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Teodori Massimo - 1 marzo 1973
(2) Europa: "che fare ?" - Socialisti e nuove sinistre
di Massimo Teodori

SOMMARIO: Dall'analisi dell'articolazione delle forze di sinistra e di nuova sinistra in Europa e delle loro strategie, l'autore rileva la loro incapacità di produrre uno spostamento a sinistra dei sistemi politici europei.

Da qui la necessità, per la "conquista di una società più socialista", di un'azione che parta dall'esterno delle organizzazioni tradizionali della sinistra.

(LA PROVA RADICALE, anno II, n.5, marzo 1973)

FRANCIA: I GRUPPUSCOLI DEL DOPO-MAGGIO.

IL PSU. IL TRAVAGLIO ED IL RINNOVAMENTO DEL PARTITO SOCIALISTA.

L'UNITA` E L'ALTERNATIVA DI MITTERAND.

LE CRITICHE DELLA SINISTRA NUOVA E GOSCISTA.

3.1. Che la storia non si faccia per decreto, fu ulteriormente dimostrato il 12 giugno 1968 quando il governo francese sciolse le organizzazioni gosciste. Dopo il Maggio, incominciava la normalizzazione ed il primo atto formale che segnava la ripresa del controllo del potere si indirizzava proprio contro quelle sigle che potevano essere individuate dietro la primavera parigina. Ma l'atto autoritario dello scioglimento risultò ridicolo proprio considerando il Maggio ed il dopo-maggio: la rivolta aveva investito globalmente masse di studenti ed in parte di lavoratori che in nessun modo potevano essere identificate con le organizzazioni che erano sciolte in quanto trovavano espressione in un movimento tipicamente spontaneo e collettivo, mentre è proprio a partire dalla fine della rivolta che la cronaca politica e di attualità ha visto protagonisti i gruppuscoli. Se si vuole ricercare lo spirito di Maggio al di la' di azioni, di temi e di metodi collettivamente inventati nell'ambito di un movimento qu

alitativamente diverso e distinto dalla somma di alcune componenti di gruppi organizzati, lo si deve semmai andare a cercare nel non-movimento del 22 marzo i cui militanti esplicitamente affermano che le "differenti correnti di pensiero rivoluzionario esprimono non delle verità assolute ma delle ipotesi di lavoro il cui esame s'impone non a parola ma nell'azione" (7) e con le parole del suo leader Daniel Cohn-Bendit "l'azione è la sola possibilità di superare le divisioni degli studenti in una moltitudine di gruppuscoli e nella misura in cui permette di sormontare le opposizioni di cappella è essa stessa un mezzo di mobilitazione e produce a sua volta azione". Dalle ceneri di Maggio definito di volta in volta come un anello nel continuum delle rivoluzioni prima borghesi e poi proletarie oppure come un'insorgenza assolutamente nuova in quanto espressione di una rivolta della sub-cultura giovanile emergono una serie di raggruppamenti politici che intendono incarnare l'eredità di Maggio e proseguirne i

l processo rivoluzionario. Se è vera la continuità formale tra i nuclei politicamente organizzati all'interno del movimento di Maggio con i gruppuscoli agenti nel dopo-Maggio, in realtà le organizzazioni d'ispirazione maoista, trotskista o anarchicheggiante che hanno operato negli anni seguenti fino ad oggi non contengono nessun elemento di continuità con lo spirito e la sostanza aperta e unificante di quel momento eccezionale. E` proprio dall'estate 1968 che si comincia in Francia a parlare di ' goscismo ' come di un fenomeno organizzativamente presente alla sinistra dei partiti e dei sindacati tradizionali, operante per rotture di carattere rivoluzionario in opposizione alla politica ' riformista ' e 'revisionista '. Come contraccolpo al fallimento dello 'spontaneismo ', i gruppi che prendono maggiormente consistenza sono quelli della famiglia trotskista in quanto accentuano certe caratteristiche opposte al carattere del Maggio: la necessità della organizzazione, la concezione avanguardistica della rivolu

zione, oltre alla tradizionale critica anti-staliniana del comunismo sovietico. Il trotskismo organizzato non nasce con il 1968, ma è antico almeno del 1938 quando fu creata la IV Internazionale per opera dello stesso Trotsky, ed è segnato, in Francia come altrove, da una interminabile teoria di scissioni e di variazioni sul tema della giusta interpretazione del pensiero e della politica del maestro. Tra i gruppi, l'Alliance des Jeunes pour le Socialisme (AJS) (che si chiamava nel 1968 Federation des Etudiants Révolutionnaires, FER) detta anche 'lambertista ' dal nome del suo fondatore, aveva particolarmente brillato per la sua assenza ed estraneità alle barricate di Maggio a cui aveva contrapposto il modello di una rivoluzione preparata a tavolino, praticando nel frattempo metodi strettamente legalistici ed una strategia 'entrista ' nel partito e nel sindacato socialdemocratico. L'AJS, che oggi conta circa 3.000 aderenti reclutati in massima parte tra gli studenti liceali, persegue una politica di 'fronte

operaio unito ' e rappresenta nello stile e nei comportamenti quanto di più tipicamente 'vecchia sinistra ' si possa immaginare come traspare dalle sue parole d'ordine. "E` chiaro, è netto, bisogna cambiare direzione / E` chiaro, è netto, bisogna cambiare orientamento / E` chiaro, è netto, bisogna preparare la rivoluzione / E` chiaro, è netto, bisogna costruire la sua organizzazione". Di tendenza più nettamente operaistica è invece Lutte Ouvrière (LO) che contrappone allo stile burocratico-legalistico dell'AJS una tendenza al lavoro clandestino ed alla organizzazione sotterranea; con i suoi 1500 iscritti attuali, dopo il 1968 LO ha proposto la costruzione di un unico partito rivoluzionario che abbracciasse tutte le correnti alla sinistra del PCF, dal PSU ai maoisti, mentre nel frattempo si presentava alle elezioni municipali di Parigi 1971 con il PSU (6 % dei voti) e tuttora sta tentando una fusione con il terzo gruppo della famiglia, la Ligue Communiste. Quest'ultimo è senza dubbio il gruppo più importante,

maggiormente presente nel movimento nel suo insieme e quello che va progressivamente guadagnando prestigio politico. Animata da Alain Krivine, che si è presentato alle elezioni presidenziali del 1969 riportando con circa l'1 % dei voti una affermazione non trascurabile per un gruppuscolo; la Ligue nasce come un gruppo giovanile scissionistico Partito Comunista con il nome di Jeunesses Communistes Révolutionaires, ha partecipato in pieno agli eventi del 1968, senza tuttavia poter in alcun modo pretendere di esserne all'origine o di esercitarne la direzione, e si richiama ad una concezione lenino-trotskista del comunismo ed ai metodi del centralismo democratico per il partito. Oggi, con circa 4.500 iscritti ed una frangia di simpatizzanti raccolti nei 'circoli rossi ', il gruppo è in fase crescente essendosi impiantato in una cinquantina di fabbriche e riuscendo ad esercitare una attrazione sia sugli altri gruppi extra-parlamentari che su alcuni settori più istituzionalizzati, come dimostrano i gruppi usciti

nel corso del 1972 dal PSU per aderire alla Ligue.

(7) MARC KRAVETZ, L'insurrection étudiante, Editions 10/18, p. 459.

La sua presenza dinamica con iniziativa nei movimenti specifici ad esempio, quello creatosi nei licei intorno all'affare Guyot, la lotta contro i contratti, contro 'la repressione ' ed i collegamenti internazionali per il Vietnam ed il delinearsi di un nucleo organizzativo di una certa forza insieme con la dirigenza di rilievo di Alain Krivine, permette di sollevare oggi un interrogativo a cui non si può dare che una risposta in forma ipotetica: se nascerà un partito comunista rivoluzionario di respiro politico o di dimensioni non gruppuscolari, certamente la Ligue è candidata ad esserne il nucleo intorno a cui esso potrà formarsi, in considerazione della sua capacità di resistenza e di iniziativa di fronte al consueto consumo del goscismo.

