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Mellini Mauro - 15 aprile 1972
Diritto-dovere ai non voto
di Mauro Mellini

SOMMARIO: Partendo dalla sentenza della Corte di Cassazione del 1967 che ha confermato la condanna a nove mesi di reclusione di alcuni anarchici di Foggia, rei di aver fatto propaganda contro la partecipazione alle elezioni, si ricorda che il principio del voto obbligatorio è contenuto in una delle norme più balorde e retoriche di tutta la nostra legislazione. L'art.4 del Testo Unico delle Leggi sulle elezioni della Camera dei Deputati: "L'esercizio del voto è un obbligo al quale nessun cittadino può sottrarsi senza venir meno ad un preciso dovere verso il paese". Mellini argomenta sull'assurdità di trasformare l'esercizio del diritto di voto in un dovere e si ferma a considerare il ridicolo delle sanzioni che sono state escogitate per chi le trasgredisce.

(LA PROVA RADICALE N.3, BENIAMINO CARUCCI EDITORE, Primavera 1972)

E' in contrasto con il metodo democratico, perché lo combatte alla base, la campagna astensionista nel diritto di voto... L'ordinamento costituzionale, proprio per il suo fondamento democratico in cui si estrinseca (sic!) il diritto dei cittadini di associarsi liberamente in partiti politici, mai potrebbe tollerare una propaganda sovvertitrice dei suoi principi, quale è quella all'astensione dal voto, da qualunque parte provenga .

Con questa edificante motivazione la Corte di Cassazione, con una sentenza che non risale ai tempi di Pelloux né a quelli di Scelba ma al 1967, ha confermato la sentenza di condanna a nove mesi di reclusione di alcuni compagni anarchici di Foggia, rei di aver fatto propaganda contro la partecipazione alle elezioni politiche. Ha detto anzi che queste cose sono così ovvie che non c'è bisogno nemmeno di dirle e che i propagandisti dell'astensione possono essere condannati senza motivazione. Per nostro conto, riteniamo abbastanza ovvio che un ragionamento del genere sia una solenne sciocchezza. L'astensione dal voto potrebbe semmai minare alla base il sistema democratico solo se tutti si astenessero. Ma in questo caso sarebbe ridicolo pretendere di combatterla mettendo in galera coloro che la propagano, o negando il certificato di buona condotta a coloro che la praticano.

Il principio del voto obbligatorio è contenuto in una delle norme più balorde e retoriche di tutta la nostra legislazione: »L'esercizio del voto è un obbligo al quale nessun cittadino può sottrarsi senza venir meno ad un preciso (sic!) dovere verso il paese . Così è scritto nell'art. 4 del Testo Unico delle Leggi sull'elezione della Camera dei deputati. Insomma il "diritto" di voto sarebbe un obbligo, ed anche "preciso". Il che dovrebbe significare che è proibito anche votare scheda bianca.

L'ipocrisia di questa norma sul voto obbligatorio si rivela in pieno negli sproloqui radiotelevisivi dei ministri dell'Interno e dei mezzibusti del teleregime. L'alta percentuale dei votanti viene puntualmente gabellata, all'indomani di ogni consultazione elettorale, come un'ulteriore prova di maturità democratica degli italiani. Ma delle due l'una: o l'obbligatorietà del voto è assolutamente inutile (ed inutili le preoccupazioni e le persecuzioni contro i propagandisti dell'astensione) o la prova dell'alto grado di maturità etc., è una solennissima bugia, perché gli italiani vanno a votare solo perché non possono farne a meno o nessuno può informarli che possono farne a meno.

Ed è comunque solennissima bugia la diretta correlazione fra percentuale di votanti e »maturità democratica . Le astensioni sono altissime negli Stati Uniti ed in Inghilterra. Sono insignificanti in Russia, in Cecoslovacchia, in Ungheria etc., il che non quadra affatto con le opinioni circa la libertà e la democrazia dei ministri democristiani e dei loro mezzibusti televisivi.

Una partecipazione praticamente totale - perché obbligata - degli elettori al voto è in realtà un dato negativo e pericoloso per ogni vero sistema democratico. Essa impedisce una pronta percezione e pronti ed efficaci correttivi del distacco delle masse dal gioco dei partiti e dai temi dei loro contrasti, sottrae spazio al nascere di nuove formazioni politiche con una apparente unanimità nei confronti delle formazioni tradizionali. L'astensionismo invece, ed ovviamente la sua propaganda e la sua organizzazione, è la forma più pronta e efficace sia per porre le forze politiche di fronte alla necessità di una loro effettiva e reale contrapposizione (e non di un artificioso gioco delle parti) in relazione alle diverse forze sociali e ideali che esprimono, sia per reagire contro ogni forma di manipolazione del giuoco elettorale.

Per chi creda veramente alla ipotesi ed al metodo democratici, l'astensione diventa anzi dovere preciso (come direbbe l'enfatico legislatore) quando il giuoco elettorale è falsato, la propaganda monopolizzata, il risultato scontato.

