SOMMARIO: Riaffermando la necessità di denunciare, con l'astensione dal voto, il carattere di truffa, anticostituzionale e antidemocratico delle elezioni del 7 maggio, la direzione del Pr rileva che la decisione del Manifesto di presentare proprie liste impone un nuovo elemento di valutazione. Il Manifesto ha infatti in questi anni rilanciato alcune delle posizioni proprie del Partito radicale e delle leghe federate sui temi dei diritti civili, della difesa del divorzio, della battaglia anticlericale e nella lotta contro l'elezione di un presidente della repubblica democristiano. Per queste ragioni la direzione radicale avanza al Manifesto la proposta di presentazione di liste comuni, "quanto più possibile estese a gruppi di credenti libertari, comunità ecclesiali anticoncordatarie e di classe, di sinistra socialista e anche gobettiana".
(NOTIZIE RADICALI n. 155, 29 marzo 1972)
ROMA, 9 marzo
"Cari compagni,
la ``Strage di Stato'' continua. E' venuto il turno delle stesse leggi ed istituzioni in nome delle quali si è voluta legittimare una repressione crescente ed escludere e soffocare ogni vero dissenso ed ogni forza di opposizione e di alternativa.
Siamo stati invitati a concorrere e partecipare ad elezioni che sono una volgare e smaccata truffa degli stessi principi costituzionali e democratici. Abbiamo un governo di impostori, cui il Parlamento ha negato fiducia, gabinetto personale di un Presidente della Repubblica ligio alla volontà della Democrazia Cristiana i cui organi hanno sostituito le Camere nel potere d'investitura e di controllo dei governi.
I partiti di regime - reazionari, conservatori e riformisti - hanno concordemente predisposto e imposto elezioni anticipate e truccate. La sovranità popolare, il suffragio universale, il giudizio dell'elettorato sono stati sequestrati da un" racket "partitico che, con il monopolio dell'informazione pubblica, esclude da ogni possibilità reale di informazione e di presentazione, di dialogo e di lotta istituzionale e democratica, ogni nuova forza. Monarchici e paleofascisti sono innalzati a ruolo di antagonisti ufficiali e viene concordemente assicurata loro una posizione sicura ed ampia dell'informazione e della propaganda di stato, cioè in pratica dell'elettorato disinformato e mistificato. Le regole dell'assolutismo liberale del generale De Gaulle si sono rivelate al paragone, più democratiche di quelle oggi imposte dalla repubblica filo-clericale e interclassista italiana. Manifesto, Movimento Politico dei Lavoratori, Partito Radicale, per decreto repubblicano, unanimemente promulgato dai vertici di regime,
non devono avere accesso a queste elezioni; a meno che non accettino in partenza di rivolgersi ad una piccola minoranza del paese, essi non possono che ``presentarsi'' ai propri sostenitori e militanti e a quanti costoro saranno in grado di raggiungere malgrado la totalitaria mobilitazione messa in atto per impedirglielo. Per il resto parlare di ``presentazione'' al giudizio dell'elettorato è una beffa e una menzogna.
Dinnanzi ai nodi storici della nova società italiana, alle forze sociali, ai problemi economici, alle alternative ideali e politiche emergenti, si ha dunque una nuova conferma del carattere" necessariamente democratico "di quelle istituzioni e di quei diritti civili e costituzionali che sono conquiste di oltre un secolo di lotte del proletariato, imprudentemente liquidate e abbandonate come ``borghesi'', per troppo tempo e troppo spesso, dai partiti della classe operaia.
La rivendicazione di un rigoroso funzionamento democratico delle stesse istituzioni liberali e repubblicane è, al contrario, motivo permanente di laceranti contraddizioni per la società capitalistica e per la classe al potere. Vent'anni di repubblica hanno mostrato e mostrano ancora più oggi che solo" violando "il gioco democratico, colpendo la Costituzione (pur così moderata e contraddittoria), facendo strage della stessa legalità ``borghese'', è possibile opporsi alla sinistra di classe socialista, libertaria, democratica, sia sul piano delle strutture che su quello delle sovrastrutture istituzionali.
Denunciare quindi il carattere di truffa, anticostituzionale e antidemocratico, di queste elezioni; lottare anche in questo modo contro l'impostura governativa; fa saltare nella coscienza delle masse il mito di questa legalità repubblicana, della democraticità di questo stato e della sua classe dirigente, radicalizzando anche in questa direzione e anche nella occasione elettorale la lotta, ci appare dunque opportuno e necessario."
Anche per queste considerazioni il Partito Radicale ritiene che una campagna elettorale, combattuta sotto il segno dell'astensione e della legalità del voto, sarebbe la più efficace e la più corretta per forze politiche e sociali interessate ad una alternativa socialista e libertaria.
"La decisione del Manifesto di presentarsi alle elezioni impone però un nuovo elemento di valutazione. Per la prima chi in Italia, come il Partito Radicale, ha preparato e conduce con momenti di ampio consenso popolare una rigorosa e dura lotta per i diritti civili, anticlericale, antiautoritaria, antimilitarista, per concorrere in tal modo anche a creare una alternativa democratica di classe, libertaria, laica e socialista, ha trovato in questi mesi significative e importanti convergenze con forze sociali e con un gruppo politico che sono prevalentemente radicati, o tentano di esserlo, nelle strutture di fabbrica e nella realtà operaia.