Aspramente avversati dai trotskisti che li definiscono 'avventuristi ' ed 'ultrasinistri ', sono i maoisti della Nouvelle resistence populaire e del Movimento del 27 maggio, reincarnazione della Gauche Proletarienne (GP) costituita nel settembre 1968 e sciolta il 27 maggio 1970 quando furono imprigionati i suoi leaders Alan Geismar e Jean Pierre Le Dantec. I maoisti, definiti talvolta anche mao-spontaneisti, sono la derivazione di correnti althusseriane del Partito Comunista e di correnti marxiste-leniniste di ispirazione e di obbedienza cinese frammisti con i rimasugli del Movimento del 22 marzo protagonista della rivoluzione di Maggio. Teorizzatori della possibilità di un rovesciamento violento per opera di una minoranza rivoluzionaria e fidando "nella combattività delle masse" i goscisti della GP si sono imposti all'attenzione dell'opinione pubblica per le azioni da loro compiute nel periodo 1969/1970 mettendo in atto o minacciando una ' guerriglia fredda ' e talvolta anche calda. "Quello che questa g

uerriglia uccide, non sono che dei miti: il mito dello Stato. Quello che la guerriglia uccide, è l'autorità dello Stato monopolista. Giacché sequestrare un padrone, un capo del personale, un ministro, significa sfidare l'autorità dello Stato. Giacché bloccare le strade, le autostrade o la produzione capitalista delle fabbriche, significa sfidare l'autorità dello Stato. Giacché sabotare la produzione, la circolazione delle merci... significa SPEZZARE LA LEGALITA' DELLA CLASSE AL POTERE" (8). Ma le azioni di questo gruppo, i cui militanti nei momenti di maggiore espansione avrebbero raggiunto i 20.000, lungi dal far crescere un processo rivoluzionario che talvolta viene equiparato ad una nuova resistenza nei confronti del potere, ha provocato reazioni come l'approvazione di una 'legge anticasseurs' (contro i danneggiatori), una serie di processi e di condanne con forti pene detentive, sequestri a catena, scontri violenti con la polizia e poi la soppressione di La cause du peuple la cui direzione dopo l'arresto

di Geismar e Le Dantec è stata assunta da Jean Paul Sartre. I maoisti della GP possono essere considerati come un incrocio pretenzioso tra il dogmatismo di stampo marxista-leninista all'origine di una concezione militare della rivoluzione ed il ribellismo concepito come la somma di una serie di campagne di lotta di cui dovrebbero essere protagonisti gli strati più marginali del proletariato economicamente e socialmente non integrati in una azione diretta contro le istituzioni divenute già fasciste. Accanto a questa impostazione che si è progressivamente precisata in modi sempre più guerriglieri, un'altra ala dello spontaneismo maoista, partito da premesse analoghe, ha avuto uno sviluppo in senso contrario, centrato sulla contestazione del modo di vivere e sulla condizione di vita delle masse. Il gruppo di Vive la Revolution infatti le cui radici devono essere ricercate all'università di Nanterre che aveva anticipato Maggio con la rivolta degli 'arrabbiati ' e 'situazionisti ' "contro la miseria della vi

ta quotidiana" sposta progressivamente la lotta dalla fabbrica a tutti gli aspetti della vita sociale capitalista, e dall'assegnare un ruolo primario all'avanguardia alla valorizzazione delle lotte spontanee e dei movimenti autonomi fino alla teorizzazione delle 'aree liberate ' costituenti delle isole della società futura. Il punto di arrivo del gruppo, in cui i due aspetti della 'lotta di classe ' e della 'trasformazione della vita ' convivono per un certo periodo, è l'abbandono nell'estate del 1970 del primo termine del problema in favore del secondo: il giornale Tout, che esce in questo periodo collegato con il gruppo, si occupa delle azioni di movimenti autonomi di tipo particolare come quelle del Movimento di liberazione delle donne (MLF) ("aborto e contraccezione libera e gratuita", del Fronte di liberazione dei giovani (FLJ) ("libertà per i minori del desiderio e diritto a soddisfarlo"), del Fronte omosessuale di azione rivoluzionaria (FHAR) ("diritto alla omosessualità ed a ogni forma di sessual

ità"), e sostiene la tesi, per bocca dell'animatore del gruppo, Roland Castro, dell'accumulazione delle rivolte parziali e quindi della funzione dei movimenti autonomi.

(8) Brano riportato in JEAN MOREAU "Les 'maos ' de la gauche proletarienne", La NEF, juin-septembre 1972.

La logica di una tale posizione, già profondamente presente nelle spinte e nei valori che avevano causato il Maggio, riporta in superficie ed esprime nel panorama dei gruppuscoli francesi che avevano in massima parte rifiutato la 'rivolta culturale ' per progetti più tradizionalmente politici, aspetti come quello della rivoluzione sessuale e della riappropriazione della dignità, pur se non riesce ad integrarli a movimenti politici complessivi. Partendo dalla politica rivoluzionaria, questo gruppo finisce per saldarsi con il non-movimento di trasformazione dello stile di vita che trova proprio in questo periodo, con l'esplosione anche in Francia della stampa underground, il suo mezzo di trasmissione preferito nella musica pop e costituisce uno dei fattori di unificazione sociale che ha come denominatore comune il dato generazionale. Nell'aprile 1971, la conferenza nazionale di Vive la Revolution, decidendo di rompere "i rapporti di reciproca sicurezza" che si erano stabiliti tra i suoi membri, porta alle estr

eme conseguenze la strada imboccata, sciogliendo l'organizzazione ed invitando ciascuno a "fare la rivoluzione nel proprio spirito e nella propria vita quotidiana". Con lo scioglimento del gruppo che più integralmente degli altri aveva ripercorso tutta la strada della rivolta di Maggio, incontrando le stesse contraddizioni e gli stessi problemi di saldatura nella rivoluzione nuova di aspetti tradizionalmente politici e di nuove dimensioni del rivolgimento nella società post-industriale d'oggi, si chiudeva emblematicamente anche un ciclo del dopo-Maggio caratterizzato dal goscismo e dal pullulare di gruppi, ognuno proteso a rappresentare la ' giusta posizione '.

3.2. Tra i partiti della sinistra, l'esplosione del 1968 non poteva che provocare delle ripercussioni di notevole portata. Era stato infatti chiaro che una potente spinta al mutamento non si fosse incanalata e non si incanalasse negli strumenti tradizionali offerti dal sistema politico e partitico ma doveva trovare nuove strade. Come reazione o come assorbimento, come difesa dai nuovi possibili sbocchi o come tentativo di intervento nelle realtà nuove che Maggio aveva rivelato, tutta la sinistra francese dopo il 1968 deve fare un esame di coscienza e trarre la conclusione da quegli avvenimenti che l'avevano colta così di sorpresa. Il partito che maggiormente aveva risentito di questa situazione era stato proprio quel Parti Socialiste Unifié (PSU) che, unico, aveva in quanto tale partecipato alla rivolta ed era per sua natura particolarmente tagliato per comprendere il movimento.

Il PSU potrebbe essere definito il partito della crisi del socialismo e, più in generale, della sinistra. Così era nato nel 1960, in seguito alla crisi generale delle sinistre di fronte al problema algerino ed al ritorno di De Gaulle al potere. Le sue stesse componenti alla fondazione ne rivelano questa peculiarità di carattere composito e di fenomeno politico eccezionale che risponde a situazioni eccezionali: socialdemocratici di sinistra provenienti dalla SFIO che non accettano le compromissioni mollettiste, radicali mendesisti, gruppi già allora definiti di ' nuova sinistra ' che inglobano cristiani e laici ed infine comunisti dissidenti. Ed infatti il PSU svolge una sua funzione per tutto il periodo in cui il problema algerino rimane il nodo cruciale per la Francia per tornare poi, con l'inizio del 1963, a guerra algerina conclusa, ad essere un partito laboratorio di idee, principalmente in direzione di proposte unificanti la sinistra a livello delle forze politiche o di nuove analisi della stratif

icazione di classe francese. Questo partito, eretico nell'ambito delle grandi correnti organizzate delle classe operaia, quasi unico esperimento in Europa come tentativo di nuova formazione socialista non legata a prassi e tradizioni socialdemocratiche e comuniste, sociologicamente espressione degli strati operai più evoluti e più qualificati e dei gruppi studenteschi più militanti e più maturi, poté aderire al movimento di Maggio e parteciparvi soprattutto attraverso la sezione studentesca, pur non essendo in nulla preparato ad un simile evento che non aveva previsto nonostante tutte le analisi che era andato facendo negli anni precedenti. Il PSU esce da Maggio completamente mutato: i militanti vedono in esso lo strumento del sistema politico più agibile per il suo carattere ed il suo atteggiamento, per cui gli iscritti che erano stati 15.000 al momento della sua fondazione fino al 1962 e che erano scesi intorno a 10.000 fino al 1967 arrivano nel 1968 a 15.511 (9) con una rotazione superiore al 50 %. Per qu

attro anni il partito sembra rappresentare una fucina di posizioni in cui convivono tendenze tradizionali di sinistra socialista, correnti gosciste trotskiste, maoisti, sindacalisti, contadini e operai di orientamento rivoluzionario, molti cristiani portati ad un impegno sempre più estremista, amministratori locali che perseguono una strategia di unità delle sinistre: componenti tutte che trovano il punto di equilibrio, instabile fino al congresso del 1972, nel segretario Michel Rocard unico eletto al Parlamento del 1969. Prendendo le distanze sia dai goscisti che dai comunisti, pur nella continua ricerca di un dialogo critico con gli uni che con gli altri (alle elezioni politiche del 1970 il PSU fece liste a Parigi con i trotskisti di Lutte Ouvrière ed in molti altri comuni appoggiava liste di sinistra tradizionali) la linea di Rocard, battezzata come 'strategia istituzionale ', propone "sia di utilizzare in senso rivoluzionario le istituzioni esistenti, creando le rotture necessarie, sia di crearne delle n

uove al livello della produzione, del quadro di vita, della scuola, delle istituzioni legali e delle comunicazioni di massa". Lo stesso Rocard offre le coordinate della difficile posizione del PSU in questi anni di fronte ai partiti ed alle tradizioni di tanto più grandi e più consolidate del tentativo socialista unitario:

