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Archivio Partito radicale
Sofri Adriano - 1 ottobre 1973
Referendum contro il regime (16) Interventi e adesioni: Adriano Sofri

SOMMARIO: Il Partito radicale ha deciso d'indire una serie di referendum popolari: per l'abrogazione del Concordato, delle norme fasciste del codice penale (compreso l'aborto), dei tribunali militari e sulla libertà di stampa e di diffusione radiofonica e televisiva. Commentando l'iniziativa radicale, Adriano Sofri, esponente di "Lotta Continua", sostiene la giustezza della campagna per i referendum sui diritti civili annunciando l'adesione e l'impegno della sua organizzazione.

(LA PROVA RADICALE, n.10-11-12 agosto-ottobre 1973)

Eravamo e siamo convinti della giustezza della campagna di cui il quotidiano radicale si fa promotore (e per questo ne abbiamo appoggiato la diffusione nei primi giorni di uscita), per i referendum sui diritti civili.

Difendere e imporre i diritti civili, gli spazi di quelle libertà democratiche che la conformazione del potere in Italia, il monopolio democristiano dello Stato ha da sempre soffocato e ridotto al minimo, è per noi un compito che spetta in prima persona alle masse, alla loro iniziativa, e questo criterio ha sempre guidato il nostro lavoro politico.

Per fare un piccolissimo esempio, il programma di lotta che i nostri compagni hanno elaborato insieme ai marittimi, oltre agli obiettivi materiali del salario e delle condizioni di lavoro comprende l'obiettivo dell'abolizione del codice fascista che regola militarmente la vita sulle navi. Cioè, la lotta di massa contro lo sfruttamento va di pari passo con la difesa e la conquista di quegli sforzi democratici che garantiscono da una parte condizioni di vita meno schifose, e dall'altra favoriscono la maturazione della lotta stessa. Così il diritto dell'aborto, che il regime democristiano ha sempre negato (nell'ultimo congresso è stato uno dei temi più ferocemente ribaditi i notabili che, nessuno escluso) è un obiettivo che riguarda direttamente e in prima persona la vita, la salute, le condizioni economiche e sociali della donna e delle famiglie proletarie.

Questo per dire che la battaglia per i diritti democratici non è una iniziativa che forme politiche "illuminate" prendono a favore e per conto delle masse, ma un'iniziativa che le masse possono e devono prendere su di sé e portare a fondo.

E' un'iniziativa, infine, che mette a nudo la contraddittorietà esistente tra la legge materiale di esistenza della società borghese e i principi democratici e costituzionali cui dichiara di essere informata.

E' questa iniziativa di massa e non un altro schieramento politico e istituzionale, che si deve contrapporre allo schieramento istituzionale al quale il gruppo dirigente revisionista a una difesa rigorosa degli stessi principi della democrazia, dall'art. 7 alla questione oggi riaperta del divorzio.

Per concludere, è con questi criteri che la nostra organizzazione non dà a questa battaglia politica una adesione formale dall'esterno, ma impegna le proprie forze a farne uno dei compiti del nostro intervento fra le masse.

Mentre ad esempio già da ora l'organizzazione proletari in divisa si muove nel senso di usare l'obbiettivo dell'abrogazione dei tribunali e dei codici militari come strumento di dibattito e di iniziativa nelle caserme, perché la lotta contro il controllo autoritario e fascista sulla massa dei soldati è un passaggio essenziale dell'iniziativa e dell'organizzazione comunista dell'esercito.

 
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