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Cicciomessere Roberto, Severino Lucia - 23 marzo 1973
A.A.A. svendesi caserma
NO alla commissione deliberante

di Roberto Cicciomessere, Lucia Severino

SOMMARIO: In relazione al disegno di legge governativo n. 148, presentato dal Ministro del Tesoro di concerto con la Difesa, le Finanze, il Bilancio e la Programmazione, si è aperta un'ampia polemica e una moltitudine di critiche. Contemporaneamente alla dismissione dei beni il Ministro della Difesa, si vedrebbe assegnata dal Tesoro, la somma di 110 miliardi di lire da destinare al "potenziamento, all'ammodernamento e alla trasformazione dei mezzi, dei materiali e delle infrastrutture militari". Cicciomessere e Severino dimostrano preoccupazione per il fatto che tale dismissione di beni non solo sia un atto giuridicamente inaccettabile, ma che sia suscettibile di speculazioni economiche. Riportano, quindi, una lettera indirizzata al Senatore Perna, Presidente del gruppo senatoriale PCI e al senatore Pieraccini, Presidente del gruppo senatoriale PSI nella quale si chiede che il PCI e il PSI si assumano il compito di garantire il Paese e la democrazia da ogni pericolo di degenerazione militaristica.

(NOTIZIE RADICALI N. 191-192, 23 marzo 1973)

Presentato dal Ministro del Tesoro di concreto con la Difesa, le Finanze, il Bilancio e la Programmazione, è all'esame della sesta commissione del Senato un disegno di legge che praticamente mette in vendita una quantità ingente di beni demaniali militari.

351 tra immobili, aree, porti, torri, aeroporti (18), caserme, ecc., parecchi dei quali situati nei centri di alcune fra le maggiori città italiane dovranno, se la legge verrà approvata, essere "dismessi" dal demanio militare per passare al patrimonio disponibile dello Stato ed essere quindi subito ceduti in mani private. Per invogliare gli eventuali compratori, la legge prevede che possano essere apportate variazioni ai piani urbanistici delle località interessate, in modo da eliminare vincoli eventualmente esistenti e consentire il massimo sfruttamento dei suoli.

Perché il Ministero della Difesa vuole che siano venduti questi beni dello Stato? Perché in questo modo? La risposta viene fornita dallo stesso disegno di legge. Contemporaneamente e parallelamente alla dismissione dei beni, ed in attesa della loro effettiva vendita, il Ministero della Difesa si vedrebbe assegnata, dal Tesoro, la somma di 110 miliardi, da destinare "al potenziamento, all'ammodernamento e alla trasformazione dei mezzi, dei materiali e delle infrastrutture militari e a fronteggiare straordinarie esigenze del Ministero" stesso. Tutto ciò, nell'anno medesimo in cui già il bilancio della difesa e stato dilatato oltre misura, e gli effettivi di polizia enormemente ampliati. Nella sua "inefficienza", la "tecnostruttura militare" in una sola cosa è "efficiente": a gonfiarsi e a far pagare al paese un prezzo inadeguato; e, soprattutto, senza controllo del parlamento.

La legge in questione dovrebbe passare, come una leggina qualsiasi, nel chiuso di una Commissione parlamentare in sede deliberante, praticamente senza dibattito.

Un gruppo di iniziativa costituitosi presso la sede nazionale del partito radicale ha tenuto il 6 marzo, a cura di Lucia Severino, una conferenza stampa per denunciare questo grave fatto. Intervenivano alla conferenza stampa i rappresentanti dell'Istituto Nazionale di Urbanistica, di "Italia Nostra", del Centro Sviluppo Trasporti Aerei, della Lega per le autonomie e i poteri locali che avevano considerato il problema sotto altri aspetti anche essi allarmanti (come quello urbanistico). L'on. Ruggero Orlando e il sen. Franco Antonicelli non erano presenti per forza maggiore nonostante la preannunciata adesione. Presente Benzoni per la sinistra socialista. Solo "Il Giorno" ed il "Mondo" davano però notizia dell'iniziativa radicale.

Eppure, non si tratta di un fatto secondario. Alcuni dei beni che si vogliono vendere, anzi la maggior parte, sono inalienabili non perché destinati alla "difesa nazionale", ma per loro stessa natura, perché sono lidi, o foreste o aerodromi o costruzioni soggette a vincoli storici ed artistici. Per altri, la sommaria descrizione che ne viene fornita in allegato al progetto di legge non consente nemmeno di rendersi conto di cosa effettivamente si tratta, cosicché viene da domandarsi quali realtà anche speculative siano sotto i disegni del ministero della Difesa. L'esempio più clamoroso è proprio a Roma. Qui sarebbero appunto in vendita un aeroporto, il vecchio aeroporto dell'"Urbe" che si trova esattamente ai confini dell'urbanizzazione cittadina (ed in parte risulta addirittura già lottizzato per conto di "ignoti", ed una caserma, con annesse amplissime aree da esercitazione, localizzata proprio nel cuore della città storica, a Trastevere, e la cui urbanizzazione determinerebbe un colossale fatto speculativo

e la crisi definitiva dell'intero piano regolatore del centro. E già, sulla scia di questo provvedimento, si profila la liquidazione delle enormi caserme umbertine di Viale Giulio Cesare, una arteria cittadina sotto la quale è stata - chissà perché - spostato il percorso della metropolitana...

