di Angiolo BandinelliSOMMARIO: L'antimilitarismo, tema essenziale del socialismo prefascista, viene accantonato dalla sinistra dopo la guerra. La Resistenza ha esaltato la rivoluzione popolare armata, e il partigiano è un modello di militanza politica esaltante. Resistanza e realismo liquidano le posizioni libertarie. Togliatti giacobino e il Pci "non demagogico" nella Costituente. Bocciati gli emendamenti per l'obiezione di coscienza, con il mondo cattolico che condanna l'eresia della coscienza e relega gli obiettori nel mondo delle sette; il Pci contribuisce invece a respingere un emendamento firmato da Pertini tra gli altri, che stabilisce che "nel bilancio dello stato, le spese militari non potranno superare le spese della Pubblica Istruzione, salvo legge del Parlamento di durata non superiore ad un anno". Poi l'opportunismo frontista. I Testimoni emarginati; la disobbedienza civile cattolica tra profetismo, radicalismo, integrismo. La marcia Perugia-Assisi. Il Comitato per il disarmo nucleare (CND): nasce un'Internazionale?
No alla diplomazia della distensione: nell'una e nell'altra società, le struttura militari costituiscono uno dei principali fondameneti dello Stato autoritario. Convertire queste strutture in strutture di pace è la necessità per il progresso dei singoli popoli e della comunità internazionale. Da questa prima importante acquisizione di obiettivi e di metodi, analisi e storia dell'antimilitarismo libertario e nonviolento radicale negli anni Sessanta, attraverso le lotte per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza.
(LA PROVA RADICALE N.1 - AUTUNNO 1971)
L'obiezione di coscienza trovava le sue prime motivazioni, più che in una cosciente scelta politica, nell'affermazione di una volontà religiosa di »non collaborazione con lo Stato: questa fu l'impostazione propria dei Testimoni di Jehova. Successivamente l'obiezione di coscienza veniva fatta propria da cattolici evangelisti, per rendere testimonianza, nella lotta sociale, di quel distacco dalle istituzioni oppressive e di classe che essi ritenevano essenziale per restituire all'esperienza cristiana, alla chiesa stessa, la sua originaria purezza e carica rinnovatrice. Accanto a questi filoni, si collocò ben presto una ripresa libertaria ed anarchica. La obiezione di coscienza diventava insomma, in pochi anni, un tipo di iniziativa politica estremamente nuovo e significativo, nella misura in cui, rompendo inerti discipline burocratiche o carismatiche, consentiva al singolo militante, con mezzi semplicissimi e poco costosi, di attaccare l'istituzione repressiva mobilitando, attorno alla propria battaglia, una
forte carica di consenso popolare.
Nel dopoguerra, fino al 1970 circa, secondo la Lega per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza, sono stati condannati in Italia circa 500 obiettori. Ecco la progressione: stando a dati ufficiali, nel 1961 i condannati furono 4; nel 1962 gli obiettori mandati in galera sono stati 11; nel 1963, 14; nel 1964, 16; nel 1965, 25; nel 1966, 41. Ma, dato più importante ancora, questa crescita numerica si è venuta accompagnando ad una radicalizzazione delle motivazioni con le quali gli obiettori hanno affrontato tribunali, processi e condanne.
Dichiarandosi obiettore, nel 1964, il cattolico Fabrizio Fabbrini parlava della necessità di una »rivoluzione permanente della coscienza per mutare e »migliorare indefinitivamente le strutture sociali. Nel mondo cattolico lo scontro fu aspro. Fece eco a Fabbrini, sfidando la canea della Gerarchia, don Milani. Nel febbraio 1965, mentre ferveva la polemica, 20 cappellani militari in congedo della Toscana, arrogandosi il diritto di rappresentanza di tutto il cappellanato militare, firmavano una dichiarazione che attaccava violentemente l'odc. I cappellani, non a caso riuniti »nell'anniversario della conciliazione tra la chiesa e lo stato italiano invocavano furbescamente la cessazione di ogni discriminazione »di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise .
Don Milani rispose, con una lettera che veniva pubblicata anche su »Rinascita , e per la quale il suo autore e il direttore della rivista venivano incriminati per apologia di reato. L'incriminazione era evidentemente una volgare mistificazione ricattatoria, in quanto stralci della lettera di don Milani erano stati già riportati, senza conseguenze penali, anche da altri giornali.
Il documento di don Milani era un complesso "pamphlet", nel quale si intrecciavano diverse motivazioni, ma che può dirsi sostanzialmente permeato di umanitarismo religioso, con forti venature populiste più che classiste (17). Bastò alle Gerarchie aver suscitato lo scandalo ricattatore; don Milani venne prosciolto dal tribunale.
»Il fatto di vivere e di lottare in Italia mi pone, come obiettivo concreto del rifiuto, un esercito al servizio della classe dirigente borghese italiana... . Così motivata la sua dichiarazione di odc l'anarchico Ivo della Savia, nel 1965. Della Savia veniva condannato, nell'ottobre 1965, a cinque mesi (18). Nello stesso periodo obiettavano anche il valdese Caponetto (sottotenente, restituì la divisa due mesi prima del congedo), e un altro anarchico, Mario Barbani.
Il 4 ed il 27 novembre 1966, clamorose manifestazioni antimilitariste e per l'obiezione di coscienza, organizzate da gruppi libertari (»Onda verde , »Gruppo provos-Milano I ) contemporaneamente a dimostrazioni di radicali contro gli eserciti e le celebrazioni militari preparavano a Milano - attraverso la forte pubblicizzazione ottenuta sulla stampa - una atmosfera di pubblico dibattito intorno all'obiezione di Andrea Valcarenghi, esponente di »Onda verde . Valcarenghi, Aligi Teschera e Giorgio Cavalli venivano infatti incriminati - ad evidente scopo di intimidazione - per »vilipendio alle forze armate . Valcarenghi, nel corso della successiva dichiarazione di odc denunciava che »da troppo tempo ormai gli eserciti nazionali hanno dimostrato di non rappresentare un istituto difensivo, ma di essere al contrario uno strumento di oppressione contro i popoli, sia fuori che dentro i confini del loro paese . Circa venti manifestazioni, in diverse città, accompagnavano l'inizio del suo processo, svoltosi a Napoli. A
Roma si avevano incidenti, provocati dalla polizia e numerosi fermi.
»Sento il dovere come cattolico, di fare mia la tensione della chiesa verso la scelta di una nuova e più evangelica posizione nei confronti delle guerre... (Enzo Bellettato, 1968);
»Sono cristiano... Ritengo che il servizio militare sia attualmente strumento di consolidamento di una situazione politica che non approvo... (Sergio Cremaschi, 1970);
»La patria è stata, attraverso i secoli, la copertura con la quale le classi privilegiate hanno fatto sostenere a quelle indigenti il peso delle lotte che conducevano... (Lino Taschini, 1969);
»Gli eserciti, come dimostrano ancora i recenti fatti, lungi dall'essere presidio di libertà, sono dovunque e sempre baluardo della reazione, pronti anche alla soppressione delle libertà costituzionali... (Piercarlo Racca, 1968);
»L'esistenza di un esercito nasconde sotto sotto la mentalità che considera necessaria la violenza come modo di risolvere i rapporti con gli altri. Tra l'altro, ne deriva una morale che dà ragione ai più forte-furbo... Non voglio entrare in nessun esercito e rifiuto di fare il servizio militare: ora siamo in pochi, ma se tutti rifiutassero non ci sarebbero più né eserciti né guerre. Il ragionamento certo è troppo semplice e quindi troppo vero... (Stefano Brusasco, 1969);
»Rilevo la minacciosa tendenza a fare dell'apparato militare una base di potere autonomo (vedi Sifar), e denuncio la strumentalizzazione continua e dell'informazione a fini di parte... (Giovanni Pistoi, 1969);
»Per rendere accettabili ai cittadini eventuali guerre funzionali ed utili al sistema, cioè ai suoi dirigenti occorre diseducarli lentamente... (Alberto Clerico, 1969);
»L'esercito italiano e in genere gli eserciti delle società occidentali è, per la sua impostazione, la sua funzione ed utilizzazione, una struttura su cui si fonda e si regge lo stato borghese.. (Franco Zardoni, 1970).
La spinta di queste sollecitazioni provocava la ricerca, da parte di alcune delle forze interessate all'odc (19), di una iniziativa unitaria, capace di imporre una buona volta al Parlamento la discussione e la votazione di una legge. La »Lega per il riconoscimento dell'odc si costituiva a Roma, nel 1969. I principi costitutivi vennero raccolti, dopo discussioni assai vivaci, in una dichiarazione programmatica approvata in una assemblea nazionale del 31 gennaio-1· febbraio 1970. Aderirono personalità »dalla DC al PCI , »nonché giovani obiettori di coscienza, esponenti del mondo cattolico, metodista e battista oltre a rappresentanti delle organizzazioni di servizio volontario e pacifiste .
La Lega era forse stata promossa per appoggiare tre disegni di legge (Marcora, DC; Albarello, PSIUP; Anderlini, Sin. Ind.) che erano stati in quel torno di tempo presentati in Parlamento, in particolare quello dell'on Anderlini. Per questo motivo vi erano rappresentati, in bella unanimità, partiti di maggioranza e di opposizione (la componente cattolico-politica vi era, ed è, molto forte, specialmente del settore ACLI. Si può anzi dire che, sostanzialmente, la spinta maggiore viene da questa parte). Ma già nelle prime discussioni interne, i tre progetti apparvero e furono dichiarati superati. Il documento programmatico era comunque estremamente moderato, legalitario, alieno da ogni impegno ampiamente rinnovatore e riformatore. Riprendeva ad esempio il dettato costituzionale, là dove afferma che »l'ordinamento delle Forze Armate si informa allo spirito democratico della Repubblica , sottolineava che l'odc »è testimonianza di altissimi valori morali, civili e di pace ; tuttavia stabiliva anche alcuni principi,
ai quali avrebbe dovuto conformarsi la legge eventualmente sostenuta dalla Lega stessa, giustamente ritenuti irrinunciabili: a) la effettiva regolamentazione della medesima; b) la creazione di uno o più servizi civili all'interno o all'estero non armati, alternativi al servizio militare; c) l'automaticità della sospensione della chiamata alle armi dell'obiettore, dal momento della presentazione della domanda; d) l'istituzione di una Commissione composta di civili, con l'unico compito di ascoltare e destinare l'obiettore ad un servizio alternativo di pubblica utilità, tenuto conto delle sue attitudini ed aspirazioni; e) il valore sostitutivo e non punitivo del servizio civile.
La minoranza di pacifisti politici, di antimilitaristi, di obiettori, di radicali non riuscì invece a far passare, tra i punti fermi comuni, l'indicazione che la Lega avrebbe sostenuto »l'attribuzione al servizio civile di somme del bilancio dello Stato già attribuite al Ministero della Difesa in relazione alle diminuite spese dello stesso Ministero e alle necessità istituzionali e funzionali del servizio civile . Il saldo principio radicale (20), atto a distinguere davvero - sia pure in forma inizialmente poco più che simbolica - una disposizione legislativa moderata ed »umanitaria da una capace invece di mettere in moto un ulteriore movimento civile, e quindi in prospettiva legislativo ed istituzionale seriamente antimilitarista, qualora fosse stato accettato dai promotori della Lega avrebbe fatto dileguare parlamentari e rappresentanti dei partiti di opposizione non meno che di governo; ma certamente avrebbe dato alla Lega assai maggior forza ed autorità per intervenire su Parlamento e forze politiche, e
nel dibattito nel paese. Ben diversa credibilità, ad esempio, la Lega avrebbe nel confronto, sempre più necessario ed inevitabile, con quelle forze extraparlamentari che, accomunando insieme lotte per i diritti civili, »pacifismo e »moderatismo , hanno respinto l'obiezione di coscienza quale metodo inadeguato di lotta. Queste forze hanno avuto buon gioco ed hanno respinto l'obiezione, la non-violenza, il servizio civile alternativo liquidandoli, sia pure con estrema ed ingiustificata superficialità e settarismo.
