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Pergameno Silvio - 21 settembre 1971
La »roba clericale
Il potere temporale negli anni '70: una ricerca da svolgere

di Silvio Pergameno

SOMMARIO: Proprietà immobiliari, attività bancarie, imprese industriali, monopolio dell'assistenza: questo il colossale apparato clericale fardello del nostro paese. Incalcolabili beni immobilizzati nelle aree di proprietà degli enti ecclesiastici; l'occupazione dello Stato e lo sviluppo del capitalismo clericale. Difficoltà e limiti della ricerca: l'incostituzionalità del Concordato e la persistenza dei principi dello Stato confessionale nei Patti Lateranensi. Nel saggio, un'analisi delle proprietà immobiliari; del regime fiscale di favore; dei finanziamenti al culto a diretto o indiretto carico dello Stato. I capitoli del bilancio dello Stato su cui è bene indagare. La mappa degli enti finanziati diretamente dallo Stato.

(LA PROVA RADICALE N.1 - AUTUNNO 1971)

La »roba

Con questo termine così centrale nel vocabolario della »gentry di casa nostra, Ernesto Rossi soleva riferirsi con mordace efficacia alla sterminata mole dei beni, degli attivi patrimoniali, dei privilegi finanziariamente valutabili facenti capo al complesso e variegato mondo degli enti ecclesiastici e di culto nel senso più lato del termine, delle organizzazioni confessionali, in genere di tutti i centri di potere facenti capo agli ambienti clericali e al partito nel quale essi convergono, alla S. Sede medesima.

Proprietà immobiliari, attività bancarie e di credito, imprese industriali, finanziamenti diretti e indiretti a carico del bilancio dello stato e di enti pubblici, svolgimento di attività scolastiche, una posizione di quasi monopolio del vasto mondo dell'assistenza, una presenza costante in tutte le iniziative concernenti la gioventù, le cliniche e gli enti ospedalieri, il quasi monopolio da oltre venticinque anni della Amministrazione pubblica centrale statale e parastatale e di larghissima parte di quella locale, il condizionamento operato sul Parlamento nella produzione legislativa necessaria a creare una indispensabile cornice istituzionale e strutturale e tra l'altro un confacente regime di privilegio tributario, un imponente complesso infrastrutturale...; considerare tutto questo e altro ancora è la strada sulla quale occorre muovere per cercare di individuare i fondamenti su cui poggia, nel nostro paese la macchina del potere clericale.

Il discorso senza dubbio non è nuovo, ma qui esso viene riproposto - ovviamente con la consapevolezza che in questo numero della rivista non sarà possibile affrontare che qualche particolare aspetto - proprio perché anche i soli fugacissimi cenni innanzi fatti già ci danno la misura di una dimensione diversa del fenomeno, rispetto i termini nei quali spesso esso è stato affrontato nel passato. Non si tratta a nostro avviso di tentare un excursus nel sottobosco governativo in chiave scandalistica, quanto viceversa di ricostruire il quadro del colossale apparato che attraverso Parlamento, Governo, Amministrazione (più ancora che con il sottogoverno) le forze clericali si sono costruite e del quale il nostro paese porta il pesante fardello, con atti normativi (a partire dai Patti del 1929, dalla stessa Costituzione, a un considerevole numero di leggi senza dubbio compiacentemente interpretate) e con provvedimenti amministrativi, con attività ministeriali e di enti pubblici vari, in quel quadro cioè nel quale si

svolge la vita economica e sociale quotidiana della nazione, oggi tanto profondamente legata all'iniziativa e alla spesa pubblica.

E siamo convinti che se le iniziative che suggeriamo per rendere possibile questa indagine troveranno nella classe politica parlamentare il sostegno di cui la loro attuazione necessita, se cioè si perverrà alla fine a conoscere, a qualificare, a tradurre in cifre le indicazioni che all'inizio si fornivano sia pure a titolo esemplificativo, emergeranno allora con chiarezza alcuni dei motivi principali, e spesso esclusivi, per i quali nessuna riforma va mai avanti in Italia, nessuna riforma vera e sostanziale, se non contro la Democrazia cristiana e il mondo clericale.

Riforme e potere clericale

Da tempo si insiste ad esempio su alcune irrinunciabili priorità: la casa, la sanità, la scuola; e particolare impegno è stato posto al riguardo anche dalle forze sindacali. Ma una soluzione rapida e confacente dei tre problemi comporta anche la distruzione di quelli che sono orse i tre pilastri principali su cui poggia l'edificio del potere clericale. Ecco uno dei perché fondamentali che spiegano come mai tale soluzione è quanto mai lontana, la discussione si protrae all'infinito, passano decenni nell'attesa di compiere piccolissimi passi, volti esclusivamente a togliere incisività alle punte estreme, a soddisfare senza mutamenti di fondo le situazioni più esplosive, quelle che potrebbero in realtà agire a fattori scatenanti. C'è così oltre tutto il tempo per trasferire le fonti del potere e per abbandonare senza perdita le posizioni insostenibili.

Esemplare ci sembra a questo proposito la vicenda della riforma sanitaria e, più attuale nel momento in cui scriviamo, quella della casa. Non si affronta infatti in questa sede il problema di fondo della pianificazione dello sviluppo urbanistico né si provvede a gettare le basi della fondamentale premessa per ogni seria soluzione di tale problema: stabilire cioè un congruo regime pubblicistico delle aree urbane e da urbanizzare. Questo infatti comporterebbe la perdita di incalcolabili valori immobilizzati nelle aree di proprietà degli enti ecclesiastici. Si avvia allora il discorso sul più modesto binario dell'edilizia economica e popolare, in modo da soddisfare le esigenze più immediatamente pressanti e spesso provenienti anche da settori di opinione e da organizzazioni sindacali legate al partito di maggioranza relativa; un »regime del suolo è stabilito solo per le esigenze di tale edilizia, la quale naturalmente sorgerà solo su aree che non siano di proprietà degli enti innanzi ricordati (ci penseranno i

piani regolatori comunali, o le varianti agli stessi, o magari si provvederà a stralciare in via generale dalla soggezione all'esproprio le aree di proprietà degli enti che hanno finalità assistenziali o di beneficenza o »non di lucro , o si troverà comunque qualche brillante escamotage di cui questo nostro reame delle deroghe, delle esenzioni, delle dispense è fecondissimo); ci sarà poi un compenso nello svolgimento di tutta la parte amministrativa dei piani edilizi, negli appalti per le costruzioni, nelle assegnazioni degli alloggi e nello svolgimento delle pratiche relative; né si potrà escludere che i nuovi »quartieri popolari sorgano in prossimità di aree »interessanti , la cui proprietà sarà rimasta privata e libera, e che pertanto verranno ancora di più valorizzate. E non sarà un cattivo affare allora questa riforma della casa...!

