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Liberazione - 25 ottobre 1973
SERVIZI SEGRETI: HANNO FRETTA PER FANFANI
Siamo ormai alla stretta di regime: tutti i »corpi separati si muovono ora, convergenti, senza più remore, per garantirne l'efficienza autoritaria. Lo spionaggio a Palazzo di Giustizia non è sulla Montedison ma contro Squillante. La corruzione dell'amministrazione militare, le nuove fulminee carriere degli ufficiali dei servizi segreti, denunciate oggi dall'»Espresso , sono indici di una situazione peggiore di quella del 1964, che non può essere superata senza una aperta lotta politica democratica.

SOMMARIO: Panorama fosco e drammatico dell'"ondata di scandali e di corruzione" che si riversa sul Paese. E sono "i servizi segreti, le polizie parallele", i "corpi separati", a guidare gli scandali, invece di scoprirli: complice ne è la giustizia, o meglio la magistratura, dove spicca l'operato del "più potente magistrato italiano", Carmelo Spagnuolo, che dà a queste vicende "il crisma della legalità o della irrilevanza penale". Dunque "il SID è innocente"...Ma il problema è ormai l'opera complessiva di chi agisce per "intimidire, ricattare, linciare" chi non si adegua, magari da posizioni di destra. La "ragnatela" della "corruzione dell'amministrazione militare", le "manovre" che hanno portato all'assassinio del colonnello Rocca, gli interessi del "grosso capitale", si estendono ovunque, protetti dalla giustizia, che così "riscopre e rispolvera" la sua crisi. Tra i responsabili del depistamento continuo v'è senz'altro "il presidente del Tribunale di Roma, Carmelo Spagnuolo", che ha scelto apertamente Fanfa

ni mentre i magistrati "andreottiani" perdono peso e sono forse "in rotta". "Se mai un tentativo di colpo di Stato" vi fu - come temeva Nenni - non era e non è da temere in un "generale fellone" ma nella stessa DC. Siamo, insomma, a "una stretta autoritaria democristiana", e "nessuno se ne accorge".

(LIBERAZIONE, 25 ottobre 1973)

A questo punto, è un problema di governo, di maggioranza, di parlamento. E' problema di lotta politica: nessuno può illudersi che da mediazioni ed equilibri di vertici verrà la forza che non si ebbe al tempo dello scandalo SIFAR, necessaria per non veder spazzato via ogni residuo di democrazia dall'ondata di scandali e di corruzione che si sta riversando, ben più ampia e grave di quella di Watergate. In questi giorni i servizi segreti, le polizie parallele stanno accelerando la loro azione anziché, com'era pensabile, rallentarla. Non si limitano più a microfoni-spia. Raccontiamo in altra parte del giornale come le abitazioni di radicali sono in questi giorni apertamente scassinate, come l'intimidazione e la violenza s'affermi senza più velo e pudore. Il senso dell'impunità dilaga, incoraggia, produce quel che Fanfani, la DC vogliono che produca. Le rivelazioni che oggi Jannuzzi fa sull'»Espresso sono gravissime. Il quadro che ne risulta non tollera mezze tinte. I corpi separati sono padroni, com'è giusto,

e già esercitano il loro potere e la loro violenza con quella jattanza naturale nello stato corporativo in cui viviamo. S'è appena spenta l'eco delle incredibili proposte sostanzialmente anticostituzionali e antidemocratiche ma almeno formalmente ambigue e prudenti del Presidente della corte Costituzionale, Bonifacio, e il più potente magistrato italiano, Carmelo Spagnuolo, in una intervista, dà il crisma della legalità o della irrilevanza penale o della marginalità sul piano del costume o della vita delle istituzioni democratiche, a fatti di enorme gravità, quali quelli che tutta la stampa, unanime, sta denunciando in questi giorni.

