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Mellini Mauro - 15 aprile 1972
La Vandea si rinnova
di Mauro Mellini

SOMMARIO: L'anticipato scioglimento delle Camere e queste elezioni sono stati determinati, almeno ufficialmente, dall'impossibilità di trovare un accordo tra i partiti per "evitare" il referendum sul divorzio e la "guerra di religione" che i partiti si mostravano convinti ne dovesse conseguire. Nessuna polemica si è profilata sull'intervento del clero nelle elezioni malgrado l'appello all'unità dei cattolici lanciato dalla Cei proprio in apertura della campagna elettorale.

Si ha l'impressione che tutto l'atteggiamento della sinistra nei confronti della DC e della Chiesa sia falsato dalla rassegnazione all'esistenza di masse soggiogate senza prospettive di recupero, dalla guida politico- religiosa della chiesa.

(LA PROVA RADICALE N.3, BENIAMINO CARUCCI EDITORE, Primavera 1972)

L'anticipato scioglimento delle Camere e, di conseguenza, queste elezioni sono stati determinati, almeno ufficialmente, dall'impossibilità di trovare un accordo tra i partiti per »evitare il referendum sul divorzio e la »guerra di religione che, sempre almeno ufficialmente, i partiti si mostravano convinti ne dovesse conseguire.

Queste elezioni dovrebbero rappresentare quindi una specie di banco di prova, prima del giugno 1973, cui la guerra di religione è stata rinviata, per verificare la differenza che dovrebbe correre tra un voto popolare avvelenato dallo scatenamento della lotta con le armi religiose ed uno serenamente conteso sul piano delle controversie civili; per accertare l'effettiva incidenza dei mezzi di condizionamento con argomenti religiosi del voto, per misurare la disponibilità dell'elettorato a seguire appelli alla crociata, per valutare l'effettiva possibilità della Chiesa di farsi promotrice di scoperte operazioni elettorali a carattere confessionale.

Non si può dire che le forze politiche si mostrino attente e preoccupate di tutto ciò. Nessuna polemica si è accesa e neppure si è profilata sull'intervento del clero nelle elezioni, malgrado l'appello all'unità dei cattolici ed alla restaurazione dell'ordine, lanciato dalla CEI proprio in apertura della campagna elettorale. I partiti cosiddetti laici sembrano preoccupati piuttosto dell'effettiva tenuta della linea di »unità dei cattolici (naturalmente per la salvezza della democrazia minacciata dal MSI) che non delle interferenze dell'apparato ecclesiastico. Del dialogo con i cattolici si continua a parlare con il solito tono petulante ed annoiato, in termini astratti e generici. E tuttavia mai come oggi è vecchio ed impreciso ogni riferimento al voto cattolico, al suo orientamento, al suo condizionamento, ai suoi limiti.

Alla domanda: che fanno i preti in queste elezioni? si rischierebbe di avere dai cosiddetti laici del nostro paese le risposte più impensate ed imbarazzate (se proprio dovessero essere sincere). Ma per lo più si potrebbe esser certi di sentirsi rispondere che oggi certe ingerenze sono assai diminuite, che l'unità dei lavoratori laici e cattolici è un dato di cui non si può fare a meno di tener conto, che l'epoca delle crociate è definitivamente tramontata, etc.

Questo ottimismo dovrebbe portare i cosiddetti laici ad un atteggiamento ben diverso sul problema del referendum sul divorzio. Se l'età delle crociate è davvero tramontata, non si vede perché si debba temere che la Chiesa possa riaprirla su di un tema così impopolare e anacronistico come quello dell'abrogazione del divorzio, un tema sul quale nessuna crociata, malgrado gli strilli acutissimi di Paolo VI, essa è riuscita ad imbastire quando assai più facile, date le naturali resistenze alla novità dell'istituto, poteva apparire una campagna antidivorzista durante il difficile iter della proposta di legge.

Ma non è solo per la questione del divorzio e del referendum che l'efficacia del condizionamento religioso del voto meriterebbe di essere meditata con maggiore attenzione e dibattuta con vigore. La conoscenza degli strumenti elettorali clericali, del loro effettivo valore, dei loro limiti, e, più ancora l'apertura di un dibattito politico aperto e franco al riguardo, sono essenziali per affrontare senza riserve mentali e falsi obbiettivi ogni discorso sulle posizioni politiche dei cattolici e del loro partito.

Si ha invece l'impressione che tutto l'atteggiamento della sinistra nei confronti della DC, della Chiesa e dei cattolici sia falsato e corrotto dalla rassegnazione ad una spiacevole realtà rappresentata dall'esistenza di masse soggiogate, senza apprezzabili prospettive di recupero, dalla guida politico-religiosa della Chiesa, masse dalle quali sarebbe lecito sperare la adesione a lotte sindacali, la solidarietà nelle singole questioni economiche e sociali, ma mai la ribellione allo stato di sudditanza, all'ordine della Chiesa come tale, ricevuto nel confessionale o dal pulpito.

