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Notizie Radicali - 15 settembre 1972
Liberiamo i prigionieri dell'esercito e della giustizia!

SOMMARIO: Il Partito radicale lancia una campagna di disobbedienza nonviolenta per la liberazione dei "prigionieri dell'esercito e della giustizia" sulla base della richiesta di votazione della legge per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e perchè siano processati o scarcerati Valpreda, Gargamelli e Borghese, incarcerati da più di tre anni in relazione alla strage di Piazza Fontana e gli attentati di Roma del 12 dicembre 1969

Il primo ottobre del 1972 inizierà un digiuno di Marco Pannella e Alberto Gardin su questi obiettivi. Il 15 dicembre 1972 sarà approvata la legge per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e gli anarchici verranno posti in libertà provvisoria.

(NOTIZIE RADICALI n. 170, 15 settembre 1972)

FINCHE' GLI OBIETTORI RESTANO IN CARCERE, FINCHE' VI RESTA VALPREDA, LO STATO E' CONTRO LA COSTITUZIONE, LO STATO E' "FUORI LEGGE"

Lo stato rinnega le sue stesse leggi, impone gli interessi di classe, rafforza l'autoritarismo del regime clericale e corporativo con la violenza; rispondiamo organizzando noncollaborazione, disobbedienza civile, obiezione di coscienza perché si ristabilisca almeno la certezza ed il rispetto di leggi che non abbiamo voluto, che non sono nostre, ma il cui rispetto è condizione di accettazione da parte dei cittadini di un qualsiasi patto sociale.

Nei prossimi giorni dobbiamo assicurare una base di massa all'iniziativa di disobbedienza civile; moltiplicare le manifestazioni popolari unitarie antiregime; sostenere i gruppi di compagni che, in carcere o fuori, inizieranno i digiuni collettivi e le altre azioni dirette nonviolente.

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"DISOBBEDIENZA CIVILE"

Per ragioni di stato, di classe o di partito, i nostri governi difendono e usano - quanto meno assuefatti moralmente a questo obbrobrio - quell'"universo carcerario" che poteva essere solo ricordo di secoli di inciviltà ed è invece realtà della Repubblica.

Contro questa ignominia, dovere dei cittadini è quello di ribellarsi e di lottare adeguatamente, senza ricorso ad improponibili deleghe di responsabilità, alibi pretestuosi e disonesti quando siano in causa i principi stessi del vivere civile e della civiltà democratica.

Incombono oggi, con particolare urgenza, due fatti, due esempi, due occasioni di eccezionale gravità. Non possiamo continuare a chiedere ai nostri occhi di non vedere, alle nostre coscienza di non giudicare, alla nostra moralità di non intervenire, alla nostra privacy di ritenersi non toccata e coinvolta. Significherebbe, con certezza, per la seconda volta nel giro di pochi decenni, consegnare definitivamente la giustizia, o la sua speranza, proprio nelle mani di chi ne fa strazio e di chi tenta o rischia di mutarla in pura e semplice, immonda, violenza.

Prigionieri politici dell'esercito e della giustizia che gli è delegata, i nostri compagni e fratelli obiettori di coscienza sono rinchiusi, sempre più numerosi ed a lungo, nelle carceri militari. Ogni anno, secoli di reclusione e di sofferenze li colpiscono. Come un tempo altri uomini di vera e radicale Riforma che dovettero testimoniare con la vita e con il carcere per la libertà di coscienza e di religione contro il potere della Chiesa, così oggi contro il potere - che si vuole anch'esso sacro - dello Stato, gli obiettori pagano la loro fedeltà alla religione della libertà, della pace, della giustizia e della fraternità. La stessa barbarie li colpisce. La stessa pretesa di annientare le coscienze, incatenandone i fedeli, viene loro opposta: ma questo accade ora nel nostro stesso nome, e volontà, di popolo italiano. Con la nostra personale, quotidiana e multiforme collaborazione.

Prigionieri politici dello stato e della giustizia, Pietro Valpreda, Gargamelli, Borghese, da tre anni e mezzo attendono e chiedono invano, dalla galera, di essere giudicati per i reati che sono stati loro imputati e dei quali, sempre più chiaramente, la pubblica opinione li ritiene innocenti. Continua su di loro quella strage di istituzioni civili, di leggi e di civiltà - non meno che di esseri umani - che dal dicembre del 1969, dalla banca dell'Agricoltura e dalla Questura di Milano, si va perpetuando e accrescendo.

