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Teodori Massimo - 15 marzo 1972
LE ELEZIONI
di Massimo Teodori

SOMMARIO: Le elezioni del 7 maggio sono delle "elezioni truffa" in primo luogo, perché sono state indette anticipatamente con il chiaro scopo di strangolare le forze nuove emergenti nel paese e di impedire il referendum; in secondo luogo, perché a gestirle è un Governo tutto DC che non ha avuto la fiducia del Parlamento; infine, perché i partiti di regime impediscono la libera scelta dell'elettore utilizzando la radiotelevisione in modo esclusivo e manipolatore. Per questi motivi noi diciamo NO a queste elezioni che avrebbero come unico risultato l'avvilimento di grandi conquiste storiche quali le elezioni, il Parlamento, la democrazia; il dovere dei cittadini democratici è di non cooperare con questo regime "fascista" che ha il suo centro nella DC.

(NOTIZIE RADICALI N. 153, 15 MARZO 1972)

Le elezione del 7 maggio pongono come non mai, anzi più che mai, il cittadino democratico di fronte ad una scelta drammatica. Non si tratta della scelta "per chi" votare, ma "se e perché" votare. Queste elezioni infatti, si presentano con tutte le caratteristiche di "elezioni truffa". E ciò per almeno tre motivi: primo, perché sono state indette anticipatamente con il chiaro motivo di strangolare le forze emergenti nel paese e per impedire il referendum; secondo, perché a gestirle è un governo illegale che non ha ricevuto la fiducia delle Camere, composto da soli democristiani di tutte le tinte, un vero e proprio colpo di stato; terzo, perché i partiti vecchi di regime, ormai tesi soltanto ad autoconservarsi in un Parlamento non più rappresentativo del Paese, sequestrano qualsiasi possibilità di scelta dell'elettorato usando la radiotelevisione in modo esclusivo e manipolatore, come del resto avviene anche nei periodi non elettorali. Ed i partiti, così costituiti in vera "mafia di regime", sono tutti: DC e P

CI, PSI e PLI, PRI e PSIUP, PSDI e MSI.

Saranno essi e soltanto essi che potranno "presentarsi agli elettori" attraverso il video (divenuto il principale strumento di comunicazione con i cittadini) per ripetere i propri programmi e obiettivi. Essi e non altri: forze emergenti che si "presentassero alle elezioni" come sarebbe giusto in qualsiasi processo democratico, si presenterebbero in realtà soltanto a coloro che già le conoscono e non già alla gran massa di cittadini per sottoporre a verifica la giustezza dei loro obiettivi, metodi ed uomini.

C'è il ricatto antifascista. Si dice che occorre fare "argine", battersi contro la "svolta a destra", e che un "nuovo fascismo è alle porte". E' - lo possiamo affermare - un ricatto banale e un gioco vecchio. Il fascismo vero, sotto le spoglie di un autoritarismo morbido ed indolore senza colonnelli, non è quello di Almirante, Covelli, dell'ammiraglio Birindelli, e del professor Plebe. Essi servono sì per compiere operazioni come il governo Andreotti (illegale), per sciogliere le Camere, per invocare quell'ordine che la DC gestisce e che promuove quella normalizzazione di cui anche il PCI è partecipe "contro" le spinte emergenti della società, nelle fabbriche, nella scuola, nei comportamenti collettivi (divorzio, aborto, famiglia), nella ricerca di superiori gradi di libertà e di maggiori effettivi diritti civili.

C'è il ricatto elettorale. Sappiamo che le elezioni sono come un catarsi: bisogna assolutamente votare. In un paese in cui si hanno pochi strumenti per partecipare alla vita civile e politica, certo, il voto sembra quasi essere sempre un'arma in mano al cittadino. E tutti vogliono votare. Si dice, almeno per il male minore. "Ma questa volta non si può". Il democratico non può accettare un gioco truccato, non può accettare "queste" elezioni per riaffermare il profondo senso democratico e la necessità delle elezioni. Non può compiere una scelta obbligata tra tutti i partiti che si apprestano a spartirsi la torta elettorale per riaffermare la necessità di avere la possibilità di scegliere. Non si può dare cauzione a questo governo illegale per affermare la necessità di effettive istituzioni democratiche.

Dire no alle elezioni, come dicono i radicali oggi, non è sciocco ed infantile anti-istituzionalismo alla ultrasinistra. Le conquiste borghesi - elezioni, parlamento, democrazia - sono grandi conquiste storiche. Sarebbe però avvilirle in questa situazione. Sarebbe dare invalidità e incoraggiare il trucco del gioco. Tutti i partiti, ed in primo luogo quelli di sinistra e i laici vanno avvertiti che non possono ulteriormente dissipare la forza che i cittadini danno loro costantemente nelle elezioni (PCI + PSIUP + PSU nel 1968 avevano il 45,9% dei voti - i laici PCI + PSU + PSIUP + PRI + PLI avevano nel 1968 il 53,7%) per poi cercare di accordarsi in un modo o nell'altro con la grande forza di destra e di potere in Italia, la Democrazia Cristiana.

Il dovere del democratico è questa volta "non cooperare". Come nei periodi più bui la democrazia si può difendere e rafforzare negando il sostegno a quei meccanismi e a quelle istituzioni che in nome della democrazia sono in realtà truffaldine ed esse sì, realmente fasciste. Di quel fascismo vero, nuovo, morbido e progressivo, che ha il suo centro nella D.C., non di quello vecchio con il manganello e il folclore dei mazzieri.

 
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