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Archivio Partito radicale
Teodori Massimo, Fenoaltea Giorgio, Bugno Federico, Calderisi Giuseppe, Canestrini Sandro, d'ippolito Ernesto, Troianiello Giovanni, Ignazi Piero, Croce Achille - 30 agosto 1972
(1) Nuove tessere e doppie tessere: perché aderiamo al PR
di Massimo Teodori

SOMMARIO: Le motivazioni d'iscrizione al Pr del sen. G. Fenoaltea (PSI), D. Manfredi e F. Bugno (PRI), Sandro Canestrini (sinistra di classe), E. D'Ippolito (PLI) e di decine di compagni comunisti, socialproletari, libertari, repubblicani, nonviolenti, laici e divorzisti, extraparlamentari, militanti e gruppi di base socialisti.

(LA PROVA RADICALE - BENIAMINO CARUCCI EDITORE - N. 4 - ESTATE 1972)

L'XI congresso del Partito Radicale sarà chiamato a prendere una decisione definitiva: o sciogliere l'organizzazione o rilanciare con strutture più adeguate l'azione radicale di opposizione al regime. La scelta alternativa è legata al raggiungimento di almeno mille iscritti come forza militante minima sufficiente Per tentare di affrontare i compiti politici che la situazione presenta. Essa è quindi affidata non tanto a coloro che già fanno parte del PR, quanto a quell'area di opinione e di militanti che è stata in questi anni coinvolta, direttamente o indirettamente, dall'azione dei radicali; sono questi amici e compagni che oggi devono farsi carico anche di un motivato giudizio e contributo sulla opportunità o meno della vita del partito.

Avevamo più di una strada per presentare in questo numero precongressuale della rivista materiali riguardanti il significato e la natura della prossima scelta che si pone all'organizzazione dei radicali, a cominciare, per esempio, dalla presentazione sistematica del passato, presente e futuro del PR, come qualcuno in questo periodo continua ostinatamente a chiederci.

Abbiamo invece scelto di offrire ai lettori un dossier di lettere, pervenute per lo più nei mesi di luglio e di agosto, di amici e compagni che hanno annunciata motivandola la loro iscrizione al partito, oppure hanno comunicato semplici elementi di riflessione e di valutazione.

Ci è sembrato - questo far parlare i nuovi iscritti, con tutta la carica di apprezzamenti e di dubbi, di elogi e di critiche, di ragionamenti teorici e di prese di posizioni passionali - il modo migliore per dare una idea di quello che il partito nella sua materialità è e non di ciò che dovrebbe essere, di quello che »la gente gli attribuisce e non di ciò che il gruppo dirigente presenta come modello.

Come è scritto nella precedente sezione riguardante il progetto di rivista per il prossimo anno, anche la vita di »la prova radicale è legata al progetto complessivo radicale ed alla prosecuzione e sviluppo del movimento. Le adesioni motivate di esponenti e di semplici militanti pervenute al PR sopratutto negli ultimi mesi sono sintomo incoraggiante di una tendenza che si è riuscita a mettere in moto, ma tuttora insufficiente per raggiungere l'obiettivo stabilito come minimo per continuare una efficace lotta politica.

La selezione di lettere è stata effettuata senza alcuna censura. Vi si trovano accanto le motivazioni di iscrizione del senatore Giorgio Fenoaltea del PSI e quelle del militante anarchico kropotkiano, la spiegazione della doppia tessera del consigliere nazionale repubblicano Dario Manfredi e quella dell'ex-comunista laico e divorzista, la scoperta della forza della nonviolenza del lottatore continua e il dovere di sostenere la battaglia laica del consigliere nazionale liberale di sinistra, la motivazione da »sinistra di classe dell'avvocato Sandro Canestrini e quelle libertarie di "hippies". Tutto ciò - nel positivo e nel negativo - fa parte della scommessa creativa di dar vita ad una organizzazione sperimentale, nonideologica, proponente moduli di azione e di organizzazione alternativi.

Questo dossier di lettere viene sottoposto ai lettori non come materiale per l'osservatore che deve studiare la »formica radicale , ma come punto di partenza per una riflessione urgente e necessaria: se l'esperimento del Partito Radicale così fatto e così proposto deve andare avanti e, quindi, se il simpatizzante, il lettore e l'abbonato alla rivista devono contribuirvi, qui ed ora in questo momento cruciale ad assicurarne la prosecuzione.

IL SENATORE PSI GIORGIO FENOALTEA: DA UN QUARTO DI SECOLO SONO SOCIALISTA, MA LA TESSERA RADICALE E' UNA NECESSARIA INTEGRAZIONE

Roma, 20 luglio 1972

"Come ho già avuto occasione di precisare su »Notizie Radicali , da oltre un quarto di secolo milito nel P.S.I. e non ho nessuna intenzione di cambiare strada. Questo non impedisce, naturalmente, di vedere gli errori commessi dal Partito (dei quali ho anche io la responsabilità, per la parte che mi riguarda): e dico »naturalmente , perché il PSI non obbliga i suoi aderenti a portare il cervello all'ammasso, anche se poi alcuni ve lo portano per pigrizia mentale, o perché credono di far bene, o, ahimé, per convenienza.

Ora, uno degli errori che il PSI condivide con tutta la Sinistra tradizionale, ma che per esso è più grave, consiste a mio avviso nell'aver sempre avuto maggior cura delle masse che degli uomini.

Questa affermazione, oltre che poco originale, può apparire sommaria ed equivoca, e quindi vedrò di spiegarmi meglio, senza darmi l'aria di inventare la polvere da sparo, perché si tratta di cose dette e ridette cento e mille volte.

Il fatto è questo: che il mondo cosiddetto »civilizzato , »industrializzato , »occidentalizzato , è abitato da sudditi, e non da cittadini: manipolato da regimi politici, o dai mostruosi congegni della società del benessere, o da ambedue, l'uomo è sempre più soggetto e meno padrone di sé.

Questo stato di cose è piombato sul collo di noi italiani, che siamo un popolo oppresso da mille anni: e dico da mille anni perché anche i gloriosi Liberi Comuni furono una forma di oppressione, quanto meno delle città sulle campagne: mille anni ininterrotti, perché nessuno ci verrà a raccontare che i governi del 1861-1922 avessero di liberale più che il nome; e mille anni non scorrono senza creare un certo tipo di uomo.

Nella storia del nostro Paese hanno confluito, ovviamente, infinite forze e infiniti eventi: ma se cerchiamo tra le innumerevoli componenti una costante, la troviamo nella esistenza, in Italia, della Santa Sede. Tale presenza nelle vicende politiche, e la generale professione di una fede religiosa senza profonda partecipazione, in modo lassista e paganeggiante, non corretto da alcun movimento riformatore, ci ha fatto trovare impreparati all'avvento del mondo moderno, caratterizzato dalla nascita del moderno Stato e del concetto moderno di democrazia.