I gruppi che avevano proposto il capoverso dichiararono di essere disposti ad accettare che venisse inserito nella dichiarazione al di fuori dei punti programmatici, come indicazione non vincolante.
La Lega ha promosso manifestazioni e dibattiti. La televisione accettava di presentare l'argomento, ma la trasmissione (26 febbraio '71) era, anche secondo la Lega, insoddisfacente se non controproducente. Un »processo all'obiettore venne organizzato a Roma al teatro centrale (»Moratorium day , 13-14 giugno 1970), e in quella occasione Fabrizio Fabbrini riproponeva la interpretazione »evangelica dei rapporti tra cittadino e Stato: no quindi, in via di principio, al servizio civile alternativo, perché la coscienza religiosa non accetta compromessi e non collabora con lo Stato, o con questo stato borghese. Manifestazioni locali assumevano un carattere fortemente politico (Verona e Peschiera, marzo 1971, a sostegno dell'obiezione dei cattolico Enzo Melegari; Torino, marzo 1971, assemblea regionale con l'adesione del gruppo torinese del M.A.I., di Amnesty International, Pax Christi, ACLI, CISL, CGIL, UIL, Mani Tese, Sviluppo e Liberazione, Sviluppo e Pace, movimenti giovanili di PCI, DC, PSDI, PSIUP, PRI, PSI
e PLI, M.I.R., Movimento non violento per la pace, Corpo Europeo della Pace. L'assemblea veniva attaccata da squadracce fasciste). Un'ottima iniziativa fu la protesta di solidarietà con »Pepe Beunza (manifestazione dinanzi all'Ambasciata di Spagna), il pacifista obiettore di coscienza cattolico spagnolo per il quale si stava contemporaneamente muovendo la solidarietà internazionale, con manifestazioni che non trovavano invece eco in Italia presso le forze politiche ufficiali.
Una manifestazione promossa a Roma il 9, 10, 11 marzo 1971 vedeva i partecipanti caricati e dispersi dalla polizia. Nonostante l'adesione già inviata, »i giovani socialisti sono praticamente scomparsi alcuni giorni prima della manifestazione... mentre i comunisti si sono fatti vivi solo dopo la brutale carica della polizia (21) ed il peso della partecipazione restava sopra i gruppi minoritari e sui giovani democristiani, presenti massicciamente. Non mancarono significative adesioni, come quella del Presidente della Corte Costituzionale Branca, che in una lettera si dichiarava favorevole alla o.d.c., del giudice costituzionale Mortati, delle ACLI e di parlamentari; »disinteresse è disinformazione (22) mostrò però gran parte dei senatori incontrati dalla delegazione (il Senato stava discutendo in quei giorni i progetti di legge) e ancor più grave era la posizione del Presidente del Senato Amintore Fanfani, che rispondeva, alla delegazione che gli sottoponeva alcuni documenti, che »li avrebbe adagiati su una
pila di carta che non avrebbe mai potuto leggere (22).
Nonostante la moderazione dell'impostazione, nonostante la spinta proveniente dalla grande maggioranza dei gruppi autogestiti, fossero essi a carattere religioso e pacifista, umanitario, o antimilitarista (23), perché la Lega portasse avanti con decisione la sua battaglia, senza appoggiare ed anzi dissociandosi da ogni disegno di legge mistificatorio e con contenente almeno i principi fondamentali fissati nei cinque punti, le speranze della Lega venivano frustrate. Il Senato, infatti, approvava nel luglio di questo anno un progetto che praticamente eludeva tutte le richieste importanti della Lega. Secondo il relatore Berthet infatti una legge sull'o.d.c. doveva essere formulata in modo da rispettare »tutti gli alti concetti di Patria, di tutela e fraternità tra gli uomini e i popoli ; il progetto poteva informarsi solo a principi di »illuminata tolleranza . Le sinistre (24), battute, votavano contro (25).
Nonostante le illusioni dei moderati, dei cattolici »di sinistra preoccupati di evitare ulteriori scontri nell'interno del mondo religioso, la battaglia per l'obiezione di coscienza, per una legge che faccia dell'o.d.c. un diritto civile autentico, è ancora tutta da fare.
Non è infatti un »servizio civile alternativo un servizio che resta gestito, come pretende il disegno di legge in questione, quasi integralmente dal Ministero della Difesa e dai militari, ma solo una punizione e una pericolosa discriminazione. E' certo che pochi saranno gli obiettori soddisfatti del risultato conseguito, tra i centoundici ancora detenuti alla fine di giugno (secondo le dichiarazioni del ministro della Difesa Tanassi). »Anche a proposito di questa legge - è la lettera dell'obiettore Daniele Rizzi, dal carcere di Peschiera, ad ``Alternativa'' - é più che mai attuale la frase del Gattopardo; ``Tutto deve cambiare perché tutto deve rimanere come prima''. All'obiettore progressista e coerente fino in fondo con le proprie convinzioni rimane, ora come sempre, la galera o l'esilio... .
Le prime reazioni degli antimilitaristi e dei pacifisti al voto del Senato sono state coerentemente negative. I partecipanti alla V Marcia Antimilitaristica Milano-Vicenza hanno posto tra gli obiettivi della marcia stessa la promozione di una rigorosa battaglia perché il progetto venga respinto alla Camera. Il 3 agosto, i marciatori occupavano pacificamente, in segno di protesta, la sede della DC di Vicenza. »In termini di civiltà e di diritti umani fondamentali la DC - spiegava un comunicato del Partito Radicale - ha ribadito una posizione che a noi appare semplicemente delittuosa, contro la quale la blanda opposizione o il consenso forniti dai partiti laici e democratici rischia di risolversi in una sostanziale complicità . E, più sopra, il comunicato affermava: »E' necessario denunciare all'opinione pubblica, alla stampa, il ruolo reazionario, oppressivo, controriformistico assicurato e garantito dalla DC, malgrado il persistente tentativo di sostenere in questo caso una fedeltà alla vantata ispirazione r
eligiosa: quel che secondo il Concilio è riconosciuto come un diritto della coscienza e della persona, per i senatori democristiani appare ancora come una vergogna, un tradimento, una diserzione, un attentato alla vita della collettività. I progetti dei democristiani on. Fracanzani e sen. Marcora sono stati fatti scadere al rango di alibi e di copertura, e totalmente stravolti pur essendo anche essi inadeguati . In una successiva riunione, tenutasi a Bologna nel settembre, i gruppi antimilitaristi decidevano di promuovere una campagna nazionale per bloccare alla Camera, la legge. Dal 10 al 16 settembre, i »Gruppi Non-Violenti bolognesi hanno organizzato una Mostra informativa sulla »legge truffa per l'obiezione di coscienza.
In quali termini possa porsi la questione del »servizio civile alternativo , quali caratteristiche esso debba avere, sono problemi sui quali il dibattito è, tra gli antimilitaristi, aperto. Nella sua dichiarazione di obiezione di coscienza dell'agosto 1971 (dopo, quindi, il voto parlamentare), Giacomo Secco, di Padova (26), ha scritto: »Perché la legge possa servire, essa va rifatta su basi più democratiche. E' evidente che, se l'obiezione di coscienza nasce da un rifiuto della attuale struttura repressiva, il servizio civile sostitutivo di quello militare dovrà servire per creare delle strutture »liberanti . Così esso può essere il momento per una presa di coscienza delle necessità per tutti di assumersi la responsabilità di un più giusto sviluppo della società e quindi di rinunciare al sistema delle deleghe per impegnarsi in prima persona in una partecipazione politica, in una testimonianza di vita comunitaria per una società alternativa a quella che ci opprime .
Alla fine del 1970, il Movimento Non-Violento di Mestre, come abbiamo ricordato, ha iniziato una campagna per la raccolta di firme su un progetto di legge (che, appunto, voleva essere di iniziativa popolare) in cui si delineavano alcune indicazioni interessanti; oltre ad accettare il principio della sottrazione al bilancio del Ministero della Difesa della cifra corrispondente al presumibile costo di addestramento e manutenzione degli obiettori riconosciuti, il progetto stabiliva che il servizio civile sarebbe stato posto alle dipendenze del Ministero del Lavoro, e che esso avrebbe avuto caratteristiche ben precisate: 1) i lavoratori impiegativi avrebbero goduto degli stessi diritti di tutti gli altri lavoratori, compreso il diritto di sciopero; 2) esso non avrebbe mai assunto la funzione di servizio sostitutivo di lavoratori che esercitino il diritto di sciopero; 3) per quanto riguarda l'impiego all'estero, la sua gestione non sarebbe stata in alcun modo affidata ad enti con scopi di lucro o confessionali, e
cc. Secondo l'obiettore Antonio Riva, il servizio civile alternativo dovrebbe tendere anch'esso, come parte di un più ampio movimento di lotta, alla »autogestione delle persone attualmente emarginate .
Per »Notizie Radicali il »nocciolo della questione sembra essere il seguente: la creazione di un servizio civile »alternativo a quello militare deve essere visto nel quadro di una politica di e per la conversione delle strutture militari in strutture civili, di strutture autoritarie in strutture tendenzialmente socialiste e libertarie. Altrimenti si favorirebbe la formazione di un esercito di mestiere, o composto di cittadini di evidenti tendenze militariste, autoritarie e belliciste politicamente e tecnologicamente potenziato nella sua vocazione repressiva e di militarizzazione dell'intera società civile. Il principio che va affermato, dunque, e tradotto in concrete disposizioni o rivendicazioni e lotte, è quello che, ove si instaurasse un servizio civile in alternativa a quello militare, gli stanziamenti statali dovrebbero rigidamente sostenere - nella sua pienezza - la scelta civile. Per ogni cittadino che la compisse, una somma corrispondente dovrebbe essere assegnata ai servizi civili e sottratta e qu
elli militari.
Il discorso potrebbe e dovrebbe comprendere subito anche altre ipotesi di lavoro e di lotta. In un certo senso, ed in »questi Stati, ogni soluzione di tipo istituzionale contiene necessariamente un quoziente di autoritarismo molto alto. Se il principio di »servizio per la comunità dovesse essere comunque accolto, sarebbe forse più accettabile nella forma di contributo - di una determinata durata - di una quota parte dei salari da devolvere a precisi »fondi sociali (ad es. salute pubblica, Mezzogiorno, scuola, pensioni, ecc.) .
Quanto, del resto, la legge sia già, ancora prima della sua definitiva approvazione, invecchiata e insufficiente, lo ha dimostrato la clamorosa obiezione di coscienza collettiva di Alberto Trevisan e di altri sette operai e studenti (Nando Paganoni di Bergamo, Valerio Minnella di Bologna, Neno Negrini di Olgiate, Mario Pizzola di Sulmona, Gianfranco Truddaiu di Vigevano, Giuseppe Amari di Voghera, Franco Suriano di Roma). L'iniziativa si collocava a ridosso del dibattito senatoriale con evidenti intenti polemici nei suoi confronti, e scavalcava completamente le sue prevedibili conclusioni, rendendole praticamente inutili e sorpassate.
