di Massimo TeodoriSOMMARIO: Il congresso del Partito Socialista francese e del PSI si terranno in parallelo a marzo ma le rispettive posizioni sono tutt'altro che parallele. Di fronte al comune problema dei rapporti con le sinistre soprattutto col partito comunista, i due leaders di partito, Mitterand e De Martino giungono a soluzioni opposte. Mentre il primo cerca una collaborazione con i comunisti per puntare alla vittoria delle sinistre il secondo propone una politica degli "equilibri più avanzati" concepita come rapporto tra socialisti, DC e PCI.
(LA PROVA RADICALE N.2, BENIAMINO CARUCCI EDITORE, Inverno 1972)
Il congresso del PSI e quel lo del Partito Socialista francese si tengono in parallelo a marzo. Le tesi ed il programma dei due partiti, il dibattito su nuovi corsi a sinistra, l'emergenza dei due leader De Martino e Mitterrand, il ruolo che i partiti possono giocare rispetto al momento politico generale nei due paesi sono tutti elementi che inducono a riflessioni e considerazioni parallele che riguardano e coinvolgono l'intera sinistra.
Non è una semplice coincidenza che il partito socialista francese e quello italiano si trovino a dover affrontare lo stesso problema di nuovi rapporti a sinistra, prima tra tutti il confronto-incontro con i partiti comunisti. Dopo l'ondata del 1968, il ruolo del socialismo organizzato nei tradizionali partiti di marca socialdemocratica comincia a ridivenire di primo piano. Le illusioni rivoluzionarie a breve termine vanno sparendo anche presso coloro che ne ipotizzavano la realizzabilità, come "Il Manifesto" in Italia ed i gruppuscoli in Francia, primi tra tutti la »Ligue Communiste (trotskista) di Krivine ed i mao-spontaneisti di Alain Geismar. I partiti comunisti, pur nella lenta trasformazione, continuano a svolgere una funzione normalizzatrice sia nella gestione della maggiore fetta della classe operaia organizzata, sia nel sostanziale mantenimento di stretti rapporti con i paesi dell'Est nel quadro di una politica di equilibri internazionali e di rapporti tra potenze. Le esperienze socialdemocratiche v
incenti a livello governativo, come quella tedesca, dimostrano che una politica riformatrice e liberale è sempre condizione favorevole per l'inserimento di spinte più radicali nel seno stesso della socialdemocrazia. La svolta a sinistra dei giovani socialisti dello Juso ed il riassorbimento di parte dei quadri e dei temi dell'antiautoritarismo SDS ne sono puntuale conferma.
Su questo sfondo torna di attualità una candidatura socialista come perno delle forze di sinistra e come possibile veicolo di mutamento, a condizione che le forze tradizionali sappiano farsi interpreti, trasformando profondamente se stesse, delle nuove esigenze e delle nuove potenzialità conflittuali contro lo status quo, manifestatesi clamorosamente nel 1968 ma da lungo tempo emergenti negli antichi scontri di classe e nei nuovi conflitti. La ricerca quindi di »nuovi corsi a sinistra è non solo esigenza effettiva e non verbale, ma elemento stesso di sopravvivenza per tutti i partiti socialisti a partire dalla constatazione ormai generale del fallimento del comunismo e della socialdemocrazia nella trasformazione radicale delle società europee, come ebbe a scrivere Giorgio Amendola quasi un decennio fa. Ma i nodi da sciogliere non sono né pochi né marginali: una lunga tradizione di incrostazioni al tempo stesso moderate e massimaliste, di complessi di inferiorità politica insieme con mancanza di coraggio nel
la ricerca teorica, rappresentano il limite e la sfida da affrontare. Per i socialisti francesi e per quelli italiani i prossimi congressi rappresentano perciò un'occasione per affrontare i principali problemi che l'attualità ed il contesto politico, prima ancora degli organi burocratici, in un momento particolarmente cruciale per la vita dei due paesi, pongono all'ordine del giorno: a) la riapertura di un "dibattito ideale, prima che politico, sul socialismo", b) la ricerca di una "strategia non subordinata" e con prospettive di successo, anche se parziale, a medio termine e, c) la definizione del "rapporto con i comunisti".
Le risposte a queste tre questioni di fondo dei francesi e degli italiani sembrano tuttavia muoversi in direzione opposta. Il progetto di programma proposto dai francesi è un tentativo di riaprire il grande dibattito dalla natura di un processo verso il socialismo nei paesi di democrazia industriale avanzata oggi. L'autogestione è, per l'"équipe" di Mitterrand la chiave di volta del programma: »"mezzo secolo di esperienza nei paesi dell'Est europeo ha mostrato i pericoli di un sistema che si limitasse a sostituire lo Stato al grande capitalismo senza modificare le relazioni interne in seno all'impresa nei confronti del potere di controllo, di decisione e di gestione... un ideale che implica che gli uomini possano decidere del loro lavoro, del suo prodotto, in breve della loro vita in tutti gli aspetti. Questo è l'ideale del socialismo: l'autogestione estesa alla società significa la fine dello sfruttamento, la sparizione delle classi antagoniste, l'abolizione del salariato, la realtà della democrazia... espe
rienze pilota (di autogestione) nel settore pubblico concorrenziale . Potere ai lavoratori" come perno della democrazia economica e, in stretta connessione con esso, gli altri aspetti qualificanti di un socialismo moderno (definito anche »autogestione più informatica ) e dal volto umano: "potere ai cittadini" inteso come autogestione di ogni istituzione e settore sociale al di là del punto di produzione e come politica dei diritti civili; "cambiare la vita" come propulsione ad un processo di trasformazione dei valori e dei comportamenti, insieme alle strutture, che riguardano la qualità della vita nella salute, nella città, nella scuola, nel tempo libero; e infine la ripresa di un "nuovo internazionalismo".