Abbiamo speso, qualche riga sull'episodio della legge della casa perché - lungi dall'essere una divagazione - si tratta di una situazione esemplare. Ma torniamo ora al nostro discorso.

Scopo della ricerca

La ricerca che si intende compiere vuole fornire dei dati ove è stato possibile ricavarne, chiarire delle situazioni, individuare particolari strumenti legislativi e amministrativi, formulare delle precise richieste nelle competenti sedi parlamentari e burocratiche, denunciare i guasti che colpevoli silenzi se non compiacenze o complicità hanno causato, il tutto al fine di arrivare a fornire un quadro delle fonti del potere economico clericale, soprattutto poi per quanto riguarda lo strumento concordatario. Non ripeteremo le risultanze degli studi già compiuti, con maggiore o minore completezza, sulla finanza vaticana e sui beni della S. Sede, sulla sua proprietà mobiliare, sui privilegi fiscali di cui, più o meno legittimamente, gode. Ci interessano invece la proprietà, le attività, le fonti di finanziamento nel senso più lato degli enti ecclesiastici e di culto presenti e operanti in Italia, dei vari centri, organizzazioni, forme associative, istituti, scuole, nosocomi facenti capo ad ambienti clericali, m

ettendo in particolare rilievo il ruolo che nella creazione, nella gestione e nella perpetuazione di questo gigantesco apparato gioca il Concordato del 1929.

Ed a questo proposito occorre tenere presente un dato destinato a maturare a scadenza non immediata, ma non per questo meno interessante; cioè che col passare del tempo le forze clericali avranno sempre meno bisogno, sotto il profilo del dominio materiale se non di quello spirituale e ideologico, dei patti sottoscritti dal cardinale Gasparri e da Mussolini, nella misura in cui si consolideranno altri strumenti di potere incanalati nell'ambito del diritto comune e dei privilegi ed esenzioni del diritto comune, e sempre più perfetto diventerà il possesso degli apparati dei pubblici poteri da un lato e il condizionamento delle altre forze politiche (ed anche economiche) dall'altro, e i settori di specifico interesse saranno sempre più monopolizzati di fatto, talché la legge formulata in termini generali sarà operativa in concreto esclusivamente (o quasi esclusivamente) a favore delle persone, gruppi, organizzazioni, enti confessionali.

Questo significa che le forme organizzative strettamente religiose sono destinate col tempo a perdere via via di importanza, mentre sempre maggiore ne avranno le altre, che si presentano sotto le specie di altre finalità degne di protezione e di trattamento privilegiato, dietro le quali certi interessi potranno meglio mascherarsi.

In tutto ciò di grande momento si rivela il ruolo giocato dallo sviluppo tecnico di alcuni servizi; basti pensare alle esigenze di sempre più complesse e moderne attrezzature scolastiche, con tutti i »sussidi relativi e gli impianti sportivi, sanitari ecc., o - forse in misura anche maggiore - i nosocomi in genere per comprendere come - accanto a un settore pubblico conquistato dall'interno - potrà sussistere un settore privato soltanto se opportunamente e costantemente privilegiato. Ed abbiamo in mente vari complessi scolastico-sportivo-ricreativi di enti religiosi o l'attrezzatura del Policlinico Gemelli dell'Università cattolica del S. Cuore a Roma.

Riteniamo che da quanto verremo esponendo anche un altro dato risulterà determinato nella sua esatta portata e nel suo preciso ruolo: quello degli interessi »privati e »capitalistici in senso stretto, quanto meno nei settori di cui ci si occuperà. Accade cioè che molti settori di interessi (e di speculazioni) privati risultino tutelati soltanto si direbbe di riflesso, talora con funzione di copertura (o addirittura di bersaglio di comodo: si pensi alle polemiche del populismo cattolico in chiave anticonsumistica), talaltra perché ineliminabili senza conseguenze ...autolesionistiche, spesso in posizione di convergenza che garantisce una condizione di sicurezza e di impunità in modo automatico, quando addirittura non riescono a concentrarsi, ad esprimersi, a farsi rappresentare direttamente e forse non disinteressatamente attraverso le organizzazioni politiche confessionali.

C'è comunque in noi la consapevolezza anche dei limiti comunque invalicabili della indagine in corso e della quale cominciamo in questa sede ad esporre i primi risultati ed in genere anche delle ulteriori iniziative sull'argomento di cui ci facciamo promotori. Uno di essi è legato a situazioni che hanno origini storiche remote e si sostanzia di tutte quelle situazioni imperniate su società immobiliari, finanziarie o altro di mero comodo e sulla persistenza di rapporti »fiduciari nella accezione strettamente tecnico-giuridica del termine; molti di essi risalgono ai tempi delle leggi eversive del secolo scorso quando per sfuggire agli espropri i beni furono »intestati a persone fisiche o giuridiche sulla cui »fiducia appunto riposava la loro mera qualità di prestanome. C'è poi l'impossibilità di valutare, se non in termini generici, il ruolo della presenza clericale nell'apparato dello stato e degli enti pubblici, l'impossibilità di quantificarne la portata; ci sono fenomeni per i quali è difficile formular

e delle ipotesi anche di relativa probabilità; come ad esempio quello del c.d. »scartellamento gratificato da istituti finanziari depositari di fondi di enti pubblici talora ammontanti a centinaia di miliardi (L'Espresso vi si riferiva ad esempio per i 700 miliardi della Gescal); ci sono i »servizi resi a cittadini in frode al fisco, senza dubbio adeguatamente compensati, del tipo di quelli di cui si parlò a proposito delle esenzioni fiscali del patrimonio mobiliare della S. Sede. Ma pur con questi limiti, ed altri ancora, il discorso deve essere avviato.

Resta da spendere qualche parola su un altro profilo di carattere generale dei problemi di cui ci stiamo interessando. Le norme che regolano la complessa materia, a cominciare da quelle concordatarie (tenuto poi conto che la Corte costituzionale ha di recente affermato la prevalenza dei principi costituzionali anche su queste ultime in caso di contrasto), sono tutte indubbiamente incostituzionali. Non è questo il luogo per affrontare specificamente il problema, ma basterà qui considerare che nonostante i veli che si è cercato di stendere su tutta la faccenda, norme e disposizioni che si giustificherebbero soltanto in uno stato confessionale (principalmente quella fondamentale contenuta nell'art. 1 del trattato con la S. Sede, per la quale la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello stato), non possono considerarsi compatibili con la costituzione di uno stato che confessionale indubbiamente non è. E la caduta di tale norma probabilmente trascinerebbe nella propria rovina tutte le alt

re, che in funzione di quella si giustificano (insegnamento della religione nelle scuole, finanziamenti al clero e alle organizzazioni cattoliche, concessione di privilegi fiscali, erogazione di fondi per la costruzione di chiese e di edifici annessi ecc. ecc.). Da parte clericale certamente si cerca di sostenere che tutti nel nostro paese sono liberi di professare le loro idee, le loro fedi religiose; ma è chiaro che si tratta di un mero sofisma limitativo, ove se ne voglia far discendere la conseguenza della legittima persistenza dei principi dello stato confessionale sanciti nei patti clerico-fascisti. Non si vede poi come di fronte al disposto dell'art. 20 della costituzione (»il carattere ecclesiastico ed il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività ) - una norma che chiaramente si fonda sul principio di indifferenza - potr

ebbe sostenersi decentemente l'esistenza e la legittimità di criteri completamente diversi, ricollegati allo stato confessionale e alla religione di stato, che la citata norma chiaramente esclude, insieme a tante altre norme della suprema carta (artt. 2, 3, 8 e via dicendo).