Mentre Nando Paganoni e Valerio Minnella erano già stati arrestati e si trovavano nei carceri militari di Peschiera e Forte Boccea, gli altri cinque obiettori del gruppo annunciavano la loro decisione in una conferenza stampa, il 9 febbraio (27). Nella dichiarazione affermavano fra l'altro: » ...Ci rifiutiamo di collaborare in qualsiasi forma con le strutture che fanno da pilastri all'attuale sistema sociale, a cominciare da quelle che non servono assolutamente al popolo. L'esercito è senza dubbio una delle peggiori ed è per questo che crediamo importante rispondere con un netto rifiuto all'ingiunzione di partecipare al suo mantenimento e rafforzamento. Ogni anno 300 mila giovani devono subire nell'esercito la logica dell'obbedienza cieca, della non partecipazione alle decisione, dell'inquadramento che vieta lo sviluppo di ogni capacità critica: devono cioè superare l'ultimo esame per diventare dei buoni servitori del sistema. Le forze armate servono per la repressione di cittadini che cercano spazio per un
libero sviluppo e una vera giustizia sociale... Quattro miliardi al giorno spesi per il mantenimento dell'esercito sono uno crimine permanente ai danni del popolo... E' falso ogni discorso che voglia far passare l'esercito come strumento necessario per la difesa della patria, a meno che per patria non si intendano le terre e le industrie di ristrettissimi gruppi di persone... Siamo quindi fermamente intenzionati a continuare, in sostituzione del servizio militare, il nostro lavoro con la gente che vive in condizioni di sfruttamento e di sottosviluppo, al fine di costruire delle strutture realmente autogestite, che costituiscano l'alternativa a quelle esistenti e che diventino uno strumento di lotta anticapitalista .
Conferenze stampa, dibattiti (Milano, Torino, Padova, Treviso, Mestre, Bologna, Firenze, Udine), mesi di prigione, hanno dato la prova della combattività degli otto, e di quanti militanti sostengono la loro iniziativa (28). La stessa stampa è stata meno avara del solito nell'informazione. Si è potuto così - crediamo per la prima volta - leggere ampi resoconti di un processo svoltosi, del resto, in un clima di ampia pubblicizzazione, alla presenza a Padova, in aula e nelle piazze, di centinaia di antimilitaristi e pacifisti (29).
Per inciso, vale la pena sottolineare qui come questa iniziativa abbia inteso proporre anche un modo nuovo di partecipazione politica: »"Il metodo del rifiuto, cioè della non collaborazione, della disubbidienza civile" - hanno scritto gli otto nella dichiarazione collettiva di odc - "ci sembra, nella situazione politica di ogni, quello oggettivamente più efficace per combattere le strutture". Questo metodo non violento non va confuso con il ``no alla violenza'' ostentato dalla classe dominante, che maschera la propria natura repressiva per ottenere il consenso popolare. Inoltre, impegnando gli individui in prima persona, diventa un metodo antialienazione, che responsabilizza ed abitua ad una partecipazione attiva, indispensabile per la costruzione, in prospettiva, di comunità autogestite .
Nel momento in cui l'obiezione di coscienza ha cominciato a divenire oggetto di un più largo dibattito, a maturarsi e ad approfondirsi nelle sue stesse motivazioni, a creare un nuovo, avanzato terreno di scontro con le strutture di regime, la sua validità, come metodo e strumento di lotta di classe, è stata messa in discussione, ed anzi negata, in alcuni settori extraparlamentari e gruppi minoritari, il »Servizio Civile Internazionale , »Lotta Continua (e »Quaderni Piacentini ), con motivazioni sostanzialmente analoghe.
»Proletari in divisa , in un documento pubblicato appunto su »Quaderni piacentini , pur riconoscendo che è »assurdo rifiutare fin d'oggi aprioristicamente l'obiezione in sé come strumento di lotta nella misura in cui non siamo in grado di stabilire se questa sia o no indicativa di una scelta che può diventare di massa anche in Italia , ritiene che essa, nei modi in cui è stata fino ad oggi praticata, sia »insufficiente , »innanzitutto perché soggettivamente ed oggettivamente limitata all'esterno delle caserme, poi perché resta »un fatto esemplare-dimostrativo più che politico (tale tipo di iniziativa è sempre individuale, e, secondo »Lotta Continua , »l'aspetto quantitativo è in questo caso anche quantitativo ), mancante di »opportunismo . E se, comunque, l'obiezione di Franco Zardoni merita un certo riconoscimento, »contraddittoria è invece la posizione di tutte le strutture pacifiste che si muovono privilegiando questo tema, senza approfondire l'analisi di classe. Ad avviso degli estensori del documento
l'istituzionalizzazione del servizio civile, anche in forme più ampie e comprensive, non è in realtà »affatto in contraddizione con le esigenze di razionalizzazione di una avanzata società neo-capitalista . Analoghi, i motivi del rifiuto del »Servizio Civile Internazionale . In un documento dell'estate 1971, il SCI ha contestato all'odc di essere un fenomeno »illuminista , espressione di una scelta che »si mette automaticamente al di fuori della storia e si rinchiude in un proprio ``io'' soggettivo e volontaristico , senza collegamenti con le »masse , unico punto di riferimento necessario nella lotta di classe.
Se l'obiezione di volontarismo e soggettivismo è, politicamente e culturalmente, analisi inadeguata e rozza, valida invece è la denuncia della insufficienza e pericolosità delle scelte compiute da alcuni settori »riformisti presenti (ed anche condizionanti) nelle strutture della stessa »Lega per il riconoscimento dell'odc . Il dibattito, comunque, ruota intorno a problemi e nodi fondamentali nella lotta di classe nel nostro paese, e non solo nel nostro paese, ma in tutte le società, neocapitaliste o di capitalismo di stato, nelle quali il militarismo è oggi struttura essenziale e condizionante; due diverse indicazioni e prospettive emergono, a nostro avviso, a seconda che si faccia l'una o l'altra delle scelte in gioco: da una parte una indicazione neostalinista e sostanzialmente militarista, dall'altra l'indicazione per la costruzione di una società socialista e libertaria.
Il 4 novembre 1969 si teneva a Milano il I· Congresso Nazionale Antimilitarista promosso dal Partito Radicale (30). Partecipavano, oltre ai radicali, anarchici, pacifisti non violenti, gruppi antimilitaristi, iscritti a partiti della sinistra o alle federazioni giovanili. Vi furono quattro relazioni, a cura rispettivamente di Marco Pannella, Mauro Mellini, Ugo Dessy, Carmelo Viola. La relazione Pannella faceva il punto sulle tesi antimilitariste del Partito Radicale, indicando gli obiettivi sui quali il Partito come tale doveva sviluppare la sua iniziativa. In stralcio, riportiamo alcuni passi della relazione.
» "...La mia relazione vuole sottolineare un pericolo: che si confonda il militarismo con alcuni suoi aspetti ridicoli o folcloristici e che se ne sottovaluti la forza e il valore ritenendolo provvisoria espressione di situazioni variamente sottosviluppate. E' normale, anche nella sinistra, non preoccuparsi troppo del fatto che i due terzi dei paesi rappresentati all'ONU e i quattro quinti di quelli in via di sviluppo siano retti da regimi militari. Si ritiene normalmente che la conquista del potere da parte dei militari possa interessare solo paesi di incerta collocazione storica e culturale o di incerta collocazione politica: paesi mediterranei e africani e, in Europa, paesi come la Grecia, la Spagna e il Portogallo. In realtà la situazione è diversa. Il militarismo è una candidatura seria alla gestione della società contemporanea. Quando appunto due terzi dei paesi rappresentati all'ONU sono retti da regimi militari, quando secondo le cifre correnti si può affermare che oltre i due terzi delle spese dedic
ate nel mondo alla ricerca scientifica sono oggi amministrati o controllati dai militari, dobbiamo renderci conto che dietro questa candidatura non possono esservi soltanto cose bolse e retoriche come quelle evocate nei messaggi celebrativi del 4 novembre in Italia o apparentemente folcloristiche come nei regimi africani in cui però i militari sono ormai quasi dovunque la classe dirigente cui è affidata la conduzione delle rivoluzioni nazionali. Evidentemente c'è un'attualità storica dei valori e delle forze rappresentati dal militarismo. Faremo bene come antimilitaristi a non ridurre alla dimensione del disprezzo, dell'ingiuria e dell'insofferenza fa nostra lotta. Dobbiamo analizzare il perché di questa forza, se vogliamo combatterla politicamente e non limitarci a una testimonianza morale. Dobbiamo renderci conto di come e perché il militarismo stia intossicando di sé insensibilmente, ogni anno, la vita politica e la realtà storica del mondo... .
»IL NUOVO PENSIERO MILITARE
» ...Il nuovo pensiero militare è quello che teorizza la dissoluzione dell'esercito e la militarizzazione della società civile. Un esempio, forse il più significativo, di queste tendenze ormai sempre più esplicite e chiare sia a livello teorico sia sul piano operativo, si è avuto con il progetto di legge presentato in Francia nel 1961 e poi realizzato solo parzialmente con una serie di decreti che lo hanno trasformato e gii hanno tolto una parte della sua logica complessiva. Secondo quel progetto, in condizioni di emergenza, il capo delle strutture militarizzate non è più il generale comandante della regione militare, ma il Prefetto (e si ha condizione di emergenza ovviamente non solo in caso di guerra esterna; ma ogni qual volta ii Parlamento o il capo dello Stato la proclami). Il Prefetto diventa il supremo comandante e il supremo ordinatore della società civile, di una società civile in cui tutti i cittadini sono militarizzati. Militare o militarizzato è l'operaio in fabbrica, che non riceverà la cartolin
a precetto, né dovrà lasciare la fabbrica per recarsi al distretto: il suo modo di fare la guerra sarà quello di far funzionare l'industria, di mandare avanti il paese. Poiché l'unica ipotesi di guerra oggi storicamente possibile è quella di una guerra che spacca il dato fittizio dello Stato nazionale come dato prevalente rispetto ad ogni altro interesse e sentimento comunitario, si organizza il cittadino non in quanto italiano o francese, ma in quanto produttore e in quanto uomo d'ordine. Non sciopererà perché dovrà difendere l'ordine, perché c'è lo stato di guerra o di emergenza, E non dovendo recarsi al distretto non avrà neppure la tentazione di andare a preparare la »sua guerra partigiana sulle montagne o nelle cantine, e a farla. Il progetto di legge francese è soltanto - giova ripeterlo - l'esempio forse più chiaro di una linea di tendenza che nei fatti, lentamente e in maniera sotterranea, avanza e si precisa in ogni parte del mondo.
