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Vittorini Marcello - 16 ottobre 1973
VITTORINI: DEPURARE LA VITA POLITICA ITALIANA DAL PETROLIO
Marcello Vittorini

SOMMARIO: Analizza, con abbondanza di dati di fatto, la situazione estremamente favorevole in cui operano nel nostro paese i grandi enti petroliferi, a partire da quell'ENI la cui politica oggi è perfettamente allineata con quella dei petrolieri privati di cui era stata concorrente. Il "sistema di potere" delle aziende petrolifere opera in un regime monopolistico e, giocando sul terreno specificamente politico oltreché controllando l'informazione, riesce a strappare dallo Stato condizioni estremamente favorevoli per quel che riguarda la creazione, la dislocazione e la redditività degli impianti di raffinazione, tutti situati in zone favorite dagli incentivi della Cassa del Mezzogiorno. Ciò che ormai il governo dovrebbe fare è un vero "piano del petrolio", opponendosi ai "ricatti" dei petrolieri ai danni della collettività.

(LIBERAZIONE, 16 ottobre 1973)

L'aumento del prezzo dei prodotti petroliferi è stato deciso dal governo, nonostante le inevitabili conseguenze che esso provocherà sulla lievitazione di tutti i prezzi e senza che, contestualmente, fosse decisa una nuova disciplina per l'acquisto, il trasporto, la raffinazione e il regime fiscale del petrolio.

Il dibattito ancora vivo nel paese su questi problemi ha obbligato, finalmente, i petrolieri ed i loro amici-servi a rendere nota una realtà che finora era stata accuratamente nascosta, con la complicità della burocrazia e con un attento uso dei mezzi di informazione di cui i petrolieri stessi si sono impadroniti.

Oggi si parla del "piano del petrolio" che il Ministero del Bilancio avrebbe già predisposto, ed è opportuno formulare una prima sintesi degli elementi di conoscenza faticosamente acquisiti e fornire un contributo di proposte al futuro dibattito.

Innanzitutto occorre sempre tener presente che attualmente i raffinatori di petrolio operano come un potente ed unitario gruppo di potere, che condiziona in maniera massiccia la società italiana e le sedi decisionali, a tutti i livelli: parlare di campagna e di mobilitazioni popolari organizzate da Monti contro l'ENI, da Moratti contro Monti; da Monti contro Moratti è ormai ridicolo. Così come non è più proponibile la tradizionale identificazione dell'ENI con lo Stato, che finora è servita a coprire con un velo di sacro rispetto la politica individuale ed aziendale che negli ultimi anni è stata imposta all'Ente ed al paese. Oggi l'ENI ha due facce: una è quella, negativa, della "azienda fra le aziende", parte integrante della struttura di potere aziendale che inquina l'acqua, l'aria, il territorio e la vita politica del paese; l'altra è quella, positiva, dello strumento irrinunciabile dell'azione pubblica nella politica dell'energia.

E' ormai noto che in Italia la capacità di raffinazione (180 milioni di t.-anno) è largamente eccedente rispetto alla produzione (circa 140 milioni di t.-anno) ed ai consumi interni (circa 80 milioni di t.-anno). E' altrettanto noto che la capacità di raffinazione concessa è elevatissima (arriva a circa 260 milioni di t.-anno) e quindi è indispensabile non solo bloccare la concessione di ogni ulteriore capacità di raffinazione, ma revocare immediatamente tutte le concessioni ancora non utilizzate. Questa ovvia necessità è stata riconosciuta da anni, a livello governativo e parlamentare, ma nessun fatto ha seguito le parole e gli impegni. Anzi, contro ogni logica, sono stati autorizzati nuovi impianti ed ultimamente è stata autorizzata la nuova raffineria dell'ENI a Portogruaro, con un investimento dichiarato di 140 miliardi: anche la giunta regionale emiliana ha dato il suo parere positivo per un consistente complesso di Moratti articolato su una raffineria ad Arcola; in Liguria, sulla realizzazione di un ca

mpo-boe nel golfo di La Spezia; sull'uso dell'oleodotto transappenninico della Nato e sulla realizzazione di un'altra raffineria a Fornovo Taro, potenziando notevolmente quella esistente.

Come è noto le raffinerie sono concentrate per oltre il 50% nel Mezzogiorno e per il 40% nelle Isole, cioè in aree in cui i petrolieri hanno goduto degli incentivi della Cassa per il Mezzogiorno e di quelli previsti dalle leggi regionali, riuscendo ad ottenere contributi a fondo perduto e sugli interessi in misura elevatissima.

In tal modo ingenti finanziamenti pubblici sono stati dirottati verso investimenti che hanno creato pochissimi posti di lavoro, consumando enormi quantità del territorio e condizionando negativamente lo sviluppo economico delle zone interessate.

Se si vuole dare credibilità alla politica di austerità sostenuta dal Governo e alla indispensabile necessità di sopperire alle antiche e mai soddisfatte esigenze di attrezzature civili elementari delle città, soprattutto del Mezzogiorno, occorre invertire decisamente questa tendenza.

Il depuratore recentemente appaltato a Roma è dimensionato per 1.300.000 persone e costa circa 10 miliardi: con gli investimenti pubblici dichiarati dall'ENI per la raffineria di Portogruaro (140 miliardi) sarebbe possibile depurare le acque di fogna relative ad una popolazione di circa 18 milioni di abitanti. Ciò significa risolvere il problema di tutte le città maggiori, dare un deciso contributo al risanamento dei fiumi e del mare.

E' noto anche che i petrolieri hanno a disposizione circa 500 miliardi l'anno ad un tasso medio del 5,2% (che fino a ieri era del 3,3%) e che, solo lucrando la differenza fra il costo del denaro corrente e quello suddetto, intascano circa 40 miliardi annui, esenti da tasse: è evidente che con tali cifre si possano comprare non solo giornali ma anche elettori ed eletti. Inoltre il regime fiscale del settore è semplicemente assurdo: basti pensare che su circa 125 milioni di tonnellate di greggio raffinato (nel'72) l'imposta di fabbricazione (che ha reso complessivamente circa 2.000 miliardi) è stata pagata solo su meno di 70 milioni di tonnellate: sono evidenti le gigantesche dimensioni di una evasione che, oltre tutto, è notevolmente diffusa.

Infine i petrolieri privati operano come stati sovrani, che trattano direttamente con gli sceicchi del medio oriente prezzi e forniture ed impongono le proprie condizioni a quei paesi (come l'Italia) che subiscono il loro potere e la loro capacità di corruzione.

Di questo dovrà tenere conto il "piano del petrolio", rivendicando allo Stato l'acquisto ed il trasporto del greggio e il controllo sulla raffinazione: bloccando definitivamente la costruzione di nuove raffinerie (che costituiscono il fulcro del potere dei petrolieri); eliminando tutti i benefici fiscali di cui godono i petrolieri in base a leggi approvate dal Parlamento su proposta di Ministri che affermavano di voler "moralizzare" tutta l'Italia, ad eccezione di questo settore delicatissimo; bloccando le esportazioni che non eccedano il fabbisogno nazionale; fissando prezzi anche "politici" per i prodotti di raffinazione e revocando decisamente le capacità di raffinazione concesse ad aziende private che ricorrono sistematicamente al ricatto nei confronti della collettività, come è avvenuto con la "serrata di Ferragosto" e con la minaccia di lasciarci tutti al freddo per il prossimo inverno.

 
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