Proprietà immobiliari

Dopo queste considerazioni di carattere preliminare, possiamo più

specificamente avvicinarci al nostro problema. Il primo punto della nostra ricerca non può ovviamente indirizzarsi che alla proprietà immobiliare. Nonostante la decadenza dell'agricoltura, la proprietà del suolo per effetto del colossale inurbamento di vaste masse e dello sviluppo industriale è rimasta infatti - in assenza di un congruo regime pubblicistico delle aree urbane - una inesauribile fonte di potere e di ricchezza sia sotto il profilo della speculazione fondiaria che sotto quello dell'utilizzazione diretta.

A mero carattere orientativo ci soccorre a questo punto un brevissimo excursus storico. Nel 1848 venne espulsa dagli stati Sardi la Compagnia di Gesù e tutti i beni, rendite e crediti, mobili ed immobili, passarono alla amministrazione delle finanze statali per l'istituzione e mantenimento di collegi nazionali di istruzione; ai regnicoli »addetti alla compagnia veniva corrisposta una pensione annua di L. 500. Queste norme venivano poi progressivamente estese alle province annesse. Seguiva nel 1850 la legge sulle autorizzazioni governative per gli acquisti dei corpi morali e nel 1855 la legge che sopprimeva quali corpi morali riconosciuti dalla legge, le case poste nello stato degli ordini religiosi che non attendessero alla predicazione all'educazione o all'assistenza degli infermi, i capitoli delle chiese collegiate senza cura d'anime, i benefizi semplici, cui non fossero annessi servizi religiosi. I relativi beni passano alla c.d. Cassa ecclesiastica, amministrata dal Direttore generale del debito pubblic

o; alle comunità restavano in godimento le case di residenza con il giardino e le dipendenze ed ai religiosi veniva corrisposta la solita pensione di L. 500 annue. Anche queste norme venivano via via estese alle province annesse.

Un ulteriore passo avanti veniva compiuto nel 1866, epoca in cui una legge toglieva il riconoscimento agli ordini, alle corporazioni e alle congregazioni religiose regolari e secolari, nonché ai conservatori e ritiri di natura ecclesiastica importanti vita comune; le case e gli stabilimenti di proprietà di tali enti venivano soppressi e ai religiosi e religiose (cui veniva riconosciuto il godimento di tutti i diritti civili e politici) si concedevano pensioni di vario ammontare a seconda delle categorie; i beni passavano al demanio dello stato insieme con quelli di qualsivoglia altro ente ecclesiastico, con esclusione dei benefici parrocchiali e delle chiese ricettizie, degli edifici ad uso del culto conservati a tale destinazione e del loro arredamento degli episcopii, dei seminari, degli edifici di abitazione dei religiosi e religiose con orti e giardini annessi ed altre minori categorie di beni sia mobili che immobili. Da notare che si concedeva un assegno ai parroci che avessero un reddito beneficiario i

nferiore a un certo minimo e che però contemporaneamente si stabiliva per i beni che restavano in proprietà di enti ecclesiastici una imposta che arrivava in alcuni casi ad incamerare fino a un terzo dei redditi eccedenti certi importi.

Nel 1867 e nel 1870 seguivano altre leggi che riducevano ancora le categorie di enti ecclesiastici riconoscibili e introducevano nuove imposte: restavano comunque le parrocchie, i seminari, gli arcivescovadi e vescovadi, ed altri minori enti, sulla base del principio di mantenere la c.d. »cura d'anime , il fine cioè di soddisfare le esigenze religiose delle popolazioni. Con variazioni la legislazione di cui sopra veniva estesa alla città di Roma, nel 1873.

Questa era la situazione giuridica in materia di proprietà ecclesiastica al momento della stipulazione dei patti lateranensi, il cui fondamento ideale è nella considerazione che si legge nella relazione di Mussolini alla legge per l'esecuzione dei patti stessi in Italia: »In uno stato cattolico la chiesa cattolica deve godere di una situazione giuridica di particolare favore... non deve essere soltanto in modo negativo rispettata, ciò che può accadere anche in uno stato liberale ed agnostico; deve essere aiutata e favorita... nel Concordato... le si conferisce altresì una posizione di particolare prestigio in relazione al fatto che la religione cattolica è la religione ufficiale dello stato, anche se ciò non tocca la piena libertà di esercizio degli altri culti ammessi e l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge quale che sia la religione... riaffermandosi l'irrilevanza della confessione religiosa per il godimento dei diritti civili e politici .

La relazione proseguiva con un passo che in particolare ci interessa. »Lo Stato, temperando la severità delle leggi eversive ammette (art. 29 del Concordato) il riconoscimento della personalità giuridica alle Chiese aperte al culto che già non l'abbiano, alle associazioni religiose con sede principale nel Regno, alle province italiane delle associazioni religiose aventi sede all'estero, alle fondazioni di culto, purché consti che rispondano alle esigenze religiose delle popolazioni... non c'era restituzione dei beni avocati in virtù delle leggi di soppressione né restava implicato il pericolo di costituzione di un vasto patrimonio sottratto alla circolazione dei beni ed alle esigenze moderne del progresso agrario. Già deve notarsi che, pur vigendo le leggi di soppressione, facile riusciva agli enti religiosi privi di personalità giuridica di possedere per interposta persona. Col concordato viene riservato allo stato (art 30) il diritto di autorizzare gli acquisti di tutti gli istituti ecclesiastici e di tutt

e le associazioni religiose (che acquisteranno la personalità giuridica attraverso un atto di riconoscimento dello stato), la possibilità di impedire la formazione di una nuova manomorta... il diritto di intervenire nella gestione patrimoniale dei benefici ecclesiastici e in tutti gli atti che eccedono la semplice amministrazione. Concetti analoghi esprimevano i relatori alla Camera (Solmi) e al Senato (Rocco) e la commissione speciale del Senato (Boselli).

I principi di cui sopra venivano attuati nella legge 27-5-1929, n. 848 e nel relativo regolamento di attuazione (R.D. n 2262 del 2-12-1929), ma non sembra che lo scopo sia stato raggiunto.

