Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
ven 26 apr. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Azione Nonviolenta - 31 agosto 1972
Il volantino del Movimento Nonviolento

SOMMARIO: Utilizzando una frase di Albert Camus ed una di George Bernanos, il volantino del Movimento Nonviolento distribuito alla VI marcia antimilitarista Trieste-Aviano (26 luglio al 4 agosto 1972) esorta a non rassegnarsi più davanti all'assassinio legalizzato e agli infami processi del terrore, ma a responsabilizzarsi senza più accusare il capitalismo, il comunismo od altro. Esorta, pertanto, al rifiuto di qualsiasi meccanismo che porti alla guerra (compreso il servizio militare). Tutto ciò condurrà, secondo il volantino del Movimento Nonviolento, alla creazione di strumenti e forme nuove di autogoverno che liberino gli uomini da ogni tipo di oppressione.

(AZIONE NONVIOLENTA, luglio/agosto 1972)

"Se oggi sono in molti a maledire la violenza e il crimine, minore è il numero di coloro che vogliono poi riconoscere la necessità di rivedere il loro modo di pensare e di agire."

Albert Camus

Abbiamo alle spalle - e sulla coscienza - due guerre mondiali: decine di milioni d'esseri umani trucidati!, devastazioni folli, totalitarismo crescente degli Stati. Ci assedia la minaccia di una terza guerra apocalittica - con intanto una serie di piccole (!) guerre che la vanno preparando.

Riflettiamo attentamente. A questo scandalo si è giunti mettendo in campo le migliori intenzioni. Da destra e da sinistra, sostenendo che la propria verità sia la più adatta a rendere più sicura e felice la vita degli uomini, queste buone volontà congiunte hanno messo capo a un mondo infernale dove si uccide in massa, si tortura, si insulta la dignità dell'uomo. Da sani realisti, abbiamo fatto della storia una follia suicida. Pretendendo di voler liberare l'uomo, abbiamo hitlerizzato il mondo.

A questo infame processo del terrore e dell'assassinio legalizzato, noi non vogliamo più abbandonarci rassegnati, impotenti e eternamente crocifissi, né da vittime inconsce né da forzati carnefici.

Non vogliamo più stare al putrido principio, tragicamente ingannevole, dei governanti e dei generali: "Se vuoi la pace prepara la guerra". Guerre così ne abbiamo avute a catena, e sempre più servitù, ingiustizia, menzogna.

"L'esercito è in funzione della difesa dei sacri confini e dell'onore della patria", ci hanno ricantato i nostri ceti dirigenti. E nel giro di due generazioni - per stare alla storia recente - hanno fatto battere a questa beneamata patria ogni primato del disonore, portando il popolo italiano ad assassinare e a morire in un seguito di sei (!) guerre aggressive (1887-1895, Eritrea e Etiopia; 1911, Libia; 1915, I guerra mondiale; 1935, Etiopia; 1936, Spagna; 1940, II guerra mondiale).

La stessa mistificazione è dei più diversi Stati, e l'infamia e il delitto è dei governanti americani che hanno trascinato il loro popolo contro il popolo del Vietnam, dei governanti russi che costringono i loro soldati a invadere la Cecoslovacchia. E' di tutti gli Stati pur aggrediti, che con la loro politica di potenza e servendo interessi privilegiati, esasperano gli antagonismi e eccitano i conflitti, e con l'irregimentazione forzata impongono ai loro popoli di venir massacrati per interessi e fini che non li riguardano.

"Le forze armate a tutela delle istituzioni e dell'ordine". Sì, le istituzioni e l'ordine di chi comanda o vuol comandare. Abbiamo visto come bene l'esercito difese le istituzioni contro la tirannia fascista. Vediamo oggi contro quali nemici sono diretti i Piani Solo e l'attività del Sifar, e possiamo compiacerci dei bei campioni di lealtà democratica che sfornano gli alti quadri dell'esercito. Vicino a noi abbiamo gli edificanti esempi della Spagna e della Grecia, e conforta vedere gli eserciti qua e là nel mondo gareggiare nella bravura del colpo di Stato (oltre centocinquanta!, soltanto negli ultimi anni) al servizio delle classi dominanti che non riescono coi mezzi ordinari a garantirsi indisturbate il loro predominio.

Un'altra idea-trappola è che il problema della guerra si risolverà soltanto quando avremo estirpato la mala pianta che la genera, il capitalismo per gli uni, il comunismo per gli altri. Ciò è corrompere le menti e falsare la verità. Il mondo occidentale e cristiano, per secoli prima del sorgere del comunismo, ha prodotto le guerre più micidiali e obbrobriose; e l'esperienza ora mostra che conflitti bellici avvengono tra stessi paesi comunisti.