Il valore storico della Riforma non sta nell'aver posto in discussione la dottrina della Grazia, ma nell'aver scoperto la responsabilità diretta individuale, e nell'aver posto, con la borghesia allora all'avanguardia, le premesse nel senso dello Stato, del civismo, dell'ordinamento democratico: sono cose elementari.

E veniamo al dunque: non so quando si leverà il gran giorno: non so quando si farà la Rivoluzione: ma so (o mi sbaglio) che non si farà coi vecchi mezzi, a pena di esser tradita subito dopo: nel mondo occidentale non ci sono più Palazzi d'Inverno da espugnare (sul piano mondiale, il discorso è diverso; vedi quel che ha saputo fare per decenni il popolo più gentile della terra, a mani quasi nude, contro la mostruosa potenza dei barbari bianchi): e quando pur ci fossero, che cosa succede dopo l'espugnazione? Questo è il punto.

Socialista, non posso non immaginare un certo tipo di società: una società che non sarà socialista se non sarà democratica. Lasciano stare la libertà: è un argomento infido, perché soggettivo (conobbi durante il ventennio persone che dicevano di sentirsi perfettamente libere, e avevano del tutto ragione: erano i fascisti in buona fede, poverini). E a mio gusto non bastano le case, le scuole, gli ospedali a costituire una società democratica.

Abbiamo fatto la rivoluzione ieri: oggi abbiamo fatto case, scuole, ospedali, trasporti e così via: ma domani chi metteremo ad abitare quelle case, a quali insegnanti affideremo la produzione dei futuri insegnanti, a quali medici e a quali pazienti daremo gli ospedali? (mi trovavo in un Paese dell'Est al momento della riforma generale sanitaria, e vidi ciò che vi accadde) da chi faremo gestire i trasporti, e così via? Tutte queste bellissime e indispensabili cose, tutta questa »promozione luminosa della vita, tutta questa potenziale generalizzazione della giustizia, le affideremo a sudditi o a cittadini? Metteremo nelle case, nelle scuole, negli ospedali, nelle cooperative, dove voi volete, gli uomini che ci consegna un triste passato? Se vogliamo conservare il potere per noi e per i nostri successori, va benissimo, altrimenti no: se siamo socialisti, no.

I movimenti e i partiti di sinistra hanno avuto il merito storico, incommensurabile, di avere fatto delle masse le protagoniste della storia: ma vi è stato, nel corso della storia, chi ha fatto delle masse, ormai potenti, le complici involontarie delle proprie infamie.

Occorre quindi che le masse siano composte di uomini di tipo un po' diverso: il solo Paese ove mi sembra si stia tentando di risolvere il problema è la Cina, verso la quale professo grande considerazione nella speranza che il tentativo riesca.

Ma siamo in Italia. E torno dove ho cominciato. I nostri partiti di sinistra hanno commesso errori, è vero: ma nessuno è infallibile, né Partito né persona: di più, per quanto riguarda il PSI, vi sono stati errori non tanto voluti, quanto piuttosto prodotti, direi fatalmente, dalla situazione esistente in questi ultimi decenni, immensamente difficili per il movimento socialista: ma un errore particolare mi sembra, come ho detto avanti, la scarsa attenzione all'uomo: all'uomo, appunto, che ci viene consegnato da mille anni di oppressione, e che va disintossicato, se non vogliamo prefigurare una società che sarà, magari, giusta e piena di belle cose, ma non ancora socialista, perché soggetta a tensioni irreprimibili, a incapacità di autogovernarsi, a difficoltà nel conciliare aspirazioni e possibilità, interessi presenti e realizzazioni future: a esitazioni nel creare una società pulita: una società appunto, di cittadini capaci di gestire la Rivoluzione e non di sudditi capaci, appena cessata la mischia, solta

nto di attenderne i benefici. E per tutto quel che si è detto prima, mi sembra che in Italia, per trasformare il suddito in cittadino, la componente laica sia indispensabile.

Dico laica, che non significa necessariamente anticlericale: altrimenti sarebbero anticlericali quei preti e frati (anche rivestiti di dignità vescovile) che si sono pronunciati, nell'interesse stesso della Chiesa, per l'abrogazione del Concordato.

Una volta precisato il senso della parola, va

detto che la componente laica dovrebbe entrare in Italia nella prassi di ogni partito d sinistra, in quanto educazione al corretto pensare civile.

E questo, purtroppo, non accade: se ne sono avute prove infinite e deludenti; da ultimo, la paura del referendum.

Il timore che accadessero (per dirla con una immagine) risse in fabbrica sulla questione del divorzio è il segno di quanto poco i partiti di sinistra abbiano in mano l'uomo a petto di quanto abbiano in mano le masse. Ed è cosa che all'estero non capiscono. In Svizzera, ove fanno uso normale del referendum anche per questioni assai gravi, non sono mai accadute risse, che io sappia. Eppure la tolleranza, il rispetto reciproco, la capacità di giudizio individuale, il comportamento civile, caratteristiche del laicismo, sono più diffusi di quanto i Partiti non credano, pur essendo astronomicamente insufficienti.

Per questo occorre la componente laica nelle lotte di massa.

Se dovessi sintetizzare il mio pensiero sulla collocazione del movimento radicale nel panorama politico italiano, ricorrerei all'immagine di Benedetto Croce che, nei tempi oscuri e fulgidi della clandestinità, pensava alla funzione del Partito Liberale nell'Italia allora futura come a quella di un pre-partito, presupposto di tutti i possibili partiti, ai quali avrebbe dovuto fornire ispirazione e suggerimento.

Certo, con il divorzio, con l'obiezione di coscienza, con l'abrogazione del Concordato e così via, non si fanno né case né scuole né ospedali: ma divorzio, obiezione e così via insegnano all'uomo come ragionare, come giudicare, come battersi per gli altri e non per se stesso, come individuare il nemico al di là degli schieramenti ideologici, come imboccare la strada verso i grandi obiettivi di massa e come comportarsi quando questi saranno raggiunti come si accompagnino lotte economiche e lotte civili, e così via.

Tutto questo non è da rimandare al futuro: quante cose Lenin, che pure se ne intendeva, non ha rimandato al futuro, e poi si è visto che cosa è successo? Egli come è noto aveva fiducia nel personale politico, nella funzione egemone di quella frazione della borghesia, di quegli intellettuali ai quali assegnava la funzione di portare il proletariato della lotta sindacale alla lotta politica: ma noi sappiamo come sono andate le cose: malgrado gli incommensurabili progressi e la meravigliosa nascita a nuova vita, i popoli sovietici sono ancora sudditi nel senso detto prima.

Abbondano le dottrine, rispettabilissime, per spiegare il perché e magari la necessità e la convenienza della sudditanza: ma nessuna è riuscita a convincermi che una società socialista possa sussistere, e una rivoluzione moderna possa farsi senza dover subito ricorrere alla tirannide per durare, se i sudditi non si trasformano in cittadini.

E questo, per definizione, deve esser fatto prima, senza sperare che possa esser fatto dopo: e la componente radicale cerca appunto di farlo prima, di farlo oggi: essa fornisce ai Partiti della sinistra argomenti capaci di scuotere l'uomo dal suo torpore (anche torpore rivoluzionario, se mi capite) per non lasciare questo compito ai capi futuri o... al mai nelle mani di pochi a venire.