Per avere almeno un'idea dell'ordine delle grandezze nel quale ci si muove, occorre pensare che attualmente soltanto a Roma e negli immediati dintorni le parrocchie sono circa "trecento" e gli enti religiosi si aggirano sui "mille e cento", un apparato che ben regge il confronto se forse anche non lo supera per dimensioni, di quello pubblico. E proprio per questa considerazione può sembrare impresa disperata tentare di ricostruire i fondamenti immobiliari di questo leviathan, soprattutto se non alla sola Roma ci si riferisca, ma all'intero territorio nazionale. Si ha veramente l'impressione che intere vite passate tra gli uffici del catasto e quelli delle conservatorie dei registri immobiliari sarebbero insufficienti, e che comunque alla fine dell'immane lavoro si avrebbe il quadro - in larga misura - di situazioni vecchie ormai di chissà quanti anni.

Pure esiste uno strumento che, se non è alla portata del singolo è comunque a disposizione a livello parlamentare. Presso il Ministero dell'Interno esistono tutti i provvedimenti di riconoscimento degli enti ecclesiastici e presso il suddetto Ministero e le Prefetture le autorizzazioni per gli acquisti e le vendite di beni; l'art. 22 della legge innanzi citata stabilisce inoltre che presso gli Uffici per gli affari di culto istituiti presso le Procure della Repubblica delle Corti di appello sono tenuti appositi elenchi contenenti gli stati patrimoniali degli istituti ecclesiastici e degli enti di culto di qualsiasi natura; tale registro deve essere tenuto perfettamente aggiornato con le annotazioni delle variazioni della consistenza patrimoniale, sia per atti di alienazione che di acquisto. Infine il Regolamento (artt. 62-63) dispone che i Prefetti provvedono alla compilazione e alla regolare tenuta di registri inventario degli stati patrimoniali degli istituti ecclesiastici e degli enti di culto di qualsias

i natura esistenti nella loro Provincia.

La pubblicazione di tali elenchi potrebbe ben essere chiesta come atto preliminare a qualsiasi discorso di trattative sul Concordato, come già è stato chiesto un esame preventivo della costituzionalità delle norme concordatarie. Avuta comunque notizia della consistenza degli stati patrimoniali quali risultano dalle scritture tenute dai pubblici uffici all'uopo designati, sarebbe anche possibile effettuare in proposito rapidi controlli al fine di spiegare o colmare le eventuali deficienze.

Il regime fiscale di favore

Naturalmente a proprietà ecclesiastica è in prima linea in fatto trattamento privilegiato per quanto concerne il regime fiscale. Il regime tributario di favore ovviamente non si limita, per quanto concerne gli enti, istituti, associazioni ecclesiastiche, alla proprietà ma si estende alle attività costruttive e alle attività esercitate, alle associazioni come tali. Gli acquisti degli enti religiosi e di culto sono esenti dalle imposte e tasse di registro, successione e ipoteca, da quelle sull'asse ereditario e di donazione, dalla tassa di concessione governativa per accettazione di liberalità o per atti a titolo oneroso. E' stata abolita l'imposta di manomorta.

Le proprietà sono poi esenti dai contributi di miglioria e - norma quanto mai significativa - dall'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili. Questa disposizione lascia chiaramente intendere che gli interessi degli enti religiosi legati alla speculazione edilizia debbono essere veramente imponenti, che non si ha riguardo al giardino del curato o all'orto del convento.

L'avere introdotto, nel 1963 una norma del genere significa che i vantaggi che potevano derivarne erano in grado di ben compensare gli svantaggi dovuti all'impopolarità che senza dubbio vi si sarebbe ricollegata, proprio in un tempo nel quale la rendita di posizione delle aree urbane si rivela come l'origine prima dello sviluppo caotico e disumano delle città e della sempre più grave crisi degli alloggi: ecco perché è assolutamente necessario ricostruire la storia della proprietà immobiliare ad esempio a Roma dei Salesiani nei loro legami con le famiglie Torlonia e Gerini, dei Cistercensi... dei mille e più enti romani di cui sopra si faceva parola; ecco perché tutto il patrimonio ecclesiastico in Italia deve essere conosciuto.

I proventi della vendita delle aree consentono il finanziamento delle costruzioni di edifici, scuole, centri di istruzione, di sport, di convegno, di attività le più varie. Quanti sono anche soltanto a Roma e dintorni i centri come il »Mondo migliore , il S. Leone Magno sulla Nomentana, le suore di Nevers all'EUR, o quelli dei Salesiani sulla Tiburtina o sul viale omonimo (dodici numeri telefonici come i più grossi ministeri)? Come è stata finanziata ad esempio la costruzione e l'attrezzatura (insuperabile) del Policlinico Gemelli dell'Università cattolica del S. Cuore a Roma?

I comuni e le circoscrizioni comunali non sono in grado di offrire ai cittadini luoghi di riunione, di discussione, di svago, nemmeno un po' di terreno scoperto per far correre i bambini nei quartieri di nuovo inurbamento; ma è continua la proliferazione delle parrocchie oggi attrezzate proprio in forma sostitutiva delle esigenze accennate. E oltre sette miliardi all'anno vengono all'uopo stanziati sul bilancio del Ministero dei Lavori pubblici, proprio per la costruzione al rustico o il completamento al rustico di chiese parrocchiali, nonché per la costruzione al rustico di locali da adibire ad uso di ministero pastorale, di ufficio o di abitazione dei parroci; con tali fondi lo stato può anche assumersi l'onere per l'acquisto delle aree necessarie allo scopo (se non cedute gratuitamente da altri). La legge (n. 168 del 1962) dispone anche che i locali ad uso di ministero pastorale, abitazione o ufficio possono essere costruiti indipendentemente dalla edificazione della chiesa per parrocchie esistenti o »da

costruirsi ...! In alcuni casi lo stato può anche assumersi la spesa per l'esecuzione degli intonaci interni. Una parte delle somme stanziate è poi destinata alla concessione di contributi trentacinquennali ai vescovi nella misura del 4% della spesa riconosciuta necessaria per la costruzione o il completamento delle chiese e dei locali già più volte menzionati. Lo 0,25% della spesa riconosciuta va alla Commissione Pontificia di arte sacra per l'esecuzione del progetto. I materiali da costruzione ("ça va sans dire") sono esenti dall'imposta di consumo.

Ma c'è poi un'altra disposizione che lascia ancora più perplessi ed è quella che stabilisce che l'approvazione del progetto, in base al quale viene chiesto al Ministero dei Lavori pubblici il contributo, equivale a dichiarazione di pubblica utilità dell'opera. Con tale dichiarazione non è più necessaria l'autorizzazione del prefetto per l'acquisto di beni stabili (art. 7 del R.D. 361 del 1896), non solo, ma è possibile l'applicazione della espropriazione per pubblica utilità (legge 2359 del 1865). Ed allora bisogna proprio ammettere che questi »clericali usano dei loro poteri con molta discrezione se non si sono ancora fatti venire il prurito di costruire una bella parrocchia ad esempio in via delle Botteghe Oscure... angolo via dei Polacchi e via Ara Coeli.