Difendere un socialismo non autoritario, decentralizzato, fondato sull'autogestione, caricarsi di esperienze libertarie o federalistiche, significa necessariamente distinguersi dal partito comunista francese, qualsiasi cosa costi. Dare, nella lotta socialista, la priorità alla lotta di classe diretta, cioè agli innumerevoli conflitti quotidiani attraverso cui si trasformano i rapporti sociali, piuttosto che alla lotta elettorale, che non è che una registrazione dello stato di questi rapporti, significa anche distinguersi dal partito socialista. Affermare queste posizioni, tradurle in pratica senza mai scadere nell'anticomunismo e rispettando la volontà d'unità dei lavoratori, cioè non spingendo le divergenze al di là del limite in cui esse divengono possibilità offerte alla destra, fare tutto ciò significa evitare il settarismo e l'isolamento in cui sono sempre caduti i movimenti rivoluzionari in Francia, ma cercare di ritrovare lo stesso coraggio militante, ecco i compiti che ci sono assegnati:

non hanno nulla di spericolato (10).

Ma lo sforzo di Rocard, così rigoroso nel comprendere e superare le posizioni parlamentari e quelle extraparlamentari, nel tenere aperto il discorso con le energie militanti presenti nel goscismo e di riconoscere la fondamentale spinta unitaria dei lavoratori inquadrati nei partiti e nei sindacati tradizionali, nell'opporre una concezione libertaria ed autogestita del socialismo ai modelli riformatori e rivoluzionari che la dottrina e le esperienze di un secolo offrono, sembra imbattersi proprio oggi con eventi più grossi della possibilità concreta del PSU di farvi fronte. Il PSU si era ingrossato con la crisi della sinistra, come ala rivoluzionaria del sistema partitico e come ala istituzionale del movimento rivoluzionario di estrema sinistra fino a quando in una direzione e nell'altra non si sono messi in moto processi centripeti che hanno preso in mezzo il PSU. Con il 1972 realizzato da una parte il rinnovamento del Partito Socialista prima e l'unità delle sinistre poi, e coagulata dall'altra la p

roposta organizzativa rivoluzionaria più dottrinariamente coerente della Ligue di Krivine di fronte allo sgretolamento goscista il processo di scissioni dal PSU è stato continuo: è uscito sulla destra il gruppo di Gilles Martinet, già principale animatore del partito alla sua fondazione, per tornare nel Partito Socialista, sulla sinistra i 'marxisti rivoluzionari ' hanno raggiunta la Ligue ed hanno abbandonato i sindacalisti di prestigio come Henri Leclere e Bernard Lambert che facevano parte della corrente 'sinistra operaia e contadina ', mentre i filo maoisti sono stati esclusi. Così al congresso del dicembre 1972 in cui non esistono più una serie di convivenze politiche ricche ma equivoche, il partito è arrivato dimezzato passando dai 19.000 iscritti nel 1969 a meno di 10.000, anche se finalmente sembra compatto dietro la leadership di Rocard, pronto ad affrontare il confronto/scontro, soprattutto sui temi dell'autogestione e della trasformazione verso una società socialista, con le sinistre unit

e.

(9) Per tutti i dati e la storia del PSU vedi MICHEL ROCARD, Le PSU, Seuil, 1969.

(10) MICHEL ROCARD, "Qustions à l'Etat Socialiste", Le Monde, 22 novembre 1972.

3.3 Se il Maggio aveva influito sul partito più sensibile della sinistra, il PSU modificandolo radicalmente, a maggior ragione il contraccolpo investì la sinistra tradizionale ed in special modo quell'area socialista disorganizzata e con strutture politiche assai deboli senza quella capacità di resistenza da immobilità e da viscosità tipica del Partito Comunista. Ecco cosa ne scrivono a proposito alcuni testimoni:

Jean Poperen, già animatore dell'Union des Groupes et Clubs Socialistes (UGCS) ed attualmente membro della segreteria del Partito Socialista: "Le barricate e lo sciopero generale di maggio 1968 sono naturalmente la grande data di questo decennio. E' un colpo terribile per l'orientamento tecnocratico, ma non è un colpo per tutte le strutture della sinistra. Tuttavia, per milioni di lavoratori, ed in maniera particolare per migliaia di tecnici e di quadri impegnati a fianco degli altri salariati è un'esperienza.

Rivelando le virtualità rivoluzionarie della società francese, maggio 1968 sblocca il dilemma: via tecnocratica o via parlamentare tradizionale, in cui tutte le correnti della sinistra si erano lasciate rinchiudere. La strategia unitaria deve essere una strategia di lotte di massa" (11).

Claude Estier, già segretario della convention des Institutions Républicaines (CIR) ed attualmente membro della segreteria del Partito Socialista: "La Fédération de la Gauche Démocrate et Socialiste non è sopravvissuta al movimento di maggio 1968... Eppure la Fédération fu una delle prime formazioni politiche a comprendere il senso della rivolta studentesca. Ma comprendere è una cosa, agire è un'altra. E' a livello dell'azione che la FGDS fu per troppo tempo paralizzata. Le mancava, per prendere le iniziative necessarie al momento opportuno, la coesione interna che sola le avrebbe dato la fusione delle organizzazioni che la componevano" (12).

Claude Krief, di Le Nouvel Observanteur: "La Federazione fu completamente assente dal movimento fino a quando Mitterand e Mendés France rivendicarono piene responsabilità, ma ormai era troppo tardi. Il Partito Comunista da parte sua si rifiutò di affiancarsi alla rivoluzione per timore dell'intervento dell'esercito e condannò brutalmente gli studenti di sinistra. Un piccolo gruppo rivoluzionario si raggruppava intanto intorno al PSU malgrado le gravi differenze ideologiche. Prima lezione: la sinistra, divisa, ha dato in pochi giorni la prova della sua incapacità a prendere il potere, sia per timidezza che per disunione..." (13).

Quella che si estingueva nel 1968, La Fédération de la Gauche Démocrate et Socialiste (FGDS) era nata nell'autunno 1965 sullo slancio della candidatura di François Mitterand alla presidenza della repubblica quando era riuscito ad ottenere sulla sua persona il 45 % dei voti al secondo turno rappresentando per la prima volta, dall'avvento del gollismo, un momento unitario di tutte le sinistre. La federazione raccoglieva tre famiglie politiche, quella socialista rappresentata dalla SFIO, quella dei radical-socialisti e la Convention des Institutions Républicaines. Delle tre, radical-socialisti e socialisti della SFIO rappresentavano vecchie tradizioni e vecchi partiti, mentre la Convention era sotto ogni aspetto una nuova formazione. La SFIO era andata declinando da quando negli anni cinquanta la politica mollettista di compromissione con le destre si era espressa nel governo che aveva mandato le truppe da sbarco a Suez nel 1956, e poi aveva attivamente partecipato alla politica di repressione e di guerra

in Algeria ed aveva infine capitolato di fronte al gollismo. Mollettismo voleva dire in Francia, ancora nella prima metà degli anni sessanta, quanto di peggio la politica trasformista e di potere della IV Repubblica poteva esprimere: la socialdemocrazia che era stata nella resistenza una delle forze politiche importanti, andava declinando politicamente ed organizzativamente: nel 1945 gli iscritti alla SFIO erano 335.000, nel 1956 120.000, e nel 1968 erano scesi a 83.000. La partecipazione all'iniziativa della Fédération era stata un primo segno di inversione di tendenza, durato tuttavia meno di tre anni fino a quando, appunto a Maggio, le nuove forze espresse nella rivolta non diedero il colpo finale alla fragile esperienza federativa delle tre famiglie. Del resto la forte vocazione trasformista e di potere a cui la SFIO versione Mollet, era stata costantemente legata tendevano a far passare uomini e gruppi da troppo tempo lontani dalle leve del governo e del sottogoverno al campo maggioritario gollista. Anc

he l'antica tentazione di costituire un raggruppamento moderato-centrista in funzione antigollista ed al tempo stesso anti-comunista come 'terza forza ' aveva nella SFIO non pochi né marginali partigiani che riuscirono a far passare la candidatura del sindaco di Marsiglia, Gaston Defferre, alle elezioni presidenziali del giugno 1969 con un risultato del 3,7 % dei voti al primo turno, così basso da non avere precedenti in tutta la storia del socialismo. Così, con il 1969, l'esperienza tradizionale dei socialisti organizzati nella SFIO tocca il punto di maggiore e sembra definitivo tramonto dopo la completa estraneità agli eventi di Maggio, la pessima prova offerta persino nelle elezioni legislative del 1968 (mentre proprio il campo elettoralistico rimaneva un settore di resistenza del partito), e dopo l'infausto tentativo di Defferre di stampo centrista, tanto più grave se paragonato al successo di Mitterand di quattro anni prima.