La stessa giustizia che li ha incarcerati pretende ora di non potere né giudicarli né liberarli. Poiché è nel nostro nome che i magistrati Occorsio e Cudillo li hanno catturati e mantenuti prigionieri, compete a noi rendere loro quei diritti e quella presunzione di innocenza che la Costituzione e la civiltà gli assegnano.

Non ci è possibile pensare di farlo "direttamente", né di "direttamente" liberare gli obiettori di coscienza, innanzitutto a causa delle nostre convinzioni; ma pensiamo che anche coloro che fidano nell'uso della forza e della violenza rivoluzionaria contro quella dello Stato e delle maggioranze, non possano proporsela. Opporremo quindi a queste situazioni la risposta radicale, pacifica, nonviolenta della noncollaborazione e della disobbedienza civili. Siamo infatti convinti che è nella stessa organizzazione della società moderna, a partire dalle sue più peculiari caratteristiche, che possano e debbano trovarsi le armi vincenti, popolari perché direttamente agibili dalle masse, atte ad essere usate da ogni donna ed ogni uomo, contro la violenza del potere e delle istituzioni, che è l'essenza stessa del fascismo.

Inizieremo questa lotta con il rifiuto di pagare d'ora in poi le imposte che eventualmente dovremo allo Stato, se non detratte della percentuale corrispondente al totale del bilancio riservato alla Giustizia ed alla Difesa. Porteremo avanti questa forma di disobbedienza civile fino a quando il Parlamento non avrà approvato una legge che sancisca l'effettivo esercizio del diritto all'obbiezione di coscienza, diritto previsto nella convenzione europea dei diritti dell'uomo ratificata dalle Camere sin dal 1965, emendando sostanzialmente, quindi, la legge repressiva e fascista votata dal Senato nella scorsa legislatura; e fino a quando la Giustizia che la ha sequestrato non liberi Valpreda, in attesa del giudizio che inutilmente egli ed i suoi compagni hanno invocato.

Ai compagni laici, anticlericali, divorzisti noi dobbiamo forse una breve spiegazione. La tradizione - da noi ristabilita e rafforzata - di celebrazioni di lotta popolare e di impegno civile in occasione degli anniversari del XX settembre potrebbe sembrare quest'anno distorta o strumentalizzata, a favore di una battaglia che alcuni potrebbero considerare "diversa".

Non è così. Con il XX settembre abbiamo sempre inteso celebrare una data che per l'intera Europa significò la speranza che il barbaro potere temporale pontificio, con le sue leggi reazionarie, ingiuste e feroci, con la pretesa di annullare ogni dissenso con la repressione, la tortura, l'uccisione dei dissenzienti, fosse definitivamente travolto, assieme alla pretesa che gli era propria di "sacralizzare" azioni, metodi, strumenti incivili e disumani. Oggi è lo Stato, non a caso clericale e classista, che riincarna quella pretesa. Gli obiettori che sono vessati e in ogni modo ingiuriati, ogni giorno, nelle carceri militari rappresentano oggi la stessa colpa per la quale "eretici", "atei", "ribelli" venivano bruciati e impiccati, nel nome della Santissima Trinità, dalla Chiesa della Controriforma e dai governi pontefici romani: quella di affermare, innanzitutto con l'esempio della loro vita, la supremazia della coscienza e delle libertà.

E anche Valpreda, Gargamelli e Borghese hanno a che fare con una "giustizia" che è degna erede di quella, priva di qualsiasi certezza, uguaglianza, rispetto delle leggi, che consentiva la difesa degli interessi e del potere di allora.

Questo Stato e questa Chiesa ??

...stessa realtà, come a più riprese abbiamo ricordato. E' dunque normale e necessario che la nostra lotta laica e anticlericale, libertaria e democratica viva e s'affermi contro il nostro nemico di sempre, anche se oggi Gonella e Tanassi, "laici" di Stato, occupano loro il posto di inquisitori e cardinali.

Rivolgiamo un appello, quindi, a tutti i compagni, a tutti i cittadini, a tutte le forze democratiche e non di regime perché colgano e sostengano queste occasioni di lotta che il Partito ha di nuovo saputo, per tutti, proporre e suggerire.

Al Congresso di Torino, il 1· novembre, sapremo poi, dalla risposta che ci sarà venuta al nostro appello per in impegno diretto "anche" nel PR di militanti laici, libertari, socialisti, di cittadini, donne, uomini di buona volontà, se saremo ancora noi ad avere la responsabilità di assicurare la continuazione di questa nuova battaglia per i diritti civili oltre a quelle per la convocazione dei sette referendum popolari.

Fino ad allora non c'è che da fare, come sempre, serenamente, il nostro mestiere di radicali.

 
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