Interessante sarebbe poi vedere come viene applicata la disposizione della legge 168 per la quale la spesa per ciascun edificio è stabilita in relazione al numero dei parrocchiani, vedere cioè come il ministero dei Lavori Pubblici fa i conti relativi, se cioè considera "sic et simpliciter" tali tutti i cittadini, compresi quelli di altre confessioni religiose e gli atei e i miscredenti e gli scomunicati e gli eretici e i liberi pensatori ecc. ecc., oppure se manda in giro dei questionari... La legge cioè è chiaramente incostituzionale, perché comporta indagini sul modo di pensare di alcuni cittadini (oltre che attribuire benefici a favore di determinati cittadini, facendo distinzione a seconda delle loro opinioni religiose, il che sarebbe ammissibile solo in uno stato confessionale). E pensare forse che nelle pie intenzioni del legislatore non molto sgrossato la norma contenente il riferimento ai parrocchiani e al loro numero ha tutta l'aria di essere stato dettato per finalità equitative!

Ed interessante sarebbe anche andare a vedere, a ricostruire come è stata discussa e votata la legge della quale ci stiamo occupando, con quali e quante opposizioni, se a seguito di dibattito in aula oppure nell'ovattata e compiacente discrezione delle commissioni parlamentari. E' una indagine che questa rivista cercherà di produrre per i prossimi numeri.

Merita poi di essere ricordata la legge n. 640 del 9-8-1954, recante provvedimenti per l'eliminazione delle abitazioni malsane. L'art. 12 di tale legge dispone che il ministro dei Lavori Pubblici, qualora proceda alla formazione di nuove borgate per famiglie già alloggiate in case malsane, è autorizzato a costruire nell'ambito delle borgate stesse edifici aventi carattere sociale, come scuole, asili, chiese ricreatori e simili. Una disposizione dove, al limite ciò che colpisce di più è la disinvoltura con la quale si è compiuta l'assimilazione tra edifici a carattere sociale e chiese; quasi che non fossero trascorsi cinquecento anni di pensiero moderno e di rivoluzioni per affermare il principio della libertà di coscienza e della aconfessionalità delle pubbliche organizzazioni e di pubblici poteri.

Prima di passare alla nostra indagine per individuare le fonti di finanziamento diretto e indiretto del mondo clericale a carico dello stato e degli enti pubblici, si può intanto completare il quadro delle esenzioni fiscali di cui godono gli enti ecclesiastici e le associazioni religiose. Vengono qui in considerazione: l'esenzione dall'imposta generale sull'entrata per le oblazioni ricevute, l'esenzione dall'imposta sulle società, la esenzione dall'imposta di consumo per le bevande acquistate per la distribuzione gratuita ai ricoverati, quella dalle imposte di famiglia e sul valore locativo, comunità, convitti, collegi, colonie climatiche), quella dalle imposte sulle industrie, i commerci, le arti e le professioni e per l'imposta di patente (ministri di culto), dall'imposta di soggiorno per i sacerdoti che si recano nel Comune che la impone per ragioni di ministero pastorale e per i religiosi che dimorano in collettività ecclesiastiche; ci sono poi le esenzioni dalle tasse di pubblicità, dai diritti di affis

sione, dall'imposta di fabbricazione di oli e grassi di pesce per l'alimentazione delle lampade votive e delle chiese: un sistema minuzioso, fondato sulla indiscussa convinzione della legittimità della propria posizione privilegiata, come se si trattasse del puro e semplice esercizio di un diritto, nemmeno sfiorata dal dubbio di porre in essere una serie di soprusi ai danni della società civile, nutrita ancora della consapevolezza medioevalistica di incarnare la suprema potestas. Anche qui sarebbe di sommo interesse poter calcolare quale è il costo che la collettività sopporta in ragione di questo complesso di esenzioni e agevolazioni, ma è un'impresa che non può essere nemmeno tentata se priva di un forte impegno di collaborazione dei pubblici uffici finanziari.

I finanziamenti a diretto o indiretto carico del bilancio dello Stato

La nostra analisi a questo punto deve passare all'esame dell'altra partita attiva fondamentale del mondo cattolico italiano: i finanziamenti che esso riceve direttamente o indirettamente a carico del bilancio dello stato e di tutta la diaspora degli enti pubblici, abbiano essi carattere nazionale o locale, siano essi territoriali o meno, economici, assistenziali, di istruzione o altro. Due strade si possono qui seguire per cominciare almeno una attività di primo orientamento: o partire dall'esame dei bilanci dello stato e degli enti ed insieme delle attività delle pubbliche amministrazioni in senso lato, ovvero muovere da una individuazione dei vari enti, religiosi in senso stretto (diocesi, parrocchie, associazioni, ordini, istituti...) o comunque rientranti nella sfera del potere clericale soprattutto - ma non esclusivamente - attraverso l'organizzazione politica del mondo cattolico, la democrazia cristiana le associazioni laicali, le ACLI e via dicendo, e studiarne poi le attività, vedere cosa fanno e com

e lo fanno, cioè con quali finanziamenti, con quali contatti con la sfera pubblica, con quali privilegi. E noto che questa seconda strada è stata sperimentata da un gruppo ecclesiale milanese che ha svolto un'indagine sull'arcidiocesi della metropoli lombarda.

In questa sede sarà seguito il primo criterio di ricerca, ed in questo primo articolo si tenterà un'analisi del bilancio dello stato (anni 1969 e 1970) segnalando dapprima i finanziamenti che possiamo chiamare diretti e poi quelli indiretti, per i quali ultimi sarà comunque possibile porre prevalentemente dei quesiti, suggerire l'opportunità di indagini.

Al Fondo per il culto e al Fondo di beneficenza e religione della città di Roma, sui quali grava prevalentemente l'onere per i c.d. supplementi di congrua in favore dei parroci, il Tesoro dello stato ha versato una somma di circa ventitré miliardi nell'anno 1969, aumentata a oltre 24 miliardi e 357 milioni per il 1970. E' da notare a questo proposito che il bilancio del 1950 stanziava a questo scopo poco più di un miliardo una cifra che - rapportata all'attuale costo della vita - non dovrebbe superare i due o tre miliardi. La verità è che dal 1945 a oggi sono state riconosciute oltre 7.000 nuove parrocchie! Mentre non sembra sia stato tenuta in alcun conto la direttiva contenuta nell'art. 16 del Concordato per la quale si doveva procedere ad una revisione delle circoscrizioni delle diocesi, allo scopo di renderle possibilmente rispondenti a quelle delle province dello stato.

