di Marco PannellaSOMMARIO: In occasione della campagna per le elezioni regionali del 1971 Pannella ricorda di aver cercato di convincere radicali, divorzisti, ecc., ad una "campagna di astensione pubblica e motivata"; non furono "più di cinquanta" i compagni che bruciarono pubblicamente la scheda. Successivamente, in poco più di un anno, sui temi di interesse laico-radicale sono avvenuti fatti gravissimi [Pannella puntigliosamente li elenca in una interessante e ricca "lettura" storica, n.d.r.] che segnano un sostanziale arretramento delle riforme, e una ripresa revanchista del clericalismo contro ogni novità - anche ecclesiale - manifestatasi nel paese. DC, PCI, PSI, hanno "votato insieme" oltre il 75% delle leggi approvate nella Legislatura, ed ora propongono una stessa linea sul Concordato, sul divorzio e perfino sul come "far cadere le leggi fasciste" (cioè, "niente referendum abrogativo"). Da Malagodi a Valori, a queste elezioni tutti propongono la linea "Bozzi-Carettoni". A sua volta la DC ha favorito il PCI impedendo
al "Manifesto" di presentarsi agli elettori e il PCI ha ringraziato chiudendo gli occhi sulla esclusione del MPL. Intanto, tramite la RaiTV, sul paese si è abbattuta un'ondata "antifemminsta e antidivorzista". A questo punto, Pannella si chiede e chiede se non sarebbe stato meglio aver bruciato le schede l'anno precedente e se non sia opportuno, da "laici", farlo oggi: i riformatori, i laici, i libertari devono ormai "far scoppiare lo scandalo" contro la "strage" di Costituzione e di diritto che viene compiuta. Come Mellini ha spiegato, "votare è un diritto", non un "obbligo"; del resto anche in Francia, Mitterrand è per l'astensione al referendum indetto da Pompidou: Il "non giocare con i bari!" vale anche in Francia, dove pure l'informazione pubblica è infinitamente più liberale che in Italia.
I radicali, anche correndo il rischio di doversi presentare, avevano "proposto liste comuni e accordo politico" al "Manifesto". L'accordo è stato rifiutato. In queste condizioni, si dovrà andare all'astensione dal voto: unica eccezione, l'appoggio dato ad Udine, "per la LID", a Fortuna, così come a G. Albani, Scalfari, Bonea, ecc., e a quanti altri aderiranno "alle richieste minime della Lega".
(»SOCIALISMO '70 , gennaio 1972)
Meno di un anno fa, nel giugno 1971, in occasione delle elezioni regionali, cercammo di convincere degli amici e compagni radicali e della LID sulla opportunità di una campagna di astensione pubblica e motivata, come valido strumento di lotta contro l'ormai evidente linea neo-concordataria e interclassista, subalterna e priva di qualsiasi volontà di alternativa, dei vertici dei partiti laici e di sinistra nei confronti del regime.
Non furono più di cinquanta i compagni che bruciarono le loro schede nella manifestazione conclusiva della campagna, a piazza Navona. Vorrei oggi chiedere, a quanti furono allora convinti di aver, votando, meglio scelto, cosa resti della loro »concretezza , del loro realismo.
Essi hanno in maggioranza votato, presumibilmente, PSI, PCI, PSIUP; alcuni, sinistra liberale o repubblicano.