In un momento di crisi il nuovo pensiero militare sta preparandosi infatti a fornire strumenti ideologici e soluzioni politiche e istituzionali alle contraddizioni di un capitalismo che vede venir meno la dimensione imperialista tradizionale, su cui fondava tanta parte della sua capacità storica di essere classe dominante. Le tecniche di sfruttamento devono ammodernarsi perché questo permanga e possa svilupparsi. Le contraddizioni più gravi devono essere risolte ed impongono a volte l'esercizio della violenza all'interno dello schieramento di classe. E' quanto avviene nell'America Latina, dove i settori più moderni e lungimiranti del neo-colonialismo e del neo-imperialismo, non potendo vincere la loro battaglia negli Stati Uniti hanno bisogno di un minimo di forza e di violenza, che appaia liberatrice e sia sostanzialmente omogenea ai propri interessi di classe. E allora, non potendo contare sul Congresso USA che non sarebbe mai libero di impedire alla United Steel o ad altri monopoli americani di continuare
a trattare gli Stati latino-americani come altrettanti consigli di amministrazione di società dipendenti, facilitano e sostengono la »presa del potere degli uomini »puri e duri che non sono industriali e commercianti, non fanno parte della vecchia classe dirigente corrotta, ma sono generali o colonnelli o capitani. Si consente quell'atto concreto di liberazione che è l'esproprio, che sono alcune misure di nazionalizzazione. Contro la vecchia e decrepita parte dello schieramento di classe che vorrebbe continuare il vecchio gioco alla vecchia maniera si afferma la liceità morale e l'attitudine e la capacità tecnica dei »giovani militari ad essere i gestori della società e del conflitto di classe. Un momento di violenza è necessario per far trionfare la candidatura di queste forze di progresso e la si giustifica con la denuncia del rischio di alternative più gravi e irrimediabili. Quale è se non questa la giustificazione del fatto che in Sud America e in Centro-America esistono eserciti in cui si investe ta
nta parte del patrimonio nazionale? Sociologhi liberali e illuminati come Raymond Aron possono affermare che, se è giusto deprecare il militarismo, si deve riconoscere che in molti paesi quello militare è l'unico ceto dirigente che non sia espressione diretta dell'organizzazione proprietaria, industriale e terriera, che abbia conoscenze tecniche adeguate, esperienze internazionali, e cognizione di ciò che uno Stato moderno deve assicurare alla società come minimo essenziale e vitale. E' naturale dunque che diventi il ceto dirigente del proprio Stato, perché non ne esistono altri più adatti a svolgere questa funzione di tipo riformista... .
» ...D'altra parte la sinistra, attraverso certe analisi ideologiche e certe individuazioni delle caratteristiche delle borghesie nazionali e della loro funzione ha finito puntualmente per sostenere il valore oggettivamente rivoluzionario dell'ascesa al potere di caste e ceti militari. E gli aiuti militari a questi regimi - per un singolare gioco del destino era la Cecoslovacchia fa principale fornitrice di armi - sono spesso usati da questi regimi contro le masse popolari e i militanti rivoluzionari. Seicentomila comunisti indonesiani - comunisti per definizione in quanto contadini o perché erano stati schedati come tali - sono stati uccisi con quelle armi. Nessuno ne ha parlato, perché ad ucciderli era un esercito fornito di armi cinesi e cecoslovacche che in quel momento stava passando agli Stati Uniti e alla CIA. Abbiamo avuta una pretesa strategia di classe e una pretesa strategia rivoluzionaria che hanno puntato soprattutto sui ceti militari in molte parti del mondo. Dobbiamo prendere atto di una situa
zione estremamente confusa in cui il militarismo, i valori autoritari che esso presuppone, sono stati largamente assunti e fatti propri dal nostro schieramento..." .
L'iniziativa antimilitaristica è stata per il Partito Radicale, fin dal 1962-1963, una scelta prioritaria. Al III Congresso Nazionale (Bologna 1967), in stretta connessione con »il superamento del nazionalismo era individuata, quale strumento »fondamentale e concreto - insieme all'anticlericalismo - »per una effettiva trasformazione della società e dello Stato . Intorno a questi due punti irrinunciabili i radicali dovranno favorire l'incontro delle forze della sinistra »in vista di una alternativa globale al sistema di potere democristiano e quindi lottare contro »indecisioni, collusioni e complicità con il partito di regime . »L'antinazionalismo e l'antiautoritarismo sono i punti di riferimento necessari - affermava la mozione politica del IV Congresso Nazionale (Firenze, 1967) (31) - perché la lotta contro il regime clericale, corporativo, interclassista e repressivo possa essere »quella stessa (e non meramente collegata ad essa) che forti minoranze radicali conducono in tutto il mondo, sia nelle societ
à borghesi di democrazia politica, sia in quelle che vengono poste in primo piano nella lotta antimperialista e anticapitalista dall'obiettivo dello sviluppo economico e dalla conquista di una autentica e piena autonomia civile, sia nelle altre società di capitalismo di Stato, pur esse autoritarie .
Articolata ed analitica, sugli obiettivi antimilitaristi, era la mozione del V Congresso (Ravenna, 1968):
»"Nel prossimo anno la scadenza del Patto Nato e la lotta contro il suo rinnovo nella quale deve essere innestata l'azione antimilitarista e quella contro il puntellamento internazionale delle forze reazionarie del nostro paese; la base cruciale della lotta per il divorzio; la denuncia di alcune delle più clamorose forme oppressive del regime nel campo della assistenza pubblica, ospedaliera e psichiatrica, devono costituire nuove occasioni per l'iniziativa politica radicale.
Il Congresso ritiene, di fronte ai gravi avvenimenti di politica interna ed internazionale verificatisi nel 1968 (guerra nel Vietnam, consolidamento del regime dei colonnelli in Grecia, appello all'esercito di De Gaulle durante il maggio francese, intervento dell'esercito in funzione repressiva in molte città americane, invasione della Cecoslovacchia, sviluppi in Italia della vicenda del SIFAR) che si siano drammaticamente accentuati i pericoli rappresentanti dalle strutture militari, nazionali e internazionali. Il Congresso impegna pertanto il Partito a promuovere un movimento antimilitarista capace di determinare il distacco delle masse dalle istituzioni militari e dai miti nazionali e nazionalistici attraverso la lotta contro gli organismi militari, i loro collegamenti internazionali, la loro logica di espansione e di prevalenza rispetto ad istituzioni ed esigenze civili, lo spirito autoritario che presuppongono e difendono.
La reazione militarista ed autoritaria, mentre va riesumando i miti nazionali e nazionalistici quale strumento di sopravvivenza e di rafforzamento, si fonda in realtà su un sistema di repressione internazionale che frena e sopprime lo sviluppo di ogni autonoma e spontanea evoluzione delle società nazionali esistenti. In questo contesto deve essere promossa l'obiezione di coscienza insieme ad ogni altra forma di lotta che valga a contrastare la funzione oppressiva dell'organizzazione militare.
Sul piano internazionale, la funzione sempre più evidente di polizia politica internazionale e di fomite di sbocchi apertamente antidemocratici assicurata dai blocchi militari (Nato e Patto di Varsavia), esige una risposta cosciente e intransigente delle forze di sinistra. Va quindi sviluppata all'interno dei paesi occidentali e nei confronti dei governi del blocco comunista europeo una nuova iniziativa internazionalista che rifiuti ogni politica di potenza come strumento valido per combattere l'imperialismo" .
Questa riflessione teorica ed ideologica era stata maturata in anni di iniziative, di cui alcune sono state già ricordate (32). La »Agenzia Radicale , che fu una delle prime strutture organizzative realizzate quando la gestione del partito fu assunta dalla sinistra - dopo l'uscita dei gruppi di Piccardi e degli »amici del Mondo - curò costantemente l'informazione sul settore militare e su quello della lotta pacifista. Lo stesso termine di »pacifismo venne ad assumere, proprio attraverso la battaglia e l'elaborazione di quegli anni, un significato diverso da quello che polemiche vecchie e nuove sono portate ad attribuirgli. Del resto, proprio intorno a battaglie »pacifiste si venivano allora organizzando le ali più avanzate, radicali, contestatrici della »nuova sinistra internazionale in fase di crescita e di ricerca di identità (33).
Non a caso, tra i primi documenti pubblicati da »Agenzia Radicale vi erano un'intervista a Peter Cadogan, segretario del Comitato del 100 inglese, un lungo articolo di A. J. Muste, proprio nel periodo (agosto 1963) in cui egli stava organizzando la Marcia dei 100.000 su Washington e, nel settembre 1964, un manualetto »contro la legge e per la non-violenza attiva del Comitato dei 100. Ma, attraverso questo lavoro di agenzia, i radicali davano inoltre vita ad una iniziativa relativamente importante e coronata di sostanziale successo, nonostante il grave silenzio - vero e proprio atto di boicottaggio e di lontananza politica - della stampa, oltreché indipendente, di sinistra.
Raccogliendo una notizia cui la stampa internazionale aveva prestato scarsa attenzione, nel 1964 i radicali fecero propria e rilanciarono la proposta, avanzata al Parlamento del suo paese dal senatore socialdemocratico Hans Thirring, di abolizione dell'esercito austriaco. Attraverso il »Comitato per il Disarmo Atomico e Convenzionale dell'Area Europea , i radicali rivolgevano un appello alle forze democratiche italiane perché raccogliessero l'iniziativa e ne facessero elemento di confronto e di crescita della intera sinistra. La proposta Thirring era tale da coinvolgere una riflessione ed un impegno internazionali di notevole portata. L'abolizione dell'esercito austriaco, secondo il senatore socialdemocratico, comportava infatti: a) l'assenso dei 4 paesi firmatari del trattato di pace (URSS, USA, Gran Bretagna e Francia); b) la garanzia delle Nazioni Unite, ai cui funzionari avrebbe dovuto essere affidato il controllo dei confini del paese, posti sotto la tutela del Consiglio di Sicurezza; 3) l'accordo con i
sei paesi confinanti con la Repubblica austriaca.
»E' necessario che l'opinione pubblica del nostro paese prenda coscienza - sottolineava il documento del Comitato - della concretezza politica e del rigore ideale che le tesi unilateraliste stanno ogni giorno di più assumendo come pilastro per la edificazione di una società nuova, nei suoi due aspetti, inscindibili, nazionale e internazionale... E' anche la prima radicale risposta alla minaccia, ogni giorno più grave e pressante, proveniente dall'autoritarismo militare di De Gaulle e della Francia, del fascismo spagnolo e portoghese, delle forze revansciste e reazionarie, con l'acquiescenza sostanziale delle attuali classi al potere in Italia. Appare infatti sempre più chiaramente come falsa e rinunciataria ogni contrapposizione di un preteso »riarmo democratico al riarmo gollista. In definitiva, in questo come in quello, sono le stesse forze che cercano di esprimersi, imporre e realizzare vecchi metodi e strutture, propri alla tradizione e tragica ``politica di potenza'' . Inoltre, rilevava il documento, »
lo scioglimento delle esigue forze armate austriache (meno di un decimo di quelle italiane) comporterebbero la conversione di circa 100 miliardi di lire da spese annue improduttive e pericolose per la pace e la democrazia e settori di investimento e di promozione di progresso economico sociale e civile... .
Inviato a tutti i comuni italiani e a un migliaio di cittadini, l'appello veniva raccolto da oltre 400 consigli comunali, con delibere che seguivano a seri dibattiti, e vennero anche, a volte, annullate per iniziativa prefettizia. I comuni - si trattava della stragrande maggioranza di comuni democratici, di cui cinque medaglie d'oro della resistenza - inviarono al Comitato la loro decisione, come ad esempio Reggio Emilia, attraverso il sindaco avv. Renzo Bonazzi. Lo stesso Thirring concesse alla »Agenzia Radicale una intervista. Tra le migliaia di firme che ad iniziativa di singoli vennero raccolte tra democratici e militanti, particolarmente significative furono quelle di Vittorio Vidali ed altri esponenti della Federazione triestina del PCI.
