SOMMARIO: Si informa che Marco Pannella lascia la direzione di "Notizie Radicali", direzione che verrà assunta dal prof. Bruno De Finetti. Il prof. De Finetti non è iscritto all'albo dei giornalisti. La decisione di attribuire la direzione di periodici politici a non-giornalisti avrà ulteriori seguiti. Non è più possibile, infatti, che poche persone (Marco Pannella stesso, Marcello Baraghini, Adele Cambria, ecc.) debbano sottostare a decine di processi di incerto futuro.
Si critica quindi la legge istitutiva dell'Ordine dei Giornalisti, e si avverte che i radicali non intendono assoggettarsi alle restrizioni vigenti. La sola via corretta è quella di aprire a tutti, "senza condizioni", quella possibilità che ora è solo o un privilegio di pochi o un rischio. Non bastano più le attestazioni di solidarietà: o l'Ordine prenderà disposizioni in merito, oppure occorrerà arrivare alla Corte Costituzionale: purtroppo, nessuno dei magistrati fin quì investiti dai processi ha sentito la necessità di sottoporre la legittimità della vigente norma liberticida al giudizio della Corte, e nessun parlamentare si è mosso per chiedere la sua abrogazione.
(NOTIZIE RADICALI, 5 Ottobre 1972)
Con questo numero di "Notizie Radicali" Marco Pannella lascia la responsabilità del giornale che viene assunta, come avevamo annunciato nei numeri precedenti, dal prof. Bruno De Finetti. A differenza di Pannella De Finetti, che è ordinario alla facoltà di matematica dell'Università di Roma, non è iscritto all'albo dei giornalisti.
La decisione di sostituire i direttori responsabili con persone non iscritte all'albo sarà seguita nelle prossime settimane da altri giornali e periodici della sinistra del dissenso, non inquadrata nel regime.
I lettori di "Notizie Radicali" conoscono i motivi di questa decisione. Conviene, tuttavia, ritornare brevemente sulla questione. Con ottobre è ripresa in pieno l'attività giudiziaria e, con essa, riprenderanno anche i processi politici contro i direttori responsabili dei giornali della sinistra extraparlamentare. La nuova stagione giudiziaria, anzi, già cominciata con un nuovo processo ad Adele Cambria. Il solo Pannella ha in corso, per reati di stampa, diecine di procedimenti, alcuni dei quali sono stati sospesi in attesa di pronuncie della Corte Costituzionale, altri sono in corso di svolgimento e giungeranno a conclusione in autunno. Baraghini è già stato condannato ad undici mesi per un manifesto antimilitarista riprodotto da una pubblicazione da lui diretta.
E tuttavia non è il timore della galera che ci spinge a questo
avvicendamento di nomi. Se si fosse trattato soltanto dell'esigenza di ridurre i rischi personali, non mancavano, almeno fra i radicali, numerosi altri compagni iscritti all'albo in qualità di giornalisti professionisti o pubblicisti. E' contro l'obbligo di avere come direttori responsabili delle nostre pubblicazioni persone iscritte all'albo che si rivolge la nostra iniziativa. E' questa norma limitatrice della libertà di stampa che deve scomparire dal nostro ordinamento giuridico.
La legge istitutiva dell'Ordine dei giornalisti prevede due sole eccezioni: una riguarda le pubblicazioni periodiche a carattere scientifico e tecnico i cui direttori possono essere iscritti presso un elenco speciale; l'altra riguarda gli organi dei partiti e dei movimenti politici i cui direttori possono essere iscritti provvisoriamente presso l'albo dei giornalisti professionisti, se si tratta di quotidiani o di periodici aventi particolari strutture aziendali e caratteristiche professionali, o presso l'elenco dei pubblicisti, se si tratta di altre pubblicazioni periodiche.
Chiariamo subito che non in intendiamo avvalerci di questa seconda eccezione. Angiolo Bandinelli ha scritto una lettera all'Ordine in cui chiede l'iscrizione di De Finetti presso l'elenco speciale dei direttori responsabili, aperto incostituzionalmente per le sole pubblicazioni a carattere tecnico e scientifico. Lo stesso ha fatto De Finetti nel comunicare la propria accettazione della responsabilità di "Notizie Radicali". Rifiuteremo altre soluzioni di comodo.
Per sei anni, da quando a entrata in vigore la legge istitutiva dell'Ordine dei Giornalisti, abbiamo vanificato la portata della legge mettendo a disposizione di chiunque ne avesse fatto richiesta i nomi di nostri compagni, i quali hanno sempre dichiarato che non avrebbero esercitato alcun controllo sulle pubblicazioni di cui divenivano, in questo modo, responsabili. La situazione di privilegio che la legge corporativa riservava ad alcuni veniva messa, senza condizioni, a disposizione di tutti. E' stato per questo "servizio" a tanti nostri compagni che il bavaglio che la legge poneva all'esercizio della libertà di stampa è caduto.
Sapevamo che questo non poteva durare all'infinito. Quando la repressione giudiziaria ha cominciato a funzionare, quasi sempre a senso unico, abbiamo dimostrato a cosa serviva concretamente quella norna di legge. Dovrebbero esserci grati anche molti giornalisti "democratici", cui la legge del "loro" Ordine professionale intenderebbe riservare la funzione di censori e controllori di pubblicazioni altrui. Le denunce, i processi, le sentenze di condanna si sono moltiplicati, Ma fino ad ora nessun Tribunale ha avvertito la necessità di sottoporre la legittimità di questa norma al giudizio della Corte Costituzionale (siamo riusciti a mandare alla Corte costituzionale soltanto le norme sul processo per direttissima riservato ai reati di stampa). Nessun parlamentare si è mosso per chiederne l'abrogazione. La stampa si è occupata del problema solo saltuariamente e superficialmente. Dalla categoria i nostri compagni hanno avuto soltanto qualche attestato di solidarietà, di quelli che in genere servono a tener buona a
poco prezzo la coscienza di certi democratici.
Gli Ordini di Roma e di Milano hanno da tempo espresso la loro volontà di aprire gli elenchi speciali dei direttori responsabili anche alle pubblicazioni politiche. Ci sono state dichiarazioni ufficiali in questo senso da parte del Presidente dell'Ordine di Milano e addirittura nel corso di un'assemblea dell'Ordine di Roma. Intendiamo mettere alla prova queste dichiarazioni di volontà, ma siamo decisi ad arrivare alle Procure della Repubblica e ai Tribunali, ancora una volta, se necessario, per ottenere finalmente che la questione arrivi alla Corte Costituzionale e sia spazzata via dall'ordinamento democratico questa norma liberticida.