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Ercolessi Giulio - 20 febbraio 1973
Un partito in liquidazione
Il PLI di Malagodi e Bonea

di Giulio Ercolessi

SOMMARIO: Giulio Ercolessi esprime in questo articolo la sua opinione sul PLI come partito che ricopre ormai un ruolo subalterno e dove non vi è più spazio per l'affermazione delle tensioni libertarie e liberatrici di una nuova sinistra laica e radicale.

(NOTIZIE RADICALI N. 187/188, 20 febbraio 1973)

(Pubblichiamo un articolo sul congresso nazionale del Partito Liberale di Giulio Ercolessi, della direzione nazionale del Partito Radicale.

Ercolessi proviene dalle file della corrente di sinistra "Presenza liberale" ed ha lasciato il PLI due anni fa.)

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Dal Congresso del PLI non ci aspettavamo, ovviamente, nulla, poiché è chiaro ormai a tutti come questo partito svolga il più accessorio dei ruoli subalterni al partito e al regime democristiano che sono ricoperti dai partiti laici in questo paese. Crediamo invece di non poter essere indifferenti o disinteressati di fronte alle vicende di quella componente del PLI che allo scorso congresso aveva scelto e si era proposto di agire quale "componente liberale della sinistra italiana". Lo crediamo non solo e non tanto perché alcuni di noi hanno iniziato a vivere il proprio impegno e la propria formazione culturale e politica nell'ambito della sinistra liberale, ma soprattutto perché consideriamo quella di un liberalismo gobettiano e libertario una componente integrante del nostro impegno presente, da cui non vogliamo né sapremmo prescindere. Per questo non possiamo assistere in silenzio allo scialo di energie, di potenzialità e di un patrimonio storico che sono nostri non meno che della sinistra liberale, o meglio

di coloro che ancora vi si trovano non per salvaguardare posizioni di potere, ma per un chiaro impegno politico. Gli altri, i notabili di provincia che per anni abbiamo innalzato anche alle responsabilità della direzione nazionale, i Bonea, i Trauner, i Morelli che oggi riscoprono timidamente vecchissime formule laico-moderate e perdenti, sono non da oggi parte integrante del regime, come lo erano le vecchie e misere sinistre liberali degli anni '50, e svolgono una funzione di copertura nemmeno critica dei vertici del partito, cui non può sottrarsi il resto della corrente.

Da ormai almeno due anni è chiaro a chiunque non tema di sottoporsi ad un bilancio critico dei risultati della propria attività che nell'ambito del PLI non vi è il benché minimo spazio per l'affermazione non clandestina e inutile delle tensioni libertarie e liberatrici di una nuova sinistra laica e radicale. Gli unici risultati immancabili di una politica del genere sono l'autocastrazione ed il suicidio politico cui la sinistra liberale si è costretta, per evitare l'espulsione o altre forme di totale emarginazione politica, perfino sul piano della libertà di espressione. Ne sono una prova sempre più eloquente gli scoraggiamenti e i disimpegni, le delusioni e le dimissioni di alcune fra le migliori forze della sinistra liberale, e di conseguenza la drastica diminuzione di peso all'interno del partito e perfino nella corrente. E tutto questo per non voler riconoscere una realtà che proprio agli indagatori del sistema politico, così numerosi fra i liberali di sinistra, dovrebbe apparire lampante. Per intestardi

rsi in una battaglia formale e nominalistica che si risolve in un risultato opposto a quello perseguito: non certo l'affermazione di un liberalismo antigiolittiano e conflittuale, poiché intestardirsi a restare nel PLI su quelle posizioni significa riconoscergli il più illiberale monopolio di ogni espressione del liberalismo.

Ebbene, se è vero che all'interno del PLI qualunque sarà la linea politica della sua maggioranza nel futuro, si formerà sempre una sinistra, che prima o poi dovrà porsi gli stessi problemi che si pone oggi e che si è posta nel passato (dandovi le più opportunistiche ed integrate risposte possibili), è altrettanto vero che la risposta di oggi può essere davvero quella di non rinunciare alla propria chiara connotazione e a quel che di positivo si è fatto in questi anni: non riproponendo gli stessi esasperanti schemi tattici entristi in altri partiti, anche se molto meno reazionari del PLI, dello schieramento di regime, ma dando vita ad una struttura politica autonoma, federata a quel "partito laico" che ormai coincide con i confini solo apparentemente angusti e certo sempre meno angusti del partito radicale.

Noi radicali, qualunque sia la nostra estrazione, sappiamo che i nostri metodi sono adeguati, oltreché omogenei, agli obiettivi che vogliamo raggiungere, ne abbiamo dato molte prove anche di recente. Prepariamo e proponiamo una alternativa nel paese al regime clericale e autoritario, corporativo e interclassista, della DC, come da tempo, almeno a parole, si proponeva di fare presenza liberale. Abbiamo bisogno del sostegno e dell'aiuto di tutte le forze contrarie al regime, democratiche, laiche, socialiste, libertarie, liberali che non abusino di quel nome; non meno di quanto esse hanno bisogno del nostro. Non abbiamo nessun gregge di cammelli da allevare, nessuna parrocchia da rimpiangere, diciamo sinceramente ai nostri amici e compagni della sinistra liberale, o almeno a quel poco o pochissimo di politicamente decente che vi è rimasto, che solo al di fuori del PLI e di consimili strutture burocratiche può davvero sopravvivere e crescere un liberalismo critico, laico e libertario.

 
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