In poco più di un anno, sui temi che ci interessano, abbiamo avuto l'assenza di qualsiasi impegno per impedire la raccolta delle firme per il referendum abrogativo della legge Fortuna; la mozione Andreotti per la conferma del Concordato (che solo cinque parlamentari laici "non" hanno votato); l'abbandono della pregiudiziale che, a nome e per conto delle Leghe e del PR, Scalfari e altri sessanta parlamentari avevano tradotto in disegno di legge, contro la proponibilità stessa del referendum; l'attacco indiscriminato, nei partiti e fuori, alla LID, ai radicali, alle minoranze laiche, socialiste, comuniste, liberali; la lunga, truffaldina operazione Bozzi-Bufalini-Carettoni per evitare il referendum abrogando in sede parlamentare la legge Fortuna; il rifiuto (unanime) di contrapporre una candidatura "laica" a Fanfani, e poi a Leone, cui le sinistre ufficiali contrapponevano in realtà non De Martino o Nenni, ma Moro o Zaccagnini; l'accoglimento delle tesi del »partito della crisi con lo scioglimento anticipato
delle Camere, per evitare alla DC e alla Chiesa la sconfitta nel referendum, e la vittoriosa proposizione al paese d'un fronte laico alternativo al regime; l'accettazione dell'impostura costituzionale del monocolore Andreotti - gabinetto personale del nuovo Presidente - contro il governo legittimo di centrosinistra, che, solo, poteva condurre il Paese alle elezioni non avendo avuto la sfiducia dal parlamento, espressa invece al governo in carica; infine, la massiccia operazione di annientamento tentata contro i rari deputati laici dei vari partiti: contro Albani, Scalfari, Bonea, Gullo, Mussa Ivaldi, Brizioli, oltreché Fortuna - se vogliamo tacere della vergognosa sostanziale esclusione del »Manifesto e del »Movimento Politico dei Lavoratori dalla campagna elettorale, oltreché del Partito Radicale e di ogni eventuale nuova forza, mediante il sequestro dell'informazione pubblica, scritta e parlata, del regime.
Nel silenzio generale, sono state massacrate tutte le forze emergenti del dissenso radicale dei credenti, calando un velo di silenzio e di deformazione, di terrorismo ideologico e politico contro le prese di posizione sempre più politiche di Comunità come quelle dell'Isolotto o di Oregina, o delle centinaia operanti ovunque in Italia.
Posizioni come quelle di »Questitalia , persone come Wladimiro Dorigo sono state sottoposte, unanimemente, all'ostracismo. DC, PCI, PSI, non soddisfatti di avere, sotto i nostri occhi ormai ciechi o rassegnati, votato insieme oltre il 75% delle leggi approvate in questa legislatura, si sono trovati tutti d'accordo e ci propongono sostanzialmente una "stessa linea politica" sul Concordato, sul referendum, e perfino sul divorzio; non meno che sui metodi e gli strumenti da adoperare per far cadere le leggi fasciste. Revisione del Concordato, cioè "conferma"; niente referendum popolare ma superamento parlamentare della legge Fortuna; niente referendum abrogativo delle leggi fasciste.
Si potrebbe andare oltre nelle analogie, ma forse con qualche eccesso e facilità polemica. I gruppi extraparlamentari, per i compagni attualmente al vertice del PCI, non debbono ancora essere tutti deportati e confinati, e non bisogna confonderli (ancora) con i teppisti di Almirante: ma sono pur sempre »pidocchi per Longo, provocatori e nemici per Pajetta; buon per noi che, per il momento, non sono ministri dell'interno né l'uno né l'altro.
Molte, ancora, le critiche che potremmo fare; tranne una: ormai da Malagodi, La Malfa, De Martino a Berlinguer e Valori, tutti si propongono con chiarezza, al corpo elettorale, sulla linea Bozzi-Carettoni, o Andreotti che dir si voglia. A questa chiarezza li abbiamo costretti, e sono giunti, con la nostra azione di Partito e di Leghe.
Su questa linea, sollecitano il suffragio; contro gli opposti estremismi clericale ed anticlericale, totalitario e libertario (»droga anche questa da combattere senza riserve, per Berlinguer), militarista e antimilitarista, la classe dirigente che si è costituita in regime è saldamente unita e solidale. La DC ha evitato al PCI una vera, pericolosa concorrenza a sinistra, impedendo che »Il Manifesto potesse, attraverso la TV, farsi ascoltare dagli elettori comunisti; il PCI ha reso il servizio, accettando il bavaglio per il MPL. Sono stati tutti d'accordo per fare l'unanimità di regime inclusovi il MSI, riconoscendo doppio tempo televisivo alle liste della Destra Nazionale di Almirante e Covelli.