E' quanto si è verificato nella lotta per la difesa del divorzio, in quella sostenuta per affrontare e vincere il referendum clerico-fascista, nel dibattito e nello scontro contro il disegno neo-concordatario che tende a rafforzare il tessuto connettivo clericale del nostro sistema capitalistico, e infine nell'occasione delle elezioni presidenziali e nella lotta contro l'elezione di un presidente democristiano. In tutte queste occasioni abbiamo visto rilanciate dal Manifesto posizioni per le quali noi radicali, con le Leghe e i Movimenti per i diritti civili che animiamo, ci siamo battuti in questi anni, e sulle quali saremmo stati forse definitivamente battuti nella stretta degli ultimi mesi se fossimo rimasti ancora una volta isolati e combattuti da tutte le altre forze politiche.
Ritroviamo inoltre nel Manifesto posizioni e lotte che ieri, da soli, tentammo di avviare e di sviluppare: la denuncia delle strutture corporative in cui si saldano la politica di collaborazione di classe dei vertici della sinistra tradizionale e quella interclassista, tendenzialmente totalitaria e fascista della D.C. dove capitalismo ``classico'' e capitalismo ``di stato'', lungi dal rappresentare contraddizioni di fondo, costituiscono sempre più l'assetto" moderno "dello sfruttamento, dell'organizzazione capitalistica della produzione, della cristallizzazione e del deterioramento dei rapporti di forza nella lotta democratica di classe; la lotta contro il racket clericale e l'organizzazione fascista delle istituzioni assistenziali; quella contro il togliattiano ``dialogo con i cattolici'', oggi portato avanti con immaginabile cecità e protervia da vecchi ammiratori di Maria Goretti che si è sempre risolto in una politica di aggressione contro i credenti non clerico-fascisti, oltre che di tradimento delle vo
lontà e tradizioni delle masse socialiste e comuniste. Quanto alle vostre lotte contro la repressione e l'aggressione di classe e di stato, pensiamo che non ignoriate del tutto che, in relativamente pochi anni, abbiamo fatto del nostro partito che fino a ieri forniva solo avvocati ai compagni di lotta, un movimento di militanti che si ritrovano sempre più spesso sul banco degli imputati.
La prova di democrazia e di consapevolezza delle necessità libertarie nella gestione delle lotte, che avete fin qui dato, per i modi che avete scelto nel creare e far vivere il Manifesto, con l'auto-finanziamento e la pubblicità dei bilanci, ci appare poi inestimabile: per anni udimmo solo ironie, accuse di ``moralismo piccolo-borghese'' quando abbiamo organizzato con questi criteri e con fiducia il nostro microcosmo politico. La protervia dei ricchi e dei potenti, burocrati e dignitari, ha certo trovato - in questo ultimo anno - con voi, più che con noi in passato, un'adeguata risposta.
Per la prima volta una scissione comunista in Italia sembra, o è sembrata finora, consapevole che di tutti i ``recuperi'' storici quello libertario era il più necessario. Non lo abbiamo in verità" letto "sui documenti e sulla rivista, ma ci è sembrato di scorgerlo nella prassi, nella cronaca quotidiana.
Riteniamo, dunque, che oggi voi siate un elemento portante fondamentale di una lotta senza quartiere al regime, non solo e non tanto per i ``no'' che gli opponete ma per le alternative che sembrate proporre e potreste voler costruire. Senza di che non ci si porrebbe nessun problema: i" cartelli dei no, "puramente difensivi e di retroguardia di rado non sono anche perdenti; tattiche che siano contraddittorie con le strategie, mezzi snaturanti i fini, illusioni parlamentaristiche e, ancor più, illusioni sulla natura e sulla forza delle" istituzioni di potere, "non ci riguardano e non potrebbero coinvolgerci.
Se abbiamo gravi dubbi sulla giustezza della decisione di presentarvi alle elezioni, dobbiamo però constatare che il più grave errore della ``scheda rosa'' - dal quale non avremmo potuto che duramente dissentire, e combatterlo - è stato evitato. Dal 1963 al 1970 è stata, nella maggior parte dei casi, la indicazione che il PR ha espresso: non abbiamo quindi settarismi e preconcetti rispetto a questa formula. Il punto è un altro: la sinistra e più in generale i ``laici'' non sono deboli per mancanza di forza ``quantitativa''. In termini parlamentari è la più numerosa che paesi industrializzati e occidentali abbiano, e in venticinque anni ad ogni elezione essa è aumentata. Con la linea Berlinguer, o Bozzi-Carettoni, o neo-concordataria, o interclassista, o filo-clericale, riformista, opportunista, che oggi propone all'elettorato; con il bilancio politico e sindacale, e le tesi che avanza per il futuro, essa sarà più ``debole'' - in termini democratici e alternativi di classe - quanto più potrà ritenere d'esser
stata confortata dal voto del 7 maggio e quanto più tornerà" numerosa "alle Camere. Gli equilibri della prossima legislatura saranno tanto più arretrati e pericolosi quanto più l'operazione in corso (recupero a destra con Andreotti; argine contro le emorragie a sinistra con un neofrontismo ``antifascista'' e una ``opposizione'' elettoralistica, in quanto tale priva di credibilità, alla DC) avrà successo. ``Scheda rosa'' avrebbe comportato una funzione ``d'ordine'' nei confronti dei tanti lavoratori e militanti che credono nella alternativa di classe socialista e libertaria, lasciati senza possibilità di scelta e di manifestazione organizzata di dissenso. Né l'aggiunta: (scheda rosa) e contratti, avrebbe mutato la situazione.