D'altra parte, chi oserebbe dire che i deputati che si astengono dal voto per una determinata e motivata presa di posizione politica debbano essere incriminati per omissione di atti d'ufficio? Ma con quale faccia deputati e senatori democristiani, repubblicani etc., che per decine di votazioni si sono astenuti dal voto all'elezione del Presidente della Repubblica, oseranno sostenere che quelli che vorranno astenersi dal partecipare alla loro elezione vengono meno ad un preciso dovere etc. (non essendo, tra l'altro, pagati per farlo) e che quelli che inviteranno a tale astensione (come facevano a dicembre i direttivi dei loro gruppi parlamentari) non sono che dei delinquenti mobilitati contro l'ordine pubblico?

Se poi si volesse una riprova dell'assurdità di trasformare l'esercizio del diritto di voto in un dovere, basterebbe considerare il ridicolo delle sanzioni che sono state escogitate per chi lo trasgredisce. Dei trasgressori che non hanno fornito una giustificazione viene formato un elenco, che viene affisso all'albo comunale; con facoltà degli inclusi di ricorrere al Prefetto. Dall'elenco sono esclusi »in ogni caso , i malati, gli emigranti etc. e, attenzione!, i ministri di qualsiasi culto. Dunque i preti non hanno il preciso dovere di votare. "Forse perché sono gli unici ad essere autorizzati ad avere scrupoli di coscienza" (come per il servizio militare, imposto agli obbiettori di coscienza, ma risparmiato ai preti) o forse, più realisticamente, perché in genere sono portati a votare due volte. Oppure, se l'obbligo vale anche per loro, per loro non vale la sanzione. Come per la gente di cattivi costumi. Infatti la sanzione è rappresentata dall'iscrizione sul certificato di buona condotta dell'annotazione

»non ha votato , una sanzione che ovviamente non colpisce chi è di »cattiva condotta e non può avere il certificato.

E' singolare che la procedura contro gli astensionisti ricalchi punto per punto quella che nella Roma papale veniva usata contro coloro che non potevano esibire il certificato del parroco di ricevuta comunione a pasqua. Essi venivano iscritti in un elenco esposto all'Isola Tiberina. Ed in genere ricorrevano al Vicariato per farsi cancellare. Ma Bartolomeo Pinelli ci andò per protestare, perché accanto al suo nome c'era scritto »miniatore e non »incisore .

Per nostro conto, se non riusciremo a conquistare per noi stessi e per ogni altro, non solo il diritto di "non votare" quando lo riterremo giusto ed opportuno, ma anche quello di propagandare l'astensione, impugnando se necessario la legittimità costituzionale di una norma che vorrebbe soffocare la nostra sensibilità democratica nell'obbligo di una pratica rituale farisaica, faremo almeno come Bartolomeo Pinelli: imponendo che sia rispettata la nostra identità e la nostra professione che non è certo quella di rinunciatari e di scettici ma solo di democratici intransigenti e di radicali.

P.S. - E' veramente difficile riandare con la mente a questa buffa legge sul voto obbligatorio, sugli elenchi dei recalcitranti, sulla procedura per la loro compilazione, sulle giustificazioni, le esenzioni, i ricorsi, le sanzioni, senza che saltino fuori altre assurdità, altre cose paradossali che la legge impone o consente.

Credo che i recalcitranti si dividano esclusivamente, o quasi, in due categorie: quelli che se ne infischiano di essere inclusi nell'elenco dei cattivi cittadini e quelli che mandano il solito certificato medico, per lo più redatto da un medico che non li ha mai visitati.

Ma se qualcuno prendesse in mano la legge e ne pretendesse la puntuale applicazione, ne verrebbero fuori delle belle.

Intanto non è detto che il sindaco debba escludere dall'elenco solo i preti, i malati e gli emigranti. Questi debbono essere esclusi »comunque , il che significa che l'elencazione non è tassativa, ed in qualche caso potrebbero essere prese in considerazione anche giustificazioni diverse. Ed allora perché non provare a mandare a dire al sindaco che non si è andati a votare perché si trattava di elezioni truffa, perché non si è potuto ascoltare alla Tv l'illustrazione del programma del partito per il quale si avrebbe avuto maggior simpatia perché questo partito non si è potuto presentare alle elezioni.

E poiché l'elenco dei recalcitranti deve essere redatto, come dice la legge per l'accertamento di chi si è sottratto al »preciso dovere di esercitare il diritto di voto (scusate il bisticcio) perché non avvertire il sindaco anche quando non si è esercitato tale doveroso diritto depositando scheda bianca?

E perché non mandare a dire al sindaco che non si intende affatto spiegare a lui, che del resto non è detto che possa o voglia capirli, i motivi per i quali non si è votato giacché il suo discrezionale giudizio sulle giustificazioni puzza di incostituzionalità lontano un miglio? E perché non sostenere avanti al sindaco, al prefetto, al Consiglio di Stato, alla Corte costituzionale, l'incostituzionalità dell'obbligo di votare (che limita necessariamente il diritto di votare come si vuole) e quella di una sanzione irrogata da un sindaco, che magari è parte in causa, e che non colpisce egualmente tutti i cittadini, escludendo, come diceva il Belli »preti, frati, chierici e puttane - e l'altra gente de cattiva vita? .

 
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