Speranze alternative in Francia "dialoghi" subalterni in Italiadi Angiolo Bandinelli
SOMMARIO: A. Bandinelli evidenzia il successo che le sinistre francesi hanno riportato, e che riguarda e coinvolge non soltanto la Francia ma tutta l'Europa. Le sinistre si sono presentate all'elettorato unite dietro un programma che non è solo un "programma di governo", ma rappresenta, piuttosto, una indicazione di prospettiva di ampio respiro. Questa indicazione politica sopraggiunge nello stesso momento in cui in Europa tutto il fronte del socialismo democratico, della Germania ai Paesi Scandinavi e all'Inghilterra è in movimento. Tuttavia, in Italia, essa non è stata nè raccolta nè sfiorata.
(NOTIZIE RADICALI n. 189-190, 8 marzo 1973)
(I francesi rispondono positivamente alla prova unitaria delle sinistre - Il successo di Mitterrand e del nuovo Partito Socialista Opposte strategie del PCF e del PCI - Imbarazzati commenti delle sinistre e dei comunisti italiani)
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Le sinistre francesi hanno riportato, al primo turno delle elezioni che le vedevano contrapporsi a Pompidou e al gollismo, un successo che è difficile sottovalutare; non solamente per la Francia, ma per l'Europa e per noi.
Il gollismo, che per quindici anni ha ritenuto di poter interpretare la "nazione", è stato respinto in una condizione di minoranza nel paese, quali che possano essere i risultati del secondo scrutinio, certamente falsati da una legge elettorale che favorisce il governo ed i suoi partiti; si profila una alternativa sia, immediatamente, di governo, sia, a più lunga scadenza, di prospettive, nella direzione della costruzione di una società socialista, libertaria, più umana. Hanno tratto giovamento della chiarezza con cui hanno impostato la loro lotta tutte le componenti dello schieramento di sinistra e di classe. I comunisti, usciti da un più che decennale isolamento, hanno dovuto assumersi precise responsabilità programmatiche, ed insieme aprirsi alla prospettiva libertaria propria del loro alleato socialista. I socialisti hanno risalito una corrente che aveva visto il loro partito ridotto in condizioni catastrofiche e al rischio di scomparire dalla scena politica. Anche il PSU, che pure non era entrato nel "c
artello" e non aveva approvato il programma comune, ed ha combattuto la battaglia elettorale isolato, è uscito dalla prova rafforzato. E certamente un notevole contributo è stato portato al programma e allo schieramento comune dal movimento radicale di sinistra, forte di un eredità e di un prestigio tradizionalmente, in Francia, di assoluto rilievo. Ciò che più importa, le sinistre si sono presentate all'elettorato unite dietro un programma che non è solamente, come si è detto, un "programma di governo", ma rappresenta piuttosto una indicazione di prospettiva di ampio respiro, attorno alla quale anche le altre forze di sinistra dovranno confrontarsi per avviare il paese verso equilibri più avanzati, sicuramente destinati ad incidere profondamente nelle strutture e, secondo le parole di Mitterrand, nella "qualità della vita".
Come non vedere che questa indicazione politica non può non coinvolgere anche il nostro paese, tenuto presente anche che essa sopraggiunge nello stesso momento in cui in Cile, Allende rafforza le sue posizioni nel confronto con la democrazia cristiana e la destra; in cui, ancora in Europa, tutto il fronte del socialismo democratico, dalla Germania ai paesi scandinavi e all'Inghilterra, è ormai in movimento?
Eppure, in Italia, essa non è stata né raccolta né minimamente sfiorata. Già prima delle elezioni, da ogni parte, si è insistito nell'affermare che la situazione e le prospettive francesi non possono essere trasportate "meccanicamente" in Italia. In tutto il (pseudo) dibattito politico di questi mesi, di queste settimane, di tutto ci si è detti pronti a discutere tranne che della stessa ipotesi di una alternativa di regime costruita sulla unità delle sinistre. Qualche cialtrone ha persino avuto il coraggio, o la malafede, di affermare che le sinistre italiane sono "più avanti" di quelle francesi, rivangando i vecchi, imbecilli giudizi secondo i quali i comunisti italiani sono più "moderni" ed "aperti" del partito operaio di Duclos e di Marchais, ed i socialisti (di De Martino!) più forti e preparati di quelli francesi. E si è persino ripetuto che la Democrazia Cristiana di Fanfani, Rumor ed Andreotti è "diversa" dal gollismo perché capace di rappresentare interessi, ceti e spinte popolari ed "antifasciste"..
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Altri ha insistito sulla pericolosità, per i socialisti, di un accordo, con il partito comunista, che li vedrebbe ineluttabilmente "secondi", a rimorchio del più potente alleato. Nessuno ha ricordato però che i socialisti di Mitterrand sono usciti, proprio con queste elezioni, da una condizione di paurosa crisi, ed hanno riconquistato posizioni di forza e di prestigio, mentre è il partito socialista italiano che sta scontando, in termini elettorali, di credibilità, di presenza tra le masse popolari la sua politica suicida di dimissione ideale.
Le felicitazioni, gli auguri che il PCI ha inviato al partito fratello di Francia sono anche esse piene di ipocrisia (e magari di malcelato dispetto). In questi giorni il PCI sta compiendo uno sforzo massiccio di "recupero", sia a sinistra tra le frange extraparlamentari sia tra i ceti medi. Ma questa rinnovata presenza non comporta nessun mutamento di rotta e di prospettive, nessuna reale volontà di rinnovamento. Se tutti i temi di libertà e di civiltà, di reale progresso, i vertici burocratici di Via delle Botteghe Oscure si sono ancora una volta dichiarati pronti a qualsiasi compromesso con le forze clericali; si trattasse di referendum sul divorzio o di aborto, della condizione della donna come di enti pubblici, comunisti (e, in generale, sinistra italiana) hanno oggi una sola preoccupazione, quella di non avere più nessun nemico "a destra".
Quale miseria!