Anche Marx, nel primo capitolo del Manifesto, descrisse le frange staccate dalla borghesia per allinearsi al proletariato: ma non assegnò loro alcuna funzione egemone. Al contrario, a conclusione del secondo capitolo, pose l'affermazione fondamentale: essere il libero sviluppo di ciascuno la condizione del libero sviluppo di tutti.

E non viceversa".

Giorgio Fenoaltea

IL CONSIGLIERE NAZIONALE PLI D'IPPOLITO: DI FRONTE ALLE OSCURE PROSPETTIVE DELLA POLITICA UFFICIALE, MI ISCRIVO AL PR

23 agosto 1972

"Caro Mellini, condivido la necessità di impostare il referendum per la abrogazione del Concordato e del Trattato Lateranense e delle norme autoritarie della nostra legge penale (al qual riguardo, per la Sinistra Liberale, in un Convegno Nazionale a Lecce, 3-4 anni or sono, preparai uno schema di riforme), pur scottato dall'insuccesso del tentativo fallito sul codice per il quale insieme agli amici Del Vecchio e Guidi, mi interessai a Cosenza.

Compreso nel momento - delicato e difficile - nel quale viviamo e si dibatte la angusta società italiana e delle oscure prospettive della politica ufficiale del nostro paese, pur militando, da molti anni, nel Partito Liberale, e Consigliere nazionale, e consigliere comunale qui a Cosenza, sento di dover chiedere l'iscrizione al Partito Radicale, come seconda iscrizione".

Ernesto D'Ippolito

POICHE' MI SONO ROTTO I COGLIONI...

Milano 31,1,72

"Gentile segreteria del PR, dal momento che mi sono rotto i coglioni, è mia intenzione iscrivermi al Partito Radicale. Inoltre desidererei essere tenuto al corrente di ogni attività da Voi intrapresa, in special modo relativamente a Milano Sono già abbonato a La Prova Radicale".

E. B.

DA LIBERO PENSATORE

Milano 14 febbraio 1972

"Caro Bandinelli, ho ricevuto lo statuto del partito e la ringrazio.

Oggi stesso ho versato alla posta le dodicimila lire richieste per l'iscrizione. Credo che un libero pensatore quale sono non potesse scegliere data più significativa (l'anniversario dei famigerati patti lateranensi) per entrare a far parte dell'unico autentico partito anticlericale italiano.

Grossi impegni si delineano per il partito in vista delle prossime elezioni e del referendum antidivorzista. Spero di avere l'occasione di prestare la mia fattiva collaborazione, specialmente se si potrà costituire un gruppo radicale a Milano. Ormai gli iscritti milanesi, se non sbaglio, sono, col sottoscritto, nove. Ne manca solo uno per poter formare una »associazione . Forse potrei trovare io stesso il decimo. Che cosa mi può suggerire a proposito dell'eventuale fondazione di questo gruppo?

La leggerò molto volentieri e intanto la saluto cordialmente".

Luciano Conti

I SEMI COMINCIANO A GERMOGLIARE

Strassoldo, 12 marzo 1972

"Caro Pannella, le sono grata di avermi accolta tra voi: penso alle Sue battaglie, alle Sue sconfitte - ma anche alle Sue vittorie - a cominciare dal divorzio - e mi sento fiera di aver sempre sentito attrazione per tutto quello che facevate. Non si lasci scoraggiare dal maleodorante gregge dei così detti benpensanti: dalla periferia (e pur da una periferia »nera ) si può vedere che i semi cominciano

a germogliare: peccato che non vedrò le belle piante cresciute. Ma forse voi, da vicino, esposti come siete, non potete mettervi in un angolo visuale giusto".

Fausta Mancini La Penna

CONTINUATE A BATTERVI MA NON COSTITUITE NESSUN PARTITO

Moncalieri, 10 aprile 1972

"Ricevo sempre Notizie Radicali e le pubblicazioni in sostegno del divorzio. Ero iscritto al Partito Radicale fino alla sua eclisse per i litigi fra alcuni suoi grandi esponenti. Dopo sono passato al PSI. Adesso vedo che è giunto il momento di dire a voi, che vi battete per la ricostituzione del Partito, che ciò sarebbe un errore. A chi gioverebbe? Su quale elettorato conterebbe? A quale altro Partito sottrarrebbe quei pochi o molti voti? Quale apporto potrebbe dare alla sinistra nel Paese, perché certamente si schiererebbe con la sinistra? Servirebbe solo a rendere più ridicoli gli italiani, ché ciascuno, quasi, vuole farsi un partito su misura. Danneggerebbe, infine, proprio la Sinistra, alla quale vuole giovare. Già il frazionismo fra i socialisti è deleterio; la scissione del Manifesto dal PCI lo sarà altrettanto; e se neppure i comunisti si fossero separati dai socialisti, oggi le sinistre governerebbero l'Italia, invece la stanno gettando nelle braccia del MSI! Le scissioni, a sinistra della DC con Lab

or e alla destra con Greggi, non danneggeranno la Destra tanto quanto le scissioni delle sinistre hanno danneggiate queste. E vogliamo ancora continuare? Cerchiamo, invece, di spingere i tre partiti socialisti a riunirsi o almeno a non dilaniarsi. Le differenze interne dovrebbero essere soffocate e risolte nell'interno. Non sostengo che non ci debbano essere frazionismi, ma che non ci debbano essere rotture.

Continuate a battervi per il divorzio e per tutte le cause che vivacemente difendete, ma non costituite nessun partito".

Lorenzo Mascioli

LA VOSTRA LOTTA E' LA MIA

Pedavena (UD), 12 aprile 1972

"Egregi amici, (...). Faccio seguito all'invio attraverso il vostro CCP di lire 5.000 in favore del

vostro numero speciale che deve sortire prossimamente. Lodo e apprezzo la vostra attività, vorrei fare l'impossibile per essere di aiuto allo sforzo enorme che fate per la nobile causa che ci è comune, per l'anticlericalismo, l'antimilitarismo, la liberazione della donna, per l'abbattimento di questa orribile società marcia (...).

Continuerò ad esservi di aiuto come posso come per il passato: la vostra lotta è la mia, il nemico ci è comune (...)".

Vittorino De Col

ERRORE NON PRESENTARSI ALLE ELEZIONI

Roma, 20 aprile 1972

"Caro Pannella, 1) gravissimo errore è stato quello di non presentare il partito alle elezioni. Anche se le probabilità di riuscire fossero state esigue, valeva la pena di tentare, perché altrimenti il partito, che all'estero ha avuto notevoli successi (vedi Francia e Cile, per esempio), si sarebbe condannato da sé all'annientamento. Come è avvenuto?

