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Notizie Radicali - 10 novembre 1972
Il metodo della nostra follia

SOMMARIO: Il Congresso radicale di Torino (1, 2, 3 novembre 1972) si è chiuso con un bilancio positivo sia per quanto riguarda il raggiungimento dell'obiettivo dei mille iscritti militanti che per la battaglia per l'obiezione di coscienza e la liberazione di Valpreda. Con una mozione di grande respiro viene aperto il nuovo fronte di lotta radicale: la campagna per i referendum abrogativi del Concordato, delle norme autoritarie dei codici penali, dei codici militari, della legge per il finanziamento pubblico dei partiti. Su questa base il progetto di rifondazione del Pr e di alternativa al regime.

(NOTIZIE RADICALI n. 174, 10 novembre 1972)

Non un giorno, non un compagno sono stati sottratti alla lotta per i diritti civili, per la libertà, per la liberazione dei compagni obiettori e dei compagni Valpreda, Gargamelli e Borghese, contro il regime.

Gli stessi giorni del Congresso sono riusciti ad essere pienamente validi sui due fronti: quello ``interno'', del dibattito sul Partito e quello della prosecuzione, senza una sosta o una distrazione pur quanto giustificate, dall'azione di liberazione in cui ci eravamo totalmente impegnati.

Diciamolo: è stato un Congresso dove una tensione da credenti ha tolto il suono mistificatore e retorico che ha acquisito il parlare di religione laica della libertà, con buona pace per l'elegante cinismo e il distacco mondano che testimonierebbe invece della ``civiltà'' dei nostri bravi e potenti laici non anticlericali, non antiautoritari e soprattutto non militanti.

Così, con una coincidenza che non può non imporsi al nostro ricordo, esattamente a due anni di distanza da quel 1 dicembre 1970 in cui strappammo la legge istitutiva del divorzio, dopo digiuni e azioni dirette e una lunga, difficile, calcolatissima campagna politica, il Senato della Repubblica trasmetterà alla Camera dei Deputati una proposta di riconoscimento dell'obiezione di conscienza, che dovrebbe divenire legge di Stato, per gli impegni che verso di noi, e solo verso di noi, sono stati assunti, prima di Natale. Almeno sulla carta, lo Stato perderà il diritto di catturare come prigionieri i suoi eretici, di perseguitare legalmente coloro che obiettano per coscienza al potere.

E' l'ultima battaglia del ``vecchio'', buon partito radicale, quello degli anni sessanta; che deve morire, che è morto. Una battaglia vincente, ma solo grazie al nuovo che è nato per la mano forte e fraterna che gli hanno teso i compagni che sono accorsi per fondare il nuovo partito radicale, quello che a Torino ha iniziato la sua vita. E che l'altro, quello che abbiamo ``rappresentato'' in pochi, in meno di cento, per dieci anni, fosse l'ora di seppellirlo lo dimostra anche il fatto che, con le sue caratteristiche, con le sue strutture, non poteva non richiederci quella eccessiva, pericolosa, dolorosa anche, prova di forza che non solo con Alberto Gardin, ma anche con almeno un'altra decina di compagni che hanno digiunato oltre i venti giorni, abbiamo dovuto sostenere.

Nessun partito, nessuna causa, ripetiamolo, devono comportare tanto, per nessuno, altrimenti con la speranza libertaria, di radicale liberazione, non hanno nulla a vedere.

Al Congresso il ``progetto radicale'' è passato, come era prevedibile. Dunque, in Italia, nel 1972, milletrecento persone, una legione straniera, una corte di miracoli dove, con i compagni consiglieri comunali di Catania e Palermo, di Cosenza e Roma, di Milano e di Aosta vi sono Angelo Quattrocchi e Alma Sabatini, e liberali, socialisti, comunisti, anarchici, repubblicani, extraparlamentari di ``Lotta Continua'', presti e carcerati, industriali (e già!) e soldati, magistrati e pregiudicati, plagiatori e omosessuali, operai e scrittori, nonviolenti e arrabbiati, quattordicenni e novantenni, stranieri e apolidi, qualche guardone per ciascuna delle infinite polizie del regime; milletrecento persone, dunque, e di tal fatta, un quarto a ``doppia tessera'', s'associano per lanciare una offensiva politica, a livello istituzionale, che comporta miliardi di spesa, decine di migliaia di militanti, la contrapposizione (quanto pericolosa e quanto spesso reazionaria!) fra paese legale e paese reale, un terremoto mai vist

o in clima di lotta democratica nonviolenta.

Un'ondata di almeno una decina di referendum popolari contemporanei che, per legge vigente, comporterebbero, tra l'altro il dissequestro dal regime di almeno duecento ore di programmi radiotelevisivi in un arco di 50 giorni!

E' certo che la classe dirigente, unanime, si mobiliterebbe immediatamente per impedire questo disegno che sarà certo subito considerato ``folle'', ``irresponsabile'', meritevole solo di sarcasmi e di ridicolo.

Toglier di mezzo, d'un solo colpo, concordato, leggi fasciste, leggi clericali, il quadro ed il supporto giuridico-costituzionale per il potere corporativo e di classe in Italia, il potere militare...

Una continuità, fra vecchio e nuovo Partito Radicale, c'è, dunque: in venti, di fronte al prestigio dei vecchi e nobili e rispettati radicali, dicemmo che il Partito Radicale non era morto, nel 1961, ed aveva una sua funzione da svolgere, irrimpiazzabile; in una ventina con Mauro Mellini decisero la costituzione della LID; solo, Fortuna presentò la legge per definizione inutile e menagramo; in quattro gatti eravamo con Gigi De Marchi per la pillola, e la libertà sessuale, o per l'obiezione di coscienza ``politica e collettiva''; a dar del pericoloso prevaricatore al successore di Mattei, Cefis, e all'intera staff dell'ENI la patente della corruzione e della commistione fra la peggiore politica e la peggiore economia; a denunciare ONMI e Petrucci...

C'è dunque del metodo nella nostra follia e anche bontà, felicità, chiarezza, forza nel nostro insieme. Non conosciamo gente cui il Partito Radicale abbia fatto del male, non fosse che per omissione; gente che sta un po' meglio, sì. Allora, è un buon bilancio, un buon auspicio, senza ideologie, senza certezze vaste e globali, senza concezioni del mondo, abbiamo di che andare avanti, e far la nostra parte, ``esser parte'' e partito.

A tutti, ai compagni, alle sorelle e fratelli, agli amici, ed in primo luogo ai compagni obiettori, a Pietro Valpreda, Roberto Gargamelli, Emilio Borghese, diciamo dunque, fin d'ora, ``Buon Natale!'', dopo aver gridato per due mesi, così proficuamente, ``Natale a casa, per gli obiettori e per Valpreda!''.

Questo, fino al nuovo anno, e per sempre per coloro che non sono iscritti o sostenitori del Partito o abbonati di Notizie Radicali, è l'ultimo numero di giornale che riceveranno.

A coloro che ritengono che il Partito Radicale debba ormai, nel 1973, ingaggiare le battaglie decise dal Congresso di Torino, aggiungiamo l'invito a mobilitarsi subito per arrivare ai duemila iscritti al più presto, nelle prossime settimane, e con la campagna di iscrizioni e di "sottoscrizioni" consentire un primo passo in quella direzione. Buon lavoro.

 
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