(11) JEAN POPEREN, capitolo introduttivo di Histoire de la gauche française, Fayard, 1972.

(12) CLAUDE ESTIER, Journal d'un fédéré: La Fédération de la gouche au jour le jour 1965-1969, Fayard 1970, p. 272.

(13) CLAUDE KRIEF, "Terremoto a sinistra". L'Astrolabio, 27 0ttobre 1968.

Insieme ai socialisti ed ai radical-socialisti, abbiamo visto che nella FGDS era presente una terza famiglia, la Convention des Istitution Républicaines che rappresenta proprio il contrario dei vecchi partiti tradizionali della sinistra francese.

Essa rappresenta (nella FGDS) l'essenziale di una terza famiglia, quella degli uomini e delle donne, generalmente giovani che, per questa o quella ragione, non sono stati mai impegnati in un partito o che hanno cessato di militarvi, ma che sono incontestabilmente degli uomini e delle donne di sinistra e che l'hanno provato per il dinamismo di cui hanno dato prova durante la campagna presidenziale dell'autunno 1965 e poi durante quella delle elezioni legislative del marzo 1967 (14).

La Convention nasce dal raggruppamento di circoli e clubs sviluppatisi negli anni cinquanta e all'inizio degli anni sessanta. La crisi dei partiti, in primo luogo di quelli di sinistra non comunista, porta alla fioritura di una molteplicità di iniziative che non riescono a passare attraverso i consueti canali politici, i partiti, a causa della loro inadeguatezza a far fronte alle nuove situazioni. Guerra d'Algeria e gollismo avevano visto assenti o, peggio, responsabili proprio i vecchi partiti della sinistra repubblicana e socialista capaci solo di preoccuparsi della propria sopravvivenza fisica e del mantenimento del piccolo potere locale quando non fosse possibile la partecipazione a quello governativo. Niente iniziative, niente dibattito, niente rinnovamento di idee. E' perciò che nel 1960 nasce il PSU: ma accanto ad esso, altri canali di impegno politico prendono forma. I clubs, in fondo sono una antica dimensione della vita politica francese, oltre che inglese e americana: sono al tempo stesso soc

ietà di pensiero e strumenti di azione politica nel senso più profondo del partito antico ma anche di quello moderno. In'oltre hanno la caratteristica di essere legati a situazioni legali e specifiche, di non rappresentare una struttura chiusa e dogmatica come troppo spesso finiscono per divenire i partiti odierni in tutte le realtà occidentali. Fu soprattutto in questo tipo di clubs che si espresse una parte non trascurabile di partecipazione politica della sinistra democratica e socialista intorno agli anni sessanta in Francia, tanto da arrivare a costituire una nuova rete spontanea di gruppi militanti cresciuta in diretto rapporto alla sclerotizzazione dei vecchi apparati. Il più antico di questi circoli era il Club des Jacobins, operante fin dal 1951 per opera di Charles Hernu, con circa duemila militanti che aveva avuto parte nell'appoggio al governo di Mendés France del 1954, nella ripresa del dibattito sull'unità della sinistra, nell'opposizione al ritorno gollista del 1958 ed in una serie di 'colloqu

i ' su argomenti di generale interesse per la sinistra. Accanto ad esso, nel 1958, viene fondato la Ligue pour le Combat Républicain animata da Mitterand su iniziativa del quale un certo numero di clubs a vocazione socialista e democratica si riuniscono poi nel corso de 1964 e 1965 per dar vita alla Convention des Institutions Républicaines. Concepita come un organismo di raccordo delle cellule di base che avevano animato il tessuto politico francese in un momento di riflusso, la Convention evolve progressivamente in senso ideologico "con l'approfondimento della base della sua lotta per le 'istituzioni repubblicane' divenendo una delle forze attive del socialismo" ed in senso strategico "nella sua lotta permanente per l'unità d'azione di tutta la sinistra, segue dei passi successivi ed in diversa direzione, per far progredire l'unità organica dei partiti della sinistra" (15).

(14) CLAUDE ESTIER, Ce qu'est la Convention, Le Cahiers de la CIR, n. 8, 1968.

(15) PIERRE JOXE, "La Convention et le socialisme", Dire, 15 maggio 1970.

Gli obbiettivi dei convenzionisti, a partire dalle esperienze locali e militanti, legate ai clubs, attraversa tuttavia i diversi momenti in cui in questi anni si esplica la vita politica francese: propulsione della candidatura unitaria di Mitterand nel 1965, spinta alla formazione della Federazione con socialisti e radicali, campagna unitaria comune nel 1967 dove la Convention nell'ambito della FGDS riesce ad eleggere 17 deputati al parlamento ed ottiene un successo di voti, infine sforzo per costituire un nuovo Partito Socialista capace di raggruppare tutto il movimento in questi anni disperso. "Noi seguiamo sempre tre obbiettivi scriveva Pierre Joxe nel maggio 1970 1· Associare i socialisti: è l'unità d'azione sempre possibile e l'unità organica auspicabile; 2· raggruppare i socialisti ed i comunisti: è l'unità d'azione sempre indispensabile affinché l'opposizione di sinistra divenga credibile agli occhi dell'opinione democratica; 3· portare tutti i democratici nell'alleanza delle forze popolari, g

iacché è questa alleanza che condurrà alla vittoria del socialismo con la conquista delle istituzioni democratiche" (16).

L'esperienza della FGDS che era stata positiva fino al 1967; la crescita di istanze nuove al di fuori della tradizionale organizzazione della SFIO tra cui in primo luogo lo sviluppo della Convention che vedeva accorrere nei suoi clubs gli elementi più attivi e militanti per un rinnovamento socialista (nel 1967 il suo mensile Combat Républicain può contare su oltre 20.000 abbonati); il sussulto di Maggio; ed infine lo scacco delle presidenziali del 1969 con Defferre che rivela la vanità della strategia centrista e conciliatrice nei confronti del gollismo: tutti questi elementi mettono in moto un processo per il rinnovamento del movimento socialista organizzato e la creazione di quello che comincia ed essere chiamato il 'nuovo Partito socialista '. Nuovo per metodi, nuovo per le forze che vi debbono confluire, nuovo per la politica di venti anni di mollettismo trasformista che si deve lasciare alle spalle, nuovo per la capacità di recepire quel fenomeno di idee che erano andate maturando negli anni sessan

ta in ambienti socialisti esterni alla SFIO e più in generale nella società civile come aveva dimostrato il Maggio. Questo processo che si mette in moto nel 1969 con l'elezione di Alain Savary alla segreteria, si conclude definitivamente nel giugno 1971 quando François Mitterand, l'uomo dell'unità delle sinistre nel 1965, della Federazione e del raggruppamento dei clubs, porta simbolicamente tutte queste esperienze nel nuovo partito divenendone segretario generale al congresso di Epinay. Il 'nuovo PS ' non nasce da un qualsiasi congresso di unificazione per sommatoria di vecchie strutture: l'esperienza della vecchia FGDS infatti aveva mostrato la labilità di strutture che non si fondono progressivamente con un processo di omogeneizzazione dalla base e di iniziativa politica unitaria. Il nuovo PS non risulta dalla giustapposizione di apparati, ma dalla volontà di creare un organismo nuovo al di là delle organizzazioni esistenti. Vediamone quali sono le componenti che decidono di sciogliersi per confluire nel

nuovo partito:

* la SFIO: si tratta della 'vecchia casa ' con la sua infrastruttura ('apparato ' sperimentato ed efficace, parlamentari, municipalità soprattutto come Lille, Marseille, Toulouse, Limoges etc.) ma con l'handicap di vecchi ministri screditati, legati ai ricordi della fine della IV Repubblica. Partito essenzialmente popolare, se non proletario, la SFIO conta ufficialmente nel 1969 non più di 81.000 iscritti;

* la Convention des Institution Républicaines: 17 deputati alle elezioni legislative del marzo 1967, a quelle del giugno 1968, malgrado un aumento del totale dei suoi voti. I suoi militanti in maggioranza quadri superiori, sono spesso entrati in politica in opposizione al regime gollista; attraverso i clubs è impiantata in quasi tutti i dipartimenti e soprattutto nella regione parigina ed in quella Rodano-Alpi;

* l'Union des Groupes et Club Socialiste (UGCS) che bilancia la recente creazione nel settembre 1967 con il dinamismo dei suoi militanti (di cui molti sono usciti dal PSU e provengono dalla categoria dei 'nuovi salariati '). L'UGCS, animata da Jean Poperen, era entrata a far parte della FGSD poche settimane prima del suo sfasciamento;

* l'Union des Clubs le Renouveau de la Gauche (UCRG) in cui si ritrovano un certo numero di persone che hanno lasciato la SFIO nel 1958, insieme con elementi cattolici socialisteggianti (come gli appartenenti al circolo Tocqueville);

* Objectif 72, un movimento di cristiani di sinistra animati dall'ex ministro Robert Buron.