Pannunzio espulse Piccardi e, in conseguenza per solidarietà si allontanò Ernesto Rossi, col risultato della fine del »Mondo e dello stesso Partito Radicale. I movimenti, le associazioni, le leghe possono liberamente agire in ogni senso, sbizzarrirsi, avanzare proposte inattuali, anche se belle, ma non possono ambire a un consenso di masse. I partiti invece devono rispettare le regole del gioco, usare le tattiche e le strategie adatte per battere i nemici, e non è necessario, anzi è bene, conculcare idee non sentite, perché l'arte della vera politica, checché ne pensò Machiavelli, sta nel conciliare la sincerità delle convinzioni con l'azione a largo respiro, atta a persuadere le masse. E ciò è indispensabile, se no si rimane, a lungo andare, nell'empireo delle velleità (...)

2) La lotta per l'istituzione del divorzio è quanto di più urgente esista nel nostro paese (oltre al controllo delle nascite, senza il quale insorgono i problemi della casa, della scuola, della sanità, della disoccupazione), istituzione adottata da tutti i paesi civili del mondo. Gli ostacoli frapposti dai furbi Bufalini non possono che essere fragili perché la società checché ne dicano i pluridecorati Birindelli e De Lorenzo, è in cammino. Piuttosto è da rilevare che il problema del divorzio rientra nella difesa dei diritti del cittadino, costituendone una parte. E felice è stata la formula dell'on. Fortuna sulla difesa dei diritti del cittadino.

3) L'emancipazione della donna non ha senso se non si ricollega a qualcosa di concreto. La prostituzione scompare, con buona pace del clericale Fausto Antonini, se vengono meno le cause che la provocano: il bisogno. Quindi anch'essa rientra nei diritti civili del cittadino.

4) L'antimilitarismo. Nessuno è più antimilitarista di me, ma, fin quando vigono leggi come le attuali, antimilitarista significa fuori legge. E la legge è legge (dura lex, sed lex). Bisogna cambiare la legge. La rivolta, o per dirla grossa la rivoluzione, non è attuabile con i carri armati della polizia e con i missili americani installati dal Friuli alla Sardegna. Bisogna rendersi conto della realtà".

Salvo Barbagallo

"P.S. - Dimenticavo il grave errore dell'astensione dal voto. In linea di principio, può l'astensione trovare giustificazioni (protesta per le ingiustizie sociali o, in particolare, per il premio di maggioranza ai partiti che raccolgono più voti), ma dal punto di vista concreto sa molto di »raskolniki ; il computo proporzionale dei voti causa un aumento della percentuale, in conseguenza dell'astensione, delle adesioni espresse. Frati e suore vanno a votare incolonnati. Occorre dare un voto laico qualsiasi (salvo per il MSI, che è fiancheggiatore della DC, come si è visto per il divorzio). Si dice che i laici sono servi della DC; ammesso che sia così, il che non è perfettamente vero, una maggior forza di un partito laico equivale a maggiore autonomia, minor tentazione di asservirsi alla DC, e quindi minore tracotanza della DC. C'è chi dice che una lezione sarebbe salutare, ma i politici di professione non ascoltano lezioni, nemmeno quella maestra della storia, imboccano la strada più comoda, spregiudicatament

e anche a scapito di tanti ideali".

DA SOLDATO VOGLIO FARE QUALCOSA PER AIUTARVI

24 aprile 1972

"Spett. Partito Radicale, sono AZ del battaglione trasmissioni.... Non sono mai stato iscritto ad alcun partito politico (soltanto circa quattro anni fa, sono stato legato per qualche mese ad un gruppo pseudo-anarchico, ma soltanto per motivi affettivi).

Dato che considero il servizio militare una illegalità e una offesa all'individuo e poiché ho

saputo che voi vi interessate attivamente in questo senso, vi scrivo per sapere" se posso fare qualcosa per aiutarvi, anche minimamente, nei vostri sforzi. "So che la mia posizione, ora che ho accettato di servire l'esercito, è più difficile che se avessi rifiutato dall'inizio. Ma allora pensavo che mi potessi rifiutare soltanto per motivi di coscienza e siccome pensavo che se a me insegnano a sparare, non è detto che dovessi sparare per forza (avevo una paura maledetta di andare in prigione). Adesso la paura ce l'ho ancora (però solo di stare chiuso sempre in una camera che qui è una prigione) ma non è così forte. Uno deve pur vincere qualche paura, mi dico, specie se c'è un obiettivo giusto e vero. Non sono maggiorenne e quindi non posso aiutarvi in quel senso.

Spero che il tempo di elezioni non ritardi troppo la vostra risposta che però spero di ricevere, almeno per avere un sostegno morale in questa atmosfera di rassegnazione generale. Ciao".

NON RINNEGANDO L'IDEOLOGIA COMUNISTA SONO E MI PROFESSO RADICALE

Vittoria, 5, 5, 1972

"Cari Amici del Partito Radicale, sottoscrivo con consapevolezza e senso di responsabilità la campagna astensionista da voi lanciata attraverso il vostro organo di stampa »Notizie Radicali n. 155 del 29 marzo 1972.

Con la mia astensione, unitamente a quella di mia madre, intendo esprimere la mia totale sfiducia nelle istituzioni dello Stato repubblicano, rinunciatario e clerico-frontista.

Le manovre antidivorzio, cui si sono associate le sinistre tradizionali sedicenti laiche, mi hanno indignato.

Per conto mio, io il divorzio l'ho già ottenuto, grazie alla legge Fortuna, con sentenza 9-2-1972 del Tribunale di Ragusa. Fra qualche giorno la sentenza passerà in giudicato e saranno eseguite le annotazioni di rito. Il che mi permetterà, prima, di riconoscere legalmente i miei due figli naturali, rispettivamente di cinque e di quattro anni; poi di legittimarli per il susseguente matrimonio con la loro madre, che avverrà intorno alla metà del mese di giugno prossimo.

Personalmente, ancor quando la legge Fortuna dovesse essere abrogata, potrei ritenermi pago, avendo raggiunto lo scopo che mi prefiggevo.

Ma il divorzio è l'elemento catalizzatore della democrazia italiana, e per questo mi batto perché il suo istituto giuridico permanga nella legislazione italiana.

Ho creduto nel partito comunista, dove milito dal 1953, nonostante le mene togliattiane che portarono all'approvazione del famigerato articolo 7 della Costituzione. Le vicende del divorzio han fatto cadere la maschera di laicismo ai politicazzi che reggono le sorti di questo partito. Pur non rinnegandone l'ideologia, sono e mi professo radicale.

Sono laureato in giurisprudenza. Ho 51 anni. Unisco il certificato elettorale mio e di mia madre a comprova della mia astensione e vi autorizzo a fare il mio nome attraverso Notizie Radicali.

Faccio seguire un conto corrente di cinquemila lire quale modesto contributo mio personale alla campagna anticlericale e divorzista. Esprimo tutta la riconoscenza mia e delle mie tenere creature inconsapevoli all'on. Loris Fortuna e alla LID".

