SOMMARIO: La decisione de "Il Manifesto" di presentare nelle proprie liste Pietro Valpreda è espressione di una concezione, condivisa e praticata dal Pr, di Partito "aperto" e al "servizio" di altri gruppi e militanti che ne abbiano bisogno nella loro lotta.
(NOTIZIE RADICALI n. 155, 29 marzo 1972)
"Già nella nostra lettera al" Manifesto "avevamo sottolineato il valore non secondario e marginale che diamo ad alcune coincidenze, nei metodi e nella gestione delle lotte, fra quei compagni e noi radicali.
Pubblicità dei finanziamenti, controllo quindi anche della gestione pratica delle decisioni politiche (o premessa perché venga esercitato), fiducia nel dibattito del movimento, e (almeno finora), il Partito che avverte come ricchezza e forza il coinvolgere nelle sue decisioni l'attenzione e la responsabilità anche di compagni che abbiano fatto una diversa scelta organizzata, tutto questo, lo si sa, ha costituito uno dei punti fermi che da almeno otto anni il PR è riuscito a mantenere ed a esserne caratterizzato.
Le accuse di moralismo, di astrattezza, di incomprensione di quel che sarebbe fatale e necessario nella "politica", non ci sono mancate, ma i fatti ci hanno dato ragione: basti pensare all'esperienza dello PSIUP, ed a quella di molti gruppi extraparlamentari, sin dalla nascita malati della senile malattia del "realismo politico" e del cinismo antidemocratico, già finiti o in procinto d'estinguersi, gli uni e l'altro definitivamente condizionati e soffocati proprio da quel che ci opponevano come maggiore concretezza e attitudine politica.
La nozione di Partito "aperto", innanzitutto aperte come "servizio" agli altri gruppi e compagni che ne abbiano bisogno nella loro lotta e che lo sollecitino, è stata la nostra, e continuerà ad esserlo, indipendentemente da qualsiasi considerazione sul comportamento di questi stessi gruppi nei confronti nostri.
Ci sembra allora opportuno segnalare a tutti i lettori e i compagni l'ottimo, lungo corsivo che" Il Manifesto "ha dedicato alla questione della candidatura di Valpreda il 25 maggio per rispondere a critiche o anche a consensi pericolosi: "Perché presentiamo Valpreda? Ma perché sia liberato!". "Perché vogliamo - molto semplicemente - che di Pietro Valpreda non faccia uso nessuno, fuorché lui stesso. E perché restituendogli questa libertà, questa dignità usi lui, servendosi anche del simbolo nostro, visto che c'è, una istituzione contro l'altra, e tutte contro questo sistema che lo voleva vittima e complice d'una ingiustizia mostruosa come la strage di piazza Fontana. Perché anche questo, compagni, è un modo di concepire, e di fare, o di cominciare a fare, una rivoluzione".
Queste frasi, che abbiamo riportato potremmo averle scritte, noi avremmo voluto poterle scrivere no stessi. Valpreda, prima del carcere, nelle nostre sedi, nei digiuni ed altre iniziative ch'egli prese contro la repressione giudiziaria di altri compagni, ha già conosciuto questo modo d'intendere "la rivoluzione" e di crederci. Poiché sappiamo ch'egli si sarebbe augurato che lo accordo fra Manifesto e Partito Radicale si fosse realizzato; che nelle liste vi fossero anche i compagni radicali come Cicciomessere ch'egli ben conobbe, e altri obiettori detenuti (come avevamo proposto); ch'egli ha espresso questa opinione ai compagni che hanno potuto incontrarlo, ci sembra giusto e utile, mentre in altra parte del giornale esprimiamo i motivi di dissenso che non ci consentiranno, nella maggioranza, di votare le liste in cui è candidato, sottolineare però la nostra approvazione ad un modo d'essere e di lottare che dalle colonne del" Manifesto "viene esposto e proposto.
Auguriamoci che quando sarà venuto, come ormai è venuto, il momento dell'organizzazione in partito di questi compagni, finiscano per prevalere questi principi e questi metodi e non altri, purtroppo già presenti anche essi, e più ari a determinati "ideologhi" e "organizzatori", cui l'esperienza del PCI non sembra ancora aver del tutto chiarito le idee.