(16) ivi.

Un travaglio di venti anni sembra concludersi con la fondazione del nuovo partito che vede, non casualmente, alla testa Mitterand insieme ad un équipe di dirigenti provenienti da esperienze diverse da quelle SFIO: la maggior parte dalla Convention, ma anche ex-PSU, animatori dei gruppi come l'UGCS o di centri studi come il CERES. Grazie alla forza delle cose ed alla capillarità del dibattito e delle iniziative nel campo socialista che non si erano potute esprimere che fuori dalla tradizionale 'casa socialista', un partito veramente nuovo riesce a travolgere quello vecchio fatto di clientele, di notabili, di abitudine al sottogoverno nel nome del socialismo. Riprende, a partire dal 1971, anche il dibattito delle idee su che cosa significhi il socialismo ed una strategia socialista nella società contemporanea. Matura in questo clima sia un mutamento nella base sociologica e sociale del partito in cui entrano nuovi militanti o si costituiscono nuovi nuclei dalla fusione di elementi ex-PSU, sindacalisti spe

sso della CFDT e gruppi di base, sia l'ambizione ad una candidatura alternativa al regime gollista che passa attraverso la stesura di un 'programma di governo' prima e la proposta della 'unità della sinistra' poi. Il programma di legislatura, approvato attraverso una pubblica discussione sulle opzioni alternative riguardanti le diverse parti, viene approvato nel gennaio 1972 e può apparire singolare come in esso si ritrovino proprio una serie di istanze che sembravano estranee ai partiti tradizionali e in particolare a quello sclerotizzato socialismo organizzato nella SFIO come era vissuto fino al 1969. I punti che riguardano la 'autogestione ' e 'cambiare la vita ' oltre al 'potere ai cittadini ', ad un 'nuovo internazionalismo ' e a 'padroneggiare l'economia ' sono già di per se qualificanti, perlomeno a livello di programmi e di intenzione se non di realizzazione e di pratica, e costituiscono la necessaria premessa di una svolta effettiva. Per quanto riguarda l'autogestione il programma così dice:

Si sente che dappertutto il problema è stato posto. Il bisogno di responsabilità diretta e diversificata si afferma sia con la rivendicazione detta qualitativa sui luoghi di lavoro, sia con l'esigenza venuta dalla base di una decentralizzazione su tutti i piani ed a tutti i livelli. Essa traduce un ideale che implica che gli uomini possano decidere del loro lavoro, del loro prodotto, in breve della loro vita sotto tutti gli aspetti. E' l'ideale del socialismo, l'autogestione estesa a tutta la società significa la fine dello sfruttamento, la sparizione delle classi antagoniste, l'abolizione del salario, la realtà della democrazia... E' al tempo stesso possibile e necessario avanzare fin da ora su questa strada, ma sarebbe accontentarci di parole pretendere di realizzare l'autogestione nei cinque anni che seguiranno l'andata al governo dell'unione delle sinistre. La Rivoluzione francese ha impiegato più di un secolo per realizzarsi: l'autogestione non deve essere considerata nel 1972 più utopica di quanto

lo fosse la democrazia parlamentare all'epoca di Jean Jacques Rousseau. All'alba della rivoluzione socialista, la conquista del potere dello Stato da parte di un governo d'unione della sinistra marcherà l'inizio di un periodo di transazione che, lungi dal sopprimere la lotta delle classi, ne eleverà progressivamente la posta in gioco... (17).

Ed ecco le dichiarazioni di intenzioni nella parte riguardante 'cambiare la vita ':

Troppi uomini hanno l'impressione di vivere in una società insensibile alle loro pene ed alle loro preoccupazioni, alle loro aspirazioni alla felicità ed alle loro gioie. Da ogni parte, in particolare dai giovani, si leva lo stesso appello: bisogna cambiare la vita. Bisogna dare per tutti un senso alla parola vivere.

Per un progetto socialista, non c'è ambizione più alta. E se il socialismo vuole stabilire la democrazia nella città e nella fabbrica, è per farla finita con l'insicurezza, l'ineguaglianza, lo squallore che sono i prodotti del capitalismo (18).

(17) Programme de gouvernement du Parti socialiste, Flammarion 1972, p. 62.

(18) ivi.

Ad oggi, certo, non si può dire altro che si tratta di un programma interessante, di una proposizione di intenzioni che, se non altro, riporta come sostanza del movimento socialista organizzato temi e problemi che gli sono stati estranei per lungo tempo. E si può aggiungere che vi è una parentela nei contenuti del dibattito in corso nel PS e la natura del programma di legislatura con le migliori ricerche e tendenze emerse in un decennio di teoria e di movimento. A ragione scrive il commentatore di Le Monde sul programma di legislatura:

Le più nuove preoccupazioni della corrente socialista, quelle che sono state approfondite ed espresse da molto tempo da parte del PSU, che sono state studiate da raggruppamenti marginali della sinistra e che sono venute fuori con gli avvenimenti di maggio, trovano largamente eco nel progetto di programma. La terza parte si intitola "cambiare la vita", come un opuscolo pubblicato da "Vive la Révolution", uno dei gruppi goscisti più spontaneisti (19).

3.4. Da alcuni la data del 27 giugno 1972 in cui è stato stipulato definitivamente l'accordo tra socialisti e comunisti per un programma comune di governo è stata definita un evento storico che può essere paragonato a quello della famosa scissione dei comunisti dal Partito Socialista, al congresso di Tours del 1920. Da allora non c'era più stato un momento di maggiore precisione nella politica unitaria delle due maggiori famiglie storiche del movimento operaio né un accordo più stretto come sbocco di un processo di lunga maturazione. Non nel 1934 quando al Fronte Popolare si era arrivati dopo un atteggiamento fortemente ostile dei comunisti nei confronti della SFIO ed in funzione esclusivamente anti-fascista; non all'indomani della Resistenza con il tripartito di carattere eccezionale; non infine con il governo Mendés-France del 1954 quando i comunisti appoggiavano dall'esterno la maggioranza del Fronte Repubblicano. E la novità dell'accordo può essere valutata sia in termini di processo stori

co-politico che è andato maturando sia per i contenuti specifici. I tredici anni passati all'opposizione del gollismo hanno reso i corpi sociali comunista e socialista molto più vicini di quanto le intenzioni, le politiche e le dirigenze non avessero voluto e programmato: non solo le due basi ma il processo di ripensamento e di rinnovamento della sinistra nel suo complesso, espressosi per lo più al di fuori dei canali partitici tradizionali, ha finito, prima con il Maggio e poi con il mutamento del movimento socialista organizzato, per influenzare profondamente quegli stessi organismi che sembravano impermeabili a qualsiasi possibilità di approntare uno scontro credibile con il regime gollista e pos-gollista. Di più, in termini specifici, l'accordo PCF-PS non è questa volta del tipo di quello effettuato nel 1966 tra comunisti e FGDS che aveva valore puramente tattico e minimalista dietro la preoccupazione elettorale e la riaffermazione dei sacri principi, ma sembra andare oltre pur nell'aperto disaccordo su

alcuni punti dei due contraenti. "Quello che mette all'ordine del giorno, non è una semplice gestione della società esistente, è il passaggio ad una nuova società che non sarebbe ancora interamente socialista ma in cui sarebbe già messo fine al predominio dell'attuale classe dirigente" (20).