Salvatore Gallenti

HO VOTATO MANIFESTO ALLA CAMERA E PRI AL SENATO. MI ISCRIVO

Varese, 12, 5, 72

"Chiedo di essere iscritto al partito radicale. Sono nato a Genova, ho 38 anni. Laureato in chimica e farmacia, sono laureando in sociologia a Trento. Mio padre è stato a lungo perseguitato durante il regime fascista; mio nonno fu uno dei fondatori del partito socialista a Firenze. Non ho indossato né uniformi militari né maneggiato armi (comunque mai armi da guerra) in alcuna occasione: ho eluso - per »astenia nervosa - il servizio militare. Gli è che a suo tempo fui congedato (e non riformato) per »fine ferma , dopo aver trascorso tutto il periodo di leva in prigione: e ce ne sarebbe da raccontar di gustose!

Prima di »partir soldato feci a tempo a conoscere »Il Mondo di Pannunzio... Presso gli ambienti radicali della Liguria conobbi, allora, gli avvocati Villabruna, Raggì e Virgilio: ma son cose di 15 anni fa.

Dal 1957 al 1961 fui iscritto al PCI...

Qualche giorno fa ho votato: per il Manifesto (Camera) e per il PRI (Senato). Massimo Mila, quando sceglie, un bastone a scopo di difesa, bada principalmente che sia »bello, grosso,

nodoso e robusto Ma, tarli a parte, si dice anche che chi ti lega e impedisce è il trave, non il giunco. Sta anche scritto che »...la forza domatrice piccola ha riuscita. Dense nubi ma nessuna pioggia, sulle nostre contrade occidentali " (Libro dei Mutamenti, "50).

Il fatto è che scarseggio, quanto a istinto gregario: e un partito »che può fermare i treni (Roversi) mi fa francamente paura: e mi fa subito pensare al costo del biglietto. Il carisma emanante dal grosso organismo, dalla grossa associazione (o impresa) di partito, ha qualcosa del fascinamento provocato dall'elemento fallico - il randello (del Mila), la potenza che ferma i treni (del Roversi) - tutte cose un po' grevi, un po' tristi, o allarmanti, da »disperate scorte : si invocano quando si sta male di salute..."

lettera firmata

ANARCHICA, VI VERSO IL CONTRIBUTO MA NON VOGLIO LA TESSERA

Napoli, 20-5-1972

"Ciao, so che vorreste arrivare ai mille iscritti entro il tempo stabilito e che avete lanciato anche la proposta della doppia tessera cioè di un qualsiasi partito di sinistra più la vostra.

La mia posizione è diversa, perché io sono anarchica e quindi non me la sento di entrare nel vostro che è pur sempre un partito. Ma poiché condivido tutte le vostre lotte e penso che nei momenti difficili è meglio lavorare insieme anche se si appartiene a gruppi diversi, vi propongo una cosa: fatemi sapere qual è il contributo normale di un iscritto e mandatemi il c.c.; io vi verserò il contributo ma non voglio essere iscritta e non voglio la tessera. Inoltre, non avendo votato, ed essendo stata avvertita troppo tardi della vostra manifestazione a Roma, ho conservato il mio certificato elettorale; se vi serve ancora ditemelo e ve lo manderò (...)".

Susy Rumbolo

MODULI NUOVI PER IL PARTITO D'AZIONE RADICALE

Mantova, 21-5-1972

"Caro vecchio compagno, ho ricevuto la tua e ti ringrazio. Cercherò di essere sintetico spiegandoti certi miei punti di vista e prese di posizione personali, per convincerti innanzitutto - e una volta per sempre - che non credo tu voglia »insaponarmi poiché dalla tua lettera traspare tanto evidente la tua »tensione politica (e la nostra eterna buonafede, purtroppo!) da non esitare a dichiararla in pressione e temperatura, pari alla mia.

Con questi chiarori di luna, se non si riesce a dialogare sinceramente e in modo aperto e leale tra noi laici, allora significa che tutto è davvero finito.

Non esito a definire »assai difficile la creazione oggigiorno, e dopo il successo democristiano - di uno Stato il più possibile laicizzato. Non nutro eccessive speranze che un PR impostato come negli ultimi decenni riesca ad imporsi e crearsi un varco tra posizioni politiche o meglio partitiche ormai cristallizzate dalla tradizione.

Occorre cercare modi e moduli nuovi, più moderni e meno dispersivi; e perché no?, sulla base dell'esperienza meno astratti e più concreti. La realtà è molto complessa e contraddittoria: i problemi sul tappeto ormai troppo numerosi. Occorre trascegliere! E nel compiere tale operazione, è necessario sapersi organizzare per »poter parlare e »saper parlare a strati sempre più vasti di popolazione. Può essere, anzi è senz'altro anche e soprattutto una questione di linguaggio.

Perché essere radicali non è più una forma snobistico-culturale, per iniziati; a parer mio, se Agnelli o chi come lui riesce a recepire un linguaggio progressista ad uso proprio, a maggior ragione chi vuole far politica oggi come oggi, deve riuscire a farsi capire per darsi e offrire una prospettiva dai nitidi contorni. D'altra parte l'onestà non ci manca.

A questo punto ho letto NR che mi hai mandato e l'articolo di quel grande Pannella, uomo veramente ammirevole. Ne sono rimasto commosso. Ma siamo sempre daccapo.

Il PR (mi sembra di scrivere P. Repubblicano; perché non PAR, partito d'azione radicale?) ha assorbito certe forme di protesta tipicamente straniere, ultimamente, ma si trova a muoversi in un contesto reale assai diverso dalle società cui si ispira. Lo ha capito persino il PCI. In politica inoltre - lo si voglia o no - ciò che conta sono i numeri. Due (dico 2) radicali in Parlamento potrebbero togliere l'ambiguità della doppia tessera; la patente di partiti laici ad altre consorterie partitiche ormai strutturate nel potere sistematico; raccogliere sotto la loro »bandiera tutti coloro che credono an

cora di risolvere il secolare problema fra Stato e Chiesa.

Per questi e per numerosi altri motivi che, capirai, ragioni di spazio e di tempo (ho ripreso la lettera due o tre volte!) mi impediscono di riassumere, personalmente alle ultime elezioni ho votato (ore 13,30 del lunedì!!!), anche se in modo parziale.

Non ti deluda ciò. La mia intenzione è sempre quella di dare un contributo sia pure in misura alle mie scarse possibilità alla creazione di questo »nuovo Partito Radicale.

Sono sempre d'avviso si tratti unicamente di sviluppare il problema organizzativo".

Giovanni Botti

SENZA ROMPERE CON IL PSIUP ADERISCO PERCHE' LO STATUTO

CONSENTE LA DOPPIA TESSERA

Ragusa, maggio 72

"(...). Costituire un gruppo radicale in Sicilia, mi sono accorto che è impresa molto più ardua di quanto non mi sembrasse sulle prime, e confesso che mi ero fatto parecchie illusioni: se, comunque, puoi fornirmi indirizzi di persone disponibili, potrò tentare (...). Quanto alla mia disponibilità di azione politica, ti assicuro che sono lieto di offrire al partito tutta la collaborazione possibile (ma non intendo rompere col PSIUP, naturalmente: sono disposto ad iscrivermi al PR, perché lo statuto consente la doppia tessera (...)".

