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Bandinelli Angiolo - 23 marzo 1973
I cattolici e l'aborto: la fede del dubbio
di Angiolo Bandinelli

SOMMARIO: Nell'analizzare le nozioni successive alla presentazione della legge sull'aborto da parte dell'on. Fortuna e di altri 34 parlamentari socialisti, Bandinelli avverte come il mondo dei credenti sia maturato e abbia progredito su questo tema.

Si tratta di un risultato di grande rilievo poichè uno degli obiettivi del Partito Radicale è stato quello di approfondire il dialogo con i credenti.

(NOTIZIE RADICALI N. 191-192, 23 marzo 1973)

Il cardinale Ottaviani che riceve le dirigenti nazionali del partito di Almirante e di Birindelli, venute a chiedere la sua illuminata assistenza nella battaglia contro la legalizzazione dell'aborto; le reazioni d'ogni genere, previste e prevedibili, della gerarchia alla presentazione della legge da parte dell'on. Fortuna e di altri 34 parlamentari socialisti; la altrettanto prevedibile politica della "mano tesa" alle "masse cattoliche" dell'UDI e delle burocrazie comuniste continuano a non convincerci: il vero confronto, il vero scontro su questo tema, ancora una volta non è tra "cattolici" e "laici". Né da noi, né altrove, visto che a soccorso delle gerarchie cattoliche americane, questa volta, su questo tema, si sono mossi i "Cavalieri di Colombo" e le altre associazioni patriottiche equivalenti al nostro paleofascismo. Questa contrapposizione è artificiosa, e davvero "soprastrutturale", con i suoi falsi dibattiti, come quello svoltosi a Napoli presso l'Associazione Stampa Cattolica, alla presenza del dir

ettore della Rai, di monsignori, del direttore de "l'Avvenire", e di qualche diecina di cattedratici, dove è spettato al deputato socialista Lezzi (uno dei firmatari del progetto) di dare ai presenti la gioia di fingersi battuto e sconfitto dalla logica curialesca e clericale. L'aborto di classe si fa, in Italia, sulla pelle delle popolane cattoliche e comuniste, che di questi dibattiti, giustamente, se ne infischiano.

Qualcuno, in campo cattolico, lo ha capito e comincia a denunciarlo; a volte con generosità, a volte avvolgendo l'ammissione, tra prudenze e incomprensioni.

Del primo tipo è l'atteggiamento della Parrocchia romana dei Ss. Patroni, in una delle sue "lettere della Comunità" diffuse a stampa tra i parrocchiani. In un articolo intitolato "Aborto: Un problema da non lasciare agli altri", questi cattolici affermano: "Il problema è complesso e delicato. La difficoltà del tema non ci esonera, come cristiani, dall'affrontarlo e dal portare il nostro contributo per l'approfondimento di un problema che ci interessa tutti..." "Chi ha presentato la legge denuncia l'esistenza di centinaia di migliaia di aborti l'anno, afferma che ogni giorno in Italia quattro o cinquemila donne si sottopongono a pratiche abortive clandestine... La legge vorrebbe anche combattere i privilegi delle donne che, avendo i mezzi economici, risolvono l'imbarazzo senza rischio, anche recandosi all'estero, nelle nazioni dove l'aborto è legalizzato, mentre le altre, molto spesso, ci rimettono la salute e la vita. "Sono fatti che vanno tenuti presenti"...".

Dopo aver ribadito che per i cristiani "l'aborto è un male che resta tale", il documento della parrocchia riconosce tuttavia la persistenza di "dubbi di natura scientifica e filosofica per stabilire in qual momento della gestazione" ci si trovi di fronte ad una persona umana. Comunque "il problema necessita di un discorso più ampio e articolato, che anche i cristiani debbono fare. Non basta "(ma non si rifiuta a priori, n.d.r.)" una legge che cerchi di disciplinare l'aborto, rischiando però di provocarne una completa liberalizzazione". L'unica risposta positiva che questi cattolici si sentono di dare, attualmente, al problema è la richiesta di una "seria e preventiva educazione sessuale", comunque qualcosa di ben lontano dall'anatema e dall'ingiuria. Diversa, ma non meno problematica, la risposta di Raniero La Valle, sul "Giorno" del 17 marzo, pur nella netta avversione alla legge, anzi a qualsiasi forma di legalizzazione dell'aborto, una specie - per La Valle - di Vietnam della coscienza.

Anche La Valle riconosce la esistenza del problema, "i drammi umani, lo sfacelo morale e il disordine giuridico provocati dagli aborti clandestini". A questa situazione "incancrenita" occorre dare una risposta. Ma è questo il punto massimo cui questo tormentato cattolico riesce ad arrivare, forse mancando del coraggio di liberarsi di quell'atteggiamento di avversione alla legge ed al suo rigore laico che è dell'educazione e del paternalismo cattolico. La soluzione che La Valle prospetta è infatti confusa, giuridicamente campata in aria: la legge che vieta l'aborto (sia pure sotto una rubrica diversa che non l'attuale e fascista dei "delitti contro l'integrità e la sanità della stirpe") dovrebbe infatti contenere una "clausola di non punibilità" per le donne che abbiano prevenuto della loro intenzione di abortire una "speciale unità sanitaria e assistenziale da istituire nell'ambito delle Regioni". Attraverso questa comunicazione, la società, anzi la "comunità", sarebbe investita della responsabilità della so

luzione e chiamata ad offrire "alternative reali" alla donna: assistenza sociale, adozione assicurata per il nascituro, buoni consigli e mediazione presso la famiglia, se fosse questa a "condannare" la ragazza; insomma, dice La Valle, "su questo piano la fantasia potrebbe essere inesauribile, e tutta la comunità verrebbe messa alla prova".

Nel caso poi che la donna perseverasse nella sua decisione di abortire, "lo Stato rinuncerebbe a perseguirla", e ugualmente "non perseguibili" sarebbero i medici che si prestassero ad assisterla; anzi "le mutue, gli ospedali pubblici, includerebbero l'assistenza alle donne in questione nel quadro delle normali prestazioni sanitarie".

Basterebbero questi due esempi a dimostrare quanto ormai il mondo dei credenti sia maturato ed abbia progredito su questo tema; chi, tra di essi, ha davvero problemi di fede e di coscienza, ha coraggiosamente affrontato le sue responsabilità, e quelle della istituzione, che finora ha sempre, invece, preferito tacere e finito di ignorare.

Era, questo, uno degli obiettivi che ci proponevano con la presentazione della legge: approfondire il dialogo con i credenti, per lasciare all'UDI e agli apparati le sole gerarchie e la loro ipocrisia.

 
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