. Non esistono, come è noto, strutture (neanche allo stato di progetto) per l'impiego degli obiettori di coscienza in questo campo.

Ma non manca, anche in Italia, chi tenta di servirsi della difesa civile a tutt'altri scopi. Già l'anno scorso le associazioni d'arma, in un loro convegno nazionale, hanno avanzato al governo alcune precise richieste (modifica del l'art. 21 della Costituzione per limitare la libertà di manifestazione del pensiero), hanno assunto impegni che suonano minacciosi (»i carabinieri e gli agenti di PS avranno sempre a fianco gli ex-militari ) e hanno infine proposto che »le forze militari in congedo, raggruppate nelle associazioni d'arma, siano adeguatamente impiegate nella difesa civile, affidando compiti di addestramento e di esecuzione alle associazioni stesse .

Fino a qualche anno fa, le associazioni d'arma - che comprendono tra le altre l'Associazione della Milizia (Via Nazionale 204) e quella dei combattenti della Repubblica Sociale (Via dei Mille 56) - non si erano fatte molto notare, occupandosi per lo più di problemi di categoria. Comparvero alla ribalta in maniera vistosa per la prima volta all'epoca delle prime agitazioni studentesche, mobilitate contro l'obiezione di coscienza da una fantomatica »Civiltà Cristiana presso la sede dei comitati civici, in Corso Vittorio Emanuele. Da allora si sono lasciate coinvolgere in manifestazioni »patriottiche delle cosiddette »forze nazionali o nelle pittoresche adunate che si svolgono ogni tanto con forti finanziamenti pubblici, specialmente in prossimità di elezioni.

Le associazioni d'arma affermano di agire »in stretta comunità d'intenti con le forze armate, il che non suona affatto improbabile: il loro comitato di intesa (Via Damiata 5) è diretto da un colonnello in servizio attivo ivi distaccato dal Ministero della Difesa. Quanto alla loro forza, è (almeno sulla carta) assai notevole. La sola UNUCI (unione ufficiali in congedo d'Italia), presieduta dell'ex-capo di stato maggiore Pizzorno, conta 90.000 aderenti, anche se la gran massa di questi si iscrive al momento del congedo senza alcun interesse per una politica associativa.

A qualificare vieppiù una »difesa civile da destra è poi nata una »Associazione Italiana di Studi per la Difesa Civile (Corso V. Emanuele 18), frutto delle solerti cure del dott. Gino Ragno meglio noto come creatore di quella »Associazione Amici delle Forze Armate che all'insegna di un proclamato »riarmo morale ha voluto organizzare l'abbraccio di una grande destra di picchiatori e di ex-militari, da Caradonna a De Lorenzo - ma che promuove anche (sotto la sigla »Associazione di Studi parlamentari sulle FFAA convegni presieduti dall'ex-capo di stato maggiore Liuzzi. In »Difesa Civile , bollettino di questa associazione, consigli sui soccorsi ai sinistrati si mescolano ad appelli del tenore che »Il fronte interno dev'essere saldo e annunzi di adesioni di carabinieri in congedo; una fotografia mostra partecipanti (in divisa) a una »esercitazione di para-soccorso promossa, dall'Ass. Nazionale Paracadutisti di Roma . Attualmente, questi amici delle forze armate si accingono, previo un convegno preparatorio

in novembre, a stilare un progetto di legge per il quale cercare l'adesione di parlamentari »democratici (cioè a destra del PSI e PRI), con questo obiettivo: una difesa »civile inquadrata dai militari e dagli ex-militari, dagli istruttori delle forze armate, dagli ufficiali dell'UNUCI e dai carabinieri in congedo.

C'è perciò un buon motivo di temere la prossima catastrofe »naturale , forse la sparizione di Venezia sotto le acque o un'alluvione del Tevere tipo dicembre 1870; perché allora sarà l'occasione buona per il grande cuore della destra di lanciare una legge di questo tipo che passerà a tamburo battente e senza discussione, nella convinzione degli uomini d'ordine che i militari siano le uniche persone efficienti, e dei moderati, che basti chiamare una legge »per la difesa civile o »per l'obiezione di coscienza perché veramente abbia anche a che fare con queste due cose. E sarà un altro passo avanti verso quella nuova società, controllata e coordinata da colonnelli, prefetti, gente d'ordine, agenti e spie dei diversi servizi d'informazione e dei programmi antiguerriglia.

 
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