G. M.

HO CONSTATATO L'OSTRUZIONISMO DEI PARTITI DI SINISTRA NELL'ANTI-ROCCO

Budrio, maggio 1972

"(...). Ho partecipato a Budrio all'organizzazione della raccolta delle firme per l'abrogazione del codice Rocco ed ho potuto constatare di persona l'assenteismo e peggio ancora l'ostruzionismo messi in opera dai partiti della sinistra in questa qualificante occasione. Vi prego di disporre per la mia iscrizione al Partito e l'invio della tessera al mio indirizzo (...)".

Franco Sabattini

OPPOSIZIONE ALLA STRUTTURA CLASSISTA E CLERICALE

Giugno 1972

"Compagi, avendo avuto occasione di leggere il vostro giornale e vedendo che la vostra linea politica è una linea di netta opposizione alla forma di struttura classista e clericale di questa società fondata sul clientelismo, nutro grande simpatia per voi e volontà di condurre una simile lotta e quindi per iniziare vorrei avere una vostra risposta sul modo di iscrivermi al Partito Radicale (...)".

Nicola Allegrini

HO INCONTRATO IL PR ANCHE NEGLI STATI UNITI

Roma, giugno 1972

"Cari compagni, questi ultimi due anni non li ho passati in Italia ma a New York. Eppure mi è capitato spesso di »incontrare il Partito Radicale. Ma badate, non mi riferisco agli amici e compagni che, naturalmente, ogni tanto, me ne scrivevano notizie. Né mi riferisco, che so, al servizio di »Panorama sul congresso del Partito o a quello di »Tempo sul processo Pannella per il caso Braibanti, o ad altro di simile. Intendo invece qualcosa di diverso, di molto meno diretto, anche forse di molto più labile. Ad esempio: »Socialist Revolution , un periodico della nuova sinistra americana, pubblica un lungo articolo sulle condizioni della lotta rivoluzionaria in Italia. Esso contiene, fra l'altro, tante considerazioni positive sul »Manifesto (in gran parte le ho ritrovate, in un certo senso, nella lettera al »Manifesto della direzione radicale subito prima delle elezioni: ... »avete riscoperto molti metodi e contenuti di quella lotta libertaria su cui noi radicali abbiamo da dieci anni deciso di qualificarci a

nche se poi il termine "libertario" voi sembrate timorosi di usarlo ...).

Ma, dopo le considerazioni positive, l'autore dell'articolo (Boggs, mi sembra) fa una considerazione per così dire »inquietante ; la constatazione, cioè, che la sinistra rivoluzionaria italiana si mantiene pericolosamente in disparte, proprio come la sinistra tradizionale, tutte le volte che nell'Italia clericale vengono posti all'ordine del giorno i problemi dei diritti civili e della controcultura, i problemi - diciamo

spesso noi radicali - del deperimento del potere nelle istituzioni e nelle coscienze.

Capite dunque, compagni, per quali strade periferiche si possa arrivare, anche a New York, ad incontrare il P.R.? O, ancora, andando alla libreria italiana a comprare »L'Espresso , rassegnato in partenza a trovare sul »supplemento colore il solito articolo di Eco su decodificazione di messaggi pubblicitari e fumetti cinesi, una volta ho trovato un servizio sui movimenti giovanili dei partiti (quelli dei partiti di regime, s'intende): così ho letto dichiarazioni di impegno dei giovani liberali su diritti civili, divorzio e obiezione di coscienza e ho appreso della »lunga linea laica dei giovani repubblicani, i quali arrivavano perfino a nominare il nostro partito.

E così, prima di tornare in Italia a seguire da vicino gli ultimi ineffabili cedimenti dei giovani liberali e repubblicani, incontravo a New York un dato di presenza politica e di potenziale mobilitazione che era anch'esso radicale. E adesso che sono tornato? Lasciatemi accennare ad altri incontri - quelli tra me, iscritto al Partito Radicale, e compagni della sinistra tradizionale o rivoluzionaria, o semplicemente gente stanca e incazzata. Ebbene mai tanto spesso come in questi ultimi tempi ho trovato persone convinte che l'azione e la presenza del P.R. siano indispensabili alla lotta socialista e libertaria in Italia; e mai tanto spesso come in questi ultimi tempi ho incontrato persone convinte che »tanto il P.R. non si scioglierà anche se entro novembre non giungerà ai mille iscritti e che i radicali sono troppo »bravi per non essere anche di vocazione minoritari e masochisti.

E' possibile che non riusciamo a spiegarci o a farci capire.

Non lo credo. Credo invece che di fronte alla necessità e, per la prima volta in Italia, alla possibilità di una effettiva lotta socialista antiautoritaria (necessità e possibilità che trovano tante vie per emergere dalle situazioni più disparate e sempre in senso" radicale), "i nostri potenziali compagni, coloro che potrebbero o dovrebbero diventare militanti del P.R., iscrivendosi, per dio, a questo partito e sostenendone attivamente il tentativo, cedano a riflessi che Reich chiamerebbe »gregari . Credo cioè che essi si lascino andare alla speranza che siano »gli altri , »i soliti a portare avanti, anche per loro le loro lotte di liberazione, scaricandoli così dal peso di una assunzione diretta di responsabilità personale. E perché iscriversi se in definitiva si può continuare a coltivare la speranza che qualche macro o micro-apparato possa scodellare le soluzioni, fornire l'attività militante, preparare per tutti la rivoluzione. E allora si possono puntare un po' di illusioni e di attese anche sul P.R. P

erché no. Tanto sta lì...

Non interpretate, tuttavia, questa lettera, dopo due anni di assenza e dopo il breve periodo trascorso dal mio rientro in Italia, come una lettera di scoraggiamento e di pessimismo. Perché, nonostante tutto, continuo a sperare e a credere che in questo paese ci sia un numero minimo ma sufficiente di persone disposte a tentare e sperimentare la creazione di una organizzazione politica laica, socialista e libertaria, a correrne i rischi e a sopportarne il peso collettivamente, senza deleghe ad apparati di potere e senza fiduce in ideologie passe-partout".

Giovanni Troianiello

MI SONO DECISO A PASSARE DA SOSTENITORE A ISCRITTO PER ARRIVARE A MILLE

Latina 13-6-1972

"Ho effettuato oggi per mezzo c.c.p. il versamento della quota annuale quale nuovo iscritto al Partito.

Se ho tardato il momento della iscrizione non è perché non condivida gli obiettivi del Partito ma piuttosto per la impossibilità da parte mia di partecipare in modo militante alla vita ed attività del Partito.

Penso comunque che il compito più importante è di raggiungere i 1000 iscritti per continuare l'attività del Partito, per questo mi sono deciso a cambiare la mia posizione da sostenitore a iscritto".

Giuliano Giuliani

VALIDI I TEMI LAICI MA NON POSSO ADERIRE ALL'ANTIMILITARISMO

Faenza, 20 giugno 1972

"Questa lettera si riferisce al problema dell'iscrizione e della milizia effettiva nel PR da parte di tutti i sostenitori esterni, come appunto sono io.