Sullo stato di previsione del Ministero dell'Interno sono stanziati circa 300 milioni l'anno (299 e rotti nel 1969, 306 nel 1970) per il clero bisognoso e meritevole; circa sette miliardi l'anno per i contributi per le costruzioni di nuove chiese (di cui ci siamo già occupati) gravano sulla spesa dei Lavori Pubblici (più esattamente 6.775 milioni nel 1969 e 7.225 nel 1970) e circa 700 milioni all'anno su quella della Difesa per l'assistenza spirituale alle forze armate. Tralasciando alcune partite minori abbiamo già un »contributo che nel 1969 è stato di oltre 30.750 milioni e nel 1970 di circa 32 miliardi e mezzo. A tali cifre occorre aggiungere le quote provenienti dal riparto dei proventi delle lotterie, dai quali dovrebbero affluire nelle »pie casse finanziamenti per un importo che può aggirarsi sui cinque-dieci miliardi all'anno, e oltre 1 miliardo per assicurazioni INPS e INAM del clero.

Passando ora all'altra partita, quella che abbiamo genericamente denominata come »finanziamenti indiretti , ci addentriamo in un complesso di interrogativi ai quali è ben difficile poter dare una concreta risposta senza un forte impegno delle forze politiche a livello parlamentare. Occorrono al riguardo alcuni chiarimenti preliminari.

Si può in proposito, per ragioni di mera comodità espositiva, distinguere due tipi di finanziamenti che lo stato compie per mezzo del suo bilancio: finanziamenti di attività e finanziamenti di enti. La caratteristica fondamentale di questi finanziamenti è che essi sono abilmente mascherati dietro la cortina fumogena di una legislazione apparentemente indirizzata alla generalità, in vista del perseguimento di finalità di carattere pubblico, essenziali per uno stato che abbia pretese ed aspirazioni sociali: assistenza, istruzione, beneficenza, sport, cure mediche... E' del resto lo sviluppo di una tendenza ormai secolare nel mondo cattolico, è la direttrice fondamentale di crescita anzi da quattro secoli a questa parte, da quando cioè la cultura moderna diventa laica e la scolastica si chiude nel proprio accademismo: i nuovi ordini religiosi dell'epoca moderna si dedicano quasi esclusivamente alle »opere di bene .

Una legislazione, si diceva, apparentemente »neutrale o formalmente ispirata alle ...migliori intenzioni. Come negare aiuto ai malati, ai bambini più o meno abbandonati, agli analfabeti, ai vecchi? Il tutto naturalmente evitando di rendere ancora più invadente questo stato leviatano, più pesante e macchinosa questa burocrazia pubblica, inefficiente, al fine magari di favorire una società pluralistica e articolata in grado di valorizzare le iniziative dei singoli...

In realtà i destinatari di determinati contributi e finanziamenti sono in larghissima misura enti istituti opere fondazioni cattoliche. In quale misura? La comune esperienza e le specifiche conoscenze di ognuno possono fornire indicazioni e suggerimenti più o meno vicini alla verità. Ma esiste uno strumento che può comodamente essere utilizzato, in sede parlamentare (date le norme sul segreto di ufficio), al fin di avere al riguardo informazioni precise. E' noto che le spese dello stato, secondo le norme della legge e del regolamento di contabilità avvengono mediante emissione di decreti di impegno sui vari capitoli di bilancio e nei limiti degli stanziamenti di ciascun capitolo. Ogni ministero, ogni corrispondente ragioneria centrale nonché ogni ufficio di controllo della Corte dei Conti tengono pertanto delle apposite scritture al fine di evitare i così detti »sfondamenti dei capitoli, cioè che si spenda di più della somma prevista secondo l'approvazione del parlamento. Per ogni esercizio finanziario, ogg

i corrispondente all'anno solare, e per ogni capitolo di bilancio si prende pertanto nota dei vari decreti di impegno, con le somme relative impegnate e poi pagate e con le generalità dei soggetti cui le stesse vengono corrisposte. Nulla vieta al Parlamento di chiedere la pubblicazione di questi dati.

I capitoli del bilancio dello Stato su cui è bene indagare

Forniamo alcune indicazioni, concernenti varie amministrazioni ministeriali, di capitoli di bilancio che meriterebbero particolari indagini nel senso indicato.

"Ministero del Tesoro":

Capitolo 2772: oltre settecento milioni l'anno per l'ospedale romano di S. Spirito, al quale va anche una forte aliquota di una somma leggermente superiore alla precedente (capitolo 2777), secondo norme che risalgono alla fine del secolo scorso e contengono disposizioni per la beneficenza romana; agli Ospedali Riuniti di Roma (perché proprio solo a quelli di Roma e non anche a quelli delle altre città) vanno poi altri due miliardi all'anno (capitolo 5082) per anticipazioni da rimborsare nel giro di un esercizio.

Sempre per quanto concerne il Ministero del Tesoro sarebbe, pensiamo, interessante avere notizie sui destinatari di 700 milioni (capitoli 2592 e 2593) per premi e sovvenzioni a editori, librai, scrittori, traduttori di libri italiani in lingua straniera, associazioni culturali, mostre del libro, erogazioni tutte per le quali il competente ministro gode di amplissima discrezionalità, in assenza di criteri prefissati da apposite norme di legge.

Ancora interesserebbe sapere alcuni particolari sulla ripartizione di una parte dei 50 miliardi stanziati per la ricerca scientifica del CNR (capitolo 5021): si sa che una quota cospicua di tali fondi sono destinati anziché, come dovrebbe essere, a ricerche dirette del CNR, a finanziare Istituti universitari; l'Università del Sacro Cuore di Milano e le sue facoltà staccate di Brescia, Piacenza e Roma ricevono contributi, e se sì quanti e a quale titolo?

"Ministero di Grazia e Giustizia":

Capitolo 1169 (lire 5.350.000.000 nel 1970): spese per il funzionamento dei centri di rieducazione dei minorenni, ivi comprese quelle per il mantenimento dei ricoverati in istituti governativi e »convenzionati .

"Ministero degli Esteri":

Capitolo 2603 - lire 200.000.000 per contributi alle scuole non governative all'estero;

Capitolo 2604 - lire 1 miliardo e 450 milioni premi e sussidi a stranieri studenti in Italia e a Istituti nazionali legalmente riconosciuti per la concessione di borse di studio;

Capitolo 2605 - lire 180.000.000 per premi e sussidi a studenti italiani all'estero e a Istituti nazionali legalmente riconosciuti per la concessione di borse di studio;

Capitolo 2606 - lire 90 milioni sussidi e spese per missioni scientifiche e religiose all'estero;

Capitolo 2619 - lire 1.400.000.000 per contributi a enti associazioni e comitati per l'assistenza educativa e scolastica dei lavoratori italiani all'estero e loro famiglie;

Capitolo 3092 - 700 milioni per la tutela e l'assistenza delle collettività italiane all'estero;

Capitolo 3094 - lire 200 milioni per guide opuscoli fogli notizie per gli emigrati e materiale scientifico cartografico e cinematografico/audiovisivo;

Capitolo 3151 - ancora 1 miliardo e 200 milioni per la tutela e la assistenza delle collettività italiane all'estero, ma questa volta con destinatari diretti enti associazioni e comitati che provvedono a quanto sopra;

Capitolo 3152 - ancora mezzo miliardo per l'assistenza dei connazionali all'estero.