Che l'informazione antimilitarista offerta, con gli scarsissimi mezzi a disposizione dall'»Agenzia Radicale , fosse una necessità e coprisse uno spazio lasciato completamente scoperto dal resto della stampa di opposizione, lo indicano due episodi importanti, che diedero modo alla classe politica di intervenire efficacemente in sede parlamentare.
Nell'agosto del 1963, »AR dava la notizia che l'Italia esportava nel Sud Africa un certo quantitativo di armi, e precisamente di pistole calibro 7,65. L'esportazione era effettuata dietro autorizzazione del ministero del commercio estero, d'intesa con il ministro degli esteri. La notizia veniva ripresa dalla stampa (ad es. »Unità del 22 agosto) con notevole evidenza, e dava origine ad una iniziativa parlamentare che costringeva il governo a rispondere confermando anche se minimizzando quanto »AR aveva pubblicato (34). Successivamente, il 24 settembre, »AR informava che »la prima di tre basi italiane per sommergibili NATO armati di ``Polaris'' era in fase di avanzata costruzione nell'isola di Tavolara, nel golfo di Olbia in Sardegna. La notizia era seguita da importanti dettagli e da indirette conferme di fonte internazionale. La precisione dell'informazione scatenava una campagna di stampa e politica di ampio livello. I senatori Spano, Mencaraglia, Pirastu (PCI) e gli onorevoli Laconi, Marras, Ignazio Pi
rastu e Berlinguer, dello stesso partito, presentavano al presidente del Consiglio e al ministro della Difesa una interrogazione per sapere come, qualora la notizia fosse stata esatta, ``la presenza di tale base possa conciliarsi col solenne impegno assunto dal governo nell'inverno scorso, che escludeva categoricamente la presenza di basi italiane per i sottomarini armati di missili .
»Impressione e allarme ad Olbia e in tutta la Sardegna destava, secondo »l'Unità , la diffusione della notizia attraverso la stampa dell'isola che le dava ampio risalto. I gruppi del PCI al Senato e alla Assemblea Regionale, i parlamentari socialisti Mario Berlinguer e Mario Sanna presentavano interrogazioni, alle quali rispondeva l'allora ministro della difesa, Andreotti, fornendo una interpretazione falsa dei fatti denuncianti dall'organo radicale e dal parlamento.
L'informazione sullo sviluppo delle strutture militari nel mondo (ad es. competizione internazionale per la produzione del »carro armato degli anni '70 , inchiesta sulla produzione dei cannoni in Europa) sulle attività delle forze pacifiste, antimilitariste e internazionali (vedi J. Muste: »Radicalizziamo il movimento pacifista documenti congressuali del CND, ecc.) su avvenimenti politici ignorati o sottovalutati dalla stampa e dei partiti di opposizione (invito ai parlamentari delle Commissioni Difesa a un grande dibattito sulla politica militare di Andreotti, esercitazioni antiguerriglia dell'esercito italiano, polemica con le tesi della »Rivista Militare , attacco alla politica antirepressiva ed eversiva di Segni, prime notizie sullo scandalo SIFAR e campagna sulle attività di De Lorenzo, ecc.) rappresentò non solo un fatto giornalistico e pubblicistico, ma un tentativo di avviare concrete iniziative politiche. Nell'aprile del 1966, durante la campagna elettorale amministrativa di Roma, il partito organi
zzava al teatro Eliseo di Roma un dibattito pubblico sul militarismo cui partecipavano l'on. Boldrini (PCI) e il socialista Alberto Benzoni, dibattito nel quale emerse apertamente il confronto tra le tesi del PCI per l'esercito democratico e »il popolo in armi e quelle antimilitariste del P.R. (35). Al congresso annuale di Firenze, una delle relazioni politiche, a cura di F. Accame e M. Pannella era dedicata alla politica internazionale e militare delle sinistre.
L'iniziativa antimilitarista radicale, oltreché rivolta alla creazione di strutture unitarie (Consulta Romana della Pace ed altre, già ricordate), alla promozione di un continuo, aperto confronto con tutte le forze della sinistra, si manifestava in azioni dirette pacifiche e non-violente ma non necessariamente legalitarie, che utilizzavano le nuove tecniche proprie delle lotte e delle forze minoritarie di nuova sinistra. Un sit-in all'altare della patria (veniva depositata una corona al milite ignoto, con la scritta »1917-1967. Nel Vietnam continuano ad assassinarti ) il 24 maggio 1967, manifestazioni pacifiche di dissenso ogni 2 giugno (negli ultimi due anni, culminate in comizi antimilitaristi in Piazza Navona) e 4 novembre sono state così occasioni di impegno comune di militanti, oltreché radicali, pacifisti, anarchici, socialisti, comunisti, repubblicani, ecc. Una di queste manifestazioni, a sostegno degli obiettori di coscienza ma di netta intonazione antimilitarista, cui abbiamo già accennato, portava,
il 4 novembre 1965, a Milano, alla incriminazione, e, nel marzo successivo con procedura arbitraria all'arresto degli studenti radicali Loren-Borghesi, Luigi Maj, Luigi Metaldi del Centro Antimperialista Milanese e dei tipografi Cordani e Fiorin). Il processo che costituiva il primo caso in Italia di diretto attacco giudiziario alle posizioni antimilitariste e suscitò enorme scalpore ed un attento interesse della stampa, rappresentò un'occasione importante, in un momento di crisi della battaglia antimilitarista.
I radicali si fecero quindi promotori, nel luglio 1967, della »Marcia Antimilitarista Milano-Vicenza , che da allora si svolge regolarmente ogni anno (è autoconvocata) nella stessa data e sullo stesso percorso. In dieci tappe, attraversando decine di paesi e città, promuovendo comizi, iniziative non-violente, organizzando dibattiti tra i partecipanti o pubblici, distribuendo decine di migliaia di volantini (fino a 100.000 per volta), provocando prese di posizione tra militanti e quadri delle federazioni locali dei partiti della sinistra, rilanciando la difesa e l'appoggio attivo agli obiettori di coscienza con le manifestazioni dinanzi al carcere militare di Peschiera, ribadendo l'opposizione alla NATO e alle installazioni militari relative in Italia, la marcia è stata in questi anni punto di riferimento costante per tutti i pacifisti e gli antimilitaristi.
La marcia infatti, se è promossa dal Partito Radicale (la prima edizione fu iniziativa della sezione milanese, ed in particolare di Felice Accame, Carlo Oliva e Luca Boneschi) è, in fase di realizzazione ed organizzazione autogestita dalle forze partecipanti. Se la prima edizione vide la presenza dell'anarchico Pinelli, la partecipazione anarchica, libertaria, dei gruppi impegnati su questo specifico terreno è stata sempre rilevante: W.R.I., Movimento Nonviolento per la Pace, Gruppo Pacifista Bergamasco, Gruppo Anarchico di Castelbolognese, Circolo Culturale »E. Canzi Piacenza, Gruppo Azione Pacifista di Sulmona, Circolo di Cultura Internazionale di Venezia, Movimento Non Violento di Mestre, Corpo Europeo della Pace di Torino, ecc.
Regolarmente denunciati, ogni anno per l'organizzazione della marcia e per il suo svolgimento, i radicali hanno sempre inteso darle un carattere di manifestazione non-violenta, anche se vigorosamente attiva, come dimostrano i "sit-ins", le dimostrazioni pacifiche dinanzi ai comandi e le installazioni NATO di Vicenza, le indicazioni politiche (»no a tutti gli eserciti , »tutti gli eserciti sono neri ). Intorno a questo aspetto dell'iniziativa si sono avuti anche dibattiti tra i partecipanti e a qualche allontanamento da parte di gruppi e singoli.
Un punto di riferimento costante della iniziativa antimilitarista dei radicali è infatti l'analisi che essi fanno delle stesse società di capitalismo di stato, le società sovietiche dell'est europeo; nelle quali i radicali denunciano il condizionamento costituito dalle strutture militari (»gli eserciti rossi ), come caratteristico di una gestione del potere che impedisce la conquista di obiettivi autenticamente socialisti e libertari. I fatti di Cecoslovacchia, nel 1968, fornirono una drammatica occasione per una vigorosa iniziativa di denuncia di tale realtà. »Gruppi di attività e di sciopero della fame per la Cecoslovacchia , promossi dai radicali a Roma, Milano, Pescara e Sulmona, attuarono uno sciopero della fame di 11 giorni, per fornire uno stimolo e un'occasione di intervento a quelle forze della sinistra che, al di là della deplorazione, non ritenevano invece opportuna una attiva iniziativa di solidarietà con i cecoslovacchi. »Notizie Radicali scriveva in quei giorni: ``La grandiosa prova di resiste
nza civile offerta dalla popolazione cecoslovacca dovrebbe insegnare qualcosa ai sostenitori della violenza e della rivoluzione armata in ogni circostanza ed in ogni condizione (36). L'esperienza cecoslovacca rivaluta l'importanza della resistenza civile e della nonviolenza come possibili strumenti rivoluzionari, capaci di coinvolgere e di mobilitare vaste masse democratiche di cittadini e di lavoratori ; e quindi: »I fatti di Cecoslovacchia ripropongono a tutta la sinistra il problema di una urgente riconsiderazione della funzione reale assolta ovunque nel mondo dalle strutture militari. Mai come in questo momento è stato chiaro che non esistono e non possono esistere eserciti democratici e popolari contrapposti ad eserciti burocratici e fascisti. Ovunque, anche nel mondo comunista, la funzione degli eserciti è repressiva e totalitaria; il loro compito non è più quello di garantire, nell'epoca della bomba nucleare e dei missili intercontinentali, la difesa dei confini nazionali e la sicurezza internazionale
, ma di controllare e di reprimere con le armi ogni mutamento democratico dal basso e ogni fermento rivoluzionario .
Nel settembre, il Partito Radicale aderiva ad una iniziativa promossa dalla War Resisters International. La WRI chiedeva alle organizzazioni aderenti di inviare, per una data prestabilita, alcuni militanti nelle città capitali dei paesi aderenti al Patto di Varsavia, con il compito di inscenarvi manifestazioni dimostrative pacifiche e non violente, con la distribuzione di volantini di protesta per l'intervento delle truppe del Patto a Praga. Dall'Italia si recarono a Sofia Antonio Azzolini, Marcello Baraghini, Silvana Leonardi e Marco Pannella. L'adesione alla proposta della WRI era pienamente giustificata: era un modo, certo non l'unico, con il quale gruppi ed organizzazioni minoritarie potevano assumere una iniziativa positiva e relativamente poco costosa, completamente autogestita, che servisse di richiamo e di sollecitazione all'opinione pubblica e alle forze politiche ufficiali perché superassero esitazioni e tatticismi di fronte alla gravità dei fatti cecoslovacchi. In Italia, dichiarazioni di solidari
età, e di impegno contro l'aggressione vennero da Ferruccio Parri, Danilo Dolci, Simone Gatto, Riccardo Lombardi, Aldo Capitini, Federazione Anarchica Italiana, ecc. Nei giorni immediatamente precedenti era stato costituito, sulla spinta delle attività collegate con lo sciopero della fame, il »Comitato Antiatlantici per la Cecoslovacchia . »Alla violenza imperialista nel Vietnam e in tutto il terzo mondo - si affermava nel documento costitutivo del Comitato - e al rischio involutivo immanente nei paesi del Patto Atlantico corrisponde anche il meccanismo oppressivo del Patto di Varsavia . Un appello era quindi rivolto a »quanti militano nella sinistra, quanti credono nell'internazionalismo progressista, quanti lottano per una scelta libera e cosciente del socialismo e per la disgregazione dei blocchi militari per un impiego di iniziativa e di lotta volto »1) ad ottenere il ritiro delle truppe del Patto di Varsavia dal territorio cecoslovacco; 2) a manifestare concretamente i legami di simpatia e di solidarie
tà delle sinistre italiane con il socialismo cecoslovacco; 3) ad assicurarne il libero sviluppo contro le attuali pressioni autoritarie . Aderiscono il sen., Adriano Ossicini, il sen. Gian Mario Albani, l'on. Ferdinando Santi, l'on. Renato Ballardini, l'on. Riccardo Lombardi, l'on. Nevol Querci, l'on. Loris Fortuna, Fabrizio Cicchitto (com. dir. CGIL), Gianfranco Spadaccia (segr. naz. Partito Radicale), Wladimiro Dorigo (direttore di »Questitalia ), Giuseppe Loteta, Piero Boni (segr. gen. FIOM), Giuseppe Giorgio Pazzini (cons. naz. ACLI), Vittorio Bellavite (uff. studi ACLI), Mauro Mellini, Antonio Fontana, Giovanni Emiliani, Luigi Capogrossi Colognesi, ecc.
