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Liberazione - 19 settembre 1973
A PESCARA PROCESSO ALLA GIUSTIZIA

SOMMARIO: Da Pescara s'afferma un processo al regime, nelle stesse aule dove si tenta di colpire i trentamila detenuti delle carceri italiane per le proteste di luglio. Il processo alla loro violenza deve diventare il processo alla violenza delle istituzioni carcerarie. A Verona Gianfranco Corti al quarto giorno di sciopero della fame. Il ministro intanto »s'informa . Presentata una nuova richiesta di libertà provvisoria

(LIBERAZIONE, 19 settembre 1973)

Il Pubblico Ministero incrimina un carcerato per una rivolta e lo chiama a deporre sui fatti per i quali è incriminato. Nella sua permanenza in carcere l'imputato, che appreso qualcosa di legge, sa che rifiutare di deporre è un suo diritto. Esercita questo diritto e chiede di poter parlare con il suo avvocato. Anche questo è un suo diritto. Ma il P.M. glielo nega. Così la prossima volta impara a deporre, l'impunito!

Il Pubblico Ministero si chiama Anicarelli, rappresenta la Pubblica Accusa ed è il vero protagonista (il vero imputato) del processo che il regime ha intentato contro cinquanta carcerati di Pescara che si rivoltarono in luglio come i loro compagni di tutta Italia, per protestare contro la mancata riforma dei codici e del regolamento carcerario.

Quello citato è soltanto uno dei tanti episodi di illegalità che la difesa dei cinquanta imputati ha potuto citare oggi per sostenere la nullità del rito direttissimo con il quale il P.M. ha proceduto. Preceduto ieri da un comizio in piazza e da una rappresentazione di Dario Fo, a cui hanno partecipato alcune migliaia di persone il processo si è aperto oggi in un corridoio stretto e buio, pieno di poliziotti, privo di microfoni e di altoparlanti, con piccolissimo spazio riservato al pubblico. Inutilmente gli avvocati hanno fatto presente che così si annullava in pratica ogni garanzia di pubblicità del dibattito.

Pescara è la risposta che il regime dà, con un processo per direttissima che ha tutto l'aspetto di un processo sommario, alle legittime proteste dei trentamila detenuti delle carceri italiane: l'altro volto - quello duro, democristiano e militare, di Taviani e Henke - con cui il governo di centro-sinistra si presenta ai carcerati italiani e che contrappone a quello »socialista e umano di Mario Zagari.

»Vogliono fare il processo - ci ha detto il compagno Sandro Canestrini - alla violenza esercitata dagli imputati con la loro rivolta. Noi vogliamo che su questo processo se ne inserisca un altro: quello alla violenza che viene quotidianamente esercitata dal regime carcerario e dalle altre istituzioni della giustizia contro gli imputati, contro i loro diritti, contro la loro sacrosanta pretesa di essere trattati come essere umani. Vogliamo che cessi lo scandalo di procedure che da una parte fanno durare anni e anni il più normale e semplice dei processi e, dall'altro, consentono di montare in poco tempo processi straordinari come questo. Se si devono giudicare con serenità la rivolta e le responsabilità che gli imputati in essa hanno avuto, deve essere fatta piena luce sulle condizioni che hanno reso possibile, e giustificata l'esplosione della collera dei detenuti e sulla responsabilità delle istituzioni e di chi le governa .

Da Pescara a Verona. Dai cinquanta imputati per la rivolta di luglio a Gianfranco Corti, che è oggi al suo quarto giorno di sciopero della fame. Anche se il metodo è diverso, il motivo della protesta è lo stesso: ottenere che dopo 29 mesi sia fissata la data del processo; ottenere che gli sia concessa la libertà provvisoria. Abbiamo già informato i lettori sul »caso Corti e su ciò che esso significa per noi. Confermiamo che il nostro obiettivo è quello di tirarlo fuori dal carcere, e di ottenere che sa fatta luce sulla responsabilità di coloro che ho hanno di fatto sequestrato dopo un proscioglimento istruttorio che aveva fatto cadere il 99% delle accuse. Abbiamo investito della vicenda il ministro Zagari e attendiamo una risposta. Intanto apprendiamo che gli avvocati difensori si accingono a presentare ai giudici della sezione istruttoria della corte d'appello di Venezia l'ennesima istanza di libertà provvisoria.

 
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