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mar 11 feb. 2025
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Liberazione - 16 settembre 1973
Allende. Laico socialista, nonviolento rivoluzionario

SOMMARIO: Il presidente del Cile, Salvador Allende, è morto da pochi giorni, l'11 settembre, in seguito al colpo di stato militare. La popolazione cerca di resistere con le armi alle forze armate. Nel fondo apparso sul quotidiano radicale "Liberazione" quando ancora incerto era l'esito dell'insurrezione popolare, si afferma che il fascismo ha già vinto nel momento in cui è riuscito ad imporre lo scontro violento. Allende è stato ucciso "perché la sua tolleranza ed il suo rigore, il suo rifiuto, totale ma politico, abile ma costante, duro, della violenza rischiava di togliere l'arma privilegiata e necessaria alle forze della repressione, dello sfruttamento, alle minoranze di potere per sperare di batterlo".

(Liberazione, quotidiano radicale, 16 settembre 1973)

Noi non sappiamo ancora se il Cile si accinga davvero, com'è stato scritto, a divenire un nuovo Vietnam. Manchiamo di informazioni, di conoscenze o forse di attitudine ideologica per scoprire tempestivamente i segni di un vento possibile nel caos di emozioni, di interrogativi e di incertezze nel quale non è difficile confessare di trovarci.

Noi siamo fra quanti, sull'onda del 1968, delle radiose primavere e dei caldi autunni di quegli anni ormai lontani, scandivano - nelle manifestazioni e nelle lotte comuni - lo slogan: uno, due, tre, ...cento Vietnam. Non ci credevamo, e, forse, non eravamo certi di volerli.

Su quel che chiamiamo "Vietnam" - un'epopea, per intenderci - ci siamo sempre chiesti, forse con scrupolo piccolo-borghese (forse: ma non sappiamo), quale fosse l'opinione del milione e più di contadini morti in tre decenni e degli altri milioni di vittime. Al prezzo da loro pagato per questa nostra vittoria.

Per giorni, al dramma dell'avvenimento, s'è aggiunto per noi di "Liberazione", quello del come registrarlo sul giornale. Chiudiamo con dodici ore di anticipo rispetto alle ultime edizioni dei normali quotidiani: impossibile pretendere di fornire informazioni. "Lotta Continua" e "Il Manifesto", intanto, con la sicurezza dei loro giudizi, con il loro entusiasmo militante e rivoluzionario, esaltavano la risposta ammirevole che si delineava al golpe vigliacco e criminale. Secchi, quasi entusiasmanti come bollettini di guerra, i titoli dei nostri compagni di LC ci cadevano addosso dandoci come un senso di colpa per la nostra incertezza che credevamo onesta, di fronte alla certezza nel protrarsi di questa nuova vittoria della morte, iniziata con quella di Allende, ora pronta, sicura per migliaia e migliaia di compagni, di operai, di uomini e di donne; noi, che diciamo da anni "basta!" alla "sinistra dei funerali..". Ma ora che testimonianze e documenti, informazioni e ricordi cominciano a fornirci un materiale suf

ficiente di conoscenza, ogni altra attesa sarebbe evasione e irresponsabilità.

Già da ieri cominciavamo a compitare una certezza, scrivendo: "Uccidendo Allende sono riusciti ad imporre uno scontro tradizionale. Ora il solo imperativo è quello di vincere. Ma non si lotta già più sotto il segno di una grande, umile, esaltante speranza di costruzione del nuovo.

Si lotta per riconquistare in parte quel che si è perduto, per vivere, per resistere, per liberarsi. In questo, si può parlare davvero e di già di una prima vittoria fascista. Allende è stato ucciso perché la sua tolleranza ed il suo rigore, il suo rifiuto, totale ma politico, abile ma costante, duro, della violenza rischiava di togliere l'arma privilegiata e necessaria alle forze della repressione, dello sfruttamento, alle minoranze di potere per sperare di batterlo.

Il Cile: dieci milioni appena di abitanti. Il più ordinato, moderato, esemplare paese sudamericano, ancora avantieri, per chi si presti al gioco di confondere l'apparente solidità delle istituzioni con la salute di una società e di un paese. Senza guerriglie consistenti, alternative "rivoluzionarie" anche solo proposte, governato da un'alleanza di capitalisti, clericali, militari abbastanza forti per poter proporre un volto "costituzionale" al proprio potere di classe ed alla funzione subalterna rispetto all'imperialismo statunitense. Paese senza storia, al punto da poter proporre la squallida "modernità" di un Frei, come avvenimento di rilievo internazionale.

Tre anni fa, il "cocktail Allende". Un borghese agiato, un laico illuminista, un massone autorevole come d'altri tempi, un socialista umanitario, un razionalista che comprende la logica della lotta di classe come elemento essenziale e determinante d'ogni progresso possibile, un democratico - non in astratto, per ideologia, ma perché ritiene che qui ed ora il popolo, le masse siano gli attori necessari ed insostituibili della creazione d'una società migliore. Nulla, insomma, del "rivoluzionario". Opera per l'unità delle forze popolari, cioè socialiste, comuniste, democratiche, anti-clericali; conduce alla vittoria uno schieramento elettorale; diviene capo dello Stato. Attaccato con ogni mezzo, combattuto da un parlamento ostile, in una marea di passioni e di odi che si scatena, fra cantori d'una vera, immediata catarsi rivoluzionaria e l'opportunismo delle sinistre tradizionali, teme una più di ogni altra cosa: la violenza, la tentazione della propria, o della propria parte, innanzitutto. Con umiltà subisce s

cacchi e compromessi; ogni giorno ricomincia la sua opera socialista e democratica. Con tolleranza, dialogando sempre, ma ogni giorno sapendo compiere un millimentro nella direzione giusta.

Il Cile diventa un punto di riferimento, di speranze e di paure che solo la creazione del nuovo sa destare così intense in soli tre anni.

Allende: laico e massone, contro i democristiani ed i clericali; nonviolento e tollerante contro la scelta di campo della violenza, storicamente e logicamente necessaria alle infime minoranze dei potenti per imporre e protrarre le loro dittature; socialista dal volto umano e dalla volontà ferrea, contro le disperazioni e gli opportunismi burocratici...

Hanno dovuto ucciderlo. L'incognita era assoluta, come sempre quando la storia ha un volto nuovo, è creazione, scoperta.

Anche ora, certo, col Cile siamo tutti moralmente in causa, impegnati in un confronto che è di vita o di morte per molti, per troppi. Ma la posta in gioco, per i prossimi mesi ed i prossimi anni, anche lì, l'abbiamo scritto, sono vecchie vittorie o vecchie sconfitte. L'ordine, insomma, regna a Santiago.

Franco Fortini non cessa d'ammonirci che, quanto più siamo rigorosi nel nostro essere comunisti, o rivoluzionari, tanto più dobbiamo riconoscere e considerare che la verità della vita e della storia è tragica. Ha ragione.

E' una tragica contraddizione: Allende - il rivoluzionario antico e nuovo nonviolento - è ora un martire e un morto.

Irrimediabilmente. Continueremo sulla sua strada, con la volontà di vincere e di salvarci. Glielo dobbiamo.

 
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