»Fra strumentalizzazioni politiche di forze socialdemocratiche che subiscono passivamente la ferrea logica della politica di blocco quando non ne sono protagoniste e complici - scriveva ``Notizie Radicali'' nel settembre di quell'anno - e dichiarazioni di principio dei partiti comunisti che sono pure importanti e positive ma non si traducono in iniziativa politica e in lotta democratica, la sinistra europea rischia ancora una volta, di fronte ad avvenimenti drammatici e decisivi, di rimanere inerte e paralizzata dalla proprie divisioni, dalla proprie incertezze e contraddizioni .
Le incertezze, le contraddizioni, la divisione che i radicali denunciavano allora non sono venute scemando negli anni a noi più prossimi; anche se il soprassalto di allarme e di paura, avutosi quando alcuni giornalisti, o il senatore Parri, avviavano la loro campagna di denunce che portò allo scandalo del SIFAR, ha provocato iniziativa politica e parlamentare, ha consentito un certo mutamento di rotta rispetto ad errori, incomprensioni, cedimenti e tatticismi precedenti (si pensi a certe scelte e distinzioni fatte dall'»Unità e dal PCI all'interno della casta militare e all'appoggio fornito da quel partito alle ambizioni di carriera del »neutralista e »democratico De Lorenzo), in realtà l'atteggiamento complessivo delle sinistre e delle forze democratiche sui problemi del militarismo e della lotta agli eserciti non è mutato. Una strategia globale del cambiamento, che avviasse una inversione di tendenza, la condanna esplicita del militarismo anche quando si presenti sotto le vesti »rivoluzionarie , non si
sono avute.
Di fronte a questa lacerazione e mancanza di obiettivi unificanti e veramente rivoluzionari, hanno avuto buon gioco, in questi stessi anni, quelle frange e settori extraparlamentari che hanno sostenuto la necessità di una rivoluzione che marciasse »sulla canna del fucile . I risultati sono visibili, e gravi. Alla »violenza rivoluzionaria, le classi dominanti, il potere, hanno rafforzato e accresciuto la presa e la forza della »violenza di stato , ampiamente militarizzata. Ceti frustrati e grossi settori delle stesse classi lavoratrici hanno finito col salutare questa »violenza di stato come fattore di stabilità e di sicurezza. »Law and order , la »legge e l'ordine sono ritornati ad essere credibili slogans anche presso quanti la spinta rivoluzionaria e liberatrice doveva aiutare a divenire alleati e protagonisti di una creatrice svolta di libertà.
Il 18 ottobre si è aperto a Torino, presso la Corte di Assise, un processo contro quarantadue persone, trentasei membri di »Lotta Operaia e »Potere Operaio e sei giornalisti che nei mesi passati hanno accettato di assumere la direzione responsabile di »Lotta Continua anche solo per garantire a questo giornale, e al suo gruppo politico, l'esercizio di un libertà di stampa che leggi fasciste e sopraffattrici assicurano solo alla corte dei giornalisti e dei giornali di regime. Tra i capi di imputazione vi sono la »propaganda e apologia sovversiva e antinazionale e la »istigazione alla disobbedienza alla disciplina militare . L'ideologia militare, incurante di problemi di libertà di espressione e di diritti costituzionalmente garantiti, chiederà certamente che, attraverso la condanna degli imputati, venga riaffermata la sua presa totalizzante e sacrale sulla società, i suoi ideali, i suoi futuri sviluppi.
E' contro le indicazioni, la realtà, i pericoli costituiti da questo militarismo che il Partito Radicale tenacemente ritiene e sostiene la necessità di una lotta antimilitarista rigorosa, innanzitutto, nelle sue motivazioni ideali, nelle sue scelte democratiche e libertarie.
Nota aggiornativa
La ripresa autunnale ha visto, quest'anno, in primo piano la battaglia per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza, e quindi, per il preliminare rigetto del disegno di legge approvato in Senato il 27 luglio: un disegno che ha subito meritato di essere qualificato come una vera e propria »legge truffa , una legge "contro" l'obiezione di coscienza.
Il 22 settembre si teneva, nella sede del Partito Radicale, una conferenza stampa, nel corso della quale la Lega per l'obiezione di coscienza, pacifisti, obiettori, antimilitaristi e parlamentari hanno definito le rispettive posizioni di fronte al progetto in questione, nel momento in cui ne sembrava imminente la discussione alla Camera dei Deputati. Il presidente della Camera, on. Pertini, certamente ritenendo in buona fede che il disegno di legge fosse tale da soddisfare le esigenze per difendere le quali era stato invocato, ne aveva inserito l'esame all'odg di una delle prime sedute di settembre. Tuttavia, probabilmente nell'intento di favorire una sua sollecita approvazione, aveva affidato la relativa discussione ad una commissione, in sede deliberante. Se la preoccupazione di una rapida definizione del problema poteva essere comprensibile e condivisibile, allarmante era invece il fatto che una materia così delicata ed importante venisse sottratta a quella doverosa pubblicità che solo un ampio dibattito
in aula può assicurare.
Alla conferenza stampa erano presenti, oltre a rappresentanti della Lega, i radicali Marco Pannella e Roberto Cicciomessere, Mario Savelli per il Movimento cristiano-sociale, e gli onorevoli Anderlini, Francanzani, Servadei e Fortuna. Subito, sulla valutazione del progetto di legge, si verificò una frattura ed una seria divergenza di posizioni. Il senatore Anderlini, infatti, affermava che, anche se imperfetta, la legge doveva essere portata avanti, fino alla approvazione. A suo avviso, infatti, gli ambienti militari avevano già opposto fortissime opposizioni al suo passaggio. Solo in un momento successivo si sarebbe dovuto pensare ad un eventuale miglioramento. La tesi di Anderlini - il quale evidentemente smentiva, se non altro, il precedente gesto del ritiro, per protesta, del suo progetto - veniva contestata dagli altri presenti. La Lega, gli stessi parlamentari sostennero che la legge era inaccettabile (in quanto perfino, venne ribadito, più restrittiva delle intenzioni degli ambienti militari) e che, s
e non si fosse potuto emendarla in maniera soddisfacente, sarebbe stato necessario impegnarsi perché non venisse approvata. Inaccettabile era, comunque, la procedura della discussione in sede di commissiona: gli oratori concordarono che si dovesse esercitare ogni pressione per ottenere che fosse respinta, e che il disegno di legge fosse portato in aula.
Contemporaneamente, alcune iniziative, concordate nella riunione di Bologna dei primi di settembre che abbiamo ricordato, facevano nuovamente avanzare la lotta nelle piazze e dinanzi all'opinione pubblica. La mobilitazione era molto ampia soprattutto per l'inaspettata presenza ed impegno di forti nuclei di antimilitaristi e pacifisti costituitisi in diverse città. Manifestazioni dinanzi al Parlamento e dinanzi al Tribunale Militare di Torino durante lo svolgimento dei processi agli obiettori Mario Pizzola e Matteo Soccio, uno sciopero della fame, iniziato contemporaneamente a Roma - da Roberto Cicciomessere ed altri - e a Torino (CEP), volantinaggi, l'invio di migliaia di cartoline di protesta ai parlamentari della commissione difesa della Camera dei Deputati, trovavano eco nella stampa e nell'opinione pubblica. Ai deputati veniva anche inviato un ampio e dettagliato documento (firmato dalla »Comunità Terzo Giorno , dal Corpo Europeo della Pace, dalla Federazione Giovanile Repubblicana, dai gruppi antimilita
risti di Vicenza, Ancona, Pescara, Reggio Emilia, Napoli e Padova, dal MAI, dal Movimento non-violento per la pace di Perugia, Brescia, Condove, dal MPL di Gorizia ed Udine e del Partito Radicale) nel quale erano esposte le ragioni della netta opposizione al progetto governativo e si chiedeva ai parlamentari l'impegno per ottenere, in aula, sostanziali emendamenti migliorativi o per respingere, in caso contrario, un testo così insufficiente e pericoloso. Altre, e nuove iniziative mostravano quanto fosse unanime e compatto il fronte antimilitarista nel rifiutare quel progetto di legge che, invece, si sperava avrebbe attenuato, spezzandone la compattezza, l'opposizione degli obiettori. Il 21 settembre, rispondendo alla proposta e all'invito di Pietro Pinna, 22 cittadini, in diversa città, restituivano al distretto militare il foglio di congedo, motivando l'atto come »espressione di obiezione di coscienza a posteriori, ed ulteriore manifestazione di dissenso antimilitarista. La stampa, per ora, ha registrato s
olo i nomi di cinque fra questi obiettori, tutti appartenenti al »Gruppo Valsusino di azione non-violenta di cui abbiamo riferito le attività: Achille Croce, Alberto Perino, Massimo Maffiolo, Pier Sandro Roccati e Pier Giovanni Listello.
L'insieme di queste manifestazioni, si è detto, aveva una buona eco nella stampa e raggiungeva quindi la opinione pubblica in misura considerevole. Se organi di stampa come il settimanale »Settegiorni già da tempo avevano prestato un accentuato interesse a questi problemi e alle lotte dei pacifisti, si doveva segnalare, questa volta, la obiettiva informazione data da un giornale, »Il Manifesto , che era sembrato invece, in precedenza, piuttosto appoggiare o privilegiare la linea della »lotta nelle caserme propria di »Lotta continua .
Il 3 ottobre, in piazza Navona, a Roma, si teneva una manifestazione, indetta dal Partito Radicale, »contro la legge truffa sull'obiezione di coscienza e per il disarmo unilaterale dell'Italia. La manifestazione conseguiva un successo sorprendente: quasi duemila persone erano presenti. Venivano qui rilanciate le successive iniziative, di cui era stata data notizia alla stampa durante una conferenza stampa tenutasi il giorno precedente.