Se la struttura portante del programma francese cerca di tradurre in specifiche proposizioni di un possibile programma di governo il ripensamento sul socialismo, di tutt'altra stoffa sono le »tesi italiane. Al loro centro sta la politica degli »equilibri più avanzati concepita principalmente come rapporto tra socialisti, DC e PCI. Con i democristiani si propone ancora una volta un rapporto necessario ed una collaborazione prioritaria accettando la DC così com'è nella sua unitaria entità organizzativa nonostante che si riconosca che »è espressione storicamente definita a livello sociale, culturale e politico dell'intima connessione e intreccio della tradizione democratica cattolica e di quella integralista. Con il PCI si rinunzia a qualsiasi confronto ideale e politico, a qualsiasi sfida sulla natura e sulla pratica del socialismo e lo si accetta in puri termini di schieramento.
E' facile allora comprendere perché Mitterrand ed il nuovo corso socialista francese siano stati fatti segno di attacchi da parte comunista (»un programma riformista e utopista ) proprio nel momento in cui il PSF si poneva di fatto come centro politicamente e idealmente, egemone del rilancio dell'alternativa di sinistra, mentre il nostro vice presidente del consiglio ha trovato ogni giorno copertura e tacito appoggio nell'opposizione al proprio governo. De Martino vuole un congiungimento con la DC ed il PCI in termini di »grande coalizione stabilizzatrice e di »equilibrio di cui sia parte centrale proprio la principale forza del regime di oggi, la DC; Mitterrand cerca di rilanciare proposte socialiste nuove, nella consapevolezza che soltanto con una politica di unità a sinistra con i comunisti sia possibile arrivare ad una alternativa al regime tardo-gollista. Anche l'atteggiamento di fronte alle elezioni che si terranno nella prossima stagione nei due paesi non è meno significativo: i socialisti francesi
le faranno sicuramente in collaborazione con i comunisti per puntare alla complessiva vittoria delle sinistre: ma non per questo stanno tacendo le differenze e rinunciando alla concorrenza tra le due forze realizzando l'unico serio dialogo che esista in politica, il confronto l'approfondimento e l'affermazione delle proprie posizioni. Gli italiani, che sono aggrappati ad un governo di coalizione con lo storico avversario di classe, la DC, sembrano invece avere già da tempo messo in sordina ogni posizione che possa suonar sgradita al PCI, di natura ideale, di carattere programmatico come il divorzio ed il referendum, nella ricerca di uomini ed alleanze potenzialmente portatori di nuova linfa. Ma le differenze non finiscono qui. Altre, che potrebbero sembrare marginali e soltanto di stile e di metodo, hanno pure grande significanza. De Martino incontra Ceausescu, presidente di una repubblica nazional-paleocomunista e Mitterrand va in Cile a rendersi conto del fragile ma significativo esperimento di riformismo
rivoluzionario di Allende. I socialisti francesi scelgono la discussione aperta, pubblica del loro progetto di programma per la convenzione, rendendo chiare le diverse opzioni sui singoli punti, mentre nel PSI la funzione delle tesi sembra solo quella di un pezzo di carta senza alcun valore di fronte all'unica lotta ed all'unica legge che regola questo congresso, il controllo dei pacchetti delle tessere (superinflazione: nel 1971 hanno raggiunto le 600.000 con più tesserati che voti in alcune zone della Sicilia) da parte di capicorrente e capitribù. Infine De Martino è emerso come il leader che si è consolidato con il controllo del potere nel partito a capo di una corrente senza politica, giustamente definita il doroteismo del PSI; Mitterrand, confluito nel PS ed eletto segretario generale in una »costituente socialista è balzato in primo piano sospinto soprattutto da una ventata di rinnovamento del dibattito teorico e come animatore della ripresa di iniziativa socialista.
Questo parallelo che siamo andati delineando viene oggi spontaneo a chi guarda le sorti del socialismo in Europa. Non siamo certo degli estimatori senza riserve di quanto sta accadendo nel PS francese. Conosciamo troppo bene quanto gravida di compromissioni sia la storia della SFIO (trasformatasi in questi ultimi anni in PS) e quanto poco rigorose siano le forze sociali che costituiscono la base dei socialisti francesi; né riteniamo tutto oro quello che risplende nei documenti ufficiali pur considerandoli, come indicazioni significative. Non possono esser dimenticate le responsabilità nella guerra d'Algeria, la disponibilità socialista all'inizio del regime gollista, il trasformismo mollettista, l'anticomunismo viscerale, l'atlantismo oltranzista, il lungo distacco dalle forze più vive e più moderne del socialismo rappresentate prima dalle nuove sinistre negli anni '50 poi dal "Parti Socialiste Unifié" (PSU) negli anni '60, ed oggi dal nuovo sindacalismo della "Confederation Francaise Democratique des Travai
lleurs" (vedi l'intervista del segretario generale, Edmond Maire, in questo numero della rivista). Errori maggiori di quelli pur gravi del PSI nella sua lunga strada dalla subordinazione frontista alla subordinazione nel centro-sinistra. Ma nel momento in cui sono gli stessi eventi travolgenti di questi anni e l'esplosione di tensioni sociali dal potenziale socialista a riproporre un ripensamento globale dei contenuti, dei metodi, dei programmi e degli schieramenti a sinistra, non si può non sottolineare come la tendenza di due partiti socialisti, operanti in situazioni così simili tendano a svilupparsi in direzioni opposte.