E' da molti mesi che i compagni della direzio

ne rivolgono questi appelli, vergognoso è quindi il ritardo e l'assenza di presa di posizione dei simpatizzanti. Io finalmente cerco di rimediarvi, vergognandomi del ritardo.

Chiarisco subito il nocciolo del problema: non mi iscriverò al PR.

L'iscrizione al PR pur non rappresentando quell'avvenimento unico e onnicomprensivo che è dato dalle iscrizioni agli altri partiti e ai marxisti in particolare, necessita tuttavia di una adesione convinta e consapevole all'insieme dei temi caratterizzanti.

Ma se ci si trova in disaccordo su qualche questione vengono meno le condizioni per una milizia onesta.

E quello che mi separa da voi è l'antimilitarismo. Proprio in questi giorni a Faenza, l'amico Babini sta organizzando un convegno antimilitarista per il quale (come in altre occasioni di distribuzione di volantini) sono disposto a dare una mano, ma solo nell'organizzazione. Dovessi propagandarlo gridando slogan, impegnandomi in prima persona come ogni lotta politica esige, non me la sentirei.

Perché lo faccio allora? Perché le attività dei gruppi di minoranza che agitano e infastidiscono i vertici burocratici dei partiti tradizionali, che traggono la loro forza dall'impegno Personale, dall'autofinanziamento, sono indispensabili alla democrazia.

Il Movimento Studentesco, quello del 67-68, ha rappresentato il rifiuto della sclerotizzazione della »democrazia universitaria, ha spazzato via i galoppini e gli arrivisti di partito e soprattutto ha esaltato l'impegno personale.

Ma ritornando al dunque, l'antimilitarismo è il problema che ci divide.

Anche se comprendo la spinta ideale del rifiuto dell'autoritarismo, della negazione di critica, della spersonalizzazione della propria responsabilità, rifiuto che in voi è sincero desiderio di pace, di azione nonviolenta, (anche come metodo in generale, penso) non accetto tuttavia il rifiuto dell'esercito come fine (o mezzo) politico più giusto.

L'abolizione degli eserciti più che un fine in se stesso dovrebbe essere un mezzo per raggiungere: l'obiettivo della pace universale garantita dai principi democratici di giustizia e libertà. Ma al posto di una soluzione così »radicale e terribilmente lontana propendo per l'alternativa federalista come terreno di lotta politica più concreta, più matura nella coscienza popolare, più consono ai fini della pace. Conoscete meglio di me i termini del problema per aver militato nel MFE, ed è quindi inutile che prosegua il discorso. Ciò che ritengo valido nell'azione del PR la lotta sui grandi temi laici.

I problemi agitati dal Partito, ed in particolare il divorzio, attraverso la LID, sono stati l'unica vera attività politica recepita e dibattuta fin negli strati meno formati culturalmente.

Il dibattito su questi argomenti ha scosso tutte le sezioni dei partiti laici con prese di posizione ben nette rispetto ai minuetti dei vertici; ma soprattutto fuori dai partiti a livello delle masse meno politicizzate, il divorzio in particolare, ha obbligato alla discussione e alla presa di posizione. Ed è già tanto in un paese pilatesco come il nostro.

Riassumendo questa sbrodolata, ritengo valida l'attività nel PR per i temi laici ma non mi sento di aderire all'antimilitarismo, in ciò forse esiste una contraddizione, perché negando il mio appoggio effettivo (cioè iscrizione) rischio di compromettere l'esistenza del PR e quindi anche di quella parte che approvo. Del resto però la coerenza mi impedisce di chiudere gli occhi di fronte a ciò che non accetto.

Saluti fraterni".

Piero Ignazi

DA ANARCHICO VORREI APPROFONDIRE LE MIE ANALISI

Ragusa, 21 giugno

"Cari compagni di Notizie Radicali, ho spesso letto il vostro giornale, che mi ha passato un compagno quando gliene sono arrivate due copie, e l'ho trovato molto interessante, anche se non condivido, nella mia posizione di anarchico, il fine legalitario di certe iniziative come quella per il divorzio, e quello di asservimento alle leggi dello Stato, come quella della obiezione di coscienza e l'alternativa del servizio civile. Comunque, un dibattito è sempre utile, per questo vi chiedo di inviarmi il vostro giornale onde poter approfondire le mie analisi, e nello stesso tempo essere al corrente di certe iniziative.

Spero che sarete in grado di inviarmelo; per il momento vi mando i miei migliori saluti anarchici".

Giuseppe Guerrieri

COMUNISTA DAL 1948 AL 1960, DEVO SOSTENERE ORA CHI SI OPPONE AL PREPOTERE CLERICALE

Bordighera, 21 giugno 1972

"Prima di prendere la decisione di aderire al Partito Radicale ho voluto farlo ponderatamente, ritenendo che, nelle attuali contingenze, ciò comporta la responsabilità di immedesimarsi in una lotta politica che non sia solo passiva e dovevo quindi scrollare da me amarezze e sfiducia, nonché una buona dose di pigrizia acquisita di conseguenza.

Ho aderito al Partito Comunista nel 1948 e, sino al 1960 ho creduto alle sue capacità rinnovatrici sul piano sociale come sul piano morale. La politica ufficiale, invece non si è mai occupata di educare i suoi aderenti a pensare che per rimuovere le vecchie strutture di una società come la nostra debbono essere essi stessi a volerlo ed a indicarne le priorità, ma costantemente e senza sosta. Si è assistito così alle incertezze, titubanze e riluttanze e soprattutto ad una sopravalutazione dell'avversario - in funzione unicamente del numero e delle proprie alleanze esterne - da parte dei dirigenti del PCI. Essi non sollecitavano se non nel modo un po' artificioso ed artefatto dei congressi, il parere e la guida della base.

Questo ha portato in politica estera ad una sudditanza ad una nazione estera i cui interessi non erano sempre quelli degli italiani, in nome di una cosiddetta solidarietà internazionale dei partiti comunisti, ma in effetti all'accettazione supina e servile verso chi spesso calpestava vergognosamente i principi basilari del comunismo a fini di propri interessi.

Sul piano interno assistevamo a sterili battaglie verbali in parlamento e ad organizzazione di manifestazioni di piazza spesso altrettanto sterili sul piano dell'adesione delle masse.

Nulla era però fatto per la formazione di menti aperte e nuovi concetti di rapporti fra le genti, nulla più che un esempio assai distante nello spazio come nel tempo era additato come modello di una nuova società. Il concetto innovatore si è via via svuotato di ogni contenuto, l'unico obiettivo era quindi l'adoperare i consensi per giungere al potere, per fare ciò, ovviamente, svanita ogni velleità rivoluzionaria, vale la ricerca, del compromesso palese od occulto con l'avversario, si rinuncia ad assumere la guida nella lotta per l'abbattimento di quelle che sono le sue roccaforti, innanzi tutto il concordato fascista, le leggi fasciste, le impalcature burocratiche spesso parassitarie di cui questi si circondavano e si bardavano per difendere il privilegio, e si giunge poi", dulcis in fundo, " ad una palese proposta di collaborazione governativa e ciò dopo decennale esperienza socialista e fallimentare.