L'esperienza del 18 aprile 1948, quando vaste masse, che pure erano state più o meno intensamente coinvolte nei fatti della resistenza e delle prime lotte contadine ed operaie, avevano risposto all'appello sanfedista ed alla mobilitazione anticomunista di Pio XII, continua a pesare in modo determinante sull'atteggiamento della classe politica, specie della sinistra, malgrado il molto che è stato scritto e detto sull'evoluzione del mondo cattolico anche in Italia, e, soprattutto, malgrado questa evoluzione ed i mutamenti profondi che la macchina del potere clericale ha subìto in questo quarto di secolo.

Dal 1948 ad oggi il voto popolare non ha mai espresso un riflusso determinante dalle posizioni conquistate in quell'anno dal partito clericale. Il potere da questo conquistato si è invece rafforzato enormemente, articolandosi in mille direzioni e con mille strumenti nuovi. L'organizzazione ecclesiastica ha raggiunto un'estensione, una forza ed un'opulenza mai prima neppure sognata. Non c'è settore della vita del paese che non ne risenta il peso e non ne subisca i condizionamenti. Un vero monopolio è stato conquistato dall'apparato ecclesiastico nell'assistenza pubblica, mentre in altri settori esso costituisce il tessuto connettivo che coagula i più grossi interessi, come nel campo sanitario ed ospedaliero. Soprattutto l'apparato ecclesiastico non ha avversari o quasi. Qualsiasi opposizione organica e coerente alla politica di potere della Chiesa è subito bollata, dalle stesse forze laiche come »vieto anticlericalismo . Tra tutte le speculazioni con le quali si alimenta con il denaro pubblico o comunque a sp

ese della collettività l'apparato del regime, non solo le più grosse, ma anche le più »pulite e meno rischiose sono quelle degli enti che fanno capo alla macchina clericale, tanto è perfezionato e potente il sistema che essa si è creata attorno. Le madonne ed i santi mobilitati da Pio XII per tenere lontani i cavalli dei cosacchi dalle fontane di san Pietro sembra proprio che abbiano compiuto autentici miracoli. Ma a ben guardare il miracolo consiste proprio nel fatto che i voti per il partito cattolico da allora non sono aumentati ma diminuiti e che questa formidabile macchina di potere, ogni pezzo della quale sembra studiato e concepito per aumentare consensi, catturare voti, spezzare opposizioni, condizionare l'opinione pubblica, non abbia completamente soggiogato il paese anche sul piano elettorale.

Molti sembrano convinti che, superate le angosce del primo dopoguerra, le contrapposizioni drammatiche della guerra fredda, conquistata sicurezza e tranquillità di disposizione di mezzi materiali e liberata dalla prospettiva di persecuzioni e di meno facili condizioni di vita, la Chiesa abbia tacitamente rinunciato a troppo appariscenti mobilitazioni, accontentandosi dell'equilibrio raggiunto. E c'è, naturalmente chi si illude di poter cambiare altri equilibri nel paese, lasciando intatto quello tra la Chiesa ed i suoi sudditi, il suo patrimonio, il suo potere.

Un punto sembra che voglia essere dimenticato dai molti teorici dei rapporti tra laici e cattolici nel nostro paese. Ed è certamente il più importante, come dovrebbe essere il più ovvio.

Se oggi la Chiesa ha rinunziato alle crociate, alle mobilitazioni sanfediste, ai comizi frenetici dal pulpito, ai lavaggi del cervello nei confessionali, non è certo per il prevalere di più saggi e moderati atteggiamenti della sua gerarchia, per un più corretto comportamento nei rapporti con lo Stato e per una diversa concezione della libertà dei crediti. E tantomeno per un accentuato disinteresse per le cose italiane, per il potere, per la direzione politica del paese. Mai come in questo momento il neotemporalismo sembra trionfare nella chiesa italiana di Paolo VI, malgrado il Concilio ed i fermenti di rinnovamento tra i credenti; ed anzi proprio a causa e contro di essi.

Ma la Chiesa sa che dal confessionale e dal pulpito essa riesce a condizionare, guidare e mobilitare una massa di elettori sempre più ristretta e riesce a farlo con difficoltà e rischi sempre crescenti.

Negli ultimi venticinque anni il numero dei cattolici praticanti è diminuito costantemente e sempre più rapidamente. E se è diminuito il numero degli ascoltatori delle prediche e delle esortazioni penitenziali, è diminuito ancora di più il numero di coloro che sono disposti ad accettare qualsiasi cosa venga loro suggerita dal pulpito o dal confessionale.

Se le reazioni dei partiti laici alle interferenze del clero nelle elezioni si sono fatte più distaccate e sommesse, per il solito timore di cadere nel »vieto anticlericalismo , si sono fatte più accorte e frequenti le reazioni spontanee dei cittadini credenti e non credenti, ed ogni "gaffe" per eccesso di zelo elettorale rischia di divenire un problema nei rapporti non più facili tra fedeli e gerarchia.