Dopo la fortunata prova di Mitterand su cui erano confluiti nel 1965 i voti della sinistra comunista e non comunista, il cammino che ha portato al programma comune è stato lungo, faticoso e certamente non poca importanza ha avuto l'intermezzo di Maggio che ha cambiato tutti i dati della politica francese. Nel febbraio 1968 la FGDS ed il PCF pubblicano una specie di catalogo delle convergenze e divergenze. Dopo l'interruzione del 1968, per alcuni allarmante e per altri stimolante, il nuovo partito con alla segreteria Savary nel 1969 riprende i contatti, più su una linea di intesa elettorale di marca vetero-frontista che vede una SFIO ancora intimamente socialdemocratica e pronta a stabilire contatti con i comunisti più per necessità elettorale che non per superare le tradizionali divisioni di fronte ad un possibile programma di azione. Alla fine del 1970 vengono pubblicati i primi risultati degli incontri, allorché Mitterand assume la segreteria del nuovo PS, si concentra per alcuni mesi sul rafforzament

o del partito e sul suo rilancio con una immagine dinamica e più militante nel paese e quindi, dopo la pubblicazione del programma socialista in cui sono assorbiti istanze e metodi che fino ad allora erano appartenuti ai gruppi socialisti quantitativamente marginali, riprende contatto con i comunisti su un piano di parità anche di fronte al paese, anzi nel ruolo di vero propulsore della proposta unitaria: così si giunge agli accordi del giugno 1972.

(19) ANDRE' LAURENS, "Le parti socialiste se propose de 'onanger la vie '", Le Monde, 12 gennaio 1972.

(20) GILLES MARTINET, "Et s'ils venaient au pouvoir...", Le nouvel Observanteur, 3 luglio 1972.

Questo programma che riguarda strettamente le azioni da compiere in cinque anni di governo e quindi non pretende né di essere un matrimonio a lungo termine né di formulare manifesti di principi per tempi lontani, si presenta come una serie di proposte concrete su cui socialisti e comunisti concordano nel caso di vittoria alle elezioni legislative e che "sottomettono agli altri partiti e organizzazioni democratiche invitandole a raggiungerli in questa azione ". Dall'incontro del programma comunisti centrato sul 'cambiare strada ' e di quello socialista che abbiamo visto ha per motivo principale 'cambiare vita ', nasce un programma in cui c'è accordo sulla maggior parte dei punti mentre, invece, su alcuni altri viene apertamente manifestata la divergenza esistente. Il caso più importante è quello riguardante l'autogestione, portata avanti dai socialisti come elemento qualificante tutta la concezione socialista ed ostacolata dai comunisti sempre rispettosi di una concezione e tradizione statalista-nazional

izzatrice. Quando si parla di intervento dei lavoratori nella gestione e direzione dell'impresa che dovrà assumere forme nuove, si precisa "che il Partito Socialista le concepisce nella prospettiva dell'autogestione ed il Partito Comunista Francese nello sviluppo permanente della gestione democratica ". Per quanto riguarda il resto, è utile riportare il giudizio sintetico di Thierry Pfister:

In tutti gli altri casi, una soluzione di compromesso è stata trovata. Il PCF ha accettato di fare larghe concessioni nel campo delle istituzioni e della politica estera. I socialisti hanno accettato d'andare più lontano di quanto non desiderassero in un primo tempo in materia di nazionalizzazioni ed hanno, come già nel loro stesso programma, moderato i loro ardori europei mantenendo aperte le possibilità di sviluppo dell'attuale Comunità economica europea... (21).

La pubblicazione del programma ha rappresentato una data storica non solo per il punto di arrivo di un processo che abbiamo visto venire da lontano e, in tempi recenti come nelle passate stagioni politiche, non è stata senza difficoltà. Esso ha significato anche un punto di partenza, come è apparso chiaro nella seconda metà del 1972 quando, per ragione di esorcizzazione o per ragione di adesione, si è imposto al centro della vita politica francese. All'interno di questa alleanza elettorale, di governo, di azione politica, per la prima volta il Partito Socialista sembra aver ripreso in mano l'iniziativa che aveva perso da almeno due decenni, da quando cioè aveva accettato, nei fatti, un ruolo subordinato ed a questo era stato ridotto anche dal continuo declino organizzativo ed elettorale, segno prima che causa della perdita di influenza politica. Da sempre il Mitterand campione della unità delle sinistre è andato affermando che l'unione sarebbe stata possibile, al di la di tutte le affermazioni di princi

pio e di tutte le norme garantistiche, nel momento in cui la sinistra non comunista, in particolare quella socialista avesse assunto un peso politico e di influenza pari almeno a quella comunista, sì da poter bilanciare in concreto, con l'unico linguaggio che conta in politica, la forza del movimento, il peso del Partito Comunista e delle organizzazioni, a cominciare da quella sindacale, ad esso collegate. Nello spazio di tempo che ci separa dall'accordo, senza avere ancora avuto la verifica delle cifre elettorali, sembra che la precondizione invocata da Mitterand si sia verificata o sia in corso di verificarsi per la capacità di attrazione che i socialisti rinnovati hanno saputo esercitare. Di più, non censurando quegli aspetti politici che sono o sarebbero potuti essere controversi rispetto ai comunisti, i socialisti si sono posti al centro di iniziative, anche di dibattito, di particolare significato in presa di posizione sulla Cecoslovacchia riaffermata con un convegno internazionale dei fuoriusciti soci

alisti e la polemica con l'ambasciatore sovietico Piotr Abrasimov, ne fanno fede. Unanimamente l'opinione pubblica e la stampa hanno riconosciuto che questo Fronte Popolare nuova edizione (cioè così poco stile Fronte Popolare, essendosi costituito su una piattaforma tuttaltro che minima) è questa volta pilotato dai socialisti ed in questo senso si può parlare di una 'dinamica unitaria ' messa in moto in pochi mesi che ha trasformato un'alleanza tra due partiti in un processo più largo coinvolgente forze organizzate e non nel tentativo di alternativa credibile al regime. Ai due contraenti si è agiunto all'indomani un ampio settore del Partito Radical-Socialista, quello dei radicali di sinistra mentre la parte restante del partito intorno a J.J. Servan Schreiber si è schierata con i centristi del cosiddetto movimento riformatore e poi una serie di personalità persino del campo gollista che, se non sono certo un acquisto nel senso della purezza dello schieramento per una società socialista, danno tuttavia

un'idea della forza di attrazione esercitata dall'accordo e quindi delle concrete possibilità di successo. I sondaggi che sono stati effettuati nel momento in cui scriviamo alla fine del 1972 all'indomani della decisione di Pompidu di sciogliere le camere ed indire le elezioni politiche per il marzo 1973, una decisione presa anche sotto l'incalzare del movimento unitario a sinistra, danno allo schieramento d'opposizioni oltre il 45 % dei voti, i socialisti in vantaggio sui comunisti, con andamento crescente a mano a mano che passa il tempo, il dibattito viene approfondito e la opinione pubblica ne viene investita.

Questo sembra essere in definitiva quale che siano i risultati delle prossime elezioni che comunque altereranno gli attuali equilibri e metteranno in crisi la stabilità del regime il significato maggiore della unità delle sinistre: avere riaperto il dibattito in primo luogo della alternativa al gollismo, poi della qualità di questa alternativa, quindi di aver investito larghi strati in scelte e opzioni politiche che altrimenti sarebbero state confinate a ristretti circoli, infine di aver creato all'interno stesso della sinistra oltre agli stimoli unitari anche dei confronti-scontri su questioni di fondo.

(21) THIERRY PFISTER, "Le programme commun de gouvernement", Le Monde, 29 giugno 1972.

3.5. Una parte della sinistra, proprio quella protagonista del dibattito sul socialismo negli anni sessanta, cIoè i gisc!C`a da una parte e il PSU insieme alla Confederation Française Democratique des Travailleurs (CFDT) (22) datra. Ciò che abbiamo provato e stiamo ancora provando è di trasformare la linea di quella che era l'opposizione extraparlamentare in prassi politica a lungo termine. Sono stati loro che ci hanno mostrato il significato dell'azione diretta per una prassi socialista. Loro hanno usato gli effetti di azioni individuali in difesa dei propri interessi sulla consapevolezza del popolo. Ed hanno potuto far così in quanto hanno compreso il significato dell'azione individuale non manipolata come base di una futura società socialista. E' su questa esperienza e su questa intuizione che i giovani socialisti hanno fondato il loro concetto di "lavoro di base" e di "azione mobilitante". l'altra nostra eredità dalla nuova sinistra è stata l'acquisizione di una sensibilità delle istituz

ioni gestite in maniera autoritaria. E' ciò che ha prodotto la richiesta degli Juso per la democratizzazione di tutte le aree della società, incluso il partito e le sue organizzazioni.

(6) "Germany: Socialism in the Eighties?", intervista a KARSTEN VOIGT in Agenor, n. 21, may 1971.