Il SID è innocente. Il suo furgoncino era stato scomodato per captare una voce rossa, sgradita alle orecchie dei poliziotti. Ma non ci si dice da chi e quando il provvedimento sia stato preso. Il SID, dice Spagnuolo, non ascoltava Squillante. Potremmo anche crederci. Chi da anni, a palazzo di giustizia, manipola bobine di scottante attualità, penetra negli uffici dei pretori per svaligiarli di quel che conta, pone microfoni-spia nella stanza del procuratore generale, e ora del giudice Squillante, potendoli nutrire a suo piacimento delle necessarie batterie; chi ha la forza di insabbiare inchieste, di fare dimenticare accuse e fatti di sconcertante consistenza, non ha certo bisogno di apparati complicati per passare poi la sera a fotocopiarsi verbali e dichiarazioni. Il problema è un altro. Si tratta di intimidire, ricattare, linciare chi non è fedele, chi non appartiene ancora a nessuna delle bande di potere democristiano, chi rischia, per onestà o anche solo per inavvertenza, di essere scomodo. Una repubbli

ca già fondata a lungo sul peculato, vive oggi sulla violenza poliziesca e di stato, contro ogni vera minoranza, fosse pure, al limite, di destra: non si sopportano nemmeno più le contraddizioni di classe e di regime; si vuole efficienza, ordine e autorità senza controllo. La corruzione dell'amministrazione militare, specie lì dove vive vicina alla politica, alla politica »democratica , »antifascista , »popolare dell'arco costituzionale, viene denunciata a chiare lettere sull'»Espresso . Le sordide e regolarmente irrisolte operazioni e manovre per le quali è stato poi ucciso il colonnello Rocca, la ragnatela di interessi del grosso capitale, dei servizi segreti, degli enti di Stato, dei delinquenti »comuni si estende ovunque. Appalti di armi, sezione REI del Sifar e ufficio »D del SID. Ancora una volta si apprende (e i ministri socialisti repubblicani, le opposizioni di sinistra hanno atteso che un giornalista lo scopra e lo riveli) che in tre anni un colonnello giunge ai massimi gradi delle FF.AA., può o

rmai aspirare a divenire il capo, solo perché ha diretto lo spionaggio, dove un tempo s'affossavano, e non creavano, le carriere militari. Regali di miliardi non si accertano giudiziariamente anche perché chi può sdrammatizza, è tollerante e »saggio . La giustizia, regolarmente, riscopre e rispolvera la sua crisi.

Le piste del tritolo sui treni, dell'inquinamento di tutte le essenziali funzioni dello Stato, diventano di sabbia e non c'è tormenta politica che le ricostituisca, che ne porti alla luce le tracce. Il presidente del tribunale di Roma, Jannuzzi, s'appella ai giornalisti perché aiutino la giustizia a far luce su questi gravi fatti; ma intanto, per suo conto, si guarda bene dal chiarire, come gli è stato chiesto, da dove tragga le sue fortune di centinaia di milioni. Tornano alla mente le interrogazioni parlamentari, le voci non gratuite, nel 1966, sui cinque magistrati che avrebbero allora firmato in bianco al SIFAR, dei quali erano collaboratori, le autorizzazioni alle intercettazioni.

Ogni tanto, contraddizioni, concorrenze, scoppiano, danno l'illusione di lotte e di alternative. Ma quali? Spagnuolo, oggi, ha scelto chiaramente Fanfani, con Bosco, fanfaniano, presidente del consiglio superiore della magistratura. Il gruppo di magistrati andreottiani, un tempo guidato dal presidente de Andreis, è ora in rotta. I Plotino, i Dell'Anno, i Vitalone non sono forse più privilegiati e preferiti come un tempo. Il gruppo si è sciolto, si disloca in parte verso Rumor e Leone. E' cronaca di basso impero: la politica anche »giudiziaria non è che servizio al potere, per il potere, per un po' di briciole di potere.

C'è da chiedersi il perché, ormai, di tanta arroganza, di tanta sicurezza, di tanta decisione. la domanda non è superflua, né è avanzata a titolo accademico. E' grave e deliberata. In un lontano mese di luglio, dieci anni fa, Pietro Nenni rinunciò alle esigenze socialiste e democratiche verso il governo e la DC perché ritenne che solo in tal modo si poteva sperare di disinnescare il rischio di un colpo di Stato del generale Di Lorenzo. Se mai un tentativo di colpo di stato, e della utilizzazione della sua minaccia v'era, era nella DC e non nelle velleità di questo o quel generale fellone. Mentre il dibattito, nella sinistra, nel PSI sta per riprendere, mentre il referendum sul divorzio all'orizzonte potrebbe porre in crisi la politica neoconcordataria, interclassista, berlingueriana della quale Fanfani ha bisogno, e gli altri referendum stanno anch'essi per essere proposti, il regime non vuol correre rischi. Siamo ad una stretta autoritaria democristiana. Nessuno se ne accorge? Si vuol averne ragione senza l

e masse, la lotta?

 
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