In sostanza, fino a quel momento, si potevano già registrare alcuni notevoli successi. In primo luogo, la direzione nazionale del PSI, investita del problema dall'on. Fortuna, aveva dato mandato agli organi del partito di sostenere decisamente, nel dibattito parlamentare, le proposte e gli emendamenti della Lega. Inoltre, tra i gruppi parlamentari democratici, si erano raccolte forze sufficienti per impedire il passaggio del disegno di legge in commissione (i capigruppo avrebbero richiesto, all'inizio del dibattito, il richiamo in aula; in alternativa, erano assicurate le firme dei 63 parlamentari necessarie per avanzare, a norma di procedura, la stessa richiesta); infine, si poteva registrare il fatto nuovo e positivo, della presentazione, da parte dell'on. Fracanzani, di un nuovo disegno di legge che accoglieva le principali istanze degli obiettori più radicali, e le proponeva in maniera soddisfacente, se non esauriente.
Che la mobilitazione e le iniziative avessero modificato profondamente le prospettive del dibattito parlamentare era evidente. In effetti, cominciava a prendere corpo il tentativo degli avversari per evitare il confronto. L'on. Buffone, democristiano, che avrebbe dovuto essere il relatore in commissione, dopo venti giorni comunicava alla commissione stessa il suo rifiuto a presentare la relazione. Con questa manovra si tendeva evidentemente a ritardare l'iter parlamentare, nella speranza di un insabbiamento definitivo del progetto nelle more delle scadenze parlamentari di fine d'anno.
Intanto, i gruppi più attivi a Roma preparavano una grande iniziativa a carattere più ampio. Per il 30 ottobre, veniva organizzata una manifestazione, da tenersi in Piazza S. Pietro, con la partecipazione di circa 160 pacifisti ed antimilitaristi provenienti da diversi paesi europei. La manifestazione, oltre ad appoggiare la lotta per l'obiezione di coscienza in Italia, avrebbe dovuto richiamare l'attenzione internazionale sul caso dell'obiettore non-violento cattolico Pepe Beunza, attualmente detenuto nelle carceri del suo paese.
Note
(1) Dopo "Plotone di esecuzione", con il quale, Forcella e Monticone ci hanno restituito le voci dell'odio della disperazione antimilitarista delle masse contadine, occorre ed è possibile replicare oggi, a questa affermazione. »Sin dal mese di gennaio 1930 per mezzo delle parole del Vangelo divenni un obiettore di coscienza illuminato dal padre celeste... capii che coloro che si iscrivevano al »Partito del Regime Fascista vendevano vilmente... anima e corpo ad un uomo diabolico e sanguinario... Così dovetti chiudere il negozio di barbiere da me gestito, con notevole dissestamento economico e perdita di salute fisica... . »Dalla testimonianza dell'obiettore Nicola Balducci.
(2) In cui scriveva parole che individuavano una nuova concezione di rapporti associativi, di uso delle energie di lotta: »La noncollaborazione con chi agisce ingiustamente (un invasore, un rapinatore, un assassino o chiunque altro) indica il torto di costui. Il boicottaggio, la resistenza passiva, possono essere attuati su larghissima scala... .
(3) Sugli intrecci tra militarismo e chiesa cattolica, a livello di istituzioni e di ideologia repressiva, e sulle violenti reazioni della chiesa ufficiale contro gli obiettori di coscienza, anche dopo la liberalizzazione del Concilio Vaticano II (evidentemente richiesta dai cattolici d'oltralpe, ma praticamente negata a quelli italiani) è in corso di pubblicazione uno studio di Alessandro Coletti sull'obiezione di coscienza, che analizza tale atteggiamento, e da cui abbiamo tratto molte notizie.
(4) Come conseguenza della presa di posizione di Rossi e della sinistra, e della partecipazione alla Marcia della pace, la direzione del P. Radicale accettò una mozione precongressuale che invitava i radicali a partecipare alle manifestazioni pacifiste (»no a tutte le bombe ). Ma si era alla vigilia della crisi del partito del '62. Dopo la crisi, avendo la sinistra assunto la direzione del partito, l'antimilitarismo divenne, con l'anticlericalismo, indicazione vincolante e prioritaria.
(5) Al convegno Mondiale della pace di Mosca (9-14 luglio 1962) la delegazione italiana comprendeva, oltre agli on. Luzzatto e Amendola, Danilo Dolci, ecc. Due radicali rappresentavano la sinistra del partito. Il congresso accolse in larga misura le tesi dei pacifisti inglesi ed in generale dei paesi anglosassoni (i delegati americani erano 190), spalleggiati da diverse altre delegazioni (quella indiana, ad es.) e non fu, nonostante la moderatezza delle sue conclusioni (»non ci può essere disarmo senza controllo, né controllo senza disarmo ) una manifestazione puramente propagandistica, come venne presentata anche in Italia (p. es. dai socialisti autonomisti, che inviarono una lettera, a firma di Nenni e Lombardi, che ne dava una tale definizione).
(6) Il convegno si concludeva con un documento che riprendeva, delle tesi radicali, i seguenti punti:
1) »Vanno ripresi organicamente e portati ad una prossima attuazione i piani che prevedono la neutralizzazione integrale, atomica e convenzionale, dell'intera area europea, dai confini dell'URSS all'Atlantico... .
2) »In questa prospettiva del disarmo europeo, che è responsabilità specifica delle forze democratiche dei nostri paesi, deve avvenire una grande mobilitazione pacifica allo scopo di convertire le tradizionali strutture e la mentalità di guerra in un generale rinnovamento delle istituzioni, delle strutture e della vita etico-sociale europea, come ad esempio nel passaggio dal servizio obbligatorio militare ad un servizio alternativo di aiuto civile .
3) Si indicava nel collegamento con le forze pacifiste europee uno dei compiti primari della organizzazione italiana, che avrebbe dovuto per suo conto rafforzarsi »attraverso la diffusione dei suoi comitati regionali, provinciali e comunali , mentre si riconosceva la necessità che »le forze politiche democratiche prendano coscienza della crescita del movimento pacifista del 1961 a quel momento, e »sentano la necessità di superare diffidenze e incertezze legate al passato per determinare, rispettandone la piena autonomia, un diverso atteggiamento della classe dirigente su questo essenziale problema .
(7) Tra i suoi costitutori, Corrado Antiochia, Ezio Bartalini, Pietro A. Buttitta, Andrea Gaggero, Giuliano Rendi, Ida Sacchetti Gianfranco Spadaccia.
(8) Per dare una immagine, sia pure incompleta e non precisa, delle caratteristiche della Consulta riportiamo qui l'elenco dei presenti alla riunione. Comitato Centrale: Pietro Pinna, Maria Comberti, Ines Zilty Gay, Guido Graziani, Luciano Mencaraglia (in
sostituzione di Velio Spano), Ferruccia Cappi Bentivegna, Aldo Putelli, Leonida Spaziani, Elio Spaziani; rappresentanti di Consulte locali; Alberto l'Abate (Firenze), Mario Levi (Torino), Emilio Argiroffi (Consulta calabrese), Dante Cruicchi (Consulta Emilia-Romagna), Bruno Benassi (Bologna), Giacomo Minguzzi (Ravenna), Eliseo Spiga (Cagliari), Ida Sacchetti (Roma), Maurizio Pedrazza Corlero (Verona), Carla Marazza Ganduscio (Palermo). Come osservatori partecipavano alla riunione anche Anna Luisa L'Abate (Firenze), Marco Pannella, Alma Sabatini, Nicoletta Riccio, Salvatore Ricciardi, Giuliano Rendi ed altri, da Roma. Come si vede, i rappresentanti di nuclei locali erano numerosi, come anche la rappresentanza del PCI. Da tempo invece, nell'atmosfera del centro-sinistra, i socialisti avevano abbandonato, come altri, anche questo organismo unitario, insieme ad ogni iniziativa concreta di politica sui problemi del disarmo, ecc. come di politica estera, più in generale).
(9) Un caso nuovo è stato sollevato per la prima volta al processo di Alberto Trevisan. L'avv. Paolo Tosi ha sollevato la eccezione di legittimità costituzionale nei confronti dell'art. 14, ultimo comma, dell'ordinamento giudiziario militare di pace, perché ritenuto in contrasto con gli artt. 25, 101, 111 della costituzione, L'eccezione è stata respinta,
(10) Il »Notiziario dei gruppi veneti aderenti alla L.R.O.C. ha pubblicato e diffuso una lunga ``lettera aperta di un gruppo di militari'' circolante largamente sotto forma di ciclostilato, che - mentre partiva da un'analisi interessante delle strutture militari e del servizio di ferma - giungeva poi a chiedere riforme di struttura inadeguate (servizio militare più breve, visto come un momento di ``formazione del cittadino'', ecc.), una risposta degli antimilitaristi di Mestre, in cui si denuncia l'``ottica militarista'' del tipo di soluzioni offerte (no anche alla ``sindacalizzazione'' della protesta), un documento anarchico di totale rifiuto di un servizio civile »mistificante (»... la trasformazione radicale della nostra società non può farsi che attraverso un movimento rivoluzionario del proletariato contro il sistema repressivo esistente, capitalismo di stato, esercito, chiesa, educazione partiti, sindacati.. eccetera.
(11) L'iniziativa è stata definita nel corso di un »campo tenutosi in agosto a Melfi, cui hanno partecipato antimilitaristi di varie città (Torino, Venezia, Brescia, Ravenna, Perugia, Arezzo, Roma, Bari), appartenenti al CEP, al MIR e al Movimento Non-Violento.
(12) La notte di capodanno si era svolta con la partecipazione di gran parte dei convenuti per il convegno (più altre presenze esterne, specialmente di gruppi cattolici) una marcia ed una »veglia a Filetto, il paese che aveva visto i massacri di mons. Defregger, di tipo pacifista ed antimilitarista.
(13) Sul ruolo assunto dall'esercito nella lotta al banditismo sardo, a Pratobello e nelle zone di maggior tensione popolare e contadina, sarebbe interessante un'analisi meno affrettata. I fatti, clamorosi, furono denunciati, con una analisi antimilitarista, da »Notizie Radicali . Ugo Dessy, della direzione del P.R., ha più volte, anche in sede di congressi radicale ed antimilitarista (Napoli, 1970), fornito ampia documentazione del problema della militarizzazione della Sardegna e dei silenzi della stampa della sinistra.
(14) Evidentemente anche dietro questa sollecitazione, »L'Unità ha cominciato a dedicare qualche »inchiesta sui problemi della vita nelle caserme, i »costi dell'esercito, ecc., sempre in chiave di »democratizzazione (»Unità , maggio 1971), e sopratutto per sostenere la proposta di legge dell'on. Boldrini per la riduzione della ferma a dodici mesi.
(15) L'episodio di Beck Peccoz (ma divieti erano stati segnalati anche in anni precedenti, e per giornali meno rivoluzionari, come »L'Espresso ) ha provocato una presa di posizione della sezione torinese della Assoc. Naz. Giuristi Democratici (»L'episodio è avvenuto nella caserma di Artegna, Udine, del 114· Rgt, ``Mantova''. Il colonnello comandante del reggimento ha effettuato, il 10-12-1970 una ispezione dedicata esclusivamente al suddetto Beck Peccoz. Avendolo trovato in possesso del giornale citato, lo ha dapprima trasferito a Tredicesimo, dopo 17 giorni denunciato e fatto incarcerare con l'imputazione di attività sediziosa continuata ) che ha richiesto, però, anche essa, una »ristrutturazione democratica dell'esercito e »un controllo popolare del suo funzionamento da parte di tutti i militari . La incredibile incongruenza delle richieste nulla toglie alla partecipazione emotiva dei democratici giuristi.