Convinti che una serrata propaganda astensionistica, condotta sulle due linee maestre della denuncia del governo illegale e della antidemocraticità di queste elezioni, e della necessità di sconfessare la politica riformista e di regime dei vertici burocratici del PCI, del PSIUP e del PSI, sarebbe stata la decisione più adeguata e corretta, riteniamo però che la decisione di presentarvi non esclude di per sé la conduzione di una lotta in questa direzione".
Per questo l'ipotesi di una presentazione di liste comuni con il Manifesto, anche sotto il vostro simbolo, del Partito Radicale e di militanti delle leghe e movimenti per i diritti civili (divorzisti, anticoncordatari, antimilitaristi), quanto più possibile estese a gruppi di credenti libertari, comunità ecclesiali anticoncordatarie e di classe, di sinistra socialista e anche gobettiana, ci sembra valida e da portare avanti, malgrado le difficoltà, non ultime quelle di ordine pratico.
"Non ci nascondiamo affatto che, al di là di quanto abbiamo potuto leggere o apprendere, avete certamente con la vostra decisione inteso cogliere una occasione per accelerare i tempi e irrobustire l'organizzazione del vostro movimento, facendone il perno e il punto obbligato di riferimento di ogni altra componente della ``sinistra di classe''. Comprendiamo, quindi, che dovete rigorosamente e con ogni energia cautelarvi ancor più contro i rischi di inquinamenti elettoralistici e di snaturamento opportunistico per serbare ed accrescere la tensione e l'omogeneità del Manifesto al di là dell'episodio elettorale.
E' proprio questo che ci induce a proporvi formalmente una lotta elettorale, in liste comuni, fondate su un chiaro testo politico.
Ci appare infatti essenziale intervenire in questa fase e in questo modo nel processo di formazione di una vera, grande, ``nuova sinistra'' di classe, socialista, libertaria, laica, internazionalista, avviando in occasione delle elezioni una più adeguata e radicale lotta al regime a livello di istituzioni, lotta che non ignora ma anzi presuppone e integra e sostiene quella nelle strutture produttive e l'altra per una diversa qualità della vita anche a partire dalla città, dai servizi, dalle infrastrutture, dai consumi.
Noi temiamo che sia presente nel Manifesto un rischio di sottovalutazione della complessità della lotta per l'edificazione di una nuova società; della settorialità, se non della marginalità, qui ed oggi, di tradizionali luoghi di scontro di classe delle grandi lotte per i diritti civili; della inadeguatezza del moduli ``leninisti'', più spesso non altro che ``giacobini'', nell'organizzazione del movimento; dei limiti (e non della precisione e della chiarezza) che precostituite alla sinistra" di classe "assegnandole matrice, nome, programma, ``comunista''. A questo proposito, cari compagni, noi riteniamo che la situazione oggettiva del paese e l'evoluzione del regime corrisponda a quella del 1922; che, tenuto conto delle differenti condizioni dello sviluppo economico le quali impongono diverse caratteristiche alla svolta autoritaria che il sistema capitalistico esige, questo regime abbia avuto la sua marcia su Roma e i suoi listoni; e che oggi come allora non basti la nascita di un PCI per far fronte a questa
situazione. Né pensiamo che il potenziale di lotta e di alternativa sia riducibile a quella matrice ideologica.
La continua sistematica sottovalutazione, concretatasi sul giornale in una sostanziale (anche se forse inconsapevole) censura nei confronti del Partito Radicale, dei suoi militanti, delle leghe e di movimenti per i diritti civili, non è di per sé molto grave. Troppo a lungo negli anni sessanta ci ha divisi e contrapposti anche personalmente con molti di voi la politica dei vertici del PCI perché questo fatto non trovi spiegazioni accettabili. Non giudichiamo nessuno soltanto sulla base dei comportamenti nei nostri confronti.
La proposta di una battaglia comune nelle e oltre la campagna elettorale è dunque da parte nostra un atto di responsabilità, deciso sulla base della chiarezza politica e di una seria volontà d convergenza e di impegno comune. Quale che sia la vostra risposta, riteniamo in tal modo d'aver comunque fornito un ulteriore contributo alla lotta contro il regime e per l'edificazione di una alternativa politica di classe, socialista e libertaria."