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Teodori Massimo - 29 marzo 1972
RADICALI-MANIFESTO: CONFRONTO POLITICO/OCCASIONE MANCATA
di Massimo Teodori

SOMMARIO: La proposta avanzata dal Pr al Manifesto per la costituzione di liste aperte di opposizione al regime non viene accolta. Il manifesto infatti afferma l'intenzione di andare alle elezioni con liste chiuse e "comuniste". Il rifiuto del Pr della proposta comunista non ritenuta storicamente valida, l'opposizione alla concezione leninista del partito come avanguardia del movimento di massa.

(NOTIZIE RADICALI n. 155, 29 marzo 1972)

L'accordo per liste comuni di concentrazione di nuove sinistre che il PR aveva proposto al Manifesto come possibile alternativa alla decisione di astensione nei confronti di queste elezioni-truffa, non è stato concluso; i documenti che riportiamo presentano diffusamente i termini d'iniziativa e le rispettive posizioni. Alla documentazione occorre aggiungere qualcosa che va al di là del momento elettorale.

Le ragioni che avevano sospinto i radicali a proporre un accordo generale e politico con il Manifesto per la formazione di liste di opposizione al regime aperte ad antiautoritari, antimilitaristi, credenti anticoncordatari, libertari, erano essenzialmente di due ordini. Primo, c'è un momento in cui prima ancora che le verbose differenziazioni di linea, di programma e di strategia politica, si impone in prima linea la distinzione tra chi, volente o nolente, è parte della palude che inquina gran parte della politica italiana e chi non lo è; tra chi, con una formula schematica ma espressiva, determina, accetta o subisce lo sporco che ormai sembra indissolubilmente connesso con la vita pubblica e chi mantiene una pulizia di fondo; tra chi prima e più ancora che del ``sistema'' è parte del ``regime'' inteso come inestricabile rete di interessi, connivenze ed omissioni e chi non lo è. Secondo, la consapevolezza di dovere operare oggi più che mai per la costruzione di una nuova sinistra, senza chiusure parrocchiali

, senza pregiudizio alcuno rispetto a tradizioni e esperienze diverse; anzi la deliberata decisione di dovere opporre alla purezza ideologica e ad un approccio teorico definito e chiuso, troppe volte rivelatosi sterile e limitatante, il tentativo di plasmare un movimento di lotte nuovo fecondato da esperienze e esperimenti, aperto teoricamente, ricco politicamente, con la sola fedeltà nei metodi democratici di lavoro e con un arco di obiettivi di liberazione quali quelli richiesti da questa complessa società a chi voglia cercare di dare una risposta di radicale mutamento - rivoluzionaria - per le istituzioni, per la qualità della vita, per ogni settore della organizzazione economica e sociale.

Il Manifesto, per queste due ragioni, sembrava poter essere un interlocutore possibile, se pure non poca distanza lo separasse dai radicali per tradizione ideologica, per attenzione ad una serie di concrete battaglie per i diritti civili, e anche per le intenzioni programmatiche.

Di fatto l'approccio nel momento elettorale ha verificato questa diversità. Le liste presentate sotto la falce ed il martello versione Manifesto esprimono, come è stato scritto "la piena assunzione di responsabilità da parte del movimento, dei (suoi) quadri, dei (suoi) militanti": un progetto quindi condotto con rigore in direzione di una proposta esclusiva, marcata solidamente dal carattere ``comunista'' - i veri comunisti - "secondo uno stile politico e di lavoro che proponiamo formalmente a ogni altra forza che si richiami al movimento operaio e alla tradizione leninista" (Manifesto, 26/3/1972). Una proposta in questi termini non poteva coinvolgere i radicali e non poteva interessare il nostro progetto di fondo ben diverso, e per certi versi alternativo. Cioè il rifiuto della proposta comunista come storicamente ancora valida per le società europee sviluppate, l'opposizione alla tradizione leninistica intesa come necessità dell'avanguardia che parla in nome del movimento, l'accentuazione del momento liber

tario insieme a quello socialista piuttosto che la ricerca del cosiddetto ``vero comunismo''. Inoltre il Manifesto, coerentemente con scelte che aveva già in più occasioni effettuato in passato non senza contraddizioni al proprio interno, ha formulato liste ``pure'' di propri dirigenti e militanti iscritti preferendole a qualsiasi concezione aperta della battaglia politica. Al contrario, anche in sede elettorale, come in tutti i movimenti, le leghe e le esperienze di base e di massa di cui sono stati promotori e animatori, i radicali hanno ritenuto e seguitano a ritenere necessario e qualificante per la costruzione di una forza nuova, aperta e non integralista l'uso ``non-esclusionista'' del partito, delle liste elettorali e di qualsiasi altro strumento di lavoro politico da considerarsi come semplici canali che devono essere quanto più disponibili a chi accetta in un certo determinato momento alcuni obiettivi comuni, e regole di comportamento democratico. Anche per ciò è stata impossibile la realizzazione (

e probabilmente in queste condizioni corretto), di un accordo tra radicali e Manifesto.

Il Manifesto, un movimento che si definisce anti-istituzionale va alle elezioni con liste chiuse e ``comuniste''. I radicali che credono nella possibilità di far scoppiare contraddizioni di libertà e di democrazia in ogni tipo di istituzioni, si astengono perché ritengono queste elezioni una truffa e quindi non possono dare una cauzione democratica al gioco elettorale (a cui credono come una profonda conquista non solo della cosiddetta democrazia borghese ma di qualsiasi democrazia presente o futura) che non può essere affrontato oggi per come è fatto.

Per tanti versi, come abbiamo detto all'inizio, oggi ci sono motivi, in situazioni specifiche e su posizioni generali, che spingono il Manifesto a tener conto dei radicali ed i radicali a tener conto del Manifesto proprio nel momento in cui la maggior parte dei vertici burocratici di tutti i partiti tradizionali impongono una chiusura di regime e un inquinamento della lotta politica. Resta tuttavia aperto il confronto ideale politico di lotta, che ci auguriamo non chiuso, tra la proposta ``comunista'' del Manifesto e quella ``socialista libertaria'' dei radicali.

 
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