Per giungere rapidamente e "silenziosamente" a questi risultati, il progetto fa saltare un buon mazzo di leggi e normative essenziali, di quelle che costituivano il vanto e la gloria dello "stato di diritto", più o meno "borghese": unicità del bilancio dello stato, preminenza e tutela dell'interesse pubblico, chiarezza dei bilanci, diritti del cittadino e dell'ambiente, valori comunitari, e così via, in una vera e propria "feudalizzazione" della cosa pubblica e delle stesse strutture militari che è già, anche in questo caso, vera e propria "degenerazione". Non mancano, anche qui, spunti interessanti per il dibattito sul significato del militarismo nella nostra società; a giustificazione dell'intera operazione, qualche parlamentare "amico" ha esaltato la visione "manageriale" che la ispirerebbe, e si è augurato che un analogo dinamismo penetri anche altri settori della "tecno-struttura": quasi roba da "Nuovo Pensiero Militare".

Non potevamo, da antimilitaristi, non intervenire, lo abbiamo fatto e lo faremo ancora. Intanto, abbiamo inviato ai presidenti dei gruppi senatoriali socialista e comunista, a tutti i senatori dei due partiti presenti nella Commissione una lettera, che riportiamo qui a fianco.

Ecco il testo della lettera

al sen. Edoardo Perna, presidente gruppo senatoriale PCI,

al sen. Giovanni Pieraccini, presidente gruppo senatoriale PSI,

ai senatori comunisti e socialisti membri della VI Commissione, del Senato della Repubblica

Roma, 20 marzo 1973

Caro senatore,

è in questi giorni all'esame della VI Commissione, Finanze, il disegno di legge governativo n. 148, dal titolo "Dismissione di immobili militari ed assegnazione di fondi per il potenziamento delle Forze Armate".

Molte critiche si sono già levate contro tale progetto: alcune, non irrilevanti, dall'interno stesso della Commissione, e si deve ad esse il rinvio ad una speciale sottocommissione di studio; altre dall'esterno del Parlamento, di esponenti politici e di forze culturali e sociali qualificate, che hanno trovato eco anche nella stampa e nella opinione pubblica. Ci si è soprattutto soffermati, in queste critiche, sugli aspetti amministrativi ed urbanistici del progetto, gli uni e gli altri certamente di non poco rilievo.

Intendiamo tuttavia ora, con questa lettera che ti scriviamo a nome di altri gruppi e movimenti antimilitaristi e pacifisti, sollevare un altro dei complessi problemi aperti dalla iniziativa legislativa, che pensiamo sia prioritaria, tale da dover interessare tutte le forze democratiche, e non solo della opposizione.

A lungo, come sai, si è dibattuto in questi anni, tra noi radicali e le altre forze della sinistra italiana, sui temi del controllo delle istituzioni militari e del loro ruolo e collocazione nella società; da una parte noi, con il nostro antimilitarismo intransigente nella prospettiva della conversione delle strutture militari in strutture civili, dall'altra i partiti democratici che sostengono invece che occorre battersi per ottenere una effettiva democratizzazione delle forze armate. E sempre, come ti è noto, la nostra opposizione rigorosamente antimilitarista, è stata giudicata dal tuo partito ed in genere dalla sinistra parlamentare come astratta, non necessaria e persino pericolosa. I vostri partiti. PCI e PSI, hanno sempre affermato di essere pienamente sufficienti a garantire con la loro iniziativa, anche parlamentare, il paese e la democrazia contro ogni pericolo di degenerazione militaristica e contro ogni possibile inquinamento, della società e dello Stato, proveniente da quella parte.

Ma se dura ed a volte anche aspra è stata ed è la nostra critica a tali vostre posizioni, questo è dovuto, oltre che alle divergenze di intendimenti e di prospettive, anche a quella che a noi pareva (e pare) insufficienza della vostra iniziativa anche sul terreno dei vostri obiettivi. Anche in parlamento; del quale - e voi certamente ne convenite - assolutamente insufficiente è l'iniziativa e dove l'opposizione ed in genere le forze democratiche riconoscono esse stesse di non essere riuscite a realizzare quel controllo democratico sulle forze armate che dicono di voler conseguire.

Ebbene, l'occasione della presentazione di questo progetto di legge può fornire a voi, ai partiti democratici, una occasione preziosa per invertire tale tendenza e per dare, non a noi ma al paese, una seria prova della validità dei vostri obiettivi. Non ci riferiamo solamente ai contenuti del progetto di legge. Innanzitutto è necessario che i partiti democratici chiedano che una legge di tale importanza venga discussa in aula e non approvata nel chiuso di una commissione, e si oppongono fermamente a questa seconda soluzione. Solo dopo aver riconquistato una rigorosa distinzione tra maggioranza di governo ed opposizione, solo dopo aver restituito a tutti gli eletti dal popolo il diritto ad un autonomo giudizio, si potrà poi verificare le volontà politiche anche sul merito dei problemi.

La legge n. 148 non è una delle decine e decine di "leggine" che l'opposizione ha la responsabilità di aver votato, in questi venticinque anni, ed anche sui temi militari e delle forze armate nel chiuso di una commissione "deliberante", dove la maggioranza è artificiosamente costituita e il cui dibattito non raggiunge il paese; è una legge, sappiamo che ne convenite anche voi, grave ed anche pericolosa. Se le forze democratiche sapranno su di essa aprire un seria battaglia di principi, di cui sia giudice il paese, esse potranno vantare un significativo successo anche in quei confronti con gli extraparlamentari che abbiamo ricordato. Noi stessi ve ne daremo ampiamente atto.

Caro senatore,

rivolgendoci tempestivamente a te, perché tu voglia renderti interprete presso i compagni del tuo partito di queste preoccupazioni, crediamo di aver dato un contributo non massimalista né settario, ma serio e responsabile alle battaglie di rinnovamento e di democratizzazione del paese. Per questo, siamo fiduciosi della tua comprensione, della tua iniziativa, di una tua risposta positiva.

Con i nostri più cordiali saluti.

 
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