di Massimo TeodoriSOMMARIO: Un aspetto nelle elezioni politiche italiane che generalmente viene trascurato è il peso di quella frangia protestataria che esprime in qualche modo, il dissenso dalle elezioni attraverso la scheda bianca e la scheda nulla. Il fenomeno è ingente e certamente per le schede bianche ed una parte delle schede nulle (quelle annullate deliberatamente) si può parlare di un" partito del rifiuto" elettorale.
(LA PROVA RADICALE N.3, BENIAMINO CARUCCI EDITORE, Primavera 1972)
C'è un aspetto nelle elezioni politiche italiane che generalmente viene trascurato e non sufficientemente valutato: il peso di quella frangia protestataria che esprime in qualche modo il dissenso dalle elezioni attraverso la scheda bianca e la scheda nulla. I dati ufficiali tendono a mettere in sordina questo risultato e soltanto pochissimi commentatori politici ne cercano una spiegazione ed una interpretazione. Basta guardare alla serie dei risultati di tutte le elezioni dal dopoguerra ad oggi per trarne alcune considerazioni. Nelle elezioni del 1946 per la Costituente il totale delle schede bianche e nulle furono del 7,8%; nel 1948 scendevano al 2,2%, di cui 0,6% bianche e 1,6% nulle; nel 1953 il totale di voti non validi era 4,6%, di cui 1,5% (434.733) bianche e 3,1% (846.335) nulle; nel 1958 totale 2,9% di cui 1,6% (474.770) bianche e 1,3% (379.739) nulle; nel 1963 totale 3,1% di cui 1,8% (570.110) bianche e 1,3% (416.952) nulle; nel 1968 totale 3,6% di cui 1,9% (637.340) bianche e 1,7% (541.342) nulle.
Balza subito all'attenzione il fatto che la serie delle schede bianche è costantemente in aumento dallo 0,6% del 1948 all'1,9% di venti anni dopo, più che triplicando il valore iniziale. La serie delle schede nulle è invece più complessa: dall'1,6% del 1948 c'è un balzo nel 1953 (3,1%) dovuto alla maggiore incidenza delle schede annullate per contestazione nello spoglio, e poi una costanza nelle elezioni del 1958 e del 1963 (1,3%) ed infine una ripresa nel 1968 (1,7%). I due fenomeni compresi sotto la dizione 'voti non validi' sono tuttavia di diversa interpretazione: non c'è dubbio che per le bianche si tratta di una indicazione chiara e netta di astensionismo nell'urna e quindi di scelta di non-voto. Per le nulle invece confluiscono fattori di ordine diverso quale la volontà deliberata di annullare la scheda con una espressione di protesta insieme con la incapacità tecnica di votare correttamente che dà luogo ad errori causa di annullamento. Detto ciò, va esaminato il significato più specificamente politic
o di questi fenomeni.
Un primo rilievo è che si tratta di "fenomeno ingente". Le schede bianche nel 1968, quando hanno toccato il tetto in valori assoluti e relativi, rappresentano con il 1,9% e 637. 340 voti un vero e proprio "partito del rifiuto" che ha dimensioni maggiori di partiti come il PRI (626.567) ed il PDIUM (414.423). Se poi, come è legittimo, si aggiungono alle schede bianche anche una metà di schede nulle (considerandola come la parte di scelta deliberata di fronte ad una altra metà costituita da errori tecnici) il fenomeno raggiunge circa il 2,8%, un milione di voti nel 1968, una forza di un qualche rispetto in un paese in cui gli spostamenti elettorali sono sempre minimi, dell'ordine di qualche punto.
Un secondo rilievo è sulla qualità di questi voti non validi. L'analisi della distribuzione dei voti non validi dice che per le schede bianche la densità aumenta dal sud al nord e più generalmente dalle regioni più depresse a quelle più evolute (dall'1% circa in Basilicata, Sicilia e Sardegna al 2,5%-3% in Piemonte, Liguria ed Emilia) mentre il contrario accade per le nulle la cui maggiore densità si registra proprio nelle regioni meridionali e depresse. Questo dato convalida il carattere di scelta deliberata che sta dietro la scheda bianca mentre conferma il contributo dell'errore nel computo delle nulle.
Un terzo rilievo è che questo "partito del rifiuto" (bianche più una parte delle nulle) è in costante aumento e che verosimilmente si tratta in gran parte di espressioni di rifiuto di tutte le liste presentate da posizioni di sinistra. Non per nulla il tetto è stato toccato nel 1968 quando le elezioni si sono svolte contemporaneamente alla stagione più intensa della contestazione e della maggiore tensione di opposizione ai metodi ed alla politica della sinistra tradizionale.
Per completare il quadro dell'entità e del valore dell'"astensionismo" occorre esaminare insieme con le schede bianche e nulle anche la partecipazione alle elezioni (votanti) rispetto agli aventi diritto. Nelle cinque elezioni succedutesi dal 1948 ad oggi la serie delle percentuali dei votanti per la Camera dei deputati è stata: 1948 il 92,2%, 1953 il 93,8%, 1958 il 93,8%, 1963 il 92,9%, 1968 il 92,7%. Come è facile osservare si tratta di una percentuale notevolmente alta senza alcuna tendenza specifica ad aumentare o diminuire. Tuttavia questo dato sullo scarso astensionismo insito nelle abitudini italiane di fronte a paesi ad analogo regime non è di per sé significativo perché, come osserva Giovanni Schepis: »per quanto si riferisce al significato politico-sociale dei rapporti indicanti la frequenza e l'astensione, è da tenere presente che non sempre alta ed altissima frequenza alla urna, e quindi astensionismo basso o quasi nullo, sono sintomi di elevato grado di maturità civile. La 'assenza degli astensi
onisti', in certi casi, può essere anche indice rivelatore di forme elettorali patologiche, come quando le elezioni si svolgono in regime di dittatura. Caso tipico quello del referendum fascista del 1934 che diede appena il 3,5% degli astenuti contro il 41,6% di astenuti nelle ultime elezioni libere, quelle del 1921 ("Elezioni e comportamento politico in Italia, Comunità", 1963). Il partito del rifiuto in Italia deve essere fino ad oggi considerato quello espressosi attraverso le schede bianche e parte delle nulle, la cui incidenza complessiva non è certo né marginale né trascurabile.