Questo indica che è scomparso in Italia l'unico baluardo numerico che avrebbe dovuto contrapporsi efficacemente al prepotere clericale ed è necessario e indilazionabile che altri prendano i mano il vessillo della libertà.

Questo piccolo gruppo di uomini coraggiosi è serio. Ho seguito con ammirazione la loro tenacia di questa prima fra tutte le battaglie per il divorzio. Seguo con ammirazione che la tiepidezza e la fellonia dei cosiddetti laici non li sgomini, voglia la sorte che gli italiani imparino presto a conoscerli meglio".

Aurelio Barbaro

L'OBIETTIVO DEI MILLE E' TROPPO AMBIZIOSO IN UN ANNO PER LA MILIZIA RICHIESTA

Venezia, 24 giugno 1972

"Cari amici Bandinelli e Ramadori, ho ricevuto in questi giorni la tessera del partito radicale di sostenitore non iscritto. Vi ringrazio di avermela inviata.

Nella lettera di accompagnamento scrivete »l'indubbio interesse dei sostenitori e simpatizzanti per le iniziative di questi mesi ci fanno ritenere che le difficoltà nel raggiungimento dell'obiettivo siano imputabili essenzialmente alla impossibilità di raggiungere attraverso la informazione più larghe masse di cittadini, di democratici .

Ritengo che l'impossibilità di raggiungere attraverso la informazione più larghe masse di cittadini non sia la sola difficoltà nel raggiungimento dell'obiettivo (anche se indubbiamente esiste). Un'altra non lieve difficoltà forse consiste nell'obiettivo stesso: troppo impegnativo. Gli iscritti al partito radicale al 31 dicembre 1971 (da »Notizie radicali n. 146 del 1· febbraio 1972) erano 217. Qualsiasi partito, che si ponesse il dilemma di quintuplicare (o quasi) il numero degli iscritti in un anno o chiudere i battenti, sarebbe inevitabilmente costretto a quest'ultima scelta.

Altre cause potrebbero essere la paura di iscriversi per tema di non essere poi all'altezza delle richieste della direzione centrale o delle eventuali segreterie di sezione per »una militanza

radicale effettiva , come voi scrivete, sempre nella lettera di accompagnamento della tessera che m'avete inviato. Forse molti, che condividono le vostre idee, sentono di non avere poi tempo a disposizione da dedicare al partito perché già pieni di lavoro e di impegni fin sopra i capelli; altri forse sono restii perché non se la sentono di scendere in piazza. Utilissimi quelli che lo fanno, ma ognuno è quello che è: è biondo o bruno, magro o grasso, ecc.; non tutti possono avere le doti di disinvoltura e coraggio fisico per operare come mi sembra molti radicali (ed hanno la mia ammirazione) hanno operato in questi ultimi tempi".

Bruno Baga

SE E' POSSIBILE RIMANERE REPUBBLICANO PRENDO LA DOPPIA TESSERA

ALTRIMENTI MI DIMETTO

Venezia, 5 luglio 1972

"Chiedo di iscrivermi al partito radicale. Basta questa mia lettera od occorre riempire qualche modulo? Nel primo caso potete inviarmi la tessera di iscritto al posto di quella di sostenitore non iscritto, da me già ricevuta un po' di tempo fa; nel secondo caso resto in attesa del modulo d'iscrizione. Sono nato a Sorbolo (Parma) il 15-3-1923 e sono insegnante elementare. Poco dopo la fine della guerra (prima del referendum repubblica-monarchia) mi iscrissi al partito repubblicano e vi sono tuttora iscritto (con precisione alla sezione di Mestre) anche se i repubblicani veneziani e mestrini quasi non mi conoscono perché, per un sacco di grane ed impegni, non posso quasi mai partecipare alle riunioni. In qualche numero di »Notizie radicali o su »La prova radicale (non ricordo bene) mi sembra d'aver letto che accettate anche l'iscrizione di iscritti ad altri partiti. Per voi, cioè, va bene, pure l'iscritto con doppia tessera. Se questo sistema è ancora valido, lo preferisco; in caso diverso, darò le dimission

i dal partito repubblicano.

Vi ringrazio ancora per la vostra amichevole lettera e per la comprensione per i compagni diversi, per natura e carattere (o chi lo sa per che cosa), dai militanti di grande attività. Mi fa piacere il sapere che sono bene accetti anche loro (e forse io sono, più o meno, uno di quelli) perché così il partito non sarà un insieme »di uguali e di identici , come scrivete".

Bruno Baga

SPERO CHE LA VOCE DEI RADICALI CONTINUI AD ESISTERE

Messina, 25 giugno 1972

"Amici radicali, ho quasi vergogna a farmi sentire.

E' veramente triste accorgersi di essere soli, e, quello che è peggio, circondati da un agglomerato di persone refrattario ad ogni colloquio politico.

Il vostro invito di diffondere la rivista in occasione delle elezioni è andato abbastanza male: alla mia distribuzione e informazione non è corrisposto un seguito concreto.

Oggi per, ai Vostri appelli, che considero vitali per il prossimo futuro, rispondo a titolo personale col desiderio di iscrivermi al partito ed a alcune leghe.

Non voglio dire altro per ora, spero soltanto che la voce dei radicali continui ad esistere. Da parte mia farò quanto è nelle mie forze per aiutarvi.

Andando al concreto aspetto la fine del mese per inviarVi un vaglia con quanto mi sarà possibile ritagliare dallo stipendio. Sperando di sentirci a presto ed essere in numero maggiore, Vi saluto caramente".

Saro Visicaro

NON CHIUDERE, CONCENTRARSI SULLE INIZIATIVE IMPORTANTI

Roma, 28 giugno 1972

"Sono inglese, e vivo da dodici anni in Italia. Quest'anno, dopo più di dieci anni di contatti con il PR, mi sono iscritta. Spesso, nel passato, non mi sono trovata d'accordo con le sue iniziative, ma davanti alla seria minaccia di chiusura del Partito, e rendendomi conto della completa mancanza di un altro gruppo o forza politica in Italia basata sulle libertà civili mi sono iscritta, nella speranza che il Partito continui, anche di fronte a sconfitte dure e al »seeming lack of interest , la sua battaglia, oggi così isolata. Il PR dovrà forse, ancora una volta, stringere la cintura, lasciare forse molte iniziative importanti per concentrarsi su altre, poche, più importanti; ma non dovrebbe chiudere, perché la chiusura del Partito non significherebbe, come vorrebbero tanti, la sconfitta dei »quattro straccioni , ma vorrebbe dire la sparizione dell'unico valido" tentativo "verso quel

tipo di attività politica, democratica e moderna, alla quale ci siamo abituati già da decenni nei paesi anglo-sassoni, con la quale uno può essere d'accordo o non, ma senza la quale un paese non può veramente considerarsi" vivo.

H. M. Milrod

 
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