Nessuno protesta e ha protestato per l'ondata di vero e proprio terrorismo antifemminista e antidivorzista che si sta abbattendo dalla RAI-TV sul paese, usando delle trasmissioni di massima popolarità come »Chiamate Roma 3131 , sui temi dell'aborto e della famiglia, con una scandalosa protervia in passato esplicita nelle brevi, circoscritte emissioni di qualche padre Rotondi. Le Leghe, quella del divorzio, quella anticoncordataria, quelle di liberazione della donna o per l'obiezione di coscienza, non hanno più una sola possibilità di difendersene; e la stampa di regime, pubblica e »privata , indipendente e di partito, segue anch'essa, ora, questa consegna.
Cerco ansiosamente dunque, ma inutilmente, qualche traccia dei risultati del »realismo dei nostri compagni sempre spauriti dinanzi alla dissacrazione della liturgia elettorale. Non ne trovo. Chiedo loro, oggi, con franchezza, di dirmi se in realtà essi non abbiano meritato, e noi con loro, quanto ho illustrato più sopra e, ben più, in là, il crescere della rivolta »a destra contro "questo tipo" di democrazia, contro "questo tipo" di sinistra, contro questo modo d'essere "antifascisti", contro la testimonianza di cinismo e di corruzione, di incapacità e di squallore che la sinistra burocratica, filoclericale, rispettosa e »concreta ha fornito e proposto degli ideali che abbiamo e dovremmo difendere in comune. Chiedo loro se davvero escludono oggi che se, quando lo suggerimmo (in occasione di elezioni regionali, cioè in una occasione di non primaria importanza elettorale e legislativa), avessimo bruciato in piazza o comunque respinto alcune migliaia di certificati elettorali, e mostrato così che non è possi
bile a gente di sinistra laica, libertaria, non violenta, continuare comunque a votare per dei partiti, nominalmente di sinistra e laica, ma impegnati in programmi e obiettivi contrari alle loro idee; se avessimo, dicevo, fornito "allora" questa prova, ci saremmo trovati "oggi" dinanzi a questa nuova richiesta, che non è già quella di firmare una cambiale "in bianco" al PCI o al PSI o al PSIUP, ma di firmarne una su cui è chiaramente scritto che ci impegniamo a sostenere, noi per primi, "tutte" le spese di una politica che riteniamo suicida e sbagliata?
Ma siamo dei "laici", o dei "chierici" di "chiese" più o meno partitiche; siamo gente che crede al dialogo, alle idee, ai comportamenti, o massa di fedeli e sudditi o, più esattamente, di servi che ringraziano il padrone, anche quando ne ricevono calci e fame?
Crediamo nella proponibilità del »gioco democratico , nella possibilità della sua concreta manifestazione come modo di confronto civile, o siamo degli ossessi del »gioco politico ?
Io comprendo, al limite, quei compagni della sinistra extraparlamentare che, convinti che la democrazia non possa essere altro che truffa e strumento di classe, mascheramento d'una violenza sostanziale che non lascia altra possibilità di risposta per il suo "uso" per meglio colpirla e eliminarla, comprendo questi compagni quando ritengono ingenuo e errato - da posizioni di sinistra rivoluzionaria - preoccuparsi di difendere la speranza democratica, la fiducia che sia possibile un confronto onestamente democratico, come unica alternativa allo scontro armato ed alla dittatura di una parte contro un'altra.
Ma che compagni - i quali credono con noi che invece la concreta ipotesi democratica è conquista "storica rivoluzionaria" pagata con decenni e decenni di lotte popolari dalle masse lavoratrici e che, non a caso, la destra "deve" cercare in continuazione di eluderla, truffarla, vanificarla, amministrarla, "farla propria" (nel senso letterale, ridurla a cosa propria) - non sentano lo scandalo, e l'urgenza di far scoppiare lo scandalo, contro la strage che di costituzione, istituzioni, metodi, doveri, meccanismi elementari democratici il regime ha fatto; che questi compagni rinuncino a costituirsi in minoranza dura e rigorosa di democratici radicali, di "ultras della democrazia", se volete, posso anche comprenderlo. Ma temo che questo stesso sforzo di comprensione, nei confronti di chi si astiene, non viene fatto o non viene fatto a sufficienza.
