SOMMARIO: Il testo della dichiarazione di disobbedienza civile per la liberazione dei prigionieri politici.
(LA PROVA RADICALE - BENIAMINO CARUCCI EDITORE - N. 4 - ESTATE 1972)
Per ragioni di stato, di classe o di partito, i nostri governi difendono e usano - quanto meno assuefatti moralmente a questo obbrobrio - quell'»universo carcerario che poteva essere solo ricordo di secoli d'inciviltà ed è invece realtà della Repubblica.
Contro questa ignominia, dovere dei cittadini è quello di ribellarsi e di lottare adeguatamente, senza ricorso ad improponibili deleghe di responsabilità, alibi pretestuosi e disonesti quando siano in causa principi stessi del vivere civile e della civiltà democratica.
Incombono oggi, con particolare urgenza, due fatti, due esempi, due occasioni di eccezionale gravità. Non possiamo continuare a chiedere ai nostri occhi di non vedere, alle nostre coscienze di non giudicare, alla nostra moralità di non intervenire, alla nostra privacy di ritenersi non toccata e coinvolta. Significherebbe, con certezza, per la seconda volta nel giro di pochi decenni, consegnare definitivamente la giustizia, o la sua speranza, proprio nelle mani di chi ne fa strazio, e di chi tenta o rischia di mutarla in pura e semplice, immonda violenza.
Prigionieri politici dell'esercito e della giustizia che gli è delegata, i nostri compagni e fratelli obiettori di coscienza sono rinchiusi, sempre più numerosi ed a lungo, nelle carceri militari. Ogni anno, secoli di reclusione e di sofferenze li colpiscono. Come un tempo altri uomini di vera e radicale Riforma che dovettero testimoniare con la vita e con il carcere per la libertà di coscienza e di religione contro il potere della Chiesa, cosi oggi contro il potere - che si vuole anch'esso sacro - dello Stato, gli obiettori pagano la loro fedeltà alla religione della libertà, della pace, della giustizia e della fraternità. La stessa barbarie li colpisce. La stessa pretesa di annientare le coscienze, incatenandone i fedeli, viene loro opposta: ma questo accade ora nel nostro stesso nome, volontà, di popolo italiano. Con la nostra personale, quotidiana e multiforme collaborazione.
Prigionieri politici dello stato e della sua giustizia, Pietro Valpreda, Roberto Gargamelli, da tre anni e mezzo attendono e chiedono invano, dalla galera, di essere giudicati per i reati che sono stati loro imputati e dei quali, sempre più chiaramente, la pubblica opinione li ritiene innocenti. Continua su di loro quella strage di istituzioni civili, di leggi e di civiltà - non meno che di esseri umani - che dal dicembre del 1969, dalla Banca dell'Agricoltura e dalla Questura di Milano, si va perpetuando e accrescendo.
La stessa giustizia che li ha incarcerati pretende ora di non potere né giudicarli né liberarli. Poiché è nel nostro nome che i magistrati Occorsio e Cudillo li hanno catturati e mantenuti prigionieri, compete a noi rendere loro quei diritti e quella presunzione di innocenza che la Costituzione e la civiltà gli assegnano.
Non ci è possibile pensare di farlo direttamente, né di direttamente liberare gli obiettori di coscienza, innanzitutto a causa delle nostre convinzioni; ma pensiamo che anche coloro che fidano nell'uso della forza e della violenza rivoluzionaria contro quella dello Stato e delle maggioranze, non possano proporsela.
Opporremo quindi a queste situazioni la risposta radicale, pacifica, nonviolenta della non collaborazione e della disobbedienza civile. Siamo infatti convinti che è nella stessa organizzazione della società moderna, a partire dalle sue più peculiari caratteristiche, che possano e debbano trovarsi le armi vincenti, popolari perché direttamente agibili dalle masse, atte ad essere usate da ogni donna ed ogni uomo, contro la violenza del potere e delle istituzioni, che è l'essenza stessa del fascismo.
Inizieremo questa lotta con il rifiuto di pagare d'ora in poi le imposte che eventualmente dovremo allo Stato, se non detratte della percentuale corrispondente al totale del bilancio riservato alla Giustizia ed alla Difesa. Porteremo avanti questa forma di disobbedienza civile fino a quando il Parlamento non avrà approvato una legge che sancisca l'effettivo esercizio del diritto all'obiezione di coscienza, diritto previsto nella convenzione europea dei diritti dell'uomo ratificata dalle Camere sin dal 1965, emendando sostanzialmente, quindi, la legge repressiva e fascista votata dal Senato nella scorsa legislatura; e fino a quando la Giustizia che lo ha sequestrato non liberi Valpreda, in attesa del giudizio che inutilmente egli ed i suoi compagni hanno invocato.