L'opinione pubblica, sebbene non sollecitata dai partiti della sinistra, reagisce con fastidio e scetticismo ad ogni presa di posizione dell'autorità ecclesiastica troppo scopertamente diretta a fini extra religiosi.

La questione del divorzio può considerarsi esemplare al riguardo. Le ripetute impennate del papa e di numerosi vescovi hanno lasciato completamente indifferente l'opinione pubblica e, in buona sostanza, la massa stessa dei fedeli. Anzi sono state del tutto controproducenti perché sono servite ad aprire gli occhi a molta gente sugli interessi della Chiesa dietro certe posizioni tradizionali. Se il Vaticano è riuscito a raccogliere un milione e trecentomila firme per la richiesta di referendum, ha dovuto farlo in sordina (aiutato in ciò dalla compiacente distrazione dei partiti laici) evitando ogni clamore di crociata, evitando appelli dal pulpito e rinunziando a suscitare ondate emotive, del resto difficilmente realizzabili, ma mobilitando invece le clientele dell'apparato assistenziale, ospedaliero, scolastico e sottogovernativo, docili ma tutt'altro che infiammate e fanatizzate.

Le madonne pellegrine, i miracoli preelettorali, le scomuniche, le prediche elettoral-quaresimali, tutto l'armamentario della sollevazione sanfedista sono oggi strumenti che la Chiesa deve tenere accuratamente nascosti nel suo stesso interesse e nell'interesse della DC. Un passo falso in questa direzione potrebbe non soltanto far perdere voti al partito democristiano, ma far esplodere molte contraddizioni interne nella chiesa stessa.

Dobbiamo dunque dire che non esiste più nel nostro paese un partito clericale? La risposta è no, e no dobbiamo pure rispondere alla domanda se possiamo dire di avere oggi nel nostro paese un partito cattolico autenticamente civile e moderno.

La realtà è che gli strumenti del potere clericale sono mutati. Al clericalismo del pulpito si è sostituito il clericalismo della sacrestia, dell'ente di assistenza, del consiglio di amministrazione della banda, del giornale, della società immobiliare. Alla turba dei fedeli fanatizzati si è sostituita la clientela, anzi le mille clientele, rassegnate e docili. Quando il partito clericale ritiene di dover fare ricorso all'emotività delle masse preferisce ricorrere alla paura delle bombe che a quella dei fulmini divini. Ma il tessuto connettivo di questa rete clientelare e di interessi è sempre quello ecclesiastico, il pretesto religioso copre e garantisce lo sfruttamento a scopi elettorali di mezzi pubblici ingenti, la gerarchia ecclesiastica assicura attraverso la cosiddetta guida spirituale e la custodia dell'ortodossia religiosa, l'unità ed il coordinamento ad un fine unico di potere di elementi così disparati. Destinatari degli anatemi sono divenuti non più gli avversari, ma i preti recalcitranti, i catto

lici che si ribellano al potere.

Centoventicinque anni fa il conte di Cavour pronunziava al parlamento subalpino un memorabile discorso sugli abusi del clero nelle elezioni »quando il clero potesse impunemente denunziare i suoi avversari politici, a cominciare da coloro che reggono lo Stato fino all'ultimo fautore delle idee liberali come nemico acerrimo della Chiesa, come uomo colpito dai fulmini divini... io non esito a proclamare che se l'impiego abusivo delle armi religiose potesse farsi impunemente dal clero, noi saremmo minacciati, in un tempo più o meno lungo degli orrori della guerra civile .

I nostri laici ufficiali del 1972 sembrano rimasti a questo discorso di Cavour, anzi sono tornati decisamente indietro. Essi si accontentano che la Chiesa rinunzi alle scomuniche ed alle crociate e per paura delle scomuniche e delle crociate rinunziano essi a toccare o soltanto a denunziare quei sistemi che in realtà sono i soli che essa può usare oggi con successo. Se Cavour diceva di temere solo le armi religiose nelle competizioni elettorali, si adoperava però a togliere di mano alla Chiesa quelle armi materiali del potere economico di cui essa avrebbe potuto egualmente abusare.

La timidezza dei partiti della sinistra, che sconfina, anche in questo campo in una vera forma di solidarietà di regime con la DC e con la Chiesa, rappresenta d'altronde una condizione essenziale per il prosperare della macchina elettorale e di potere clericale; senza una vasta rete di complicità e di corruttela essa non potrebbe funzionare. In un clima di polemiche e di contestazione, sarebbe assai più difficile ottenere la necessaria coesione tra il clero ed i fedeli, specie nell'approfittamento dei più smaccati abusi e dei privilegi più odiosi. L'opinione pubblica, che oggi non tollera crociate e scomuniche non è più benevola verso l'affarismo, il clientelismo clericale.

D'altra parte il vuoto che c'è oggi dietro il formidabile apparato di potere costruito sull'ondata vandeana del 1948, non può, a lungo andare, non mettere in pericolo la stabilità del sistema pazientemente costruito in questi venticinque anni. Sempreché ci sia qualcuno disposto a dargli qualche buona spallata.

 
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