Mauro Mellini, nell'ultimo numero di »Notizie Radicali con poche frasi ha fatto giustizia di tanti luoghi comuni che sembrano costituire un elemento sempre presente nelle posizioni contro l'astensione elettorale. Non starò a ripeterle. Ma, com'egli scrive, votare è un "diritto" e non un "obbligo": almeno dovunque hanno un qualche senso democratico e non plebiscitario. Husak, a Praga, ha certo percentuali »italiane o russe nelle sue elezioni. Mentre in tutti i paesi in cui l'ipotesi democratica ed il momento del suffragio universale hanno una qualche credibilità e reale funzione, dalla Svezia all'Inghilterra, l'astensionismo è diffuso e libero; viene considerato come fenomeno fisiologico e non patologico della vita civile. Prova, e riprova, della maggiore o minore popolarità, del grado di consenso e di partecipazione, di adesione della »politica ai reali problemi avvertiti dalle coscienze dei cittadini. Eppure son paesi in cui, nei momenti elettorali, quel tanto di potere che nelle società moderne ed indus
triali passa realmente attraverso Parlamento e Governo, è davvero in gioco. Laburisti chiedono voti per estromettere i conservatori per cinque anni, da ogni »stanza dei bottoni istituzionale, legislativa, esecutiva, a volte anche giudiziaria; e viceversa. Mentre qui da noi, tutti chiedono a destra e a manca, voti per meglio collaborare - o condizionare nella collaborazione - con il partito di regime, della cui unità e della cui forza tutti, il PCI per primo, s'occupano e si preoccupano...
In condizioni diverse, il linciaggio dell'astensionismo è in corso anche in Francia. Un radicalsocialista oggi divenuto socialista autentico e radicale, Mitterrand, ha portato il Partito Socialista a pronunciarsi per l'astensione (e non solo per la scheda bianca) al referendum indetto da Pompidou con il pretesto dell'approvazione popolare all'allargamento dell'Europa dei Sei. Essi sostengono che il referendum è pretestuoso e, nel suo contenuto, truffaldino; perché con esso il regime cerca non già di lasciare al popolo una decisione (ormai presa ed irreversibile), ma di essere plebiscitato e di creare schieramenti artificiosi. La stessa posizione l'hanno assunta il PSU di Rocard, cui per tanti versi siamo o siamo stati molto vicini, e tutti i movimenti extraparlamentari di sinistra.
Qual è lo slogan del P.S.? »Non giocate con i bari . La democrazia per dei socialisti e dei rivoluzionari (non dico, con questo, che Mitterrand lo sia) è un gioco difficile, grave, prezioso o - davvero - diventa truffa e arma "contro" i democratici. Va quindi difesa e conquistata ogni giorno, non vissuta - e uccisa - come un'abitudine.
Eppure, la Francia gollista ha sempre mostrato un »liberalismo maggiore - in tema elettorale e di rispetto dell'informazione e della propaganda - di quello che non solo la DC, Bernabei e i suoi servi pseudo-socialisti alla Paolicchi ed alla Manca, ma le commissioni parlamentari di controllo, cioè DC, PCI, PSI, PSIUP, PLI e MSI, non abbiano mostrato di avere in Italia. Lo ripetiamo (inutilmente?) da anni: De Gaulle e Barbus, Pompidou e Krivine hanno avuto lo stesso tempo »elettorale alla TV francese; mentre la pluralità di reti radiofoniche ha sempre assicurato alle minoranze un diritto di partecipazione e di propaganda consistente.
Certo strana gente, come l'Unione dei comunisti, ha ugualmente deciso di »presentarsi alle elezioni e lo ha fatto in quasi tutte le circoscrizioni elettorali. Cioè si sono »presentati non alle elezioni (dove forse non avevano nulla da dire) ma a se stessi, con per specchio i manifesti comunali in cui saranno registrati tutti gli elenchi di candidati. Non contesto che, al loro livello, questo sia già un risultato, e rivoluzionario, ma non siamo l'Unione dei comunisti. C'è, invece, e c'è davvero, »Il Manifesto .