"Ministero della Pubblica Istruzione":

E', insieme con il Ministero dell'Interno, quello che contiene le voci più »sospette . Si inizia con il capitolo 1321 che stanzia nel 1969 11 miliardi e 870 milioni per la scuola materna non statale, somma che nel 1970 viene aumentata a 13 miliardi e 900 milioni (nei corrispondenti esercizi si stanziano rispettivamente per la scuola materna statale 3.263.200.000 e 2.063.000.000: il raffronto di queste cifre è da solo così eloquente che non necessita di commento).

Vari capitoli stanziano circa 30 miliardi per i sussidi didattici compresi quelli audiovisivi per le scuole dei vari ordini e gradi (non universitarie) le dotazioni librarie e il materiale di consumo per le esercitazioni;

Capitolo 1436 - quasi 7 miliardi per il mantenimento di scuole elementari parificate;

Capitolo 1643 - lire 1.180.600.000 per contributi a enti per la gestione di scuole popolari;

Capitolo 1721 - lire 210.000 000: contributi per il funzionamento di scuole magistrali dipendenti da enti morali (è l'art. 2 della legge n. 942 del 31-10-1966, contenente il piano di sviluppo della scuola);

Capitolo 2056 - lire 437 milioni per contributi e sussidi ai consorzi provinciali obbligatori per l'istruzione tecnica per elargizioni a scuole ed ad istituiti liberi agrari, professionali e commerciali;

Capitolo 2458 - lire 2.169.400.000 per il servizio nazionale di lettura, compresi assegni e dotazioni a biblioteche non statali;

Capitolo 2478 - circa 800 milioni per assegni e contributi dovuti per legge a accademie, corpi scientifici e letterari, società e istituti e enti culturali vari;

Capitolo 2479 - oltre 900.000.000 per finanziamenti consimili ai precedenti ma per contributi non dovuti per legge;

Capitolo 2562 - lire 250 milioni, sussidi a musei pinacoteche e collezioni non statali, istituti, fondazioni, enti e comitati vari;

Capitolo 2564 - lire 5.376.000.000 interventi per restauri e conservazione di monumenti non statali;

Capitolo 2573 - lire 1.800.000.000 per restauri e conservazione opere d'arte e antichità non statali;

Capitoli vari stanziano poi 23 miliardi e 350 milioni per borse di studio e buoni libro per gli alunni delle scuole anche non statali.

"Ministero dell'Interno":

Capitolo 2481 - assegni a stabilimenti e istituti diversi di assistenza: 4 miliardi e 400 milioni;

Capitolo 2483 - 2 miliardi per mantenimento di inabili al lavoro ricoverati in appositi stabilimenti ai sensi dell'art. 154 del T.U. di P.S. 18-6-1931, n. 773;

Capitolo 2484 - lire 6 miliardi: rette e sussidi a istituzioni pubbliche e private di beneficenza, per indigenti, minorenni, profughi, inabili;

Capitolo 2489 - lire 5 miliardi e mezzo per concorso alle spese di organizzazione e svolgimento dell'assistenza estiva ed invernale ai minori bisognosi sostenute da istituti enti associazioni e comitati;

Capitolo 2498 - lire 750 milioni per sovvenzioni per la fondazione di speciali istituti di patronato e il potenziamento di quelli esistenti per l'assistenza ai sensi della legge 75 del 1958 (prostituzione);

Capitoli vari che stanziano circa 5 miliardi per assistenza varia (infermi poveri, minori, malati, profughi, persone colpite da pubbliche calamità), consistenti in parte anche in finanziamenti a enti, associazioni, comitati, istituti;

Capitoli 2507 e 2508 - 1.900.000.000 per l'Amministrazione per le attività assistenziali italiane e internazionali (ex gestione UNRRA).

"Ministero dei Lavori Pubblici":

Abbiamo già segnalato gli interventi diretti per la costruzione di chiese e case parrocchiali e relativi uffici ed adiacenze; desideriamo qui soffermarci su alcuni capitoli significativi come il capitolo 5281 che stanzia 40.000.000 all'anno per la città di Loreto, per espropriazioni per la valorizzazione di monumenti e chiese di particolare importanza (legge 583 del 1968);

Capitolo 5438 - 18 miliardi per l'esecuzione di opere di edilizia ospedaliera; o infine il 5460 (1 miliardo e mezzo per il completamento di opere di pubblica utilità e l'impianto di nuovi cantieri-scuola).

Riteniamo poi di dover citare: i capitoli 1063 (80.000.000 per sovvenzioni a Enti che svolgono attività assistenziali in favore delle FF.AA.) 1573 e 4081 (complessivamente lire 871 milioni per assistenza morale e benessere del personale militare, compresi i carabinieri) del "bilancio della difesa";

i capitoli 1140, 1182, 1183, 1202, 1203, 1204, 1207, 1210 della "Sanità" che stanziano complessivamente circa 41 miliardi per assistenza, sussidi, spese di spedalità a categorie varie di infermi);

il capitolo 1163 del "Ministero del Turismo e Spettacolo";

600 milioni per enti che svolgono attività per il miglioramento turistico.

Sempre dello stesso bilancio meritano poi a nostro avviso particolare attenzione i capitoli 5051, 5052, 5053, 5057, 5058 e 5059 (complessivamente quasi sette miliardi per contributi o concorsi nel pagamento di interessi per l'incremento delle strutture alberghiere, dove un'indagine potrebbe forse aiutare a spiegare il vistoso sviluppo negli ultimi anni di iniziativa delle ACLI), nonché il capitolo 5066 (854 milioni per premi di qualità a cortometraggi cinematografici).

Un discorso a sé meriterebbe poi il bilancio del "Ministero dell'Agricoltura" (miglioramento agrario, riforma fondiaria, formazione della piccola proprietà contadina), dove però il discorso si avvierebbe piuttosto sui metodi di gestione del potere.

Quali enti, quali istituti - e soprattutto »quanti - sono i destinatari delle somme innanzi indicate? Il riconoscimento degli enti ecclesiastici che il Concordato ha reso possibile, quali profondi mutamenti strutturali ha comportato nell'evoluzione del nostro paese in un momento particolarmente delicato della sua crescita, quello dell'ingresso attivo delle masse nella vita sociale e della costituzione degli strumenti operativi della assistenza di massa, dell'istruzione generalizzata del medico per tutti? E' lo stesso discorso che si ripete con condizionamenti ancora maggiori nei riguardi delle nuove strutture economiche del paese, nei confronti degli enti ed istituti pubblici attraverso i quali si realizza quel capitalismo di stato italiano punta avanzata del capitalismo tout-court del nostro paese e di quei meccanismi di accumulazione pubblica che ne divengono ogni giorno di più l'elemento portante.