Un ultimo discorso c'è, il più fatalistico e avvilente: "Non c'è scampo. La guerra c'è sempre stata e sempre ci sarà: gli uomini sono cattivi". L'ha ripetuto giorni fa un pubblico ministero militare nel processo contro un obiettore di coscienza: "Non è possibile disarmare: l'uomo è lupo per l'uomo". Ebbene sì, seguiamo un attimo questo discorso, e diciamo allora che, poiché lupi si sentono e vogliono continuare a esserlo, proprio per questo vanno rifiutate le armi a governanti e generali, perché almeno siano impediti di poter mordere a sangue.

Ragionando seriamente, noi non neghiamo che le debolezze e passioni individuali giochino la loro parte nel processo che porta alla guerra. E' però altrettanto vero che esse vengono esasperate e manipolate dai nuclei dirigenti per eccitare la paura, l'odio e l'antagonismo tra i popoli, e che le sfruttano per tenerci incatenati e complici ai loro piani di dominio. E vale il fatto decisivo che quei nostri difetti e contrasti privati non potrebbero trovare lo sbocco folle e bestiale della guerra senza la facoltà lasciata ai governanti di preparare e ordinare il massacro.

Da tutto ciò noi abbiamo tratto una fondamentale conseguenza: che dobbiamo finalmente assumerci senza riserve la nostra parte di responsabilità personale per tutto ciò che di male avviene nel mondo, senza più coprirci dietro la responsabilità di questo o di quello, dei capitalisti o dei dittatori.

"Sto pensando da tempo che, se la nostra specie finirà per sparire da questo pianeta grazie all'efficacia crescente delle tecniche di distruzione, non sarà la crudeltà responsabile della nostra estinzione: ma sarà, ben più, la docilità, l'irresponsabilità dell'uomo moderno, la sua abbietta condiscendenza a qualsiasi decisione dall'alto".

George Bernanos

Abbiamo perciò fatto una scelta e preso un impegno. La scelta è di riprendere nelle nostre mani il potere - e la fatica e il sacrificio e il rischio - di decidere e attuare in prima persona quello che la nostra coscienza e il bene di tutti ci detta. L'impegno è di dire NO a qualsiasi principio, ideologia o autorità che consenta, per qualsiasi ragione, all'assassinio legalizzato - permanendo il quale mai potremo pretendere di onestamente parlare e seriamente operare per lo sviluppo dell'uomo.

Diciamo pertanto NO a tutti gli eserciti, di qualunque Stato o regime essi siano. Nel meccanismo che porta alla guerra, tutti noi giochiamo un ruolo determinante, per quello che facciamo e soprattutto per quello che non facciamo. Perché gli eserciti e gli armamenti si mantengono e si rafforzano col nostro consenso anche tacito, con la nostra collaborazione pur passiva. da quando ci assoggettiamo al servizio dell'uccisione militare, a quando lavoriamo in una fabbrica d'armi, a quando diamo il nostro contributo finanziario al mantenimento di tutto l'apparato bellico.

Il nostro atteggiamento conseguente è quindi quello di non collaborare più in nessun modo, a partire da ora e da qui (cioè in Italia e dappertutto: guardiamo all'umanità intera oltre le frontiere fittizie), con tutto quanto ha a che fare con la guerra e la sua preparazione. In nessun modo, e subito: rifiutando di prestare il servizio militare (meglio puliti in carcere, come gli obiettori di coscienza, che disonorati al cospetto delle folle di innocenti - quanti bambini! - che continuiamo a massacrare nelle guerre e ad affamare sperperando soldi nelle armi); restituendo i propri congedi militari (non vogliamo lasciar credere, tacendo, d'esser disposti domani a lasciarci nuovamente intruppare); non fabbricando armi e installazioni militari (meglio dover cercarsi un altro lavoro, meglio stringere la cinghia che portare a casa quei soldi intrisi di sangue); non pagando le tasse che vanno agli eserciti (solo in Italia: circa 5 miliardi al giorno!).

Se questa via dell'azione diretta verrà assunta dalle moltitudini: cioè da te e da te, operaio, contadino, giovane e donna che più paghi le spese della guerra, avremo tolto dalle mani delle classi dominanti il potere di tenerci divisi, succubi e di trascinarci al massacro. Da questo inizio, e lungo questa via, ci si aprirà anche alfine il modo di crearci strumenti e forme nuove di autogoverno (impossibili con l'irregimentazione statale) che ci liberino da ogni altra forma odiosa di sfruttamento e di oppressione, verso la liberazione e la fratellanza di tutti gli uomini uniti sulla terra.

 
Argomenti correlati:
marcia
trieste
movimento nonviolento
guerra
stampa questo documento invia questa pagina per mail