Abbiamo proposto liste comuni e accordo politico. Ci sono stati rifiutati l'uno e l'altro. Non me ne dolgo. Ritenevo e ritengo un errore, per una forza di vera "nuova" sinistra rivoluzionaria e libertaria, l'avallare questa prova elettorale come se fosse democratica e leale, e non truffaldina. Ritenevo e ritengo che »il Manifesto si proponga - non voglia e non possa per ora proporsi altro - che la creazione di un nuovo Partito Comunista Italiano, più onesto, più militante, più intransigente, più pulito, più laico, anche, e tollerante; è un movimento leninista e giacobino, fortemente ideologizzato, teso a contendere al PCI la direzione dei »veri comunisti.
E', per oggi, un partito di intellettuali e di studenti tesi a guadagnare meriti e titoli operai: ambizione e realtà che ritengo positive e fertili, oggi, in Italia; ma temo che con la pregiudiziale comunista e leninista resterà una forza di estrema minoranza all'interno stesso e degli studenti e degli operai e che, nell'ardua impresa di costituirsi in movimento organizzato e partitico, troppe diffidenze e ostilità antilibertarie e antilaiche già oggi presenti saranno potenziate e s'affermeranno al vertice.
Poteva non essere così. Può, teoricamente, accader altro. Per questo sono stato d'accordo che il PR proponesse un incontro politico, anche al prezzo di partecipare alle elezioni, in questa fase delicata non solo della vita nazionale ma dello sviluppo di questa formazione. E' andata com'è andata. "Per ora", non c'è che da prenderne atto. Solo compagni che già, nel loro intimo, o inconsapevolmente, danno per scontata la chiusura (e non il rilancio o una nuova »creazione ) del Partito Radicale, avrebbero potuto chiedergli di qualificarsi come una forza politica subalterna a »Il Manifesto .
Noi siamo certi, non da oggi, che solo una posizione socialista libertaria, antimilitarista, anticlericale, sia in grado di costituire una alternativa storica al regime ed al sistema. Perché laici, siamo non violenti e democratici. Quel che speriamo possibile edificare come società, deve vivere oggi già nelle nostre lotte e nelle nostre organizzazioni. Sappiamo che la realtà politica è drammatica, e a volte tragica, come tutto quel che è vivo: il più grave errore, mi sembra, è quello di uccidere noi stessi, di soffocare in noi quel che sappiamo e crediamo.
Il regime vuole escluderci, e ci riesce, dalle sue competizioni ufficiali. Altri, con i quali ci troviamo a condividere giudizi e comportamenti, accetta questi ludi.
In queste condizioni mi sembra forse opportuno o doveroso di non consentire illusioni, slanci, evasioni - per chi condivide la speranza di creare in Italia una »nuova sinistra . Soprattutto, però, mi preme dire ai compagni che da ogni parte ci criticano che non mi hanno convinto. Che con i miei dubbi, con le mie contraddizioni, non ho né voglia né speranza di convincere loro. Che anche per questo, con umiltà, con coscienza delle mie contraddizioni, constatando che se »il sistema non è forse riuscito del tutto a frantumarci o frantumarmi, riesce almeno a costringermi ad una difficile e dolorosa dissociazione (o, se volete, schizofrenia politica), non solo andrò a sostenere il voto nell'unico caso previsto e propagandato dal Partito (nel Friuli, per Loris Fortuna) ma - per la LID - lo farò a Milano per Scalfari, per Bonea a Lecce, per Albani, Basso, e quanti altri aderiranno alle richieste minime della Lega e me lo chiederanno.
Con maggior convinzione cercherò di colpire le squallide bandiere del clerico-frontismo dei Bozzi, delle Carettoni, dei Manca.
Poi, ormai in attesa che i tanti compagni »realisti e »concreti , »concretamente decidano anche che »concretezza e »realismo vogliono ch'essi continuino a far da gregari o da chierici d'altre chiese, pur se piagnoni e bestemmianti, piuttosto che liberamente e responsabilmente associarsi - almeno in un migliaio - nel Partito Radicale; in attesa - dicevo - della lezione successiva (che ormai, se ci sarà data, per mio conto sono ben deciso ad accettare), rifiuterò questa che ci si sta ancora impartendo e il 7 maggio m'asterrò, serenamente, dal voto.