2.7. Non è ancora possibile fare un bilancio dell'apporto degli Juso e del contributo alla ripresa del dibattito politico sul socialismo e alla vittoria di Brandt nelle elezioni generali del 1972. Tuttavia è stato sottolineato dai più come uno degli ingredienti centrali del suo successo e dei risultati così largamente positivi ogni oltre aspettativa sia stato proprio il contributo di una larga mobilitazione dei singoli in tutto il paese in sostegno del governo uscente e la estrema politicizzazione del paese che per la prima volta ha vissuto intensamente in termini di partecipazione politica, razionale ed emotiva, la scelta che doveva compiere tra lo sviluppo di un processo di rinnovamento accennato prima del 1972 soltanto in politica estera ed il ritorno ad un regime di conservazione e di restaurazione dell'ancien regime cristiano-democratico. Le iniziative spontanee dei singoli e dei gruppi di elettori (Wahlerinitiative) ed il lavoro 'porta a porta ' sullo stile delle campagne americane più pr

ogressiste con cui è stata contenuta e quindi sconfitta la spesa pubblicitaria dei cristiani-democratici appoggiati massicciamente dalla stampa e dal mondo del capitale, sono un segno preciso anche della nuova linfa che attraverso l'organizzazione giovanile il patrimonio extraparlamentare ha portato nel sistema politico agendo attraverso la socialdemocrazia. Certo non affermiamo qui né la continuità meccanica tra le mobilitazioni dell'APO nel 1968 e le mobilitazioni di Brandt nel 1972 né che i contenuti di quella opposizione siano in alcun modo confrontabili con quelli della nuova maggioranza: tuttavia sicuramente degli effetti indiretti si possono stabilire tra i due momenti. Nell'intervista del presidente degli Juso sono analizzati alcuni elementi delrazionalizzare la produzione, n.d.r.], la sinistra unita non oppone nei fatti che un tentativo per salvare eprolungare il capitalismo: senza i capitalisti d'oggi, ma facendo dello Stato occupato da élite socialiste, il capitalista collettivo, continuatore dell

a crescita borghese. Non sarà la prima volta nella storia che le "organizzazioni della classe operaia" tentano di fare funzionare il capitalismo a beneficio di questa. Tali tentativi illusori sono stati pagati a caro prezzo. E' perciò che l'impresa socialista-comunista scoppia per strada in ragione della sua propria incoerenza, mandando a monte in tal modo per molto tempo considerevoli speranze oppure può finire che essa riesca un giorno ad instaurare, in maniera stabile, delle nuove forme di oppressione e di sfruttamento... E' ciò che dimenticano coloro che immaginano delle strategie di superamento dell'unione delle sinistre o di sostegno critico. Nell'affare del programma comune, le strategie sono in causa in maniera assai secondaria: si tratta di sapere prima quale società noi vogliamo domani (23).

Dal canto suo prendendo posizione sull'accordo, dalle colonne di Le Nouvel Observateur, un'esponente dell'ufficio politico della trotskista Ligue Communiste, scrive:

I rivoluzionari moltiplicheranno nei mesi prossimi le loro spiegazioni, approfittando della tribuna delle elezioni e presentando dei candidati al primo turno: quale che sia la forza della corrente attirata dalla facile illusione dell'Unione della Sinistra, noi porremo le premesse di un'altra strada... Poiché i lavoratori, nella grande massa, sono attirati dall'Unione di Sinistra, li inviteremo al secondo turno a votare per essa... Sappiamo che non è sufficiente avere le idee giuste: bisogna che larghe masse le esperimentino per poterle assimilare (24).

In queste posizioni, sostenute alcune da organismi crescenti e fortemente radicati nella base come la CFDT, altre da forze minoritarie come il PSU o marginali come i goscisti della Ligue, si riassumano tutte le contraddizioni a cui l'unione della Sinistra a dato vita in Francia. La possibilità di una alternativa al sistema ed al regime è incarnata oggi alla vigilia delle elezioni politiche da quelle forze storiche che soltanto nell'ultimo periodo e sotto l'incalzare degli eventi hanno preso su di sé la responsabilità di condurre una lotta forse in direzione socialista, mentre coloro che hanno tenuto in piedi, perlomeno a livello di dibattito, questa prospettiva non hanno la forza necessaria per condurre in maniera credibile lo scontro con il sostegno di massa, che pure invocano ad ogni piè sospinto. Ma forse è proprio da questa dialettica tra l'alleanza delle sinistre e le altre forze minoritarie in posizione critica e decise a potare avanti in proprio la battaglia socialista sia oggi in sede elett

orale almeno al primo turno, per poi arrivare ad eventuali accordi al secondo turno sia domani in presenza di un eventuale governo di sinistra, è proprio da questa dialettica che può forse nascere un processo in direzione socialista, rappresentando nel concreto della storia contemporanea l'ultimo atto di una contraddizione che percorre l'intera vicenda della sinistra francese, e non solo di essa.

(23) PIERRE GEROME, "D'un accord d'apparils a un 'socialisme de legislature '?", Politique Hebdo, 6 luglio 1972.

(24) GERARD FILOCHE, "Le mensonge électoral", le Nouvel Observateur, 29 dicembre 1972.

CONCLUSIONI: IMMUTABILITA' DEL SISTEMA PARTITICO.

LE NUOVE SINISTRE NON HANNO PRESO FORMA, MA SONO POLITICAMENTE INSOSTITUIBILI PER IL SOCIALISMO.

L'ALTERNATIVA AL REGIME

AFFIDATA A COCIALDEMMRATICI E COMUNISTI.

I SOCIALISTI AL CENTRO DEL PROBLEMA: "CHE FARE ?".

NECESSITA' DI UNA AZIONE CHE PARTA DALL'ESTERNO.

4.1. Le situazioni esaminate, quella francese e quella tedesca, emblematiche dei due principali contesti europei, ci permettono di tirare alcune considerazioni generali. In dieci anni, anzi ormai dagli anni del dopoguerra, non si è avuto né in Francia né in Germania una trasformazione del sistema politico-partitico a sinistra nonostante crisi generali e sconvolgimenti di non poco conto. Il discorso può essere puntualmente ripetuto per gli altri paesi europei e, in particolare, per l'Italia. Giorgio Galli ha messo in rilievo nel suo libro "il difficile governo" come nel nostro paese vi sia un sistema partitico stabile nonostante l'inefficienza fondato su due fattori che influenzano fortemente il voto come la "tradizione" e la "organizzazione" precisando a proposito delle elezioni del 1968 che "sono servite a mettere in luce gli elementi di staticità del nostro sistema politico, ma nello stesso tempo la sua elevata capacità di resistenza di fronte a fenomeni di partecipazione diversi da quelli pr

esi (nel libro, n.d.r.) in esame, e cioé l'adesione ai partiti ed il comportamento elettorale". Mentre la destra presenta talora in qualche paese europeo, come la Francia, e negli ultimi tempi in Italia, una certa capacità di trasformare se stessa con la creazione di nuove aggregazioni del tipo della gollista UDR francese, non c'è un solo partito o movimento non settoriale che a sinistra si sia sviluppato e consolidato in questi anni, ad eccezione del PSU francese che è rimasto quantitativamente e come peso politico ai margini del sistema partitico pur avendo svolto in determinati momenti cruciali un ruolo teorico importante. Le stesse vicende italiane, con scissioni e unificazioni sul fronte socialista non hanno prodotto nulla che lontanamente potesse rassomigliare ad una nuova aggregazione e canale di partecipazione politica. Si possono aggiungere, a questo panorama, le stesse esperienze del "Manifesto" e del "MPL" nate da movimenti eretici nell'ambito dei due più corposi ed importanti mondi italiani, quel

lo comunista e quello cattolico, con l'ambizione di dare voce ed espressione ai nuovi movimenti di base cresciuti con il '68, che sono entrambe fallite la prima anche se tiene ancora in vita un quotidiano e la seconda anche formalmente essendo dovuta confluire ingloriosamente nel PSI. Una prima constatazione dunque che accomuna tutti i paesi a struttura democratica-parlamentare è la impraticabilità fino ad oggi della costruzione di nuovi strumenti partitici, o di movimenti complessivi organizzati con capacità di tenuta e di durata in grado di affiancarsi o di sostituirsi a quelli tradizionali, come sono emersi dall'assetto formatosi nel dopoguerra.