E' chiaro che a questo punto il discorso si sposta e merita una considerazione del tutto particolare, una indagine con caratteristiche sue proprie e diverse anche da quelle di una ricerca su »clericalismo ed enti pubblici che ovviamente costituirebbe il proseguimento di quella che in questa sede si è inteso avviare.

Enti finanziati direttamente dallo Stato e meritevoli di indagine

Vogliamo concludere questo "primo" intervento sui fondamenti economici del potere clericale in Italia con la proposta di indagini (con finalità consimili a quelle innanzi tracciate per alcune spese ministeriali) relativamente ad alcuni enti che ricevono finanziamenti diretti a carico del bilancio dello stato. Tralasciano volutamente oltre a quasi tutti i »piccoli finanziamenti (al di sotto dei 50/100 milioni, come si è già fatto per le spese ministeriali) i grandi enti economici e i grossi interventi a favore di determinate categorie di operatori economici, per i quali c'è da fare, come si diceva, un discorso diverso, e ci limitiamo ad alcune indicazioni campione sul terreno più »sospetto :

L. 800.000.000 all'Opera nazionale per l'assistenza all'infanzia delle regioni di confine (capitolo 2701 - ministero del Tesoro);

L. 24 miliardi e 800 milioni al pio Istituto di S. Spirito e Ospedali Riuniti di Roma (nel 1969: 19 miliardi) (capitolo 2772 - ministero del Tesoro);

L. 400.000.000 all'Istituto Italo-Latino americano (capitoli 2046-2037-2038 del Ministero degli Esteri);

L. 100.000.000 al Centro italiano per i viaggi di istruzione degli studenti delle scuole secondarie e universitarie (capitolo 2612 - Ministero degli Esteri e copitolo 1126 del Ministero della Pubblica Istruzione);

L. 34.000.000 ai Centri didattici (capitolo 1125 - Ministero della Pubblica Istruzione);

L. 30.000.000 all'Istituto Luigi Sturzo (capitolo 2413 - Ministero della Pubblica Istruzione);

L. 20 miliardi al Fondo addestramento professionale lavoratori (capitolo 5030 - Ministero del Lavoro);

L. 28.500.000.000 all'ONMI (nel 1970 e nel 1969 24 miliardi e 500 milioni) (capitolo 1094 - Ministero della Sanità);

L. 700 milioni alla Banca Nazionale del Lavoro per il Fondo speciale presso la Sezione autonoma per il credito cinematografico per interessi su mutui per il finanziamento della produzione cinematografica (capitolo 5069 del Ministero del Turismo e Spettacolo);

Un'indagine su questi Enti si rivela molto più difficile di quella sulle spese ministeriali, per la semplice ragione che essi non sono sottoposti al controllo della Corte dei Conti e non esistono pertanto quelle scritture di cui prima si è fatto cenno. E' evidente infatti che la proliferazione degli enti pubblici è un comodo sistema per sfuggire alle norme della legge e del regolamento di contabilità ed alla pubblicità che può conseguentemente derivarne. Se infatti le strutture ministeriali appaiono del tutto inadeguate alle esigenze dello stato-imprenditore e alla gestione delle entrate e delle spese che vi si riconnettono, o, almeno per parte rilevante delle stesse, è anche vero che esistono moltissimi enti che conservano struttura e finalità di aziende di erogazione (non di produzione), in tutto simili a quelle delle tradizionali amministrazioni ministeriali (come del resto adeguate forme di pubblicità ben potrebbero essere studiate anche per gli enti economici pubblici).

Per gli enti pubblici ai quali lo stato fornisce contributi a carattere costante esiste una forma minore di controllo della Corte dei conti, nella forma della partecipazione di suoi magistrati ai collegi sindacali e di esame delle scritture contabili, con redazione di apposite relazioni, il cui esame costituirà una delle direttrici di proseguimento della presente indagine. Ma, tenendo conto dei presupposti e della natura del controllo della Corte dei conti (controllo di legittimità), si ritiene che ben scarsi elementi potranno risultarne per quanto qui interessa.

Osservazioni conclusive

Spontanea viene, a conclusione di questo primo intervento, una osservazione di carattere strettamente politico. Le possibilità di approfondire celermente la conoscenza delle fonti di finanziamento del mondo clericale sono, come si è visto, legate ad iniziative in sede parlamentare, e quindi ad uno sforzo in questo senso dei parlamentari della sinistra. Si pone a questo punto un grosso interrogativo, perché - come si diceva - a parte quella che può essere l'attività di sottogoverno, il potere economico clericale ha solidi fondamenti nella legislazione e nei bilanci statali di questi ultimi venti anni, cioè in atti normativi regolarmente approvati dal parlamento, atti che la Democrazia cristiana non si è fatti da sola. Ad un primo sondaggio da noi compiuto risulta trattarsi di leggi normalmente passate nel »clima riservato delle commissioni parlamentari, i cui lavori si svolgono come è noto in assenza dell'occhio indiscreto del pubblico e della stampa e i cui resoconti disponibili sono soltanto sommari. Non è

superfluo ricordare che per il passaggio della discussione e votazione di una legge dalle commissioni all'aula è sufficiente la richiesta di un decimo dei componenti delle Camere (63 nel caso della Camera dei Deputati, consistenza superata, come noto dai gruppi parlamentari della DC, del PCI e del PSI). In aula, oltre alla discussione pubblica, c'è anche la possibilità - anche se la votazione avviene a scrutinio segreto - di ricostruire con sufficiente approssimazione le caratteristiche dello schieramento, determinare chi ha votato a favore e chi contro; ma in commissione, di fronte a incolori resoconti della discussione e a laconici »approvato a maggioranza molte cose diventano possibili.

Abbiamo già accennato a una delle direzioni nelle quali pensiamo di continuare questa nostra indagine; un'altra potrà essere quella di ripercorrere l'iter parlamentare di tutte le leggi che hanno contribuito alla costruzione del potere economico clericale, se non altro al fine di determinare quante di esse sono passate, appunto, in commissione.

Oggi il governo inizia a trattare la cosiddetta revisione del concordato; la inizia dopo aver disatteso il suggerimento che era stato proposto in sede parlamentare, quello di un preliminare esame di costituzionalità delle norme concordatarie, non potendo ritenersi che esso abbia il potere di trattare su norme contrarie alla costituzione, che debbono ritenersi sic et simpliciter decadute; non solo, ma, altrettanto grave, apre una trattativa senza sapere (o volutamente ignorando) cosa il concordato rappresenta per l'Italia come onere finanziario, cosa si è costruito sulle basi concordatarie in termini di potere clericale.

 
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