(16) Da »L'Unità , 5 giugno 1971. »La Corte costituzionale si pronuncerà sulla legittimità dell'articolo 266 che riguarda l'istigazione di militare a disobbedire alle leggi; la decisione l'ha presa la corte d'assise di Bari, durante un processo per direttissima, conclusosi nella tarda serata di ieri in cui erano imputati due studenti Leonardo Panza e Francesco Ventricelli i quali, in base alla richiesta della corte, sono stati scarcerati. I due giovani avevano distribuito sabato scorso ad alcuni soldati manifestini antimilitaristi. Tra l'altro in essi si annunciava la necessità di ``organizzarsi nelle caserme contro la vita bestiale che ci impongono, contro le umiliazioni di ogni giorno''. I difensori dei due studenti, gli avvocati Pietro Laforgia e Aurelio Gironda, avevano sollevato l'eccezione di incostituzionalità, basata sul contrasto fra l'articolo 21 della Costituzione che tutela il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. La Corte d'assise ha ritenuto »non manifestamente infondata ques
ta eccezione, rimettendo gli atti alla Corte costituzionale. Interessante il contenuto dell'ordinanza, emessa dalla corte. In essa si afferma tra l'altro che »la Costituzione con l'articolo 21 ha evidentemente inteso confermare a ciascuno in perfetta coerenza con un sistema di convivenza sociale ispirato ai principi fondamentali di democrazia, il diritto di esprimere la propria opinione ed eventualmente il proprio dissenso in relazione alla concreta strutturazione di qualsiasi ordinamento ivi compreso quello delle forze armate, anche al solo fine di verificare se tale ordinamento sia o meno informato a quello spirito democratico che la stessa Costituzione postula in tutto il complesso delle sue norme: ritenuta quindi la legittimità di ogni manifestazione di pensiero intesa non già a minare l'organizzazione delle forze armate quale istituzione destinata al presidio della patria, ma diretta semplicemente a criticare alcune particolari strutture o concreti metodi di attuazione delle funzioni istituzionali, ne d
eriva che non appare manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 266 del codice penale'' .
(17) Don Milani utilizzava, per la sua autodifesa - non volle difensore di fiducia, accettò solo quello d'ufficio - anche testi tridentini sulla disobbedienza allo stato, chiaramente controriformisti e reazionari. Per don Milani si trattava evidentemente di ingenuità, ma l'equivoco non è stato, dagli altri cattolici obiettori, interamente dissipato.
(18) Nel corso di un dibattito tenutosi nella sede del Partito Radicale, venne preparato e diffuso un documento di solidarietà e di protesta, firmato da Mario Barbani, Fabrizio Fabbrini, Marco Pannella, Giuseppe Pinelli, Pietro Pinna, Aldo Rossi.
(19) Promotori ne furono il sen. Anderlini, l'avvocato Peyrot, il MIR.
(20) I radicali non sono stati comunque pregiudizialmente contrari a che il parlamento affrontasse un serio dibattito a partire dai progetti, di varia origine, depositati negli ultimi tempi. Che il parlamento debba confrontarsi, responsabilmente e apertamente, su un tema di diritti civili così essenziale, è stata sempre una indicazione ed un obiettivo del partito. Nel giugno del 1970, stringendo un accordo elettorale con il PSI per le eiezioni amministrative, i radicali chiesero, come condizione essenziale, un impegno del PSI per richiamare in aula, alla riapertura delle camere, i progetti di legge relativi, ed un comunicato in tal senso fu firmato e diffuso dai due partiti. Per il partito radicale questo passo doveva significare non un »cedimento al ``sistema'' e una concessione alle istituzioni, ma una condizione per sviluppare a più alto livello la lotta contro il militarismo . E proprio per questo i radicali si sono battuti perché le posizioni della Lega fossero estremamente rigorose, tali de fornire, a
tale lotta, una indicazione avanzata.
(21) Documentazione della Lega,
(22) Documentazione della Lega.
(23) Nel marzo, il MIR approvava un documento in cui denunciava l'inadeguatezza del progetto di legge appena approvato in commissione in sede referente, e ribadiva la necessità di una legge organica »d'iniziativa popolare . Ai lavori dell'assemblea partecipavano P. Balducci, F. Fabbrini, A. L'Abate, P. Pinna, L. Pisadoni, L. Santini e André Trocme .
(24) Il 30 marzo, Anderlini aveva ritirato ufficialmente, per protesta, il proprio progetto di legge,
(25) Ancora una volta, le sinistre, che pure avevano assunto l'iniziativa, ne lasciavano la conclusione alle destre. In realtà, se avevano appoggiato l'iter parlamentare dei progetti, non avevano alcuna intenzione di promuovere una vera e propria campagna. Proprio nei giorni nei quali si svolgeva il dibattito al senato, su »Rinascita appariva una tavola rotonda tra i segretari delle federazioni giovanili, nella quale si poteva verificare un sostanziale accordo delle diverse posizioni, su una non meglio specificata, »democratizzazione delle forze armate. Il rappresentante della FCGI, Veltroni, giungeva ad affermare la necessità e la possibilità di una riforma che faccia l'esercito, oltre che »democratico , anche »efficiente e »capace di riflettere le spinte innovatrici che vengono dal paese . L'affermazione è almeno segno di una fondamentale incultura politica.
(26) Giacomo Secco è un cattolico, la sua obiezione è profondamente »ecclesiale e politicamente assai caratterizzata. Nella sua dichiarazione, fa proprie le motivazioni di Paganoni, Minnella, Negrini, Pizzola, Trevisan, Amari, Truddaiu.
(27) Il processo a Pizzola si è celebrato a Torino il 28 settembre. Altri recenti processi ad odc sono stati quelli a Daniele Rizzi (22 sett.) e Matteo Soccio (29 sett.), sempre a Torino.
(28) Nel tentativo di fermare la mobilitazione degli antimilitaristi, magistratura e strutture militari hanno subito dato il via ad una reazione a catena. La Procura della repubblica di Padova incriminava il »Gruppo Nonviolento di Camposanpiero (Padova), prima per istigazione all'obiezione di coscienza, successivamente per »istigazione alla diserzione. Il gruppo di Camposanpiero, »a carattere spontaneo , si è costituito attorno all'obiettivo dell'odc »intesa come momento di lotta e di opposizione ad una società violenta nelle sue strutture, e come proposta di strutture alternative . In particolare si è mosso a sostegno Luigi Trevisol, parroco di Torre di Fine (Venezia), incriminato (insieme ai quattro direttori del Cineforum i Portogruaro Piero Anese, Bruno Toffanello, Gastone Rabbachin e Luigi Villotta) per vilipendio alle istituzioni, in quanto aveva diffuso materiale antimilitarista e pacifista. A Milano, tre antimilitaristi, Massimo Mazzanti, Francesco Milazzo e Fernando del Grosso, sono stati arrestat
i e processati per aver affisso il manifesto antimilitarista diffuso (a centinaia di copie e migliaia di cartoline) in occasione del caso di obiezione di coscienza collettiva. Per lo stesso motivo 2 militanti erano incriminati e Torino, 1 a Padova e altri a Roma.
(29) Anche il processo a Ciro Cozzo, l'obiettore di coscienza di Napoli, è stato occasione di un notevole interesse della stampa. Ampi stralci del processo sono stati riportati da diversi giornali.
(30) Dal 1969, ogni anno, il partito radicale indice un congresso nazionale antimilitarista, che segue immediatamente il congresso nazionale del partito. Ne sono stati quindi tenuti a tutt'oggi due, Milano 1969, Napoli 1970, con una forte partecipazione di gruppi libertari. Nel corso del congresso di Napoli pronunciò la sua dichiarazione di obiezione di coscienza Ciro Cozzo.
(31) A questo congresso portò un messaggio di saluto Devi Prasad, segretario generale delle WRI. A seguito di un suo invito, fu assicurata la presenza radicale al II Convegno delle sezioni europee dell'Associazione, tenutosi in Francia. Nel corso di questa riunione si esaminarono alcuni progetti di iniziativa, tra i quali la disobbedienza civile. Ma fu, questa una delle ultime prese di contatto a livello internazionale. La Confederazione nata ad Oxford, una volta esauritasi la spinta alla iniziativa »antinucleare propria della sua maggioranza, cessò praticamente da ogni funzione ed importanza.
(32) Una decisa presenza antimilitarista e antinazionalista i radicali avevano portato, nei due anni precedenti, nel Movimento Federalista Europeo (Giuliano Rendi, Gianfranco Spadaccia, Angiolo Bandinelli, Federico Bugno, Stefano Silvestri, Franco Sircana, ecc.). Un documento di questa sinistra federalista provocava un dibattito all'interno del MFE e veniva presentato al IX Congresso del Movimento, tenutosi a Lione nel febbraio 1962.
Nel novembre dello stesso anno, i radicali parteciparono anche alla Conferenza Internazionale contro la Guerra, convocata ad Amsterdam dal Comitato dei 100 inglese, dalla War Resisters International e dallo Zengakuren giapponese. La conferenza, oltre a ribadire le tesi dell'internazionalismo pacifista ed antimilitarista, e sostenere le indicazioni unilateraliste, diede una interessante definizione di »azione diretta . Per azione diretta, secondo la Conferenza, doveva intendersi a) l'accettazione della responsabilità personale per l'azione che deve essere compiuta; b) la creazione di nuove forme di organizzazione in cui la responsabilità personale elimini la vecchia distinzione tra leaders e base e promuova una nuova, creativa, associazione di eguali: c) forme di iniziativa nelle quali la responsabilità sia assunta da quelli che si offrono volontari piuttosto che da quelli che sono eletti.
(33) La costante diffidenza del PCI e delle sinistre tradizionali nei confronti del pacifismo non è solo conseguenza di disinformazione e di disinteresse, è una vera e propria scelta politica, non dissimile, se non per le metodologie di lotta, alla diffidenza mostrata dalle sinistre extraparlamentari. Che il pacifismo rappresenti ancora oggi una componente essenziale nel dibattito internazionale è invece un dato certo. Comunque, tale diffidenza ha portato ad una costante incomprensione e minimizzazione delle lotte europee ed americane di »nuova sinistra , proprio quando, attraverso il pacifismo, esse sono venute sviluppando battaglie esemplari ed attive, di tipo libertario: cfr, in proposito, Massimo Teodori, »La nuova sinistra americana , Feltrinelli, 1970.
(34) Trattasi di »armi piccole , fu la risposta del governo: si trattava infatti di pistole di evidente impiego nel clima di psicosi razzista e antinegra.
(35) Il dibattito venne attentamente seguito e integralmente registrato da stenografi ed esperti del Ministero della Difesa, e citato, come esempio di pericolosa inframmettenza ed infiltrazione, dal generale Aloja, nel suo libro »Mani rosse sull'esercito , che indicò nelle tesi radicali le posizioni più avanzate e pericolose per il militarismo italiano.
(36) Già durante, e subito dopo, la rivoluzione e la lotta di liberazione algerina, i radicali avevano ammonito sulla gravità e la pericolosità di una lotta di indipendenza e di libertà che fosse tale da promuovere solo ed esclusivamente la crescita di una classe dirigente di tipo militare e legata a strutture militari. Analoghe prese di posizione sono state assunte, ripetutamente, nel corso della guerra nel Vietnam; i radicali hanno dato rilievo e sottolineato, ad esempio, l'iniziativa buddista, di tipo pacifista, che seppure momentaneamente battuta non è, come dimostrano recenti fatti, né sconfitta né scomparsa.