4.2. - Tuttavia è innegabile che la funzione della sinistra, cioé di portatrice di mutamento sotto ogni forma in direzione socialista, è stata svolta soprattutto, anche se non esclusivamente, da movimenti espressi al di fuori dei partiti della sinistra, spesso nonostante o contro di essi. Le vicende della guerra di Algeria prima, del movimento di Maggio poi e le istanze tenute in vita dal sindacalismo libertario della CFDT insieme con il PSU in Francia, così come il movimento antiautoritario ed extraparlamentare tedesco, per non evocare se non di passaggio le vicende italiane in cui risveglio sindacale, dissenso cattolico e contestazione studentesca hanno costituito i fatti salienti per una azione di sinistra legata a movimenti di carattere sociale, tutto ciò si è contrapposto ai processi lenti e spesso immobilisti delle organizzazioni partitiche, alla loro resistenza e impermeabilità rispetto alle spinte di base. Tutti questi movimenti in cui si sono espresse in forme dirette azione dirette, democrazia

diretta, movimento di massa le istanze nuove che costituiscono sostanza e nutrimento di qualsiasi azione di tipo socialista, hanna avuto esiti a breve scadenza, sono durati anche con un'alta carica di intensità e di dinamicità per una o due stagioni politiche, ma non sono riusciti a dar vita a forme nuove di organizzazione politica ed in mutamenti strutturali sia della stessa sinistra che della società più in generale. In un arco di dieci anni, ovunque in Europa si possono enumerare una serie di campagne specifiche, di movimenti ad hoc, di spinte o rivolte come espressioni di nuove volontà di partecipazione e di mutamento che hanno avuti sbocchi di successo, ma non si può constatare nessun sostanziale mutamento del sistema partitico. Non perché ci interessi, qui sottolineare un discorso di carattere puramente formale che riguardi i canali di partecipazione politica, ma in quanto questa difficoltà di creazione di strumenti nuovi corrisponde in fondo ad una sostanziale continuità e vischiosità del rapporto

tra appartenenza sociale, condizione sociologica e appartenenza politica. Il perdurare della egemonia dei partiti socialisti e comunisti non significa soltanto il perdurare di pesi organizzativi e di insediamenti politici tradizionali, ma la corrispondenza tra questi partiti e la organizzazione della maggioranza delle classi lavoratrici e degli strati proletari.

L'altro dato quindi che emerge dalle vicende europee è che una alternativa all'interno del sistema democratico-parlamentare che sembra essere l'unica possibile e prevedibile a scadenza breve e media, non si può ottenere che con un processo all'interno del sistema partitico esistente, sia che esso sia costituito dalle forze socialdemocratiche , sia che abbia bisogno di un processo di unità delle sinistre laddove c'è, come in Francia ed in Italia, una massiccia presenza dei partiti comunisti impiantati nella realtà del paese. Si tratta, è vero, come molta parte della critica di 'nuova sinistra ' porta avanti di un processo che sostanzialmente fa restare immutato il quadro sociale e politico di fondo, cioè di quello che si definisce di alternativa al 'regime ' piuttosto che al 'sistema '. Ma in Francia, in Germania, nella stessa Italia, per non parlare delle democrazie scandinave e inglesi, non è ragionevolmente prevedibile altra alternativa che si esprima nella sua globalità e non come una serie di proces

si parziali, settoriali e locali che pure esistono e non sono destinati ad estinguersi. Credo che questa lezione che ci viene dalla Francia e dalla Germania debba essere valutata appieno, non trascurando da una parte i limiti e dall'altra le nuove possibilità che da essa possono derivare. I limiti in quanto nonostante le nuove condizioni generali di questi anni le socialdemocrazie restano, in misura maggiore o minore ideologicamente ferme ad un assetto sostanzialmente moderato e razionalizzatore della gestione pubblica ed i partiti comunisti portano, al contrario, con tutto il loro peso e la loro tradizione un modello organizzativo per molti aspetti centralista che tendono a espandere e sovrapporre a tutta la società nelle diverse aree sociali, economiche e civili, ed in ogni tipo di istituzione. Ma alla considerazione che l'unico possibile sbocco alternativo può essere costituito da questo ben limitato tipo di alternativa di maggioranze parlamentari, si devono aggiungere alcuni altri dati del problema non m

arginali, anzi forse centrali.

4.3. Il primo è costituito dall'impatto che le 'nuove sinistre ' e più in generale i movimenti 'nel sociale 'hanno avuto in questi anni sconvolgendo tutti i dati del problema. Non sono riuscite ad autoesprimersi come forza unificante trasformatrice, ma certamente hanno rimesso in questione molti aspetti della vita politica sì da creare un quadro che per lo stesso sistema partitico non è più eguale a quello antecedente. Abbiamo visto la dinamica messa in moto in Francia con il 1968, abbiamo cercato di dimostrare come l'influenza degli extraparlamentari in Germania sia arrivata sin dentro il Partito Socialdemocratico e potremmo proseguire con una lista di mutamenti avvenuti in Italia che valgono sia come somma di interventi parziali sia come clima e tensione generale. Si aggiunga che il risultato forse più importante è stato quella particolare forma di socializzazione alla politica fatta di partecipazione diretta, di constatazione che ci possono essere modi di azioni e metodi di lotta politica c

apaci di produrre trasformazioni che tutta la macchinosità del sistema partitico non riesce in ogni caso ad ottenere. Questo patrimonio complessivo si è tuttavia trasformato dopo i momenti di 'poesia ', cioè di tensioni ed esplosioni collettive particolarmente efficaci, con effetti indiretti in periodo di 'prosa ', cioè di ritorno ad equilibri più 'normalizzanti '.

4.4. Il secondo elemento da sottolineare è che sono proprio le forze socialiste organizzate quelle che hanno dimostrato magiore permeabilità alle istanze scaturite dal movimento. Gli effetti negli Juso e più in generale nella SPD in Germania ne sono la prova diretta, mentre il lungo processo attraverso il quale è stato creato il nuovo Partito Socialista Francese non può essere interpretato altro che in questo senso. La vecchia socialdemocrazia europea proprio in quanto molto più debole sotto ogni aspetto del movimento comunista e perché forse contiene nel patrimonio ideale originario istanze e principi che sono, mutatis mutandis, simili a quelli della parte non dogmatica delle nuove sinistre attuali, si è rivelato il punto del sistema partitico suscettibile di maggiori modificazioni. Ma è anche vero che il rinnovamento del socialismo organizzato, laddove c'è stato e laddove ci può essere, non è passato attraverso lunghi e defatiganti processi endogeni che hanno preso corpo per spinta provenien

te dall'interno dei partiti. ma senza alcuna eccezione sono maturati all'esterno del sistema partitico stesso. Il nuovo PS francese, che sembra oggi così rinnovato politicamente e nella base sociale deve gran parte di tutto ciò all'attività svolta nel decennio precedente dai clubs e dagli altri gruppi eretici, e lo deve alla maturazione di lotte che non sono state promosse dalla vecchia SFIO, ma contro di essa. Possiamo anche toccare in questo quadro la situazione del Partito Socialista Italiano che certamente non ha percorso nessuna delle traiettorie dei suoi confratelli europei per esempio nel modo in cui ha cercato di fare una unificazione completamente interna al sistema partitico come giustapposizione di apparati e come tale non poteva che fallire; e che non è stato toccato da nessuna delle lotte del paese muovendosi esclusivamente in quella logica della 'stanza dei bottoni ' che appartiene né più e né meno che alla logica delle forze della conservazione; e che lo stesso esperimento che avrebbe dovuto

essere riformatore con il centro-sinistra si fondava su due presupposti che contenevano in se gli elementi dell'insuccesso: di non essere un progetto 'alternativo ' neppure in termini di democrazia parlamentare alla Brandt per intenderci e di non poggiare su alcun rapporto con una mobilitazione delle classi e degli strati che avrebbero dovuto costituire le forze interessate alle riforme.

Infine l'elemento sostanziale, emerso dalle vicende delle sinistre in questi anni, è la ripresa di un dibattito su questioni di fondo del socialismo, per merito dell'azione prima ancora della teoria di movimenti al di fuori del sistema partitico, che sono sia antiche e potremmo dire dottrinariamente classiche sia di nuovo tipo adeguatamente alle condizioni emergenti della nuova società post-industriale. Basta evocare alcuni slogan, alcune etichette, che non sono solo tali: autogestione, antiautoritarismo, qualità della vita, internazionalismo, processo di rivolgimento delle istituzioni come fase necessaria per la conquista di una società più socialista. Anche in questo caso gli effetti indiretti di un tale dibattito, anzi di una tale proposizione nei fatti, tendono a manifestarsi piuttosto nelle forze socialiste che in quelle comuniste, pur se la creazione e la affermazione politica di questi che sono al tempo stesso valori e lotte sono passate fuori e non dentro il sistema partitico mentre la possibili

tà di una loro incarnazione attraverso trasformazioni strutturali non può che passare nei partiti tradizionali e nella loro capacità di alternativa. E' la contraddizione di fondo che tutta la sinistra europea si trova ad affrontare, ed in particolare coloro che, come noi radicali in Italia, lavoriamo per l'unità ed il rinnovamento della sinistra per una alternativa al regime di tipo socialista e libertario.

 
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